Eventi, Incontri, e un Testo di Joseph Ratzinger del 1959 sui Nuovi Pagani.

11 Aprile 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste segnalazioni di eventi e incontri dei prossimi giorni. Buona lettura e condivisione.

§§§

[1] BOTTICINO (BS), *OGGI* GIOVEDI’ 11 APRILE 2024, 20.30, MONS. ALFREDO ABBONDI, “PARLIAMO D’IO”
Don Alfredo, che è stato a San Martino in Rio lo scorso 23 marzo, continua la sua opera di “predicatore itinerante”, servendosi de “L’arte della buona battaglia” di don Rosini.

[2] BORGOTREBBIA (PC), SABATO 13 APRILE 2024, 17.00, ROBERTO MARCHESINI, “L’ERA DIGITALE E I NOSTRI FIGLI”
Continuano gli incontri presso la Parrocchia dei Santi Angeli Custodi. Terzo incontro di formazione per le famiglie (e per chi vuole).

[3] CARPI (MO), DOMENICA 14 APRILE 2024, 15.30, FRANCO FRACASSI E FEDERICA FRANCESCONI, “GUERRE E PAURA COME STRUMENTO DI CONTROLLO DEI POPOLI”
Continuano gli incontri del gruppo “Carpi Consapevole”. Gradita la prenotazione, ingresso a offerta libera ma consapevole.

[4] CARPI (MO), SABATO 20 APRILE 2024, 15.30, FRANCO BATTAGLIA E FRANCO PRODI, “NON C’E’ ALCUNA EMERGENZA CLIMATICA”
Ancora “Carpi Consapevole”, conferenza della serie “Agenda 2030”. Anche qui gradita la prenotazione e offerta libera ma consapevole.

 

 


TESTI, NOTE & CONTRIBUTI

[1] MA DOVE SONO FINITI TUTTI GLI ALTRI?
Ringrazio Pro Vita & Famiglia per questo camion-vela, esposto il 21 marzo, giorno delle persone con Sindrome di Down.

[2] OMELIA PER LILLIANA AZZOLINI
Mi sarebbe piaciuto scrivere un articoletto per mia suocera, morta lo scorso 29 dicembre. Poi mi è arrivata l’omelia di don Gianni Manfredini pronunciata al funerale n.2 (mia suocera ha avuto 2 funerali in giorno di Domenica, uno a San Martino in Rio, uno a Castelnovo ne’ Monti): mi sembra che sintetizzi bene la sua vita. Grazie, Lilli.

31 dicembre 2023, Festa della Sacra Famiglia
Messa di Commiato di Liliana Azzolini
Quale occasione migliore oggi per salutare e ringraziare Liliana che a 95 anni ci
ha lasciato.
La festa della Santa Famiglia, Gesù, Giuseppe e Maria ci porta ad assaporare un clima
di affetto, sentimenti buoni, rapporti fraterni e un senso di protezione.
La parola che abbiamo appena ascoltato ci offre tre brani scritti in epoche
diverse, come delle finestre aperte per vedere e capire come Dio ha immaginato e
desidera tuttora la Famiglia. Abramo credette e obbedì alla proposta di Dio sul futuro
della sua famiglia, Maria credette e obbedì alla proposta dell’angelo, Giuseppe credette
e obbedì alla proposta dell’angelo apparso nel sogno, e nel Vangelo di oggi abbiamo
visto che insieme obbediscono a Dio portando Gesù nel tempio: fiducia in Dio e
obbedienza a Dio sono le basi della famiglia voluta da Lui.
Anche Liliana ha costruito la sua famiglia su queste basi, insieme al marito Aldo
morto però vari decenni fa, alle figlie Angela e Maria Luisa con i rispettivi mariti
Gianni e Fabio e una bella corona di nipoti e pronipoti. Una famiglia alla quale ha
voluto tanto bene, e dalla quale ha ricevuto tanto bene, ancora più necessario nei suoi
ultimi anni della vita.
Ma Liliana si è sentita parte viva anche di un’altra famiglia, la parrocchia di
Castelnovo Monti, assieme al paese di Castelnovo Monti che ha servito e arricchito
con tanti anni di insegnamento e presidenza nel Polo Scolastico e soprattutto in
parrocchia dove ha profuso le sue energie, prima di tutto a livello spirituale con la
Messa quotidiana, la confessione frequente e l’amore vivo alla Parola di Dio.
La sua presenza attiva nell’esperienza di preghiera del Rinnovamento nello
Spirito Santo, di cui è stata per vario tempo responsabile a livello diocesano, l’ha
aiutata ad arricchire la sua spiritualità e a trasmettere a tante persone il gusto della fede;
in questo ambito, ha partecipato a esperienze di missioni presso le case, in varie città.
Sono state numerose le sue attività nel campo dell’animazione e della formazione.
Ho conosciuto Liliana nel 1976, l’anno in cui ho iniziato la mia collaborazione
con don Battista, don Giorgio, don Pierino e con tante persone qui presenti. Era un
periodo storico pieno di fermenti a livello sociale e pastorale. Liliana era sempre
presente come parte attiva: in tanti campeggi come cuoca insieme a varie altre mamme,
nella nascita dell’oratorio giovanile in Via 1 Maggio, con locali ristretti ma tanta
frequenza, nella nascita di Radio Nuova dove ha curato per anni la rubrica religiosa.
Tutto questo vissuto da lei senza manie di protagonismo.
Una caratteristica che voglio mettere in evidenza è stato il suo rapporto con i
preti che sono passati dalla parrocchia; ha sempre voluto bene a tutti e questo amore si
concretizzava soprattutto nel recitare ogni giorno la preghiera dell’Angelo di Dio per
ogni singolo prete, e a Messa recitava questa preghiera per il sacerdote celebrante
perché fosse illuminato nel commentare la Parola di Dio.

E da ultimo, voglio rilevare come Liliana ci ha insegnato ad invecchiare bene:
aveva tanti interessi, coltivava i rapporti con le persone ed era sempre più assidua nella
preghiera. Tutto questo le ha permesso di vivere serenamente anche le sue fragilità
fisiche; mentre il corpo aveva bisogno del carello per sostenersi, la sua anima era
sempre più viva, per non dire vivace, nei pensieri, nei sentimenti e nella sua volontà –
tanto è vero che veniva chiamata Lilly.
Don Gianni

[3] GRAZIE PER QUESTO TESTO
Ringrazio l’esponente di Alleanza Cattolica che mi ha girato questo testo. Stampato nel 2017, riporta una conferenza di Ratzinger del 1959 dal titolo “I nuovi pagani e la Chiesa”. L’ho solo “assaggiata”, ma gli spunti mi sembravano sufficienti per diffonderla.

I nuovi pagani e la Chiesa
Joseph Ratzinger1
Secondo la statistica religiosa la vecchia Europa è sempre ancora una parte del mondo
quasi completamente cristiana.
Si può dire però che non c è
quasi un altro caso nel quale sia
altrettanto evidente quanto la
statistica inganni. Questa Europa che viene denominata cristiana è diventata da circa quattro secoli il luogo di nascita di
un nuovo paganesimo, che cresce in modo inarrestabile nel
cuore stesso della Chiesa minacciando di distruggerla dal di
dentro. L immagine della Chiesa moderna è caratterizzata essenzialmente dal fatto di essere
diventata e di diventare sempre
di più una Chiesa di pagani in
modo completamente nuovo:
non più, come una volta, Chiesa di pagani che sono diventati cristiani, ma piuttosto Chiesa di pagani, che chiamano ancora sé stessi cristiani ma che in realtà
sono diventati da tempo dei pagani. Il paganesimo risiede oggi nella Chiesa
stessa e proprio questa è la caratteristica della Chiesa dei nostri giorni come anche del nuovo paganesimo: si tratta di un paganesimo nella Chiesa e di una
Chiesa nel cui cuore abita il paganesimo. Non si intende qui perciò parlare di
quel paganesimo che si è ormai organizzato nell ateismo dell Est per diventare
un consistente avversario della Chiesa e compare ora davanti alla comunità dei
fedeli come una nuova forza anticristiana, anche se non si dovrebbe dimenticare
che la sua particolarità consiste nell essere un nuovo paganesimo, un paganesimo cioè che è nato nella Chiesa e ha preso in prestito da lei elementi essenziali

1
Un tema analogo è trattato da KARL RAHNER [1904-1984], Il cristiano e i suoi parenti
increduli, in La Fede in mezzo al mondo, trad. it., Edizioni Paoline, Alba (Cuneo) 1963,
pp. 175- one degli Schriften zur Theologie del 1956. Era già apparso in Geist und Leben nel 1954].
Nel 1959, nominato ordinario di teologia fondamenta
Bonn, don Joseph Ratzinger raccoglie in una conferenza alcune riflessioni sulla Chiesa, de –
quasi del tutto cristiano» e dunque la
fine della Cristianità storica. A distanichiamo volentieri, con la gentile autorizzaancora attuale. Titolo originale Die neuen Heiden und die Kirche, in Hochland
[Altopiano], anno LV, n. 51, Kempten, 1958-1959, pp. 1-11. I titoli dei
paragrafi, nonché la traduzione, le inserzioni e le note fra parentesi quadre,
sono redazionali.
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che determinano in modo decisivo la sua immagine e la sua forza. È necessario
piuttosto considerare il fenomeno più caratteristico del nostro tempo che costituisce la tentazione propria del cristiano, il paganesimo intraecclesiale stesso:
«l abominio della devastazione nel luogo santo» (Mc. 13,14)2
.
Non praticanti e poco credenti
Il fatto che oggi, anche secondo le valutazioni più ottimistiche, certamente la metà dei cattolici (per limitarci qui alla nostra Chiesa) non «pratica» più,
non deve sicuramente essere interpretato senz altro come se tutta questa maggioranza di non-praticanti fosse da considerare semplicemente formata da pagani. È però evidente che costoro non fanno propria, senza eccezioni, la fede della
Chiesa, ma che la loro visione del mondo è costituita piuttosto da una scelta
molto soggettiva fra le verità che la Chiesa professa. Può dunque senza dubbio
succedere che una gran parte di loro non può più propriamente essere considerata credente. Essa segue una impostazione di fondo di stampo più o meno illuminista, la quale afferma sì la responsabilità morale degli uomini, ma la fonda e la
limita in base a considerazioni puramente razionali. Le etiche di Nicolai Hartmann [1882-1950], Karl Jaspers [1883-1969], Martin Heidegger [1889-1976]
sono un esempio di come, in modo più o meno consapevole, si comportano dal
punto di vista morale molte personalità che non per questo appunto sono cristiane. Lo scandaloso volumetto della casa editrice List intitolato «Che cosa ritenete cristiano?»3
ha potuto far aprire di nuovo gli occhi a coloro che si sono lasciati ingannare dalla facciata cristiana della nostra ufficialità, su quanto questa
moralità puramente razionale e dunque non credente sia diffusa. L uomo d oggi
può dar per scontata con una certa sicurezza presso gli uomini che incontra un
po dappertutto la presenza di un certificato di battesimo, ma non di una convinzione cristiana. Deve presupporre piuttosto come caso normale l incredulità del
proprio prossimo. Questo dato di fatto ha un paio di conseguenze importanti: da
una parte comporta un fondamentale cambiamento strutturale della Chiesa, dall altra provoca un cambiamento essenziale nella coscienza dei cristiani ancora
credenti. Entrambi questi fenomeni devono essere analizzati un po più da vicino in questa conferenza.
La Chiesa e la salvezza eterna
Quando la Chiesa nacque, si appoggiò sulla decisione spirituale dei singoli per la fede, sull atto della conversione. Se all inizio si pensò di costruire già
qui sulla terra con questi convertiti una comunità di santi, una «Chiesa senza

2 Mt. 24,15 e non da Mc. 13,14: « zione presente là dove non è lecito».]
3
[ la prima di una lunga serie di scritti anticristiani di Karlheinz
Deschner (1924-2014), pubblicata solo un anno prima della conferenza di Ratzinger.]
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macchia né ruga», si dovette poi, in mezzo a dure lotte, far strada la consapevolezza che anche il convertito, il cristiano, rimane un peccatore e che anche i
comportamenti più gravi sarebbero stati possibili nella comunità cristiana. La
Chiesa ha fatto accettare questa conoscenza mediante una lotta secolare contro
gli eretici (Katharoi!). Se però il cristiano non era perciò un perfetto dal punto
di vista morale e in questo senso la società dei santi rimaneva sempre incompiuta, vi era tuttavia una sintonia fondamentale che distingueva i cristiani dai noncristiani: la fede nella grazia di Dio rivelatasi in Cristo. La Chiesa era una comunità di persone convinte, uomini che avevano fatta propria una determinata
decisione spirituale e dunque si erano diversificati da tutti coloro che avevano
rifiutato questa decisione. Nella comunione della decisione e della convinzione
si fondava la vera e vivente comunità dei credenti e anche la loro convinzione di
essere separati in forza di essa, come comunità di graziati, da coloro che alla
grazia avevano resistito. Nel Medioevo però le cose già cambiarono per il fatto
che Chiesa e mondo divennero identici e così in fondo essere cristiano non fu
più una decisione personale, quanto piuttosto un dato politico-culturale prestabilito. Ci si aiutò con il pensiero che Dio aveva scelto per sé proprio questa parte
della terra; la coscienza speciale cristiana divenne ora nello stesso tempo una
coscienza di elezione politico-culturale. Dio aveva scelto proprio questo mondo
occidentale. Oggi è rimasta la sovrapposizione di Chiesa e mondo; la convinzione invece che in questo modo nell appartenenza non cercata alla Chiesa si
nasconde una grazia speciale di Dio, una realtà di salvezza per l aldilà, è caduta.
La Chiesa è, come il mondo, un dato prestabilito della nostra specifica esistenza
occidentale e dunque, come quel particolare mondo a cui apparteniamo, un dato
di fatto del tutto casuale. Quasi nessuno così crede realmente che da questo dato
di fatto assai casuale di natura culturale e politica che si chiama «Chiesa» possa
dipendere qualcosa come la salvezza eterna. Per l uomo occidentale la Chiesa è
per lo più, di fatto, un pezzo di mondo assai casuale: essa ha perso, proprio per
quella sua rimanente sovrapposizione con il mondo, la serietà delle sue esigenze.
È così comprensibile che oggi venga posta molto spesso con insistenza la domanda se la Chiesa non debba trasformarsi di nuovo in una comunità di convinzione, per recuperare la sua grande serietà. Questo dovrebbe significare la rigorosa
rinuncia alle esistenti posizioni secolari, per smantellare l apparenza di un possesso, che si rivela sempre più pericoloso, perché in verità è solo in fieri.
A chi dare i sacramenti?
Questo problema viene aspramente discusso soprattutto in Francia, dove
l arretramento della convinzione cristiana cresce ancora più in profondità di
quanto non avvenga da noi e così la contraddizione tra apparire ed essere viene
percepita ancora più chiaramente. Il problema però naturalmente da noi è lo
stesso. Si affrontano qui gli aderenti di una linea più dura e di una più indulgente. I primi sottolineano la necessità di ridare ai sacramenti il loro valore, «se non
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si vuole scivolare ancora di più nella scristianizzazione. Non è più possibile affidare i sacramenti a uomini che li vorrebbero ricevere solo sulla base di una
convenzione sociale o di una tradizione irriflessa e per cui i sacramenti sarebbero solo dei riti vuoti»4
. Gli aderenti alla linea più mite sottolineano invece che
non si deve spegnere il lucignolo che ancora fumiga, che la richiesta del sacramento (per es. matrimonio, battesimo, cresima o prima comunione; funerale!)
testimonia appunto ancora un certo legame con la Chiesa, dal quale non si dovrebbe respingere nessuno, se non si vuol correre il rischio di ricambiare con un
danno maggiore. Gli aderenti alla linea dura si dimostrano difensori della comunità, mentre quelli della linea mite difensori del singolo: mettono in rilievo
che questi ha un diritto al sacramento. A loro controbattono gli esponenti della
linea dura: «Se noi vogliamo riportare il paese al cristianesimo, questo può
succedere solo mediante la testimonianza di piccole comunità piene di zelo.
Dovunque è forse necessario incominciare dall inizio. È un male che qualcuno
venga respinto, ma che il futuro sia assicurato? Non siamo forse terra di missione? Perché dunque non ci rivolgiamo a metodi missionari? Ora questi esigono dapprima comunità solide, che in seguito dimostrino di essere capaci di
accogliere i singoli»5
.
La discussione ha raggiunto infine un tale livello di asprezza che l episcopato francese si è visto costretto ad intervenire. Si è accordato il 3 aprile 1951 su
un «Direttorio per l amministrazione dei sacramenti» che mantiene in generale
una linea mediana. Viene deciso per esempio a proposito del battesimo, che deve essere garantito anche ai figli di genitori non praticanti se questi lo richiedono. Non autorizza insomma a considerare questi genitori come degli apostati;
il passo esteriore della loro richiesta del battesimo lascia piuttosto presumere
almeno la presenza di un certo nucleo di atteggiamento religioso. «Se nel frattempo gli altri figli non sono stati educati cristianamente, si può permettere il
battesimo solo se si accetta l impegno, in quel dato momento del tempo, a mandare il bambino ora da battezzare alle lezioni di catechismo e lo stesso per
quelli nati prima se ciò è ancora possibile»6
. Alcune diocesi richiedono un impegno scritto, per il quale esiste un apposito formulario7
. Il Direttorio dice ancora

4
JOSEF HÜNERMANN, Der französische Episkopat und die heutige SakramentenPastoral: Einführung und Übersetzung des Directoriums vom 5. April 1951 –
pato fran –
rio del 5 aprile 1951], Priesterseminar des Bistums Aachen, Aquisgrana 1952, p. 19.
5
Ibid., p. 20.
6
Ibid., p. 43. A questo proposito vi –
lica» molto più evidentemente che da noi è questione di decisione personale, perché non
come inclusa nella scuola come succede da noi [anche in Italia solo da poco è diventata
facoltativa e oggetto di scelta da parte delle famiglie].
7
Riprodotto in ibid., p. 70.
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espressamente: «Si deve ricordare alle religiose e ai membri dell Azione Cattolica che, per ottenere un tale battesimo in tutte le circostanze, non devono esercitare nessuna indiscreta pressione che possa comportare una mancanza di sincerità»8
. Questo unico esempio battesimo mostra già da solo che il Direttorio
assume in generale un atteggiamento si direbbe piuttosto moderato; rinuncia soprattutto a considerare i non-praticanti semplicemente come apostati, cioè di fatto
come dei pagani e tende piuttosto qui a un giudizio particolare per i singoli casi.
Tuttavia questa posizione si distingue essenzialmente da quella ancora
consueta dalle nostre parti. Al posto di un puro e semplice sacramentalismo mette
di nuovo un atteggiamento di fede. Da noi si trova ancora l opinione e non
solo presso le suore che sarebbe già tanto se con inganno e furbizia si arrivasse a far scorrere l acqua del battesimo sulla testa di un bimbo. Non si è in
pace finché la sovrapposizione di Chiesa e mondo non è completa. Nella misura
in cui i sacramenti vengono non soltanto donati ma svenduti, sono profondamente svuotati del loro valore. Il Direttorio esprime chiaramente che la situazione è proprio rovesciata: è vero che Dio offre nei sacramenti la sua salvezza a
tutta l umanità; è vero che invita cordialmente tutti al suo banchetto e la Chiesa
deve continuare a porgere questo invito, questo gesto aperto che offre un posto
alla tavola del Signore; rimane però altrettanto vero che non è Dio ad avere bisogno degli uomini, ma gli uomini di Dio. Non sono gli uomini che fanno un
favore alla Chiesa o al parroco se ricevono ancora i sacramenti, sono piuttosto i
sacramenti il favore che Dio fa agli uomini. Non si tratta dunque di negoziare i
sacramenti in modo rigido o moderato, ma piuttosto di condurre ad una convinzione a partire dalla quale l uomo riconosce e riceve la grazia dei sacramenti
come una grazia. Questo primato della convinzione, della grazia e non del puro
sacramentalismo è quell insegnamento fondamentale che sta dietro le equilibrate ed acute determinazioni del direttorio francese. Alla lunga non può essere risparmiato alla Chiesa di smantellare pezzo per pezzo la sua apparente sovrapposizione con il mondo per tornare ad essere quello che è: comunità dei credenti.
Di fatto la sua energia missionaria non potrà che crescere mediante queste perdite esteriori: solo quando smette di essere un qualcosa di scontato e a buon mercato, solo allora incomincia a mostrare quello che è e a raggiungere l orecchio dei
nuovi pagani con il suo messaggio. Quei pagani che finora vivevano nell illusione di non essere dei pagani. Naturalmente l arretramento di tali posizioni
esteriori porta con sé la perdita di vantaggi di gran valore, senza dubbio presenti
nell attuale intreccio della Chiesa con la realtà pubblica. Si tratta di un processo, il
quale avanza di suo, con o senza la collaborazione della Chiesa, al quale si deve
dunque adattare (il tentativo di conservare il Medioevo è senza senso e sarebbe
sbagliato non solo da un punto di vista tattico ma sostanziale). Naturalmente questo processo non deve essere neppure forzato, ma deve essere al contrario impor-

8
Ibid., p. 43.
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34
tante conservare quello spirito di giusto equilibrio che ci mostra esemplarmente il
Direttorio francese.
I sacramenti senza la fede sono senza senso
Tutto considerato in questo necessario processo di de-secolarizzazione
della Chiesa bisogna distinguere attentamente tre livelli: il livello sacramentale,
quello dell annuncio della fede e quello delle relazioni personali tra credenti e
non credenti. Il livello dei sacramenti, una volta circoscritto dalla disciplina dell Arcano, è il livello proprio ed intimo della Chiesa. Esso deve essere liberato
da una certa sconsiderata confusione con il mondo, la quale o provoca un impressione di magia oppure degrada il sacramento ad un livello cerimoniale (battesimo-prima comunione-cresima-matrimonio-funerale). Deve essere di nuovo
chiaro che i sacramenti senza la fede sono senza senso e la Chiesa deve qui rinunciare a poco a poco e con precauzione ad un raggio d azione che ultimamente comporta una auto-illusione ed una illusione degli uomini. Quanto più qui la
Chiesa realizza l auto-circoscrizione, il discernimento di ciò che è cristiano, se
necessario riducendosi ad un piccolo gregge, tanto più riconosce realisticamente
il suo compito al secondo livello, quello dell annuncio della fede. Quando il sacramento è il luogo in cui la Chiesa si chiude e si deve chiudere contro la nonChiesa, allora è la parola il modo e la misura con cui lei continua il gesto di
apertura dell invito al banchetto. Qui non si deve però neppure dimenticare che
vi sono due modalità di annuncio: la praedicatio ordinaria, che è una parte della
liturgia domenicale, e l annuncio missionario che può essere attuato in cicli
propri, come ad esempio Quaresima e tempi di missione popolare. La praedicatio ordinaria, la parola all interno della liturgia può e deve essere, secondo le
circostanze, breve, perché non deve annunciare niente di nuovo, ma solo introdurre di nuovo nell unico mistero della fede, il quale è già accolto e approvato.
L annuncio missionario dovrebbe dunque smettere di lavorare su semplici emozioni del momento o particolarità, dovrebbe invece rendere di nuovo accessibile
in modo comprensibile la costruzione d insieme della fede o di sue parti essenziali per l uomo di oggi. Qui però il raggio d azione non può essere mai dilatato
a sufficienza. Nella misura in cui gli uomini non sono raggiungibili dalla parola,
possono e devono intervenire qui lettere del parroco, grandi manifestazioni e
così via. Alla radio non si dovrebbe mai dare, a partire da queste considerazioni,
una vera e propria celebrazione liturgica, ma solo liturgia missionaria9
. Sul piano delle relazioni personali invece sarebbe completamente sbagliato voler concludere dall autolimitazione della Chiesa, richiesta per l ambito sacramentale,
un isolamento dei cristiani credenti rispetto al loro prossimo non credente. Dovrebbe naturalmente essere ricostruita a poco a poco tra i credenti qualcosa co-

9
Si veda a questo proposito la discussione sulla Messa alla televisione, in Herder Korrespondenz, anno VII, Friburgo 1952-1953, pp. 518-520.
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me la fraternità dei comunicanti, i quali si sentono uniti anche nella loro vita
privata per il fatto della loro comune partecipazione alla mensa del Signore. In
modo tale da poter contare l uno sull altro in caso di necessità, come una vera
comunità familiare. Questa familiarità, che si ritrova nei gruppi settari e che attira molti a farne parte, potrebbe e dovrebbe essere di nuovo più ricercata tra coloro che ricevono veramente lo stesso sacramento10. Ciò però non deve originare nessuna chiusura settaria, ma il cristiano deve essere piuttosto un uomo
gioioso in mezzo agli altri, un prossimo là dove non può essere un fratello cristiano. Penso anche che dovrebbe essere, nelle relazioni con il suo prossimo non
credente, proprio e soprattutto uomo, cioè non dare sui nervi con continui tentativi di conversione e prediche. Sarà suo compito svolgere in modo discreto un attività missionaria, portando il bollettino parrocchiale, suggerendo in caso di malattia la possibilità di far intervenire un prete o portandolo lui stesso o qualcosa
di simile; ma non deve essere un predicatore, ma appunto, in bella apertura e
semplicità, un uomo.
Riassumendo possiamo, come risultato di queste riflessioni, tener per fermo questo: la Chiesa ha dapprima realizzato il cambiamento di struttura da piccolo gregge a Chiesa mondiale, a partire dal Medioevo si è identificata in occidente con il mondo. Oggi questa identificazione è solo ancora un apparenza, che
nasconde la vera natura della Chiesa e del mondo e impedisce alla Chiesa in parte
la sua necessaria attività missionaria. Così dovrà a breve, con o senza il consenso della Chiesa, realizzare un cambiamento di struttura che da interiore diventa
anche esteriore, ridiventando un pusillus grex. La Chiesa deve fare i conti con
questo dato di fatto in modo tale da procedere in modo più circospetto nella
prassi sacramentale, da distinguere nell annuncio tra annuncio missionario e annuncio ai credenti; il singolo cristiano deve tendere in modo più deciso ad una
fraternità dei cristiani e nello stesso tempo aspirare a dimostrare la sua prossimità con il prossimo non credente attorno a lui in modo veramente umano e in
questo modo profondamente cristiano.
Accanto al cambiamento strutturale della Chiesa di cui abbiamo appena
tracciato uno schizzo, bisogna notare però anche uno slittamento nella coscienza
dei credenti che si è prodotta in relazione al fatto del paganesimo intraecclesiale. Al cristiano di oggi è diventato inimmaginabile che proprio solo la Chiesa
cattolica sia l unica via di salvezza; in questo modo l assolutezza della Chiesa,
la serietà della sua pretesa missionaria, ma in fondo tutte le sue rivendicazioni
sono diventate discutibili. Ignazio di Loyola [santo, 1491-1556] fa ancora riflettere gli esercitanti, in occasione della contemplazione sull incarnazione, come la
Trinità di Dio veda che tutti gli uomini scendono all inferno11. Francesco Saverio

10 Cfr. JOSEPH RATZINGER, Christlische Brüderlichkeit, in Der Seelsorger [Il pastore di
anime], n. 28, giugno 1958, pp. 387-429 [trad. it., Fraternità cristiana, Queriniana, Brescia 2005].
11 Seconda settimana, primo giorno, prima contemplazione: Esercizi Spirituali, n. 102.
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[santo, 1506-1552] poteva ancora obiettare ai credenti musulmani che tutta la
loro devozione era inutile, perché pii o senza Dio, delinquenti o virtuosi, sarebbero andati in ogni caso all inferno perché non facevano parte dell unica Chiesa
in grado di salvarli12. La nostra umanità è respinta da tali rappresentazioni. Non
possiamo credere che l uomo che ci sta accanto, il quale è un uomo stupendo, disponibile e buono, andrà all inferno perché non è un cattolico praticante. L immagine secondo cui tutti gli uomini «buoni» saranno salvati è oggi per il cristiano normale altrettanto ovvia come prima la convinzione del contrario. I teologi
in realtà, a partire dal Bellarmino [card. Roberto S.J., santo, 1542-1621], che fu
uno dei primi a tener conto di questi desideri umanitari, hanno cercato di spiegare in diversi modi come questa salvezza di tutti gli uomini «perbene» in fin dei
conti sia una salvezza attraverso la Chiesa, ma queste costruzioni erano però
troppo artificiose per poter lasciare dietro di sé tanta impressione13. In pratica
quello che rimaneva era la confessione che «gli uomini perbene» «vanno in cielo», che cioè si poteva essere salvati sola moralitate; naturalmente questo era
concesso ai soli non credenti, mentre i credenti continuavano ad essere gravati
dal duro sistema delle esigenze ecclesiastiche.
Il credente si chiede allora un po disorientato: perché è così facile per
quelli di fuori, mentre per noi è così dura? Da questo viene il sentire la fede come
un peso e non come una grazia. Ad ogni modo gli rimane l impressione che in
fondo vi sono due vie di salvezza: quella della semplice moralità, misurata molto
soggettivamente, per quelli che stanno al di fuori della Chiesa e quella della Chiesa. Non può avere l impressione che a lui sia toccata la via più piacevole; ad ogni
modo la sua credulità è seriamente appesantita dalla presenza di una via di salvezza accanto a quella della Chiesa. Che l effetto dirompente missionario della Chiesa in questa intima insicurezza ne soffra sensibilmente è chiaro.
Io cerco di rispondere a questa domanda che pesa per lo più sul cristiano
di oggi, che esiste solo una via di salvezza, cioè quella di Cristo, che però poggia già in partenza sull interazione di due forze contrapposte, su due piatti di bilancia che costituiscono insieme una sola bilancia, in modo tale che ogni piatto
da solo sarebbe senza senso e ha senso e significato solo come parte dell unica
bilancia di Dio14. Incomincia già con il fatto che Dio ha separato il popolo di

12 Cfr. JAMES BRODRICK [S.J., 1891-1973], San Francesco Saverio. Apostolo delle Indie
e del Giappone (1506-1552) [trad. it., I.S.M.E., Parma 1961, soprattutto le pp. 99-120].
Un esempio imponente di questa concezione ristretta della salvezza è però certamente
nella Divina commedia di Dante [Alighieri, 1265-1321].
13
1896-1991] nel cellente capitolo La salvezza mediante la Chiesa del suo libro Cattolicismo. Aspetti sociali del dogma [1938, trad. it., Jaca Book, Milano 1978, pp. 157-179].
14 Mi collego con queste considerazioni alla nuova forma della dottrina della predestinazione che sviluppa Karl Barth [1886-1968] nella sua Kirchliche Dogmatik II, 2,
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37
Israele da tutti i popoli del mondo come il popolo di sua elezione. Vuol forse
dire che il solo Israele è scelto e che tutti gli altri popoli sono abbandonati?
All inizio sembra effettivamente così, come se, ponendo accanto il popolo eletto
e i popoli non eletti, si dovesse pensare in questo modo statico, come lo stare
l uno accanto all altro di due diversi gruppi. Ben presto però diventa chiaro che
le cose non stanno così; in Cristo infatti quell essere l uno accanto all altro in
modo statico di giudei e pagani diventa dinamico, così che i pagani attraverso la
loro non elezione diventano eletti, senza per questo che l elezione di Israele infine diventi illusoria, come mostra Rm. 11. Si vede così che Dio può eleggere
gli uomini in due modi diversi: direttamente oppure mediante la loro apparente
riprovazione. Detto più chiaramente: diventa chiaro che Dio divide l manità nei
«pochi» e nei «molti», una suddivisione che ricorre sempre nella Bibbia: «Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli
che la trovano!» (Mt. 7,14); «sono pochi gli operai» (Mt. 9,37); «pochi [sono]
eletti» (Mt. 22,14); «Non temere, piccolo gregge» (Lc. 12,32); Gesù dà la sua
vita in riscatto per i «molti» (Mc. 10,45); lo stare di fronte di giudei e pagani, di
Chiesa e non-Chiesa ripete questa divisione nei pochi e nei molti. Dio però non
divide l umanità nei pochi e nei molti per gettare questi nella fossa della perdizione e salvare quelli; neppure per salvare i pochi facilmente e i molti a tante
condizioni. Egli utilizza piuttosto i pochi in certo qual modo come il punto di
Archimede, a partire dal quale scardina i molti con la leva con cui li attira a sé.
Entrambi hanno la loro funzione nel cammino di salvezza, ciascuna diversa
dall altra. Il cammino però rimane uguale.
Questo star di fronte lo si può capire solo quando si vede che a fondamento c è lo stare di fronte di Cristo e dell umanità, dell uno ai molti. Infatti qui
si vede anche molto chiaramente il contrario: in realtà le cose stanno così, tutta
l umanità merita la dannazione e solo l Uno la salvezza. Qui diventa visibile qualcosa di importante, che normalmente invece sfugge, pur essendo la cosa più decisiva: il carattere gratuito della salvezza, il dato di fatto che si tratta di una assolutamente libera manifestazione di favore; perché la salvezza dell uomo consiste nel
fatto che è amato da Dio, che la sua vita si trova in fondo fra le braccia dell amore infinito. Senza di questo tutto gli rimane privo di senso. Un eternità senza amore è l inferno, anche se a uno non succede nient altro. La salvezza dell uomo consiste nell essere amato da Dio. Ma all amore non esiste nessun diritto. Neppure
a ragione di motivi morali o di altro tipo. L amore è per sua natura un atto libero
oppure non è neppure sé stesso. Questo lo sorvoliamo per lo più con il nostro
moralismo. In realtà nessuna moralità, per quanto grande essa sia, può trasformare in diritto la libera risposta dell amore. La salvezza rimane così sempre libera grazia, anche se non consideriamo il peccato. Da esso non può d altra parte
propriamente prescindere; perché anche la più elevata moralità è sempre quella

Theologischer Verlag Zürich, Zurigo 1942, pp. 1-563. Si vedano anche le mie considerazioni in Christlische Brüderlichkeit, cit., pp. 420 e seguenti [trad. it. cit., pp. 94-105].
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di un peccatore. Nessuno può seriamente negare che anche le più elevate decisioni morali dell uomo, in un modo o nell altro, per quanto sottile e nascosto
esso sia, sono intaccate dalla ricerca di sé stesso. Rimane così dopotutto vero
che nello stare di fronte tra Cristo, l Uno, e noi, i molti, siamo noi ad essere indegni della salvezza, sia che siamo cristiani o non-cristiani, credenti o noncredenti, morali o immorali; nessuno «merita» veramente la salvezza al di fuori
di Cristo. Ma qui appunto succede il meraviglioso scambio. Tutti gli uomini devono essere dannati, a Cristo solo appartiene la salvezza nel santo scambio
succede il contrario. Lui solo prende su di sé tutta la catastrofe e rende così libero per noi tutti lo spazio della salvezza. Tutta la salvezza che ci può essere per
l uomo riposa su questo scambio primordiale tra Cristo, l Uno, e noi, i molti, ed
è proprio dell umiltà della fede il confessare questo. Qui però si aggiunge che,
per volontà di Dio, questo scambio primordiale, questo grande mistero della sostituzione, di cui vive tutta la storia, continua in tutto un sistema di sostituzioni
che ha il suo coronamento nella contrapposizione tra Chiesa e non-Chiesa, tra
credenti e «pagani». Questa contrapposizione di Chiesa e non-Chiesa non significa una coesistenza e neppure uno scontro, ma un essere uno per l altro, in cui
ogni lato ha la sua necessità e la sua indissolubile funzione. Ai pochi, che sono
la Chiesa, appartiene la continuazione della missione di Cristo di portare la sostituzione dei molti e la salvezza di entrambi succede solo nel loro essere funzionalmente ordinati l uno all altro e nel loro essere insieme subordinati alla
grande sostituzione di Gesù Cristo, che abbraccia entrambi. Se però l umanità in
questa sostituzione mediante Cristo e nella sua continuazione mediante la dialettica dei «pochi» e dei «molti» viene salvata, questo significa che ogni uomo, soprattutto i credenti, hanno una funzione inevitabile nel processo complessivo
della salvezza dell umanità. Se uomini, addirittura il più gran numero degli uomini, vengono salvati senza appartenere in pienezza alla comunità dei credenti,
questo avviene allora solo perché c è la Chiesa come realtà dinamica e missionaria, perché quelli che sono chiamati alla Chiesa realizzano il loro compito
come i pochi. Ciò significa: vi è la serietà di una vera responsabilità e il pericolo
di un reale insuccesso, di una reale perdizione. Anche se sappiamo che gli uomini, anche molti uomini, possono essere salvati apparentemente senza la Chiesa, sappiamo però anche che la salvezza di tutti dipende sempre dalla continua
permanenza della contrapposizione di pochi e di molti; che c è una vocazione
dell uomo davanti alla quale lui può mancare e, in virtù di questa mancanza, si
può perdere. Nessuno ha il diritto di dire: vedi, gli altri si salvano senza la piena
serietà della fede cattolica, perché non io? Come fai a sapere che la fede cattolica nella sua pienezza non sia proprio la tua necessarissima missione, che Dio ti
ha imposto per dei motivi di cui tu sul momento non ti accorgi, perché appartengono a quelle cose di cui Gesù dice: ora non le puoi capire, ma le capirai più
tardi (cfr. Gv. 13,36)? Questo vale rispetto ai moderni pagani. Il cristiano sa che
la loro salvezza è nascosta nella grazia di Dio, da cui dipende anche la sua sal-
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vezza e che, per quanto riguarda la loro possibile salvezza lui non è però in grado di dispensarla a partire dalla serietà della propria esistenza di credente, ma
piuttosto che proprio la loro incredulità può essere per lui un appoggio amplificato per una fede più piena nel momento in cui si sa coinvolto nella funzione di
sostituzione di Gesù Cristo, dalla quale dipende la salvezza del mondo e non
soltanto quella dei cristiani.
Solo Dio salva
Devo a conclusione di questi pensieri chiarire ancora qualcosa mediante
una breve interpretazione di due testi della Scrittura, nei quali è riconoscibile
una presa di posizione a proposito di questo problema15. Vi è innanzitutto il difficile e pesante testo, in cui la contrapposizione dei molti e dei pochi è espressa in
modo particolarmente insistente: «molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt.
22,14)16. Che cosa significa questo testo? Non dice che molti sono respinti come
generalmente si percepisce, ma innanzitutto solo che vi sono due diverse forme
dell elezione divina. Ancora più precisamente: dice chiaramente che vi sono
due diversi atti divini, i quali entrambi tendono all elezione, senza darci già nessuna chiarezza se entrambi raggiungono il loro scopo. Se però si considera il
procedere della storia della salvezza, come ce la spiega il Nuovo Testamento, allora le parole del Signore diventano chiare. Lo stare uno accanto all altro in
modo statico di popolo eletto e popoli non eletti diventa in Cristo un rapporto
dinamico, in modo tale che i pagani proprio mediante la loro non elezione diventano eletti e quindi proprio mediante l elezione dei pagani anche i giudei
tornano alla loro elezione. Così questa parola può diventare per noi un insegnamento importante. Il problema della salvezza degli uomini è quindi sempre impostato falsamente, se lo si imposta partendo dal basso, cioè come gli uomini
salvano sé stessi. Il problema della salvezza degli uomini non è un problema
della salvezza che loro riescono a raggiungere con le loro forze, ma il problema
della giustificazione mediante la libera grazia di Dio. Bisogna vedere le cose
dall alto. Non vi sono due modi con cui gli uomini giustificano sé stessi, ma due
modi con cui Dio li elegge e questi due modi della elezione da parte di Dio sono
l unico cammino di salvezza in Cristo e nella sua Chiesa, che riposa sulla necessaria dialettica dei pochi e dei molti e sul servizio di sostituzione dei pochi che
dilatano la sostituzione di Cristo.

15 Per onestà metodologica deve essere detto che entrambe queste interpretazioni in tanuedimento è non solo permesso ma necessario per una comprensione della Scrittura a partire dalla fede.
16 Si vedano su questo passaggio le osservazioni illuminanti di KARL LUDWIG SCHMIDT
[1891-1956], voce , nel Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. IV [1938,
trad. it., Paideia, Brescia 1968, coll. 1473-1474 (coll. 1471-1478)].
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Il secondo testo è quello del grande banchetto (Lc. 14,16-24 e paralleli).
Questo Vangelo è proprio in senso molto radicale buona notizia, quando racconta che alla fine il cielo è riempito con tutti quelli che ora si possono raccogliere
dappertutto; con gente che è del tutto indegna, che in rapporto al cielo è cieca,
sorda, paralitica, mendicante. Dunque un atto radicale di grazia e chi vorrebbe
contestare che anche tutti i moderni pagani dell Europa di oggi possono entrare
in cielo in questo modo? Ognuno ha speranza sulla base di questo passo. D altra
parte la serietà rimane. Vi è il gruppo di quelli che sono respinti per sempre. Chi
può sapere se, in mezzo a questi farisei respinti ci sia anche qualcuno che credeva di doversi ritenere un buon cattolico, mentre in realtà era un fariseo? Chi
può sapere se invece al contrario, in mezzo a quelli che non hanno accolto l invito, non ci siano proprio quegli europei ai quali il cristianesimo era stato offerto, ma che lo hanno lasciato cadere? Così per tutti speranza e minaccia nello stesso tempo. In questo punto di intersezione di speranza e minaccia, a partire dal
quale si danno la serietà e la grande gioia dell essere cristiani, il cristiano di oggi deve condurre la sua esistenza in mezzo ai nuovi pagani, che d altra parte riconosce posti nella stessa speranza e minaccia, perché anche per essi non c è
altra salvezza che quell unica a cui crede: Gesù Cristo, il Signore.

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1 commento

  • Giovanni ha detto:

    “La buona battaglia” è un’espressione abusata e malmostosa, come “il piccolo resto”.