Panorama Geopolitico. L’Africa, la Francia e Noi. Vincenzo Fedele.

29 Febbraio 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste ponderate e cospicue riflessioni sulla situazione geopolitica dell’Africa, con attenzione al ruolo del nostro Paese. Buona lettura e condivisione.

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PANORAMA GEOPOLITICO 9 – AFRICA FRANCIA E NOI

Sabato 24, per i due anni dall’inizio della risposta russa alle provocazioni NATO in Ucraina, la Meloni  era a Kiev e, fra tante elucubrazioni, ha detto:  “Se la Russia non avesse invaso l’Ucraina, molto probabilmente Hamas non avrebbe lanciato un simile attacco contro Israele. Era inevitabile che una violazione così grave del sistema internazionale basato sul diritto, e da parte di un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, avrebbe avuto conseguenze a cascata per altre regioni del mondo, dal Medio Oriente ai Balcani, a tutti i paesi fino all’Africa”.

Anche alla nostrana conferenza sulla sicurezza, con le relazioni delle agenzie di intelligence, il sottosegretario Mantovani, la delegata Belloni e, per l’opposizione, Guerini, hanno indicato il Sahel come uno dei punti critici globali dove Putin potrebbe operare influenzando (udite, udite) le prossime elezioni europee.

Queste dichiarazioni, e altre analoghe, portano ad anticipare le mie riflessioni geopolitiche sull’Africa guardando il mondo dal loro punto di vista.

Se la Meloni fosse realmente convinta di quello che dice dovremmo presumere che di geopolitica non capisca nulla. Siamo sicuri, invece, che sappia bene di cosa parla, il che è anche più grave perché è il sintomo certo che siamo eterodiretti e senza sovranità.

Pregherei di prendere una cartina geografica per seguire quanto la Geografia si intrecci con la Storia.

Nell’anno trascorso diversi colpi di Stato in Africa hanno deposto Presidenti “eletti” insediando al loro posto giunte militari. Tutti i colpi di Stato hanno avuto la comune matrice antioccidentale per porre fine, in particolare, a regimi controllati dalla Francia.

Gli ultimi due golpe, agosto e settembre 2023, hanno interessato Gabon e Niger, completando così tutta la “striscia” che va dal Sudan, che confina con il Mar Rosso e l’Etiopia, (accolta nei BRICS e dirimpettaia dello Yemen degli Houthi), sino a Senegal e Guinea sulla sponda Atlantica.

In Gabon ai primi di settembre hanno rovesciato il Presidente, Alì Bongo, eletto pochi giorni prima per la terza volta e che governava il Paese da quattordici anni dopo essere succeduto a suo padre Omar che aveva governato nei precedenti quarantuno anni. Altro che dinastia della Corea del Nord: oltre mezzo secolo di potere ereditario della famiglia Bongo al servizio della Francia.

Poche settimane prima un analogo colpo di Stato aveva deposto il Presidente del Niger, Bazoum, dopo che altri due precedenti tentativi di golpe erano falliti. Un anno prima, 2022, il Burkina Faso aveva subito ben due colpi di Stato. In gennaio il Presidente Kaborè era stato sostituito dai militari con il colonnello Damiba a sua volta deposto, sempre dei militari, a settembre. In Sudan, dopo trenta anni di guerra civile, il governo di transizione è stato sciolto dalle forze armate ad ottobre del 2021.

L’anno prima, agosto 2020, il Presidente del Mali, Baubacar Keita, è stato deposto dai militari e nel maggio 2021 sia il Presidente che il Primo Ministro sono stati arrestati e la giunta militare deve ancora indire nuove elezioni.

Queste premesse sembrano variegate ma, come detto, hanno un unico filo conduttore nell’odio verso l’occidente e in particolare nei confronti dei francesi.

Parigi infatti, dopo il periodo coloniale, ha insediato nelle ex colonie figure asservite e corrotte continuando a depredare dietro le quinte. È più economico, anche politicamente, sfruttare senza presenziare direttamente. Bastano Presidenti e gruppi di potere che facciano gli interessi di Parigi intascando cospicue rendite personali ma favorendo la Francia e le multinazionali francesi.

In realtà il declino francese è iniziato nei primi anni del nuovo millennio e la prima rottura si è vista nel 2013 quando Parigi è dovuta intervenire militarmente in Mali per appoggiare il regime sotto scacco.

Adesso è la Francia ad essere sotto scacco e, se intervenisse ora, oltre alle feroci reazioni militari dei Paesi interessati, otterrebbe rivolte quasi certe nelle banlieues della madre Patria da sommare a quelle dei gilet gialli, dei pensionati e, adesso, dei trattori agricoli.

Crisi nera per Macron all’estero e in patria, eppure l’arroganza della grandeur non è accantonata. A Kiev, per il G7 dei due anni di guerra in Ucraina, Macron non c’era. Ha inviato il Ministro degli esteri convocando a Parigi, con forte sgarbo istituzionale, i Paesi interessati per discutere delle stesse cose. La stessa crisi della Francia all’interno della UE, sia come nazione che come capacità aggregante, è un riflesso della crisi profonda che la Francia sta subendo in Africa e segno della debacle di tutto l ‘occidente.

Quanto detto sopra per l’odio antifrancese non è una  gratuita insinuazioni, ed è bene approfondire qualche dettaglio della situazione franco-africana, prima di tornare ai risvolti nostrani.

Non potendo intervenire direttamente nei due colpi di Stato, la Francia si è mossa sottobanco, con gli USA, spingendo la Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) a porre un ultimatum ai golpisti del Niger; gli Stati dell’Ecowas hanno minacciato un intervento armato se il Presidente nigerino non fosse stato subito ripristinato. L’ultimatum è stato poi prorogato di nove mesi con contorni quasi umoristici, visto che veniva da Paesi che a loro volta sono retti da giunte militari insediate con colpi di Stato.

Se il minacciato intervento armato fosse stato attuato si sarebbe dato fuoco ad una polveriera che avrebbe infiammato tutta l’Africa.

L’instabilità politica e sociale deriva dalla finta “decolonizzazione” francese che non ha “liberato” le proprie ex colonie ma vi ha installato queste “democrazie” fantoccio  africane che sono state rovesciate dopo l’eliminazione di Gheddafi in Libia, evento che ha portato alla destabilizzazione di tutta la fascia del Sahel.

Negli ultimi quattro anni ci sono stati nove colpi di Stato nelle ex colonie francesi: Gabon, Niger, Sudan, Guinea e Ciad oltre a Mali e Burkina Faso dove, per non farsi mancare nulla, ne hanno fatto due a testa. Negli anni ’90 i colpi di Stato furono ben quindici e i semi dell’instabilità partono anche da più lontano; e sono tutti conseguenza del dominio francese imposto anche con il perdurare del franco CFA come valuta. Questo implica, oltre a controllarne l’economia, a custodire nei forzieri parigini il controvalore della cartamoneta circolante in Africa sfruttando in proprio i depositi dei Paesi terzi, pretendere royalty onerose per prestazioni finanziarie non richieste. Proprio il Franco CFA è il simbolo dell’oppressione, occulta e spietata, attuata dalla Francia che così favorisce anche le proprie imprese in Africa.

La Guinea, ad esempio, ottenne l’indipendenza dalla Francia nel 1958, a seguito di un referendum voluto da De Gaulle. Nel 1960 il Presidente della Guinea, Sèkou Tourè, pensò di creare nel proprio Paese il Franco Guineano, una nuova moneta sganciata da quella francese. Come risposta la Francia decise, aiutata da Senegal e Costa d’Avorio, di destabilizzare la Guinea. Oltre a finanziare mercenari per attacchi armati, creando insicurezza nel Paese e screditando il Presidente, i servizi segreti francesi invasero la Guinea con un mare di banconote false che fecero crollare l’economia guineana. Sèkou Tourè rispose limitando i diritti civili dell’opposizione diretta sotto banco dall’estero. Nel 1965 Guinea e Francia ruppero le relazioni diplomatiche ma, dal punto di vista francese, l’operazione ebbe pieno successo perché venne vista come un preciso monito ad eventuali altri Paesi che avessero voluto affrancarsi dal sistema CFA.

Il Togo ottenne l’indipendenza nel 1960 continuando ad usare il Franco Francese. Il Togo voleva solo avere un rapporto più flessibile con Parigi, pur rimanendo nella zona del Franco, ma per la Francia non era sufficiente e nel gennaio del 1963 il Presidente del Togo venne assassinato nel suo Paese, davanti all’ambasciata americana, da militari del Togo stesso. I militari si schierarono subito a fianco della Francia e, dopo alti e bassi, nel 1973 venne nominato Presidente del Togo un fedele alleato francese che era già stato Primo Ministro del Congo e che decise di rafforzare i legami con la Francia. Vennero subito firmati otto accordi di cooperazione con Parigi e si pose così fine all’autonomia ed alla sovranità del Togo.

Anche il Burkina Faso ottenne l’indipendenza nel 1960, con il nome di Alto Volta, sino al 1984, quando il Presidente Thomas Sankara lo cambiò nel nome attuale puntando anche alla piena indipendenza del suo Paese. Venne assassinato nel 1987 da un suo compagno d’armi, Compaorè, che gli subentrò rimanendo al potere sino al 2014, senza mai mettere in discussione la valuta, che rimase il Franco Francese, e mantenendo sempre ottimi rapporti con Parigi.

Aldilà di queste notizie, ormai  affidate alla storia,  è anche importante ricordare il sostanziale monopolio di cui hanno goduto le multinazionali francesi che ha anche bloccato qualsiasi sviluppo economico, industriale ed estrattivo impedendo il decollo di aziende locali e qualche benessere per il popolo e l’economia africana, nonostante le materie prime di cui è ricco il sottosuolo.

Finora la zona del Franco, oltre ai benefici per le finanze parigine, ha garantito alle aziende ed ai gruppi francesi di operare da fornitori privilegiati. Un dato forse basta per chiarire: il gruppo francese Bollorè fattura in Africa il 25 % del totale da cui, però, ricava l’80 % dei profitti. Fra i vari organismi costituiti per una parvenza di libertà economica spicca il CIAN, che sarebbe il gruppo degli investitori africani in Africa. Ebbene, tutti (TUTTI) i componenti del consiglio d’Amministrazione del CIAN provengono dal gruppo Bollorè.

L’Italia, che è stata una delle vittime della distruzione della Libia di Gheddafi, lentamente inizia  a reagire.

Ad esempio sta oggi collaborando con Inghilterra e Giappone nello sviluppo del nuovo caccia Tempest, ne parlavamo nella sezione relativa agli armamenti, che si contrappone al consorzio franco-tedesco-spagnolo che sta sviluppando un caccia analogo. I contrasti non si riducono a questo. L’Italia ha bloccato la vendita di Microtecnica, un’azienda torinese specializzata in tecnologie avanzate, quando è risultato palese che il gruppo che aveva acquistato l’azienda torinese era un gruppo francese.

La stessa querelle vede contrapposte Italia e Francia per il gruppo Stellantis che emargina le produzioni nel nostro Paese e riduce Mirafiori, fiore all’occhiello della ex FIAT, a centro di riciclaggio di auto da rottamare pur usando il pomposo titolo di “polo del riciclo”. Non è un caso che sia stata necessaria una secca smentita, non si sa quanto vera, delle voci di un futuro accorpamento di Renault in Stellantis. Pur con tutti gli errori gestionali degli Agnelli, Stellantis è una realtà multimarchi e che opera in tutti i continenti, ad iniziare dagli USA. Renault opera solo in Europa, non è multimarca (Renault, Dacia e poco altro), ha bassi numeri e poco futuro. A livello mondiale è quasi insignificante. Per la Francia invece è importante, soprattutto a livello occupazionale. Il fatto è che il Governo francese è azionista sia di Stellantis che di Renault. L’Italia invece non c’è e vorrebbe incidere.

Se l’Italia, pur in ritardo, si è svegliata rivedendo i rapporti con Parigi, dopo che i ministri di Macron si erano posti a sentinelle dell’ortodossia del nostro Governo  democraticamente eletto, i governi africani hanno usato metodi molto più spicci, mostrando qual’era la porta a chi li aveva oppressi e sfruttati sino a quel momento.

In quest’ottica lo stop al prelievo dei beni e dei valori congelati alla Russia  per  devolverli all’Ucraina si vede in una luce totalmente diversa. Lo stop è venuto, stranamente ma non tanto, da Francia e Germania con l’Italia, purtroppo, favorevole alla proposta illegale e che provocherà il crollo totale dell’economia occidentale.

Il prestigio francese non è più spendibile in Africa per l’odio diffuso della popolazione che ha ben compreso che la Francia ha continuato ad opprimere le proprie ex colonie. Se si decidesse di confiscare i beni russi, l’Africa e l’Asia vedranno questa mossa come una ripetizione su grande scala, anche se in modo diverso, dei soprusi perpetuati con il CFA francese e la miccia per accendere altre rivolte è già innescata.

In questo stato di fatto la Cina si è da tempo inserita nel mondo africano e lentamente ha eroso la penetrazione delle aziende francesi tanto che la quota di mercato della Cina in Africa dal 2000 al 2011 è più che raddoppiata. Alla caduta del muro di Berlino la Cina era presente in Africa con una quota di mercato del 2 %, nel 2013 ha superato la Francia, anche nella zona CFA, con una quota di mercato del 17,7 % contro il 17,2 della Francia.

Non che il popolo africano abbia avuto, finora, molta voce in capitolo. Le élite militari erano le uniche ad avere una struttura atta a contrastare le organizzazioni gerarchiche e burocratiche alimentate da Parigi che, gestendo in modo ferreo il potere, permetteva ai  soli vassalli locali di arricchirsi. Uno dei detti per descrivere la situazione africana era, cito a memoria, che le gerarchie locali “non decidono e non governano: posseggono”.

I colpi di Stato non hanno risolto la situazione. I popoli hanno manifestato sulle piazze contro le vecchie famiglie corrotte, ma il potere non è passato al popolo. Si è solo interrotto un ciclo ed il popolo ha capito che corruzione e brogli elettorali si possono battere. In molti casi gli affari famigliari sono stati sostituiti da affari di casta. I militari ora fanno affari direttamente o tramite aziende da loro gestite. E’ un inizio, ma non è una panacea. Forse servirà una generazione per avere una nuova classe dirigente che presti  attenzione ai veri bisogni della gente ed allo sviluppo di scuole, ospedali, strade, fabbriche, ecc.

Questo odio verso i francesi è stato anche sfruttato dalla Russia che, senza intervenire direttamente, con le entrature dei tempi sovietici  ha agito sulle popolazioni anche con l’aiuto operativo della Wagner.

La Russia avrebbe buon gioco a destabilizzare l’Africa, visto che la Wagner è presente quasi ovunque nel Sahel, ma non l’ha ancora fatto e rimane alla finestra a guardare il fallimento occidentale nel suo complesso, ben oltre la disfatta francese.

L’occidente promette ma quasi mai mantiene le promesse. Dappertutto si invocava lo sblocco del grano ucraino a vantaggio delle affamate popolazioni africane salvo poi, allo sblocco dei porti , vedere le navi partire per destinazioni europee e quasi mai per quelle africane.

Putin fornisce all’Africa sia grano che armi. Il grano lo dà addirittura gratis mentre le armi se le fa pagare in Rubli, per l’immediato, e in riconoscenza da scontare in futuro.

Dicevamo che l’instabilità nel Sahel ha avuto una svolta dopo l’intervento NATO in Libia. Da quel momento l’odio verso la Francia si è esteso a tutto l’occidente aggiungendo le enormi responsabilità di USA e UK a quelle francesi. Gheddafi aveva sempre sconfitto i tentativi del Ciad francese di farlo cadere come aveva anche sconfitto  quelli del generale Haftar, che pure era alleato della Russia e che adesso è in auge in Libia.

Subito dopo il colpo di Stato in Niger qualcuno, a Bruxelles e anche a Berlino, aveva avanzato l’ipotesi di invalidare l’accordo tra Italia e Tunisia, per gas e immigrati, che si era appena firmato con l’appoggio della Von der Leyen e dell’olandese  Rutte. Sanno tutti, in Europa e USA, che attualmente solo l’Italia potrebbe tentare di ricomporre una qualche base di fiducia tra Europa e Africa.  D’altro canto è palese che qualsiasi azione italiana, compreso il Piano Mattei, avrebbe valenza quasi oppositiva sia all’UE che alla NATO. Lo stesso Piano Mattei, al momento, è solo una scatola vuota che andrà riempita, ma non bastano le buone intenzioni.

E’ già qualcosa che l’Italia non partecipi alla forza anglo americana per bombardare gli Houthi, ma non va bene neanche avere il comando di una forza pan-europea per operare militarmente nel Mar Rosso con la Meloni che continua a ripetere che anche la crisi Israele-Hamas è stata causata da Putin.

La situazione Houthi si risolve risolvendo Gaza. La situazione di Gaza si risolve riconoscendo che è in atto un genocidio, ripristinando i diritti del popolo palestinese con un proprio libero Stato senza l’oppressione sionista.

Come si può pensare che l’Africa dia credito all’occidente quando non riesce neanche ad alzare la voce con Israele, ha distrutto e destabilizzato l’Iraq, ha occupato per 20 anni l’Afganistan abbandonandolo poi con ignominia? La sensazione sempre più radicata in Africa è che la Russia stia combattendo l’occidente per difendere tutte le periferie del mondo e che sia l’occidente ad essere accerchiato e non la Russia.

L’Italia può ancora differenziarsi da USA, Francia e UE proponendo un piano credibile di presenza costruttiva, finanziamenti, formazione, sviluppo, e non fondi per riempire qualche tasca. Abbiamo la reputazione per poterlo fare ed esperienze di primordine, maturate ad esempio nell’ENI, profondo conoscitore di quelle realtà. Anche nostre ex colonie come Somalia e Etiopia ci hanno sempre apprezzato e continuano a farlo.

Dobbiamo, però, uscire dai blocchi che ci incatenano ai circoli della globalizzazione a proprio vantaggio e navigare in mare aperto. La stessa Chiesa cattolica potrebbe dare una mano, all’Africa e a noi, con la struttura capillare di presenza diffusa delle sue istituzioni missionarie, volontaristiche e riconosciute come tali.

Certo che le strade sono chiuse se continuiamo a genufletterci ai diktat a stelle e strisce ed a ritenere Macron una brava ed apprezzata persona. Il declino dell’occidente deriva anche da pratiche vessatorie  sempre fatte per depredare. Occorre allontanarsi e differenziarsi da esse, non appiattirci e ripetere a pappagallo quello che è scritto sul copione per farci applaudire dal capobastone di turno che abita alla Casa Bianca.

Vincenzo Fedele

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4 commenti

  • Paoletta ha detto:

    Ottimo articolo

  • Margotti ha detto:

    Macron e tutta l’assemblea nazionale francese coprono di vergogna la Francia e l’Europa con l’approvazione della legge che inserisce il “diritto all’aborto” in Costituzione.
    La Francia è diventato uno Stato totalitario, come scrive Mons. Aupetit.
    Quando rompi gli argini (la Chiesa Cattolica degli ultimi decenni ne sa qualcosa) della Fede e della Morale non sai a quale abisso sarai destinato.
    Proporrei un EMBARGO dei prodotti francesi, come forma di protesta, almeno per quel poco che ognuno di noi può fare.

  • Mimma ha detto:

    Ottimo, veramente ottimo , esaustivo e oggettivo sunto dellla complessa situazione africana odierna.
    Complimenti, dottor Fedeli!
    Adesso tentano , ridicolmente, di correre ai ripari.
    Leggevo ieri che l’ Ecowas ha ritirato tutte le sanzioni emanate nei confronti degli Stati Africani ribelli.
    Mi sembra un po’ tardi…
    Non è facile governare ai tempi nostri.
    Non è mai stato facile, ma il progresso delle conoscenze e l’avvento di intrnet, che sta traendo fuori dalle nebbie dell’ignoranza , dell’arretratezza e quindi dallo sfruttamento secolare, i popoli meno fortunati del mondo, ( qui sarei felice se qualche esperto affrontasse il misterioso ritardo di cert popoli su altri che mi rimanda sempre alla maledizione di Noè…) rende molto complicata la politica estera.
    Conoscenza esatta della storia passata, della situazione presente , intuito ed esperienza nel campo dell’intelligence internazionale sono tra le doti indispensabili sia al corpo diplomatico, sia ai capi di governo in carica attualmente.
    Trovo che Putin sia l’unico leader in possesso di tutti questi prerequisiti.
    Gli altri mi sembrano apprendisti, che si barcamenano tra i consigli per gli acquisti e gli ordini dei soliti padroni .
    L’Oriente richiedendo sempre un discorso a parte…
    Ciò che amareggia , e nello stesso tempo accende un faro per ritrovare la rotta smarrita, é constatare che i Paesi più corrotti sono di civiltà cristiana.
    Il cosiddetto Occidente Collettivo, fu Cristiano, non ha più Padre e non avendo piu guida sicura, ha tralignato.
    Da orfano di strada, é diventato ladro, sfruttatore, bugiardo e assassino.
    Omicida, genocida, suicida, negatore del reale , demonio.
    Urge che ritrovi la via verso il Padre, che non è morto.
    È un Padre che non muore, questo padre dei cristiani; è un Padre che si ritira nel silenzio quando i figli degeneri lo rifiutano, allontanandosi dalle Leggi che ha dato una volta per tutte per il.loro bene e la loro pace.
    Non è possibile la fratellanza tra i.popoli senza Dio, non è realistica la pace mondiale restando lontani dall’autore della pace, che è Dio.
    Ogni sforzo politico, ogni magnavellica trovata economica, ogni alleanza tra interessi condivisi sono destinati al fallimento, nel breve o nel lungo periodo.
    Con grande rovina dei popoli.

  • don Mariano ha detto:

    Gentile signor Fedele , in gran parte ( considerazioni su Stellantis a parte , di cui Fedele non è esperto) condivido le considerazioni Francia-Africa . L’Africa sta cambiando “padroni” . Anche l’Italia però ha cambiato già padrone . Ma mentre Africa migliora ,Italia peggiora. Son stato Missionario in Africa e anche alla NUnziatura in Francia .