“Secondo Pilato”. Chi Fu Veramente? Un Libro sul Prefetto della Giudea.

1 Giugno 2023 Pubblicato da 8 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione la presentazioni di un libro – romanzo storico – incentrato su una figura, quella di Ponzio Pilato, che ha destato sempre l’interesse di scrittori e pensatori nel corso dei secoli. Qui sotto trovate una breve scheda editoriale di “Secondo Pilato”, di Camillo Bartolini, per i tipi di Cantagalli Editore, e un brano dell’introduzione di Stefano Alberto. Buona lettura e diffusione.

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Ponzio Pilato, il governatore della Giudea che, secondo i Vangeli, ha consegnato Gesù alla morte in croce, lavandosene la mani, è una delle figure più conosciute nella storia umana che ha incuriosito e affascinato intere generazioni.

Se per alcuni è responsabile della morte del Cristo, per altri è un martire (Chiesa copta) e addirittura un santo (Chiesa etiope).

Attingendo a piene mani da fonti di ogni genere, Camillo Bartolini ricostruisce il racconto della vita di Pilato, dalla giovinezza, ai giorni della passione di Gesù, fino alla sua morte, restituendoci il lato oscuro e misterioso dell’uomo che ha cambiato per sempre la storia del mondo.

Un perfetto mix di fantasia e biografia documenta getta una nuova luce su una delle figure più conosciute nella storia umana che è sempre stata avvolta da un velo di mistero. Il racconto della vita di Pilato, è reso ancora più avvincente dalla penna di un giovane scrittore che ha il talento di entrare nel mistero di una storia che ha cambiato per sempre il mondo.

Camillo Bartolini classe 1991, nato a Siena, insegna discipline classiche e umanistiche in un liceo di Milano. Si è laureato con il massimo dei voti in lettere classiche all’Università Cattolica di Milano con due tesi di storia romana. Dalla sua grande passione per la storia antica e per i suoi studenti è nato il suo amore per la scrittura.

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“Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato”. Il nome del governatore della Giudea è l’unico altro di un personaggio stori-co che ricorra nel Credo cristiano, nome ripetuto da miliardi di uomini da ventun secoli, associato a quello di Cristo, alla sua passione e morte. Un nome che evoca immediatamente nei più la forza cieca del potere mondano, insieme alla irre-sponsabilità e all’opportunismo racchiusi in un gesto, quel “lavarsi le mani” di fronte alla enormità della più grande ingiustizia della storia nei confronti del Nazareno.

Di origine sannita, quinto prefetto della Giudea per circa un decennio (26-36 d.C.) sotto l’imperatore Tiberio, Pilato compare, oltre che nei racconti della passione di Gesù dei quattro Vangeli, negli scritti di Flavio Giuseppe, di Filone di Alessandria, di Tacito e nelle lettere di Ignazio di Antiochia. Al centro di numerose leggende, ha attirato l’attenzione di al- cuni autori del XX secolo tra i quali Anatole France e Michail Bulgakov ne Il maestro e Margherita. Nietzsche nel suo Anticristo lo ritiene la “sola figura a cui si debba rendere onore” di tutto il Nuovo Testamento, perché con la sua celebre domanda (“Che cos’è la verità?”), riportata solo nel vangelo di Giovanni, ha contribuito all’annientamento della verità stessa.

Chi è dunque Pilato? Un funzionario romano di rango minore alle prese per dieci lunghi anni con una delle province più difficili dello sterminato Impero, sopraffatto improvvisamente da avvenimenti più grandi di lui? Un precursore dello scetticismo moderno verso la verità? Un cinico, un violento, un opportunista, in fondo un debole e un irresoluto? Oppure il testimone dell’insopprimibile anelito della speranza di felicità che intesse il cuore di ciascun uomo e che nessun meccanismo del potere, per quanto pervasivo e seducente, può definitiva- mente annichilire?

A queste domande prova a rispondere nel suo romanzo, opera prima, il giovane senese Camillo Bartolini. Di solida formazione classica, docente in un importante liceo milanese, l’autore propone al lettore di ripercorrere in forma romanza- ta, ma sulla base sicura di una pur scarna documentazione storica, le vicende della vita di Pilato, seguito con l’immaginazione passo a passo dalla giovinezza nel suo Sannio fino al tragico epilogo nelle Gallie….

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8 commenti

  • miserere mei ha detto:

    Ponzio Pilato: ovvero un macchinista.
    Uno che guida il treno, ma solo dove vanno le rotaie.
    Ovviamente farlo bene evita disastri, tuttavia sempre solo su quelle rotaie. Fuori da quelle non può nulla, sopra quelle può barcamenarsi o trenomenarsi e questo fece.
    Il problema è che il macchinista è dentro un sistema e finché sta dentro il sistema gli regola turni, orari e anche i passaggi a livello.
    Fuor di metafora il potere istituzione è nelle mani del principe del mondo. E dei vari ricatti o timori. Di Tiberio, del Sinedrio, della sua guarnigione. L’unica assennata la moglie, ma quella è affare di famiglia, mentre la pseudo-gestione del potere risponde ad un altro livello, allora come oggi anticristico, intrinsecamente mondano. Oggi la tragedia della chiesa-istituzione ha trasformato tanti preti in Ponzio Pilato invece che in Cristo… E si capisce che una Chiesa così serve al potere e non alla verità, anche quando un macchinista dovesse seriamente interrogarsi, su suggerimenti di una moglie devota che attinge ad altri schemi e non dal binario tracciato da falsi profeti e bestiacce varie. Amen

  • laura cadenasso ha detto:

    Mi smbra un personaggio ambiguo, maledettamente attuale.

    • Enrico Nippo ha detto:

      La Valtorta ha scritto un bel romanzo.
      Ma un romanzo è un romanzo.

      • MARIO ha detto:

        Beh… è già qualcosa che per te questo romanzo sia almeno “bello”…
        Consolati, perché qualcuno ha osato perfino definire quest’opera “Una vita di Gesù malamente romanzata”.

        Un manoscritto di 12.321 pagg., scritto di getto e senza correzioni, in 4 anni dal 1943 al 1947 (mediamente 10 pagg./giorno), da una donna semi-paralizzata e costretta a letto, che pur non conoscendo la Palestina e la sua storia, descrive e nomina luoghi e persone con una precisione certosina (verificata sul posto da studiosi di chiara fama).
        Mai successo…

        Pio XII, richiesto di un parere prima della pubblicazione, disse: “Pubblicate quest’opera così come sta; chi legge capirà.”
        A mio parere questo giudizio basta e avanza: vale più di tante chiacchiere inutili… visto anche che si tratta della seconda opera più venduta al mondo, dopo la Bibbia.

        Il mariologo padre Gabriele Maria Roschini, fondatore della Facoltà Teologica Marianum di Roma e tra i maggiori mariologi del XX secolo, nel 1973 scrisse un libro intitolato “La Madonna negli scritti di Maria Valtorta” dove elogiava l’opera valtortiana e ricevette l’apprezzamento e la benedizione di papa Paolo VI per questo suo lavoro.
        Nell’introduzione al suo libro scrive: “Mi sento però in dovere di confessare candidamente che la Mariologia quale risulta dagli scritti, editi e inediti, di Maria Valtorta, è stata per me una vera rivelazione. Nessun altro scritto mariano, e neppure la somma degli scritti mariani da me letti e studiati, era stato in grado di darmi, del Capolavoro di Dio, un’idea così chiara, così viva, così completa, così luminosa e così affascinante: semplice e sublime insieme.”

        Altre “piccole” testimonianze:
        – Madre Teresa di Calcutta teneva sempre in borsa un volume di quest’opera;
        – Giovanni Paolo II, invece, il volume lo teneva bene in vista sul suo comodino.

        Ciao.

        • Enrico Nippo ha detto:

          Ciao.
          Gli è che già il titolo, almeno a me, suscita una perplessità: “Il Vangelo come mi è stato rivelato”. Avremmo così una rivelazione della Rivelazione? Mi sembra azzardato.
          E poi 12.000 pagine di un’iper rivelazione della Rivelazione che ne comprende qualche centinaio?
          Tu comprendi che questo testo si presenta come irrinunciabile alla comprensione del Vangelo? C’è bisogno della rivelazione della Valtorta per comprendere la Rivelazione?
          Ritieni che la minuziosità delle descrizioni sia indispensabile alla fede nel Vangelo in sé?

          • MARIO ha detto:

            Ripeto solo quello che disse Pio XII: “… chi legge capirà”
            Anch’io la pensavo come te. Poi ho cominciato a leggere, per curiosità, dall’inizio (è importante dall’inizio)… uno o due capitoli ogni sera (lentamente, è importante)…e ho capito… e ho pianto tanto (quasi ad ogni capitolo, come non mi era mai successo).

            Nella vita leggiamo un’infinità di cose, di libri, di bibliografie (magari di santi…), ma la vita reale di Gesù Cristo (giorno per giorno, attraverso visioni mistiche, come in un film) in fondo ci interessa molto poco…
            Chissà perché… forse per distrazione… forse perché presi dal tram tram quotidiano… o dai nostri pensieri o elucubrazioni… Non so… o preferisco non dirlo.

            Ciao.

  • Enrico Nippo ha detto:

    Bastano le poche righe della scheda editoriale per sospettare che Pilato resti, nonostante il libro di Camillo Bartolini, un uomo dal “lato oscuro e misterioso”, e visto che “attingendo a fonti d’ogni genere” la faccenda si complica invece di chiarirsi.

    Il libro “getta una nuova luce su una delle figure più conosciute nella storia umana che è sempre stata avvolta da un velo di mistero”, poiché l’Autore “ ha il talento di entrare nel mistero di una storia che ha cambiato per sempre il mondo”.
    Cosa significhi davvero “gettare nuova luce su un mistero” ed “entrare nel mistero” è davvero … misterioso.

    “Ponzio Pilato, il governatore della Giudea che, secondo i Vangeli, ha consegnato Gesù alla morte in croce, lavandosene la mani …” e “insieme alla irresponsabilità e all’opportunismo racchiusi in un gesto, quel “lavarsi le mani” di fronte alla enormità della più grande ingiustizia della storia nei confronti del Nazareno”.

    Ancora questa storia del lavarsene le mani inteso, piuttosto banalmente, come un fregarsene irresponsabile e opportunista?!

    E poi “la più grande ingiustizia della storia” non ha dato al mondo l’opportunità della Redenzione?
    E pure questo non è alquanto … misterioso?

    Lasciamo in pace Pilato, anche (e non solo) perché la scelta della vittima di crocifiggere non è stata la sua ma quella del popolo “democratico”.

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