Libertà, Dipendenza, Eucarestia, Ricevere: Dio non è la Portata di un Menu. R.S.

20 Gennaio 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni due amico fedele del nostro sito, R.S., pubblicate già sotto forma di commento. Buona lettura e meditazione.

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L’attuale moda dominante in Occidente detesta i legami duraturi e profondi, i ruoli definiti. E’ un continuo teorema di riforme, di novità, di recidere i vincoli del passato. Davos è il concentrato di questi criteri.

Un certo modo di ragionare guarda alle situazioni di disagio come delle assurdità, inaccettabili, di cui liberarsi in un modo o nell’altro: così si ricorre all’ipocrisia per avallare l’aborto o l’eutanasia, nascondendosi dietro i casi limite più penosi, ma mirando a non “sprecare risorse” o ad “ottimizzarne l’utlizzo”: va da sé che dei bimbi indesiderati, di quelli portatori di handicap, dei vecchi e dei malati incurabili si possa farne tranquillamente a meno.

Quale la ragione di fondo del rifiuto di legami troppo vincolanti? Principalmente l’idea completamente assurda che la libertà comanda e che per essere liberi non si deve dipendere da nessuno.

Questo spiega perché sia detestato il matrimonio (specialmente sacramentale) e si inseguano vaghe benedizioni che non implicano impegni che vadano al di là del “diritto” di fare quel che ci pare e piace.

Spiega anche perché del crollo della natalità: non sapendo essere figli (i genitori non si scelgono, ma li si riceve) è difficile voler essere genitori, non sapendo che farcene dell’educazione, della tradizione, di una cultura.

Amiamo resettare, persino il sesso ricevuto dalla natura. E’ ovvio che in un simile contesto culturale non ci si pensa minimamente come riceventi da Dio la vita, la natura e il senso dell’esser creature umane.

Tanto più il Dio rivelatosi in Cristo: tutto questo viene negato e l’uomo dev’esserne liberato.

Si parla sempre di amore, anche di misericordia, ma senza comprendere che l’amore è legame e relazione stabile, in cui non si contrattano spazi di tornaconto, ma si dona tutto noi stessi scoprendosi arricchiti da una dipendenza reciproca! Il rifiuto di un rapporto sponsale (il mistero che unisce Cristo e la Chiesa) e di filiazione (l’essere figli di un Padre) rappresenta esattamente l’errore commesso con il Peccato Originale.

L’uomo non si fida di Dio, non vuole dipendere da Lui per realizzare pienamente se stesso: allora decide di sbarazzarsi di questa dipendenza che vincola la sua libertà, attingendo dall’albero (l’unico) del quale non avrebbe dovuto cogliere il frutto.

Così però ritiene di potersi elevare al ruolo che è di Dio, del quale Dio non è geloso, anzi, vorrebbe comparteciparlo tutto all’uomo, ma in un modo diverso: purtroppo il peccato porta l’uomo a preferire il potere (fare) all’amore (stare e ricevere); per questo fidarsi della menzogna (l’arte principale del serpente, insieme all’omicidio) invece della Verità (che è in Dio).

Non voler ricevere nulla da nessuno per non doversi sentire in obbligo di dover qualcosa a qualcuno: la dignità umana che consiste nell’essere debitore ed erede amato (per libera volontà di un Padre), parte di una famiglia, sprofonda nell’indeterminatezza, persa persino la nozione dell’essere orfani o esuli… Come dei disperati che trovano speranza soltanto nel negare tutto per evitare di scoprirsi perduti nell’inganno!

Che senso avrà mai una libertà di un uomo privo della propria natura e cultura? Il fondamento dell’odio verso l’uomo è esattamente il rifiuto di accettarsi per la creatura che è: ma la dipendenza che resta, privata di un Padre, diventa fatale se a gestirla è un Tiranno.

Ricevere ed accogliere dicono una precedenza. La fonte dell’unità (che ci unifica innanzitutto in noi stessi e con il prossimo) ci precede e ci viene offerta. Ci viene data senza farci pesare le scelte contrarie fatte sin lì, se c’è la sincera disposizione, umile, di ravvedersi.

Questo è tipico della famiglia e non di chi la famiglia la rifiuta e ti fa tutti i conti precisi, pretendendo anche gli interessi composti.

La pretesa di imporre l’idea nuova, la rivoluzione, non fa che produrre divisione.

Restare legati non è sinonimo di un fissismo, incapace di cambiamento: però fa sì che vi sia continuità senza imporre rotture nel cambiare, come nei vari diabolici reset in cui “nulla sarà più come prima” e la scienza e il progresso non servono l’uomo, ma sono le armi dei peggiori nemici della vita e della dignità umana.

Essere fiumi senza sorgente, persone senza padre e madre, case fondate sulla sabbia e non sulla roccia è tipico degli sradicati: la fede implica ed esige fedeltà e questo appartiene infatti a Dio, fedele alle Sue promesse.

A proposito: anche l’Eucaristia si riceve e non si prende… Salvo il pensare Dio una portata di un menu, invece che sentirci noi i salvati dal sacrificio crocifisso del Verbo fatto carne.

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17 commenti

  • Rolando ha detto:

    Caro Enrico Nippo, condivisibile il tuo pensiero.
    Sottolineo: “”Il Dio rivelatosi in Cristo”, con tutto quel che ne consegue, non attecchisce più ed anzi provoca ribellione e scherno.”.
    A parte la ribellione e lo scherno, che secondo il mio parere, non sono di una persona saggia, è il fatto che oggi, e non da oggi, il Dio rivelatosi in Cristo non attecchisce più, proprio come rilevi anche tu.
    Ma ancor più mi domando: come si è spento in me? Come non è più convincente in me?
    Allora mi dico: perché mai Dio non può essersi rivelato in Gesù ebreo? Certo che si è rivelato perché Gesù stesso lo conferma additando il Tempio di Gerusalemme come “la casa del Padre mio”.
    Allora, mi chiedo con Caifa, è lui il Cristo di Dio?
    Poi mi dico: ma chi documenta per primo e per iscritto il termine KRISTÒS? Ovvio Paolo di Tarso.
    Allora ripenso: ma Paolo di Tarso intendeva lo stesso MARAN, Re, Messia che intendeva Caifa?
    Poi penso alla nube con la quale doveva apparire il figlio dell’uomo ed a quella sulla quale sarebbe salito Paolo con i sopravvissuti per incontrare il Cristo. Cosa non avvenuta. Letteralmente e materialmente smentita. Anzi neppure la parola detta a Caifa che il figlio dell’uomo sarebbe stato visto arrivare con la nube del cielo. E nonostante i corpi di molti giusti fossero usciti dalle loro tombe e camminassero vivi per le vie di Gerusalemme, dopo che Gesù spirò in croce con altri due compagni.
    E poi penso: perché Paolo scrive che si deve credere solo e soltanto al suo vangelo [“al vangelo di me”] secondo Gesù Cristo, anche se un angelo di Dio scendesse dal Cielo a rivelarne uno diverso! Ma può un angelo buono del Paradiso tradire Dio? E poi perché asserire che se non c’è risurrezione la fede in Gesù Cristo è vana, inutile? Perché Paolo ha visto Gesù in visione? E dove mettiamo l’amara realtà della Storia documenta per quel periodo in cui Roma faceva sentire tutto il suo peso sulla Palestina, la Giudea in particolare, specialmente subito dopo la morte di Erode il Grande, amico personale di Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore? Quanta Storia reale e concreta e quanta favola si nascondono negli uomini vissuti nella pienezza dei tempi augustea della lapide greca di Prieme?
    O si crede o si ragiona. E quali sono le ragioni di un’autentica fede se non il gemito di ogni cuore!
    Che il buon Dio ci faccia la grazia di capire quanto sia importante volersi bene al di là di ogni credo.

    • Luca antonio ha detto:

      “O si crede o si ragiona. ”
      Quanta sicumera in questa frase ottocentesca da lei tanto spesso ripetuta !.
      Il problema e’ che e’ molto difficile districare le cose, e quasi tutti, lei per primo, finiscono per ragionare solo come credono.
      Credere dopo aver ragionato , mettendo, nel caso di Cristo, TUTTI i pezzi (storici, religiosi,letterali, artistici filosofici,sociali, politici, culturali, antropologici, psicologici e morali) sul tavolo, sarebbe meglio ma occorre non avere il velo di risentimenti che il lei, Rolando, traspaiono evidenti.
      “La filosofia che si sceglie dipende dall’uomo che si e'” scriveva Fichte.
      Un sempre caro saluto

    • Milli ha detto:

      Tanti ragionamenti talvolta sono inutili, vuoi perché possono mancare dei dati o venire male interpretati.
      La fede di può semplicemente vivere: credo perché Cristo è venuto nella mia vita. Stop.
      Semplice, no?
      Dopo c’è anche lo studio, ovvio.

  • andreottiano ha detto:

    Dopo l’ennesima omelia ideologica, questa mattina al termine della messa sono stato avvicinato da una giovane mamma che si occupa dei corsi fidanzati ed è in difficoltà per quello che si sono sentiti dire da un “esperto” diocesano di pastorale familiare, oserei dire compromesso con la nouvelle vague. La giovane ci è molto legata per un lungo cammino condiviso di spiritualità matrimoniale che portò me e mia moglie ad esserle due dei testimoni di nozze. Se se ne andasse le cose in parrocchia andrebbero peggio. Se rimane la coscienza le impone di rifiutare certe catechesi. Il parroco è modernista: gli serve che la coppia resti, ma la pensa come quello che dovrebbe censurare.

    Signore, è mai possibile essere messi così male?
    La croce si porta restando, è vero, ma oggi a mettertela addosso non sono i romani o il sinedrio: ci pensa direttamente Pietro!

  • R.S. ha detto:

    Nel corso dell’ultima cena Gesù lavò i piedi agli apostoli, quindi anche a Giuda. Poi disse che uno dei presenti l’avrebbe tradito. Per indicare chi fosse, gli diede un boccone e dopo il boccone il diavolo entrò in quel discepolo, al quale Gesù disse: quello che stai facendo fallo presto. Giuda uscì. Ed era notte.
    A quel punto Gesù inizia i discorsi di addio, che Giovanni riporta diffusamente per vari capitoli. Finiti tutti quegli ammonimenti, quelle meraviglie di sapienza, quelle profezie vicine e lontane nel tempo, escono e vanno al Getsemani, dove ritroveranno anche Giuda, venuto insieme alle guardie per arrestare il Signore.

    E’ bene meditare su chi c’è e chi non c’è nelle varie fasi: i piedi Gesù li lava a tutti, i discorsi della verità e dello Spirito non li fa a tutti. Chi manca può anche ricongiungersi al gruppo, ma con un altro ruolo e per un altro motivo. Gesù lo accoglie sempre con disponibilità.

    Il problema è che Giuda non sa che farsene del perdono e poco dopo si suiciderà, dopo aver cercato di restituire i trenta denari che nessuno vuole più tenere…

    Se è vera e reale la divinità di Gesù, mostrata nei prodigi e nella sapienza che facilmente affascinano e attirano, non di meno è vera e reale la sua dignità umana, che soggiace ai maltrattamenti della carne e dello spirito da parte dei cattivi e degli ingrati. E’ l’umanità di Cristo il discrimine, quello che scandalizza. Dio si dà da mangiare come pane, ma quel pane è un corpo sacrificato in croce… il vino è il suo sangue.

    Al mondo d’oggi questo importa poco o nulla… il marketing promette resurrezioni gratis. Ma a dire balle non è Do, è l’altro. E chi gli va dietro si suicida.

    • Rolando ha detto:

      Caro R.S., non penso proprio che sia l’umanità di Cristo a scandalizzare, come dici tu.
      Non scandalizza per niente un Gesù, soprannominato il Cristo, che viene catturato, torturato ed inchiodato in croce, come tanti suoi connazionali, dai soldati Romani che occupano l’intera Palestina, come essi chiamavano tutto quel territorio.
      No! Non scandalizza, incute terrore, paura e tragiche considerazioni.
      A scandalizzare semmai è il vangelo che predica di un Dio che per la redenzione da un perdipiù presunto peccato dell’uomo vuole la morte di un Dio incarnato.
      Ma a morire non è Dio, ma l’uomo perché la Divinità non può né morire, né soffrire. Mediti meglio il tradizionale catechismo in cui crede. Scandalo per la stolta ragione! Purtroppo anche il mito pagano conosceva questa verità, ma senza scandalo per la ragione!

  • R.S. ha detto:

    Caro Enrico, non risponderò (come ero tentato di fare) “volete andarvene anche voi?” non perchè avesse torto Gesù a dirlo, ma perchè non sono degno io di dirlo.

    Un linguaggio troppo duro per certi denti non serve per riempire il biberon, ma dovrebbe servire a rimettere in asse quelli che preparano la pappa e si stanno orientando sui surrogati e prossimamente le farine di grillo.

    Il vangelo è facile da comunicare e trova sempre persone interessate… L’importante è comunicare il vangelo e non altro. In quel caso al resto pensa la Provvidenza. O c’è ancora chi pensa che dipende da noi?

    • Enrico Nippo ha detto:

      Beh, dipende ANCHE da noi, in particolare da chi è preposto ad annunciare il Vangelo.

      Credo sia necessario il carisma dell’annuncio è questo lo si ha o non lo si ha. Dico carisma e non capacità di affabulare

      Ricordo tante omelie teologicamente irreprensibili ma barbose oltre misura, e poche davvero vibranti, direi quasi magnetiche, che, alla lettera, rapivano gli astanti.

      • R.S. ha detto:

        Le mie non sono omelie e dire barboso di un ragionamento è il classico “de gustibus” di chi sta in tribuna.
        Oggi molte omelie puntano sul “miracolo” della distribuzione dei pani e dei pesci ad opera dei discepoli, sminuendo il vero miracolo della trasformazione di cinque pani e pochi pesci nel necessario per migliaia di persone.
        Saranno anche magnetiche, vibranti e capaci di rapire perchè affabulano, ma il vangelo non è una fabula.

        • Rolando ha detto:

          Le due moltiplicazioni dei pani e dei pesci evangeliche sono autentiche favole inventate, o se vuoi immagini del futuro regno messianico, autenticamente ispirate dalla dalla dottrina e dalla prassi e documentate dall’ampi e chiara letteratura scoperta Qunram.

          • R.S. ha detto:

            Da come ti rode si capiscono tante cose.

            Il Signore perdona tutto, tranne l’ostinazione.

          • Rolando ha detto:

            La conoscenza di abitudini, rituali ed idee documentate dalla Storia, non rodono, anzi aprono gli occhi a nuove considerazioni. Casomai rodono chi vorrebbe che anche l’altro avesse le stesse certezze di fede! Su quest’ultimo pensiero si era soffermato una volta anche Benedetto XVI in una allocuzione a fare dei rilievi circa un certo serpeggiante relativismo di fede anche in chi appare granitico nella fede!

      • Davide Scarano ha detto:

        “Ricordo omelie che alla lettera rapivano gli astanti”. Con una freddura -ma credo contenga più di un briciolo di verità- “per andare dove”?
        Nella Messa Vetus Ordo il Sacerdote per spiegare il Vangelo si toglie i paramenti liturgici. Credo che questo segno manifesti l’umiltà del sacerdote di fronte alla grandezza della Liturgia in cui invece è Cristo che parla ed agisce.

        • Enrico Nippo ha detto:

          “Per andare dove”?

          Da nessuna parte. Parlo di un “rapimento” dell’interiorità dell’ascoltatore nel vivo delle parole.

          Se poi il “vivo delle parole” le sembra un’astrazione, non posso farci nulla.

          Nel contrario del “vivo delle parole”, nel ciarlare, ci siamo immersi.

        • Enrico Nippo ha detto:

          “Per andare dove”?

          Da nessuna parte. Parlo di un “rapimento” dell’interiorità dell’ascoltatore nel vivo delle parole.

          Se poi il “vivo delle parole” le sembra un’astrazione, non posso farci nulla.

          Nel contrario del “vivo delle parole”, nel ciarlare, ci siamo immersi.

  • Enrico Nippo ha detto:

    R.S., come sempre e lodevolmente, usa un linguaggio che può comprendere soltanto chi, più o meno, si trova sulla stessa lunghezza d’onda. Dico “più o meno” per non infierire, vista l’accentuata conflittualità che vede opporsi le varie fazioni di coloro che … più o meno hanno la medesima visione della vita.

    Quindi il nodo della questione risiede nell’eventuale modo di rivolgersi agli ormai nutrite schiere di coloro che “detestano i legami duraturi e profondi, i ruoli definiti”.

    “Il Dio rivelatosi in Cristo”, con tutto quel che ne consegue, non attecchisce più ed anzi provoca ribellione e scherno.

    Il nodo è duro da sciogliere, e mi permetto di dubitare che la predicazione cattolica tradizionale, graniticamente dottrinale, abbia qualche possibilità di recupero delle pecorelle smarrite che ormai sono le più.

    Se, invece, l’idea vincente è quella del “piccolo resto”, non si vede di cosa ci si debba lamentare, visto che la selezione è in corso e il grano vien riposto nel granaio, mentre la zizzania la si lascia al fuoco.