Saya No Uchi, l’Unica Vera Possibilità di Pace. Il Matto.

9 Maggio 2024 Pubblicato da 23 Commenti

Tokyo: statua del conte Katsu Kaisho (1823-1899)

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni su pace e guerra, stimolato da una recente discussione sul forum in merito alla liceità o meno della pena di morte. Buona lettura e condivisione.

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«SAYA NO UCHI»

L’UNICA VERA POSSIBILITÀ DI PACE

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In questa circostanza tratto un argomento che mi sta molto a cuore: un argomento aristocratico di altissima civiltà, quindi (quasi) utopico, qualcosa di (quasi) inconcepibile in questi tempi dissacrati e dissacratori, disumani e disumanizzatori. Chiaro che ci si troverà, come si dice, su un altro pianeta. Il “quasi” fra parentesi è d’obbligo poiché anche se la prassi di quanto segue è ormai appannaggio di pochissimi, la speranza di una rinascita non può morire. Per quanto mi riguarda, il conte Katsu Kaisho è il modello a cui mi ispiro da ormai più di quarant’anni nel coltivare lo STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA, senza del quale la pace, parola di cui troppi si riempiono la bocca, resta una chimera.

*

 “Saya no uchi”: dentro il fodero, è l’abbreviazione di

“saya no uchi de katsu” oppure “saya no uchi no kachi”:

 vincere con la spada nel fodero; vincere senza sguainare,

Vincere senza estrarre la spada grazie ad una forte personalità da cui promana un’aura che incute rispetto e timore ma anche pace e rassicurazione, e che sa anche valersi di argomentazioni autorevoli e convincenti atte ad evitare lo scontro. Non soltanto, dunque, per una riconosciuta e temuta abilità tecnica, ma anche e soprattutto per una capacità di creare un’atmosfera pacifica, la qualcosa è di natura prettamente aristocratica e quindi non alla portata di chiunque. A tal proposito molto interessante risulta un proverbio giapponese:

“katana wa nukazaru ni ri ari”, letteralmente “vantaggio/beneficio senza estrarre la spada”. Il proverbio significa risolvere qualcosa evitando la forza non necessaria. Significa anche che qualcosa va bene perché hai lasciato “la tua spada nel fodero”, cioè perché sei stato paziente. Una variante di quest’ultimo contesto è “nukanu-tachi no kômyô” che significa letteralmente “la fama della spada non estratta”» (markussesco.com)

 

Altri detti circa l’evitare l’uso della spada:

– “nukazu ni sumu”: dirimere le dispute senza sguainare la spada;

– “katana wa saya no naka takaranono da”: la spada è un tesoro nel suo fodero.

Ma anche l’educazione al Rei (Etichetta) risulta preziosa e indispensabile al vincere senza estrarre la spada mostrando una postura corporea fiera, dignitosa, inattaccabile:

 

Inazō Nitobe, Bushidō:

«Ho già ricordato come l’Etichetta fosse così complessa da raggiungere le raffinatezze più delicate: al punto che parecchie scuole  sorsero e fiorirono per insegnarla. Anche se ciascuna di queste scuole seguiva un metodo diverso, esse erano identiche quanto alla loro essenza, esposta soprattutto nella Ogasawara, la più conosciuta di tutte, che sintetizzava i suoi obiettivi principali nei seguenti termini: “Il fine di ogni etichetta è di coltivare il nostro animo in modo tale che, anche se voi state tranquillamente seduto, nessuno, neanche il più rozzo vagabondo, possa muovere oltraggio alla vostra persona”».

*

KATSU KAISHU, IL GUERRIERO DISARMATO

«Vissuto in tempi estremamente pericolosi, Katsu riportava di essere stato colpito dal nemico non meno di 20 volte e di avere ferite alla gamba, al capo ed al costato, ma di non avere mai voluto uccidere un uomo. Conosciuto come grande maestro di spada, affermava però: “Ho l’abitudine di tenere la spada così stretta nel fodero che anche volendo non la potrei estrarre”» (musubi.it).

Ancora a proposito di Katsu Kaishu e dell’ideale di pace della cavalleria in Inazō Nitobe, Bushidō:

«La questione che maggiormente ci interessa in proposito è la seguente: “Il Bushidō giustificava l’uso incontrollato della spada?”. La risposta è, senza possibilità di equivoco, negativa. Il Bushidō, infatti, se da un lato attribuiva notevole importanza all’uso conveniente di essa, dall’altro rimproverava e detestava ogni abuso che la riguardasse. Vile ed esibizionista veniva considerato chi impugnava la spada in situazioni non degne di essa. Un uomo che sa dominarsi sa anche di doverla usare al momento giusto, e questo momento giunge piuttosto di rado.

Il conte Katsu che visse durante una delle epoche più sconvolte della nostra storia, in cui omicidi, suicidi e altri fatti di sangue erano all’ordine del giorno, investito in una occasione di supremi poteri dittatoriali e pur subendo ripetuti attentati, non macchiò mai la sua spada di sangue.

Ricordando alcuni avvenimenti con un amico, egli dice – in quel tono rude e bizzarro che gli era tipico – : “Io provo una notevole ripugnanza ad uccidere della gente, e perciò non ho mai ucciso nemmeno un solo uomo e ho lasciati andare via anche quelli la cui testa meritava di venir tagliata. Un giorno un amico mi disse: ‘Voi non uccidete a sufficienza! Come mai? Non mangiate pepe ed erbe eccitanti?’. Bene, molti non sono migliori di quel mio amico, ma vedete: egli fu assassinato a sua volta e se io sono sfuggito a morte violenta, lo devo forse alla mia ripugnanza ad uccidere. Avevo legato così strettamente al fodero l’impugnatura della spada che era difficile estrarre la lama: ero intenzionato a non ferire mai, anche se fossi stato ferito. È vero che alcuni sono proprio simili alle pulci e alle zanzare e pungono: ma che cosa importa la loro puntura? Questa irrita un poco e basta: non pone certo in pericolo la vita!”

Queste erano le parole di un uomo che aveva testimoniato con fierezza, nel fuoco ardente delle avversità e del trionfo, l’insegnamento del Bushidō.

Massime popolari come “essere battuti, significa vincere” (che vuol dire come sia vera conquista non volgersi contro un nemico), “più bella vittoria si ottiene senza spargimento di sangue”, e altre  di identica importanza e significato, mirano a dimostrare che, dopo tutto, l’obiettivo ideale della cavalleria era costituita dalla pace».

*

Nota: nell’immagine della statua del conte Katsu, che ho potuto ammirare di persona, può vedersi il nodo che lega il fodero (saya) alla guardia (tsuba) della spada, rendendola inestraibile.

Maestro di spada Iwata Kenichi Norikazu (1913-2011):

«La Via della Spada è migliorare il proprio cuore senza usare la spada. Alto, basso, forte, debole, veloce, lento ecc. unitamente alla preoccupazione della tecnica di taglio è un aspetto molto banale […] La Nihonto (Spada giapponese) che possiede lo spirito di Dio non è un’arma con cui tagliare le persone. Usare la spada come Katsujin Ken (la Spada che dà la Vita) è il modo corretto. Quindi uno studente che vuole davvero imparare la Via della Spada non dovrebbe aver bisogno di esagerare con i movimenti o le tecniche fisiche».

Osservazione conclusiva: il maestro Iwata dice che la Spada possiede lo spirito di Dio, e nel medesimo tempo è detto che essa è l’anima del Bushi.

Ah! Cosa di più sublime?

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23 commenti

  • il Matto ha detto:

    Un possente samurai, decise di approfondire la propria formazione spirituale. Si recò dal maestro zen Hakuin che viveva da eremita sulle montagne.
    .
    Quando l’ebbe trovato gli chiese: “Insegnami cosa sono il paradiso e l’inferno!”
    Il vecchio monaco alzò lentamente lo sguardo esaminandolo da capo a piedi.

    “Insegnare qualcosa a te” – ridacchiò – “Devi essere molto stupido se pensi che io possa insegnare qualcosa ad uno come te. Ma guardati: hai la barba lunga e puzzi, sembri un mendicante!”
    .
    Sentendo quelle parole, il samurai si infuriò e divenne rosso dalla collera, sguainò la spada per tagliere la testa al monaco insolente.
    .
    Ma il maestro Hakuin rimase tranquillo a guardarlo e con pacatezza disse: “Quello che stai vivendo in questo momento è l’inferno!”.
    .
    Il samurai, imbarazzato, ripose la spada nel fodero. Comprese che il maestro aveva appena rischiato la vita per insegnargli qualcosa. Allora gli occhi si riempirono di lacrime ed egli si inchinò scusandosi.
    .
    Il maestro lo guardò e gli disse: “Quello che stai provando ora è il paradiso!”.

  • il Matto ha detto:

    Amo entrare in una chiesa quando non c’è alcuna celebrazione e regna il silenzio …

    Mi siedo compostamente con la schiena diritta e ascolto il silenzio …

    Come punto di riferimento “centralizzante” il Tabernacolo …

    Mi accorgo che sto respirando: inspiro la vita ed espiro la vita, e poi ancora inspiro la vita ed espiro la vita, e poi ancora … così … senza interruzione … nel silenzio … mentre sorge una dolce beatitudine …

    Beatitudine … l’ Ānanda della Tradizione indù …

    “guerra” e “pace” dove sono?

  • Adriana 1 ha detto:

    Caro Enrico,
    sicuramente essere un animo nobile, un aristocratico guerriero, infine: un Bodhisattva, è ammirevole ed auspicabile. Nulla da eccepire su ciò. Si tratterà pure di un’utopia, però è una buona utopia su cui c’è molto da imparare. Ma dimmi, in confidenza, pensi che la figura di Yeshua sia quella di un Bodhisattva?

    • il Matto ha detto:

      Ma chère,

      mi fai una domanda difficilissima (almeno per me).

      Non essendo (per ora😄 ) un bodhisattva, non so cosa sia un bodhisattva.

      So che comprenderai: l’apofasi mi ha reso scettico sulle definizioni.

      Qui lo zen è preciso: la parola “mela” non è la mela.

      Se avrai pazienza fino alla mia Illuminazione, ti risponderò. 🤩🤩🤩

      • Adriana 1 ha detto:

        Caro Enrico,
        sapevo (sentivo) che era domanda difficilissima, ma mi era venuta spontanea a motivo di certe tue asserzioni di risposta dove paragonavi, sia pur implicitamente, il protagonista dei Vangeli a un Bodhisattva.

        • il Matto ha detto:

          Ottima osservazione.

          Anche tenendo presente l’aiuto di Giampiero (che ringrazio ancora), mi lascio andare a questo “parallelismo”:

          Il Re dei re è il Bodhisattva dei bodhisattva.

      • Giampiero ha detto:

        Lascerei rispondere a santa Teresa di liseux: VOGLIO VIVERE IL MIO CIELO FACENDO DEL BENE SULLA TERRA. Una disposizione da vera “bodhisattva”.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    –il modello a cui mi ispiro da ormai più di quarant’anni nel coltivare lo STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA, senza del quale la pace, parola di cui troppi si riempiono la bocca, resta una chimera.–
    Ma sei sicuro che la cura ti abbia fatto effetto?

    • il Matto ha detto:

      Sempre un’occhiataccia sugli altri eh?

      Mai su se stessi!

      • ORGANUM ha detto:

        Infatti, mi sembra che sia lui il primo a profondersi in battibecchi petulanti e infiniti con tutti quelli che la pensano diversamente.Non te ne liberi più.Niente a che fare con il sereno distacco dell’Illuminato.

  • Luciano Motz ha detto:

    Gesù dice che non è venuto a portare la pace, ma la spada: “Non pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra: non sono venuto a portare pace ma la spada”. (Mt 10,34). Perché la non belligeranza non è la condizione ideale dell’uomo, giacché l’uomo è tenuto a combattere contro tutto quanto ostacoli la sua piena comunione con Dio.
    La Pace è la piena comunione con Dio e solo quando tutti gli uomini saranno in piena comunione con il Signore cesseranno le guerre.

    • il Matto ha detto:

      Caro Fratello,

      mentre componevo l’articolo, sorridevo al pensiero che, immancabilmente, ci sarebbe stata la solita, scontata, citazione: non sono venuto etc. etc.

      Ma si può capire: ognuno estrae dal Vangelo la citazione che gli occorre alla bisogna: è un automatismo irresistibile.

      Cedendo anch’io alla tentazione, cito Gesù a supporto dello stato interiore di non belligeranza:

      “imparate da Me che sono mite e umile di cuore”.

      Allora? Come la metti? Un mite e umile di cuore che mena fendenti ammazzando a destra e a manca?

      Ti faccio notare che nell’ultimo periodo del tuo commento confermi esattamente il significato di fondo del mio articolo: finché non si instaurerà lo stato interiore di non belligeranza (la mitezza e l’umiltà di Gesù) gli uomini continueranno a sterminarsi a vicenda.

      Ovvero: la guerra che c’è fuori dell’uomo è un riflesso dell’istinto bellico che l’uomo ha dentro di sé.

      Cordialità.

      • Luciano Motz ha detto:

        Caro Matto,
        io non ho contestato quello che tu definisci “il significato di fondo del mio articolo”; ho solo voluto sottolineare che lo stato individuale di non belligeranza non comporta la piena comunione con Dio, per raggiungere la quale bisogna passare per il combattimento contro tutto ciò che la ostacola. Ma il combattimento non significa solo menare fendenti cruenti a destra e a manca.
        Tu citi le parole di Gesù: “imparate da me che sono mite e umile di cuore”, che però non supportano lo stato interiore di non belligeranza, tant’è che Gesù, mite e umile di cuore, ha rovesciato i tavoli dei venditori del tempio e non si è mai astenuto dall’attaccare scribi e farisei; come si suol dire: quando ci vuole, ci vuole.
        Un abbraccio

        • il Matto ha detto:

          Ti ringrazio, caro Luciano, per questo commento che apre (aprirebbe) il discorso sull’ascesi e dunque sul combattimento spirituale. Chissà, forse su questo blog se ne parlerà prima o poi, visto che è quello che conta.

          Permettimi una domanda: uno di noi, un qualsiasi essere umano, può rovesciare tavoli e attaccare scribi e farisei solo perché lo ha fatto Gesù? Siamo sicuri di avere il cuore di Gesù, prima di intraprendere azioni apologetiche?

          Ciao.

      • Giampiero ha detto:

        Faccio anch’io la mia di citazione: RIMETTI LA SPADA NEL FODERO, PERCHÉ TUTTI COLORO CHE METTERANNO MANO ALLA SPADA DI SPADA PERIRANNO. Questo versetto mi pare esorti al superamento di certa logica del mondo, apparentemente inevitabile.

  • Federico ha detto:

    Mi domando quando appariranno su questo sito anche articoli sul buddismo, sul nirvana, sul confucianesimo, sullo shintoismo, e via discorrendo sulle vie dell’imperturbabilità, dell’indifferenza, della pacificazione universale, del mondo senza barriere, del pacifismo, della fratellanza universale, del globalismo e dell’abolizione degli stati e della proprietà privata.
    Sì, sì, capisco che non ho capito nulla e non sono sufficientemente preparato alle riflessioni interiori…
    Solo mi chiedevo se questo sito stia iniziando anch’esso il lento ed impercettibile percorso iniziato decenni fa dalle istituzioni cattoliche. Un augurio di forza e buona coerenza a tutti.

    • il Matto ha detto:

      Forse non riesce a capire poiché davvero “non sufficientemente preparato alle riflessioni interiori …”: affermazione sincera o ironica? Lei solo può rispondere.

      Mi sorprende, piuttosto, il suo ignorare del tutto il motivo di fondo dell’articolo che certamente non riguarda solo il cattolicesimo.

      • Federico ha detto:

        Le rispondo senza polemica ma solo con la sincera verità. Passare una mezz’ora in Chiesa a godere della presenza di Nostro Signore mi fa sembrare tutto meraviglioso e quando esco non sento il bisogno di nulla. Tutto il mondo materiale, così come lo conosciamo, passa molto velocemente (il tempo di un sospiro); Dio e l’amore vicendevole (la carità), restano.
        Non che le cose del mondo non siano belle ma tutto trova la sua corretta collocazione ed il giusto valore (poco!). Ecco dunque che Gesù ha detto il vero su tutto e posso attestare di aver avuto dalla vita più di quanto desiderassi (successo, bellezza, forza, amici, intelligenza, lavoro, benessere, salute, interessi, beni, belle auto, compagnia femminile, ecc.)… Eppure tutto appare inutile e talvolta dannoso se non trova la collocazione corretta che il Creatore gli ha dato.
        Oggi sono vivo grazie a Dio che più volte mi ha salvato la vita in modo straordinario: e posso dire che senza lui non esisterebbe nulla neppure la più piccola cosa. È lui il vero tesoro e l’unico maestro.

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