TIM e Calcio Femminile. Perché una pubblicità divisiva e politicante?

28 Luglio 2023 Pubblicato da 8 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele offre alla vostra attenzione queste riflessioni su un fenomeno mediatico attuale, e su come una certa politica di parte si infili anche in territori apparentemente neutri. Buona lettura e condivisione.

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Calcio femminile e TIM

Sono iniziati i campionati mondiali femminili di calcio, trasmessi dalla RAI, anche se ad orari strani per il fuso orario, e l’Italia ha debuttato con un avversario blasonato come l’Argentina vincendo per 1 a 0. Speriamo che la vittoria e la strada in discesa per la qualificazione non facciano perdere concentrazione alle nostre atlete.

Indipendentemente dal risultato noi tifiamo sempre Italia, ma più che parlare di calcio vogliamo parlare di spot pubblicitari, su cui si è buttata a capofitto TIM che da qualche anno segue il calcio femminile.

Sembra che di questi tempi sia normale passare per vittime. Nel caso vada male c’è già la giustificazione incorporata. Nel caso vada bene l’esaltazione sarà decuplicata: nonostante le avversità, le emarginazioni, gli ostacoli, siamo riusciti a ……

TIM ha realizzato due spot, che girano in TV e in rete, di 30 e 45 secondi, segno delle sforzo economico profuso. I testi che commentano le immagini sono questi:

“Non esistono sogni per uomini e sogni per donne. Esistono passioni inarrestabili che si connettono con chi ci sta vicino. Insieme ci danno la forza per cambiare gli schemi e il coraggio di sfidare gli stereotipi perchè il calcio non sia solo al maschile. Lavoriamo per un mondo in cui tutti abbiano le stesse opportunità. Sosteniamo l’Italia e le azzurre. La parità non può aspettare”.

“I sogni devono correre liberi e superare ogni pregiudizio, perchè le passioni non hanno genere. Sono inarrestabili quando si connettono con le persone che ci stanno vicino e, insieme, ci danno la forza per cambiare gli schemi, affrontare le nostre paure, di avere il coraggio di sfidare gli stereotipi. Perchè il calcio non sia solo dell’universo maschile. Scegliamo liberamente i nostri sogni e lavoriamo per un mondo in cui tutti abbiano le stesse opportunità. Sosteniamo l’Italia e le azzurre nel loro sogno mondiale. La parità non può aspettare”.

Capisco che TIM, sponsor della nazionale femminile di calcio (NON della nazionale di calcio femminile, come dicono loro) decida di puntare su aspetti proposti come accattivanti ed in onda con il politicamente corretto, ma puntare su pregiudizi, parità di genere, sfida contro gli stereotipi, pari opportunità et similaria ci sembra offensivo, prima ancora che fuorviante.

Di quali pari opportunità si sta parlando ? Anche nei sogni (diversi per uomini e donne) occorre intromettersi e modificarli ? Il calcio è solo un universo maschile ? E se così fosse, quando è perchè qualcuno ha deciso in merito ? Qualcuno ha bloccato qualche Pelè in gonnella ?

A me sembra che sino a pochi anni fà erano le donne ad interessarsi poco di calcio, non solo come giocatrici, ma anche come spettatrici. Già Rita Pavone, nella mia infanzia, faceva garbate contestazioni canore con “La partita di pallone”, minacciando di tornare da mamma se il suo lui, invece di andare alla partita, a cui lei non si sognava di andare, frequentasse altri stadi…….

Però le tifose di calcio ci sono sempre state ed in molti casi il tifo femminile è ancora più viscerale di quello maschile. L’interesse femminile del calcio si è ampliato da quando è possibile seguire le partite in TV, da casa, e non solo con la radiolina attaccata all’orecchio. Cioè da qualche decennio fa. Da quel momento, e non da ieri, il mondo calcistico non è stato più appannaggio del mondo maschile, ma si è aperto all’universo femminile. Anche se sul campo giocano uomini,  giornalisti, commentatori, intrattenitori, che prima erano rigorosamente uomini, adesso sono surclassati da avvenenti appartenenti al gentil sesso, anche perchè il calcio stesso si è trasformato da sport in uno dei tanti spettacoli e, in quest’ottica, una scollatura richiama più di mille barbe e baffi. Anche il settore arbitrale si è aperto al mondo femminile e l’indice ed il mignolo agitati per sottolineare le disgrazie coniugali del fischietto di turno si stanno arricchendo di molte varianti, sempre peggiori e non pubblicabili.

Al seguito dell’ampliamento unisex della platea di spettatori era ovvio che si creasse un interesse anche per le donne a scendere in campo a contendersi il pallone in pantaloncini. Come avviene in tutti gli altri sport. Certo, pallavolo e pallacanestro richiedono caratteristiche diverse, rispetto al calcio, ma la pallanuoto, ad esempio, non è certo meno faticosa e stressante del correre dietro ad un pallone. Eppure la pallanuoto femminile c’è da tempo ed opera ad altissimi livelli mondiali. Alcuni giorni fa la nostra staffetta mista, capitanata da Paltrinieri e con 2 donne, ha vinto l’oro nella 10 Km e non è semplice o poco faticoso nuotare per 10 km e vincere pure.

Non parliamo degli sport ritenuti da “omaccioni”, quali getto del peso o lancio del giavellotto o del martello, dove le donne da tempo gareggiano senza alcun problema.

Lasciamo da parte lo strano silenzio sugli uomini travestiti da donna che gareggiano e vincono contro donne vere, anche se di questo si dovrebbe occupare chi avesse a cuore veramente la parità, ma di questo, invece, non se ne parla.

Per far familiarizzare con la “contrapposizione di genere”, si occulta la semplice constatazione che il fatto è solo economico e non di emarginazione o di battaglie contro i mulini a vento per conquiste di diritti e parità che nessuno nega a nessuno.

Finora il calcio femminile si è sviluppato, da noi almeno, per l’opera silenziosa di pochi enti e poche squadre, che si sono accollati in proprio costi e sacrifici, in primis Juventus e Fiorentina, nell’indifferenza generale, con poco supporto anche della stessa federcalcio. Però il movimento è cresciuto e si è sviluppato. L’ultima performance della nazionale femminile ha contribuito alla conoscenza e promozione delle donne giocatrici, tanto che la stessa TIM ha visto un fenomeno in espansione, quindi profittevole, e ci ha investito sopra. Non ci risulta che in passato avesse investito granchè per sponsorizzare una emancipazione mancata.

Sky, Mediaset, RAI, Prime, Dazn, ecc. si contendono i diritti sul calcio maschile perchè sanno di avere una potenziale platea di spettatori disposti a pagare per vedere giocare le squadre. Infatti i mega stipendi dei calciatori sono relativi ai milioni di abbonamenti che le TV a pagamento possono girare alle squadre, con tutte le esagerazioni del caso, salvo poi inorridire quando i dollari degli arabi pesano ancor più di quelli che arrivano dallo schermo elettronico ed allora si grida allo scandalo oltre lo scandalo.

Dopo che la nazionale femminile si è ben comportata negli ultimi tornei c’è stata la possibilità di prevedere uno status da “professioniste” anche per le calciatrici e si è quindi anche allargato il vivaio delle nuove leve con qualche ritorno economico anche per le squadre e l’avvicinarsi degli sponsor.

Fra un pò qualcuno si chiederà perchè una calciatrice media “guadagna” un decimo di quello che guadagnano i colleghi uomini, chiedendo anche in questo parità di trattamento. A quel punto, se dovesse accadere, sarà la morte del calcio femminile. Perchè tutto è correlato ai risultati degli indici di ascolto che fanno girare la grana.

Quando le conferenze stampa della nostra CT Michela Bertolini avranno un ascolto paragonabile a quello di Mancini, di Allegri o di Inzaghi, quando i nomi delle varie Bonansea, Salvai, Giuliani ecc. diverranno comuni come quelli dei loro colleghi uomini, in molti casi stranieri dai nomi impronunciabili, allora ci si potrà sbizzarrire in elucubrazioni sugli stipendi. Nel caso che le calciatrici oscurino i loro colleghi uomini è certo che il miliardo di euro sarà proposto alla Bonansea e non a Mbappè. E’ il mercato, bellezza, non l’emarginazione e nemmeno l’amputazione dei sogni o baggianate simili. Se le nostre ragazze riuscissero ad andare avanti ed a vincere il titolo, cosa che ai maschietti non accade neanche per errore da un bel po’ a parte i giovanissimi, dovremmo forse lamentarci se le donne guadagneranno più degli uomini ?

Intanto evitiamo di accettare l’uso di termini ambigui per raggiungere, in modo subdolo, ben altri obiettivi rispetto a stereotipi, parità di genere, sogni per uomini e per donne, universi maschili da abbattere, ecc.

Lo sport, maschile o femminile che sia, deve unire, non trasformarsi in cavallo di Troia per dividere e scardinare le individualità ed i rapporti sociali. Tifiamo Italia, anche al femminile, per farla crescere e farla vincere, non per distruggere tutto quanto di buono si è costruito, ad iniziare dalle differenze tra gli universi maschili e femminili che sono sempre stati complementari e mai contrapposti.

Se qualcuno pensa che sulla pubblicità ci sarebbe molto altro da dire, io lo appoggio in pieno e gli esempi sarebbero tantissimi. Ma intanto poniamoci il problema di come riescono a rendere divisivo quello che unisce, come riescono a cambiare il significato di termini che fino a ieri erano chiari e come riescano a renderci assuefatti anche all’assurdo.

Vincenzo Fedele

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8 commenti

  • Paul Mayer ha detto:

    Sinceramente il calcio femminile mi ha sempre fatto schifo, oltre che essere noioso. Non posso non notare poi che con la scusa dello sport le donne amano scoprirsi oltre misura e senza alcuna ragione valida. Qualcuno, per es., mi spiega perché le donne non possono usare una normale t-shirt come tutti gli uomini, ma devono scoprire l’ombelico? Eppure gli uomini consumano più calorie e sviluppano più energia (e calore), invece no. Sapete cosa penso? La vera, verissima verità?? Più che sport, secondo me è tutta pu***neria. Punto. A capo.

  • Dino ha detto:

    Secondo me se il papà di Tosatti fosse vivo le seguirebbe con assiduità

  • andreottiano ha detto:

    Tutto troppo strumentale, atlete utili a, usate per…
    Luoghi comuni e scuse per accomunare luoghi diversi.
    Eppure ricordano i colleghi maschietti, con Mancini a percuotersi il deltoide dopo la vittoria Londra e gli onori con Draghi e Mattarella.
    Sarà: ma da lì non hanno vinto più (e fuori dai mondiali).
    Per la cronaca: oggi le signore hanno preso 5 pappine.
    La parità con gli scarsoni è più facile da ottenere.
    Per il calcio occorre migliorarsi, non fare discorsi.
    Il bello della realtà è che non è “paritaria”: vinci o perdi.

  • Ramón Mendiburu ha detto:

    Quante di quelle donne sono lesbiche? Il 60%? La mia figlia ha patito acoso, non precisamente da qualque uomo, ma da parechie donne, fino che ha smesso, grazie a Dio.

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    No si potrebbe dire ma diciamo uguale… ma tant’è essendo naturali ad antipodi di politicamente corretto! Calcio femminile è ridicolo e mai guarderemo neppure sotto tortura… a differenza di altri sport che viceversa esaltano femminilità… tali atletica leggera nuoto tennis pallavolo scherma sci… quindi soloni di sesso unico globale si mettano cuore in pace e nazionale italiana femminile di calcio se la guardino loro!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Giampiero ha detto:

    Certamente era una generalizzazione indebita ma non sfuggì a Freud che se si dava un pallone a dei bambini ci avrebbero giocato con i piedi, se lo si fosse dato a delle bambine ci avrebbero giocato con le mani. Oggi sappiamo che sono solo stereotipi culturali cui il padre della psicanalisi non tenne conto…

  • Davide Scarano ha detto:

    A mio parere se vi è qualcosa di poco femminile è il calcio con l’aggressività dei tackle e la naturale diversità degli “Stop di petto”. Un’appassionata di calcio femminile potrebbe altresì rispondere che anche per gli uomini il calcio è uno “sport a rischio” se consideriamo il rischio di prendere pallonate in “punti sensibili”. Il punto però è: chi ha dato ad alcuni il diritto ovvero il potere di affermare che ciò che è esistito fino ad ora sia in realtà uno “stereotipo di genere” perciò robaccia da nascondere nei solai della Storia per far posto a qualcosa di più scintillante e moderno, che so, una Drag Queen? Rispondere a questa domanda significa comprendere le dinamiche degli investimenti pubblicitari, quelle politiche, e, per chi crede, anche quelle metafisiche.

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