La Sentenza del Re. Un’opinione. Terza Parte.

15 Marzo 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ecco alla vostra attenzione la terza parte de La Sentenza del Re di Un’opinione. Le due parti precedenti sono a questo collegamento e a questo. Buona lettura e condivisione.

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Nessuno, perfino il Tentatore in quel momento, riusciva ad immaginare quali pensieri passassero per la testa del giovane. Trascorsero ancora alcuni istanti e … improvvisamente, una forza sconosciuta sembrò attraversare tutto il corpo del giovane e, quasi come se la sua volontà fosse stata recisa e da quel momento tutte le azioni del suo corpo fossero guidate meccanicamente da questa irresistibile forza, fece una velocissima rotazione di centottanta gradi su sé stesso puntando il fucile contro il pubblico con il dito sul grilletto e pronto a sparare. Tutti ammutolirono: nessuno osava più incitare il giovane a sparare. Il Tentatore, quando vide la piroetta del giovane, nascostamente alzò di scatto i pugni chiusi all’altezza del petto in segno di totale trionfo … mai si sarebbe immaginato un risultato migliore.

Nessuno fra il pubblico osava aprire piú la bocca, anche perché era totalmente paralizzato: sembrava che una forza misteriosa li tenesse tutti inchiodati ai propri posti e ne impedisse la fuga quale immediata retribuzione per il proprio incitamento precedente. Il giovane rimase immobile così come era rimasto immobile di fronte al topo … poi iniziò a puntare la canna del fucile su ogni singolo spettatore, spostandola successivamente lentamente sullo spettatore accanto. Furono attimi lunghissimi … eterni per chi proprio in quel momento si vedeva puntato. Quando il giovane ebbe passato così in rassegna anche l’ultimo spettatore, con il fucile ancora puntato, per sfogare tutta la pressione che aveva accumulato dentro, invece di sparare, urló: “BASTAAAAA! tutto questo teatro è al di sotto della mia dignità!”. Buttò il fucile a terra e, piangendo, inizió a precipitarsi verso l´uscita dello studio. Il Tentatore fece alcuni passi verso il giovane per impedirgli di abbandonare la prova, dicendogli: “Non scappi via … cosí facendo delude questo meraviglioso pubblico che tanto l´ha sostenuta, e … sí, mi rendo conto … ho valutato male, ammazzare un topo é un´impresa troppo grande per lei ma a tutto c´é un rimedio … e per questo le propongo una prova diversa … ancora piú facile della precedente … senza alcun spargimento di sangue … ecco … per trenta chili d´oro le propongo di ammazzare uno scarafaggio con una bomboletta di DDT o qualche altro pesticida che gli umani hanno inventato su mia ispirazione … questa nuova prova é incruenta mentre la combustione della polvere da sparo produce dell´anidride carbonica che é dannoso per l´ambiente e provoca il riscaldamento globale … cosí non solo potrá superare la prova ma inoltre tutti la considereranno un ecologista militante”. Il giovane si fermó, rimuginó su quelle che erano le implicazioni delle parole del Tentatore e puntando il dito verso il Tentatore, rispose: “Ah … ecco chi é il vero responsabile non solo del cambiamento climatico ma anche dell´inquinamento ambientale”. Il Tentatore, colto alla sprovvista per le parole del giovane e passando improvvisamente dal ruolo di incessante accusatore a quello di accusato, balbettò: “Ma io … veramente …”. Il giovane non facendolo andare avanti ed assestando la mazzata finale: “Alle Sue condizioni neanche una pulce pesto con il mio piede nudo” e facendo un segno di ovvietà con le mai “piú ecologico di cosí …”. E detto questo, sparí pure lui.

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Nello studio non si sentiva volare una mosca, il topo si era assopito, il Tentatore stava immobile … e tutti gli spettatori, convinti di essere morti poiché avevano scambiato l’urlo del giovane per il colpo di fucile che li aveva mandati nell´aldilá ma senza provare alcun dolore, stavano ad occhi chiusi. Ed ognuno di loro si stava chiedendo, usando la propria razionalitá: “Ma se sono morto perché penso?” E ad un certo punto ad uno dei tanti che pensava di essere morto venne il pensiero di aprire gli occhi per vedere se esistesse una realtá diversa da quella che stava appena sperimentando ed emise un: “Arrghhhhhh …”. E tutti ebbero lo stesso pensiero di aprire gli occhi per vedere chi e cosa avesse provocato questo urlo che non ci sarebbe mai dovuto essere e con loro assoluto terrore videro davanti a loro … l’uomo nero … proprio così come le loro mamme defunte lo avevano descritto quando erano piccoli … e che sembrava essere appena uscito da una voragine apertasi alle sue spalle … da cui fuoriuscivano orribili e sinistri bagliori rossi  e … che sembrava lui stesso emanare del fumo rosso, e sì … sembrava essere stato appena sputato fuori dall´Inferno proprio per loro e che si stesse muovendo a grandi passi, anzi … che stesse scivolando velocemente sul pavimento senza muovere un solo passo verso di loro con l’intenzione di afferrarli e trascinarli con sé verso la fine del mondo.

Il loro primo impulso fu quello di scappare. Ma dove scappare se erano ancora totalmente paralizzati? E non rimase a loro che rifuggiarsi, in preda al terrore, con la loro mente nel passato … nel tentativo di ritornare piccoli … al tempo di quando la mamma e la nonna li rimproveravano con amore: “Sii buono anche con il gatto, perché altrimenti verrà l’uomo nero e ti porterà via con sé”. Sì, ora avevano imparato la lezione … sarebbero ridiventati piccoli e, ricominciando daccapo, avrebbero seguito il consiglio della mamma …e questo non solo con i gatti ma anche con i topi, cosí si stavano ripromettendo. Stavano ancora correndo a ritroso nel tempo, quando ognuno di loro sentì una voce: “Figlio … dove credi di stare andando?” Era la loro mamma che gli stava parlando. “Tu qui, mamma? Ora non ho tempo … sto scappando per ritornare piccolo e felice … per ricominciare tutto daccapo … ora ho capito cosa volevi veramente dire allora …” La mamma, emettendo un sospiro: “E inutile che torni indietro figlio mio … quel che é fatto é fatto e per di lì non c’è più ritorno”. Il figlio: “Non c’è più ritorno? e allora come devo fare per salvarmi? ti prego, dimmelo tu che mi hai dato sempre dei buoni consigli … fai presto … sento i passi dell’uomo nero che mi stanno raggiungendo” disse con disperazione ogni fuggitivo. La mamma di ognuno pensò un poco e disse: “Ti ricordi di Colui a cui parlavo inginocchiata in chiesa prima che iniziasse la messa quando eri piccolo? … solo Lui ti può salvare”. Il fuggitivo pensò un attimo e finalmente capì di chi si trattava: “Ah, sí, ora ricordo … tu intendi colui che preparava la funzione e con cui parlavi di tanto in tanto quando stavi inginocchiata in preghiera verso l´altare! … il sacrestano, vuoi dire … grazie mamma …”. E prima che ogni mamma potesse avvertire il proprio figlio del madornale errore in cui era caduto un´altra volta, subito ognuno si voltò per ritornare di corsa nella realtà.

Tutti ritornarono allo stesso tempo con la mente nello studio con l’intenzione, visto che la paralisi era magicamente scomparsa, di scappare subito in chiesa per ottenere il perdono da parte del sacrestano … ma nessuno di loro fece in tempo a lasciare la propria sedia perché le luci dello studio proprio in quel momento si riaccesero e tutti si resero conto che era stato tutto un malinteso e che di fronte a loro c´era sempre stata la rassicurante figura del … Tentatore.

Questi, nel tentativo di fermare il giovane, era andato a finire al suo posto e lí era rimasto immobile a rimuginare su cosa era andato storto con la prova, finendo così per essere scambiato da tutti, grazie all’oscurità e agli effetti speciali rossastri, per il temutissimo uomo nero. Appena compresero l’equivoco, tutti tirarono un sospiro di sollievo e, buttando alle ortiche la loro precedente intenzione riparatrice (5), si abbandonarono di nuovo totalmente ai loro istinti mondani, e cioè: alcuni iniziarono ad urlare per la gioia di essere usciti vivi da quello che si era trasformato in un incubo, altri svennero per la tensione, altri furono colpiti da infarto, altri si misero a piangere istericamente, e chi ancora si sentiva di fare qualche passo, per curarsi dallo spavento, barcollò di corsa al bar dello studio per imbottirsi di alcolici … anche il topo, approfittando di tutta quella confusione riuscì a scappare dalla gabbia e ad infilarsi, non si sa come, nella teca del bar per gustarsi i tramezzini al formaggio: sembrava di stare in un ospedale da campo in prossimità di un campo di battaglia.

E subito i superstiti di tale disavventura iniziarono a scambiarsi i loro pareri su quello che era successo: “Già si vedeva da come si muoveva che quel giovane doveva essere spostato” disse uno. “Sì, hai ragione, non uccidere un topo e buttare così via trenta chili d’oro” disse un secondo. “Non solo, ma per giunta tentare di ammazzare anche uno di noi per poi così farsi mettere in carcere … veramente roba da metterlo in manicomio” disse il primo. “Sí, ma per fortuna che il Tentatore ha impedito che qualcuno di voi fosse ucciso” disse il secondo. “Cosa vuoi dire con questo?”chiese il primo”. Il secondo: “Voglio dire che il giovane non ha fatto in tempo a spararvi perché il Tentatore si è avventato prontamente su di lui e lo ha fatto fuggire”. Il primo: “Davvero? Io non ho visto niente di tutto ciò”. Il secondo, continuando in maniera piú persuasiva: “E certo, perché tu hai chiuso gli occhi … io, invece, che li ho tenuti ben aperti tutto il tempo, ho potuto ben vedere come sono andate le cose”. Il primo oppose: “Ma a me è sembrato che il Tentatore sia stato fermo là ad aspettare che il giovane sparasse, anzi … ho avuto la sensazione che lo incoraggiasse a sparare contro di noi …”. Il secondo lo interruppe con fermezza e chiamando con la mano i rinforzi: “Noi siamo i professionisti della veritá e sappiamo senza alcun ombra di dubbio che è stato il Tentatore a mettere in fuga il giovane … abbiamo le prove …“ e rivolgendosi a quello accanto a lui appena arrivato di corsa, chiese: “E’ vero, cumpà?” Il terzo, che era il direttore di un grande giornale: “È vero, è vero … giuro di aver visto con i miei propri occhi come il Tentatore ha messo tempestivamente in fuga il giovane … scriverò domani un articolo proprio su questo …”. “Ma allora gli dobbiamo la vita” affermò il primo ormai convinto. Il secondo: “Lo puoi dire a voce alta cumpà, gli dobbiamo la vita ed anche dell’altro”. “Sí, sí” gridò un quarto che era appena giunto su chiamata e che anche lui giurava di essere rimasto sempre gli occhi aperti e che di mestiere faceva il politico di successo “non solo gli dobbiamo la vita … gli dobbiamo anche la salvezza dell´anima …”. E tutti i presenti, avendo ascoltato questo scambio di vedute che era stato condotto ad alta voce, si convinsero, diversamente da quello che erano i loro ricordi, che il Tentatore li aveva veramente salvati dal giovane. “Sí, sí,” aggiunse infine un quinto che di mestiere faceva l´impostore e che vestiva sempre un abito bianco ”il Tentatore è il nostro vero salvatore … non quell’altro Impostore lá …”. E così tutti gli spettatori, anche tutti quelli che erano nel frattempo ritornati dal bar, in segno di convinta riconoscenza, alzarono il Tentatore sulle loro spalle e lo portarono in giro per lo studio cantando a squarciagola la canzone di apertura del programma cantata da una presentatrice che durante la performance portava ripetutamente su e giú al proprio occhio il segno OK formato con il pollice e l´indice della propria mano, facendo finta con tale gesto di scrutare attentamente ogni singolo spettatore per ricordare ad ognuno di loro la realtà della vita: “La Regia vi osserva … ogni momento … ognuno di voi … non pensiate di poterla fare franca … “. Questa canzone, che nel corso del tempo sempre piú persone spensieratamente cantavano, faceva così:

“Venite, adoriamo … il Tentatore,
Devoti, offriamogli quel che di più prezioso c’è nel nostro cuore,
Come potrà mai più salvarci il Redentore?
Così ormai assopiti, annegheremo,
per risvegliarci immersi in un mare di orrore,
che non conosce più le ore …”

… fu un giorno trionfale per il Tentatore, ma … c’era un ma: la preda più preziosa per la quale aveva tanto pazientemente teso la trappola era riuscita a sfuggire …. per il momento …

“La sentenza del Re” – scena terza

Le luci della scena erano state appena spente e in studio era ormai rimasto solo il Tentatore, cioè colui che non solo, come tutti erroneamente credevano, dirigeva lo show davanti al pubblico, ma che lo ideava nei contenuti e lo organizzava fin nei minimi dettagli, infiltrando allo scopo nascostamente fra gli spettatori anche dei suoi agenti che all’occorrenza indirizzavano il sentimento del pubblico e che, nel caso del giovane, si erano allontanati dallo stesso prima che il Tentatore avesse dato il suggerimento al giovane di sparare verso le sue spalle, per poi reintrodursi per giurare sull’intervento risolutorio del Tentatore.

Il Tentatore, mentre guardava distrattamente la platea ormai vuota che stava di fronte a sé, si stava chiedendo quanto fosse riottosa ed imprevedibile la mente umana. Nonostante avesse maturato una plurimillenaria esperienza come showman, forse ancora non aveva visto tutto: “Quali nuovi artifici dovró ancora escogitare per indurre qualsiasi persona, anche la più bisognosa e misera, a rinunciare alla propria libera determinazione e così piegarla al mio volere? a quanto pare tutto l´oro del mondo da solo non basta per costringerli a fare quello che voglio io … e quel giovane è indubbiamente il peggiore esempio che esista e non lo si può certamente lasciare andare liberamente in giro: cosa succederebbe se tutti si accorgessero che conosce bene il trucco per sfuggirmi e che questo sta tutto nel mettere le briglie ai propri bisogni … e che si può essere lo stesso felici?” stava pensando. “Sí, il giovane può rovinare tutti i miei piani … e questo giá da solo … figuriamoci se anche altri iniziano a prenderlo ad esempio … già questa notte manderò i miei migliori agenti a spiarlo per così trovare il suo punto debole … non mi servirò dell´oro questa volta … ma ricorrerò ad un altro dei miei numerosissimi strumenti che ho a disposizione … e finalmente gli farò cadere quella maschera di insolente innocenza con cui se ne va in giro per il mondo e che proprio non sopporto … e proverò senza alcun´ombra di dubbio che anche lui è come gli altri, anzi … che tutti sono simili a me e che per questo desiderano stare con me piuttosto che con il Re … escogiterò un nuovo piano … più diabolico ed insidioso di quello che è appena andato a vuoto … inventerò qualcosa di nuovo che non esiste in natura … introdurró cautamente prima il denaro fiat e poi prendendo a pretesto una falsa pandemia faró creare dai miei agenti quello bancario elettronico centralizzato e programmabile insieme all´identitá digitale … e questo al fine ultimo di impiantare in loro il marchio biblico sulla mano destra o sulla fronte senza il quale nessuno potrá vendere o comprare … e finalmente cadranno nelle mie mani … tutti, tutti, tutti … ma devo affrettarmi … per riuscire a fare tutto questo devo riuscire a piegare il giovane alla mia volontà prima che il Re … “.

E all’improvviso l’attenzione del Tentatore fu attirata dal velo laterale davanti a cui era posto l´oro che si stava aprendo alla sua sinistra (6). Dietro a questo apparve una Persona seduta su un massiccio scranno finemente intarsiato posto su un rialzo, che indossava un mantello di broccato, il cui volto era severo ma che allo stesso tempo irradiava benevolenza e che aveva sulla testa una corona fatta di oro massiccio, tempestata di diamanti, gemme preziose e perle: era il Re. Oggi era il suo giorno da giudice e dopo aver amministrato la giustizia nel Palazzo, si era recato nello studio del Tentatore per assistere, da dietro al velo e all’insaputa di tutti i presenti tranne che del Tentatore stesso, all’assunzione della prova a cui il giovane sarebbe stato sottoposto … ed anche per togliersi la curiosità di vedere personalmente come i suoi sudditi trascorressero il loro tempo.

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