Crisi della Chiesa, Crisi di Santi, Crisi di Santi Preti. Ettore Gotti Tedeschi.

22 Aprile 2024 Pubblicato da 7 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni del prof. Ettore Gotti Tedeschi, che ringraziamo di cuore. Buona lettura e condivisione.

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Caro Tosatti, mi vuole concedere una riflessione di carattere morale, che come conseguenza ha tutti quei grandi problemi che lei,molto opportunamente, descrive ininterrottamente nel suo blog?

La crisi che stiamo vivendo è una crisi di santi, di santi preti anzitutto. Pertanto le chiedo di ospitare una riflessione (non mia,ma da me adattata) che spero sia utile a chi vorrà leggerla.

Domenico Giuliotti (1877-1956), uno dei maggiori intellettuali cattolici del ‘900, è poco conosciuto, come lo sono spesso le menti eccelse che pretendono però di contribuire con i loro scritti alla evangelizzazione, proponendo di riflettere sulle Verità assolute. Nel 1937 pubblicò un libretto “Pensieri di un malpensante” (Vallecchi ed. Firenze). Il capitolo titolato “Splendori e miserie della chiesa militante” dovrebbe oggi essere letto, nei momenti di pausa, nei Seminari (e perché no, anche in famiglia davanti al “focolare” domestico).

Riprendo (arbitrariamente adattandole per renderle più dirette e, secondo me, più facili da intendere) alcune considerazioni che sono preziose.

Ohimè, considerate “sorpassate”, come direbbe don Camillo di Guareschi: “chissà mai perché..?”.

Scrive Giuliotti che la Chiesa(quella con la “C “ maiuscola), nonostante tutto, è la grande sconosciuta. Ohimè, oggi sconosciuta ancor di più direi, confondendola con una organizzazione sociale. La gran parte dei suoi figli infatti non sa che la Chiesa è stata voluta per amarli, assisterli, nutrirli, perché (anche questo i suoi figli l’hanno dimenticato) i suoi figli nascono in Lei e fuori da Lei muoiono.

Non ci sono, dice Giuliotti, molte chiese, ma solo due: quella di Cristo e quella dell’Anticristo.

Così come non ci sono varie guerre, ma una vera: tra Cristo e l’Anticristo. Il grande conflitto non è infatti sociale o culturale, bensì spirituale.

Pertanto, rivolgendosi ai santi sacerdoti, raccomanda due cose: transustanziare e confessare. E, aggirandoli con una domanda spirituale, chiede loro: giovane prete, a chi misticamente assomigli tu? A Cristo, rispondi. Si certo, ma prima che a Cristo devi somigliare a Maria, perché come Lei, porti in te Cristo, devi sentirlo crescere e devi partorirlo, custodirlo, donarlo alle anime. Tu, essendo prete, stai in alto, ma sei congiunto alle anime sottostanti che devi sollevare alla gloria. Se non lo fai, sei, essendo prete, deicida, omicida e suicida.

Pensaci !Dal giorno della tua ordinazione alla morte, resti immerso nel soprannaturale. Ma te ne accorgi? Potevi essere padre secondo la carne, lo sei invece senza generare figli, lo sei in modo più puro, più nobile, più fecondo. Sei padre, maestro, fratello e servo di una comunità di famiglie, hai le chiavi della porta della salvezza. Solo che tu pronunzi parole misteriose, in una lingua morta (così scrive Giuliotti nel libro), schiere di angeli si inginocchiano invisibilmente intorno a te e Dio stesso si da prigioniero nelle tue mani. Questo uomo, caro prete, è il prete cattolico. Sei la fiaccola sul candelabro che vince il buio, tuttavia la tua miseria umana è quasi uguale alla tua sovrumana grandezza. Cancelli i peccati, ma pecchi tu stesso.

Diffondi la vita ma non vivi secondo i doveri del tuo ministero. Ma proprio per questo dobbiamo amarti ed aiutarti perché il peso che porti è grandissimo e la tua forza è spesso inadeguata. E’ difficile per noi cattolici comuni separare il sacerdote dall’uomo, venerando quello e compatendo questo. Eppure il prete è per la investitura ricevuta la più grande luce di questo mondo. Se si spegne, si spegne la stessa Civiltà cristiana.

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7 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    Articolo molto bello e molto chiaro. Da diffondere. Grazie.

  • Mozart 2 ha detto:

    Autore sconosciuto . Si può sapere di più ?

  • R.S. ha detto:

    Leggendo, ho ripreso il vangelo di oggi.

    Gesù, il bel pastore, insiste sul tema delle pecore fissando l’attenzione sul recinto dell’ovile e sulla sua porta d’accesso.

    La prima cosa da notare è che Gesù è un segno di contraddizione e come tale prevede sempre una qualche separazione.

    Nella parabola del seminatore tutti ascoltano la parola di Dio, eppure c’è un ampio ventaglio di esiti.
    Perciò Gesù cita Isaia con queste parole: “voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani”.

    L’ascoltare attentamente e il seguire Gesù determinano un’alterità e un’alternatività rispetto al mondo (sappiamo chi ne sia il principe) e alla scelta di un quieto vivere senza creare troppi contrasti.

    Le pecore del bel pastore sono semplici: stanno nel recinto (i muri servono) entrandovi ed uscendovi dalla porta, evitando altre soluzioni più fantasiose che trasformerebbe la pecora in uno sgradito intruso.

    Le pecore passano da una porta che è il pastore stesso, sintetizzandone la volontà di aprire il passaggio che soddisfa la duplice necessità di stare al riparo e di uscire al pascolo.
    In questo transito la pecora conosce il bel pastore e ognuna viene chiamata per nome, mentre fuori dal recinto il pastore vigila sul gregge per proteggerlo dalla minaccia dei predatori.

    Gesù non ebbe subito un gran successo con i discepoli, in difficoltà con l’interpretazione della similitudine.

    Allora si fece più esplicito, dicendosi la porta delle pecore. Altrove dirà che questa porta è stretta.

    Qui invece rimarca un’altra differenza (ancora una separazione) tra sé stesso e altri sedicenti pastori che sono ladri e briganti. Direi nient’affatto sincretistico o dialogante, non c’è che dire!

    Gesù si attesta ed accredita come unica porta di accesso alla salvezza, anche se non toglie la libertà di entrare e uscire: la sua verità rende liberi e non reclusi in un recinto dorato.
    Insomma: si è “nel mondo”, ma non “del mondo”.

    Tutto il creato è pascolo, ma la pecora salvata è quella che ascolta quell’unica voce, passando per quella porta.

    Infatti Gesù separa per evitare di fare la fine che toccherebbe seguendo il ladro, che entra nella vita solo per rubare, uccidere e distruggere.

    Invece Gesù, il bel pastore, è venuto perché le pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Eterna!

    Che Dio ci doni ancora e sempre sei santi pastori, innamorati del Divin Maestro.

  • giovanni ha detto:

    Eh si ,il Sacerdote porta sulle spalle un peso almeno doppio rispetto al fedele Cristiano e l’ immensa responsabilita’ verso le anime. Ogni sforzo va’ fatto per aiutarlo nel difficilissimo compito a cui volontariamente si e’ sottoposto per Fede. Il Suo premio, oltre quello d’ogni credente della salvezza e della visione di Dio, sara’ il Sacerdozio Eterno secondo l’ ordine di Melchisedek.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Chiamiamoli ordinati, preti, curati, parroci, sacerdoti, ministri di Dio, ministri del culto, vescovi, cardinali…. Chiamiamoli come vogliamo, di certo la loro mancanza si sente. E quei pochi che sono rimasti sono usati, in grande maggioranza, come burattini di un grande burattinaio, che ha preso possesso della Città del Vaticano.
    Usque tamdem ?

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    Carissimo professore EGT,

    il suo prezioso contributo mi ha rimandato a un volume dal titolo “L’ABC di Joseph Ratzinger”, a cura di Robert Zollitsch (sacerdote e poi arcivescovo), Ed. LEV 2013.
    Sotto la voce “Demoni”, a pagina 73, si legge quanto segue:

    “[…] Quando l’uomo entra nella luce di Cristo il demone viene sconfitto e in questo modo diviene superabile. Vale anche qui la considerazione che se si volesse cancellare la realtà del potere demoniaco sarebbero modificati il battesimo e la possibilità di realizzazione della vita cristiana. Inoltre, si dovrebbe aggiungere qui, nella domanda sulla Chiesa, l’esperienza dei santi, di coloro che credono in modo esemplare – intendo dire la loro esperienza, non tutte le loro idee. Questa esperienza corrisponde a quella di Gesù: quanto più la santità diviene visibile e forte, tanto meno il demone può nascondersi. A QUESTO RIGUARDO SI POTREBBE PERFINO AFFERMARE CHE IL PROGRESSIVO DILEGUARSI DEI DEMONI, IL PRESUNTO DIVENTARE INOFFENSIVO AL MONDO, VA DI PARI PASSO CON LA SCOMPARSA DELLA SANTITA'”.

    Ecco spiegata in sintesi la “crisi dei santi”.

    Ed ecco qualche osservazione di Papa Benedetto XVI che, presa sul serio, sarebbe anche soluzione (fatta salva la volontà di credere concretamente alla realtà demoniaca, come ben chiarita nei Vangeli, soprattutto quello di San Marco Evangelista):

    – “Il sacerdote deve sempre dire e agire così: la mia dottrina non è mia, non propago le mie idee o quanto mi piace, ma sono bocca e cuore di Cristo” (14.4.2010)

    – “Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un Sacerdote” (16.3.2009)

    Infine, senza il “carisma mariano”, la Chiesa – e ben lo vediamo su qualunque piano – da un punto di vista istituzionale, rischia una forse irrimediabile implosione senza precedenti.

    Ringrazio di cuore e saluto fraternamente in Cristo.

  • don Mariano ha detto:

    “queste crisi mondiali, son crisi di Santi” scriveva san JMEscrivà

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