Giulia, Filippo, Indagine su un Caso (Mediaticamente…) Chiuso. Lazzaretti.

21 Dicembre 2023 Pubblicato da 1 Commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo del prof. Giovanni lazzaretti, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e diffusione.

§§§

 

16 dicembre 2023, Sant’Aggeo, profeta

17 dicembre 2023, San Giovanni de Matha, fondatore

18 dicembre 2023, beata Nemesia (Giulia) Valle, vergine

19 dicembre 2023, San Dario e compagni

20 dicembre 2023, (non)beata Carlotta Nobile

 

Samizdat dal paesello

Indagine su un caso chiuso

 

PICCOLA FONTE DI ISPIRAZIONE

«L’assassino salì a Belgrado travestito da conduttore dei vagoni letto, entrò nella cabina di Ratchett servendosi del passe-partout regolamentare, e scese poi dal vagone approfittando del fatto che il treno si è dovuto fermare per la neve. Sostanzialmente concordo col signor Foscarelli, che pensa che l’assassino sia un inviato della mafia, che ha compiuto un delitto mafioso le cui motivazioni saranno certamente chiarite dalla polizia jugoslava.»

«È… È tutto qui?» chiede, stralunato, il dottore greco.

«No, questa è la soluzione semplice. Ce n’è un’altra. Più complessa.»

«Supponiamo che il misterioso sicario della mafia non esista affatto…»

***

È una mia fissa. Mi piace la versione cinematografica di “Assassinio sull’Orient Express”, e mi piace in particolare questo passaggio (che ho trascritto come lo ricordo).

Le due soluzioni: una semplice, una complessa.

In fondo è la situazione permanente di chi voglia fare un minimo di informazione approfondita: da una parte ci sono i media (e la TV in particolare) con le loro storie fanciullesche; dall’altra c’è la fatica di costruire una storia che vada a «braccare la verità più da vicino».

Gli elementi che hai davanti sono quelli che sono. È la tipologia di pensiero che fa la differenza.

Daniel Kahneman (psicologo israeliano, premio Nobel 2002 per l’economia) nel libro “Pensieri lenti e veloci” descrive il pensiero come mosso da due sistemi. Sistema 1 opera in fretta e automaticamente, con poco o nessuno sforzo e nessun senso di controllo volontario. Sistema 2 indirizza l’attenzione verso le attività mentali impegnative che richiedono focalizzazione, come i calcoli complessi o le sequenze logiche.

Sistema 1 è essenziale per quasi tutte le attività quotidiane (dalla reazione al suono di un clacson, all’individuo poco raccomandabile che vedo lungo la strada). Sistema 2 è pigro e si attiva solo con la forza di volontà.

Dovendo agire con sforzo, se Sistema 1 gli fornisce una storia plausibile, Sistema 2 si accontenta e non si attiva. La quantità e la qualità dei dati su cui Sistema 1 costruisce la storiella sono in gran parte irrilevanti.

«È la coerenza, non la completezza delle informazioni, che conta per una buona storia. Anzi si scopre spesso che sapere poco rende più facile integrare tutte le informazioni in un modello coerente».

Così la TV fornisce le storielle, Sistema 1 le accoglie, Sistema 2 le trova plausibili e non si attiva.

In fondo tutti i 428 Taglio Laser + i 55 Samizdat hanno questo scopo in comune: attivare il Sistema 2, mio e di chi legge.

 

INDAGARE SU UN CASO CHIUSO?

Sull’omicidio di Giulia Cecchettin stanno ovviamente ancora indagando (l’auto di Turetta è appena tornata dalla Germania), ma mediaticamente il caso è chiuso: che altro c’è da dire, se non che Filippo ha orrendamente massacrato Giulia?

C’è da chiedersi quindi se è una perdita di tempo indagare senza avere nessuno degli elementi che hanno in mano gli inquirenti. Io credo sia utile, per due motivi.

Innanzitutto non si indaga sul caso, ma su “come i media descrivono il caso”. E qui si possono trovare delle incongruenze orrende, che i media digeriscono senza fiatare. Si veda ad esempio il caso della strage di Charlie Hebdo(1).

Poi indagare da privati cittadini tiene la mente allenata per valutare l’eventuale processo successivo alle indagini. Ricordiamoci che i processi partoriscono “la verità processuale” che non sempre coincide con “la verità”.

Ad esempio il sottoscritto continua a ritenere Massimo Giuseppe Bossetti innocente nell’omicidio di Yara Gambirasio: il processo si fondò tutto sul DNA, ma il DNA è un po’ come le impronte digitali, non è esente dal “rumore”(2). Il DNA può fare da punto di partenza, poi però devi trovare altro. E altro non c’è. Anche i “ripetuti passaggi” del camioncino di Bossetti nella zona della palestra di Yara non erano poi così ripetuti(3).

E soprattutto con il DNA sul corpo di una persona uccisa devo sempre pormi la domanda: «È il DNA dell’assassino? Oppure l’ha messo l’assassino per incastrare un’altra persona?»

Quindi ho deciso di riordinare un po’ l’esposizione mediatica del delitto Cecchettin, in attesa che gli inquirenti partoriscano la loro verità.

 

INNANZITUTTO, LE ASSOLUZIONI

Innanzitutto, le assoluzioni.

La nonna, la sorella e il padre di Giulia sono tutti stati presi di mira per qualcosa che strideva un po’ a livello di immagine.

La nonna

Nonna Carla Gatto appare effettivamente un po’ ridanciana in questo video, registrato a pochissima distanza dalla morte della nipote.

https://www.youtube.com/watch?v=hhcpsREo7bc

Assolta.

Di fronte al dolore ognuno ha la sua reazione. Ho avuto una lunga fase in cui, alla notizia di una morte, mi si stampava sul viso una sorta di smorfia che assomigliava a un sorriso. Una faccenda imbarazzante, che è durata un po’ di anni, poi è passata. Adesso reagisco col mutismo assoluto: cattive notizie, malattie gravi, annunci di morte, serro mascella e mandibola e per un tot di minuti non dico una parola.

Anche la reazione ridanciana di nonna Carla ci può stare.

Il padre

Circolano post del padre di Giulia non proprio edificanti sul tema della dignità femminile.

Assolto.

Innanzitutto i post potrebbero essere falsi e costruiti ad arte. E poi quello che ho visto personalmente era del 2013. Dal 2013 un uomo può cambiare, soprattutto avendo vissuto il passaggio cruciale di malattia e morte della moglie.

La sorella

Della sorella girano diverse foto conciata con simbologie “nere” o sataniche. Ad esempio qui.

https://www.affaritaliani.it/cronache/elena-filo-satanista-il-fact-checking-di-puente-fa-acqua-da-tutte-le-parti-888384_mm_967829_mmc_1.html

Assolta.

Non posso dimenticare che, in una fase della vita, mi piacevano i film di Dario Argento (chiusi il contatto dopo la visione di “Suspiria”). Gli errori di gioventù esistono, posso assolvere gli atteggiamenti di Elena come “errore di gioventù”.

Accenno solo che fare un passo in direzione di Satana stride con l’avversione al “patriarcato”. Satana è il patriarca peggiore di tutti, padre della menzogna e omicida fin dal principio.

Odia una Donna in modo totale. E odia in generale tutte le donne, in particolare il loro grembo che, nelle complicatissime vicissitudini della storia, continua a sfornare figli di Dio.

 

LA SEQUENZA DEI FATTI SECONDO I MEDIA

Riassumo i punti principali della vicenda. I virgolettati provengono tutti da giornali reperibili in rete. Non cito le singole fonti, basti sapere che le ho in archivio.

La lite a Vigonovo

C’è una prima lite tra Filippo e Giulia a Vigonovo, poco distante dalla casa di Giulia. I giornali la descrivono come se la vedessero in video, ma non è così.

Tutto si basa sulle parole di un testimone che non vede Filippo e Giulia (e nemmeno immagina che siano loro), ma, stando affacciato a una finestra mentre fuma, sente in un vicino parcheggio un grido del tipo «Smettila così mi fai male!» (i giornali riportano una serie di varianti sulla frase). L’uomo chiama il 112, ma

  • variante 1: il 112 non esce perché ha le pattuglie già impegnate
  • variante 2: il 112 esce ma arrivato al parcheggio non trova nulla
  • variante 3: il 112 esce, trova «una lama di 21 cm. senza il manico» (variante, «una lama di 21 cm. spezzata») e tracce di sangue.

L’episodio di Vigonovo presenta due problemi.

Innanzitutto se ti spianano davanti una lama di 21 cm. non dici “Smettila così mi fai male”, ma probabilmente fai l’urlo di Janet Leigh in “Psycho”.

Poi c’è la discrepanza di orario.

«Il problema, come sottolinea l’Ansa, è la compatibilità temporale fra l’orario in cui è stata agganciata alla cella telefonica lo smartphone di Turetta, le 23 circa, e quello della lite in auto tra i due ragazzi udita da un testimone, nel parcheggio davanti alla casa di Giulia(4), verso le 23.15. Ma questo è un lasso temporale ipotetico, che negli accertamenti svolti successivamente dagli investigatori sulle celle telefoniche, potrebbe essere stato “superato”.»

“Superato”? E perché? È possibile che Filippo e Giulia se ne vadano dal parcheggio alle 23 e che la lite delle 23.15 riguardi altri. Il testimone immagina che fosse Giulia solo dopo che viene a sapere che Giulia è scomparsa.

La lite è in auto? Oppure è vero che il testimone vede anche «calciare violentemente una sagoma che si trovava a terra»? L’impressione è che a questo punto i media comincino a fare un misto tra fasi diverse.

Qui ad esempio lo scalciamento è collocato a Fossò, ma a Fossò è collocato pure il “mi fai male” (che, credo, non sia registrabile da una telecamera).

«Pochi terribili secondi ripresi da una telecamera di sicurezza di uno stabilimento in questa area industriale a Fossò, nel Veneziano, vicino a Vigonovo, dove Giulia Cecchettin vive con la sua famiglia. Un video nelle mani degli inquirenti dove si vedrebbe la colluttazione sabato sera tra i due ex fidanzati 22enni: Filippo Turetta, da questa mattina indagato per tentato omicidio, aggredisce Giulia prima a mani nude, poi una volta a terra la colpirebbe con calci. Il grido di Giulia: Filippo “mi fai male” e una richiesta di aiuto.»

L’aggressione a Fossò

Spostiamoci adesso a Fossò. Qui c’è una prima versione mediatica.

«Seppure un po’ annebbiato e traballante, l’occhio registra in bianco e nero una scena sempre più cruenta: i due litigano animatamente all’interno dell’auto, muovono le mani, poi Filippo sembra colpirla, uno schiaffo o un pugno. Lei scende dall’auto, scappa, lui che la insegue, la prende per il cappuccio del giaccone, impugna qualcosa, forse un coltello, e la colpisce violentemente. Giulia cade a terra, sanguinante ed esanime. Filippo si guarda intorno, la prende per i piedi, la trascina fino al retro della Punto, apre il portabagagli e, magrolino ma energico, trova la forza di sollevarla e gettarla dentro.»

Si vede la lite in auto? C’è il coltello? In quest’altro brano non sembra proprio.

«La 22enne, di cui si perdono le tracce in quel parcheggio, “riappare” in fotogrammi registrati dal sistema di videosorveglianza di uno stabilimento nella zona industriale di Fossò, un percorso di pochi minuti in auto. Le immagini mostrano la piccola sagoma che scappa dal suo aggressore “prima di essere raggiunta, scaraventata a terra e nuovamente aggredita” anche con calci. La disparità di forze in campo è evidente: Giulia è minuta – alta 1,60 contro i 188 centimetri di Filippo – viene raggiunta subito e spinta “con forza”: cade violentemente a terra, vicino al marciapiede, “e dopo pochi istanti non dà segno di muoversi”. Il 22enne prende il corpo, lo carica in auto e inizia la fuga.»

I due giornalisti guardavano realmente lo stesso video? Oppure hanno ascoltato il racconto di uno che ha visto il video, e poi ognuno l’ha “condito” a suo modo? O hanno semplicemente “arricchito” in due modi diversi lo stesso rilancio di agenzia?

Il lungo viaggio

Il lungo viaggio è Fossò, Zero Branco, Caneva, Polcenigo [ore 2.27], Aviano, gallerie del Vajont [ore 5], Palafavera [ore 7.39], Cortina, Dobbiaco, San Candido, Lienz, Germania.

L’eccessivo tempo impiegato tra Polcenigo e diga del Vajont [Maps dà 1 ora e 10 minuti] fanno presumere che Filippo si sia liberato in quel tratto del corpo di Giulia.

(È eccessivo anche il tempo tra diga del Vajont e Palafavera, Maps dà 57 minuti, ma non l’ho visto segnalato dai media).

Alla deviazione effettuata da Filippo verso Piancavallo e lago Bàrcis ci arriveranno dopo.

La strada chiusa, il software in “sospensione”, il ritrovamento di Giulia

Qui descrivono la casualità di un software “sospeso” per 4 giorni.

«La svolta che ha portato alla scoperta del corpo della giovane è arrivata giovedì mattina, in maniera del tutto casuale. La telecamera che registra il passaggio dei veicoli all’ingresso dell’area turistica di Piancavallo è stata riaccesa dopo quattro giorni in cui era fuori servizio per manutenzione. Il software dello strumento aveva però continuato a registrare i passaggi, pur senza trasmetterli al sistema operativo: alla riaccensione è scattato l’alert per il transito della ricercatissima Punto nera di Turetta.»

E qui accennano alla strada “Pian delle More” chiusa in inverno.

«Trattandosi di una zona periferica e per la quale il giovane in fuga aveva fatto una deviazione anomala rispetto al rilevamento successivo, alla diga del Vajont, gli investigatori hanno subito iniziato a battere palmo a palmo i dodici chilometri di strada che separano Piancavallo dal lago di Barcis, dove già si era concentrata l’attenzione dei carabinieri. La strada vicino al canalone è secondaria, poco conosciuta, e chiusa in inverno per presenza di ghiaccio e neve. Era, comunque, la pista giusta…»

L’arresto di Filippo

«Infine la fuga all’estero, fino in Germania: la sua auto si ferma sulla corsia d’emergenza perché, secondo gli agenti della polizia stradale tedesca, era finita la benzina e Filippo non aveva soldi per fare nuovamente rifornimento.»

Sembra un naufrago alla deriva, più che un killer in fuga.

«Secondo gli investigatori durante la fuga Turetta probabilmente ha dormito sempre in auto e comunque mai in una struttura ricettiva. Dai controlli effettuati attraverso il sistema integrato europeo di rilevamento degli ospiti non figura infatti il suo nome. Mentre lo Schengen information system, nel quale era stata inserita la targa della Punto nera, è stato decisivo per la cattura. Controllo, match e fermo. Turetta non ha opposto alcuna resistenza e ha confessato subito il delitto: “Ho ucciso la mia ragazza”. Aggiungendo che poi avrebbe voluto suicidarsi, come aveva più volte minacciato al telefono con Giulia, senza tuttavia trovare la forza di farlo.»

Interessante la prima ricognizione superficiale dell’auto di Filippo.

«Ora l’auto si trova in un deposito a una decina di chilometri da Halle. La polizia tedesca ha fatto una ricognizione superficiale del veicolo. “Non risulta incidentato e non risultano segni evidenti di sostanza ematica”, hanno scritto nel loro rapporto. Essendo corpo di reato è “congelata”, in attesa che i carabinieri, coordinati dalla Procura di Venezia, vadano a prenderla per poi sottoporla alle analisi scientifiche del Ris di Parma. Nella Punto sono stati trovati un marsupio con guanti e coltello [da 12 centimetri, scrive un altro articolo], una borsa con i vestiti usati, le scarpe apparentemente macchiate di sangue e il telefonino di Turetta. Gli agenti di Halle non hanno segnalato altro. Non c’è dunque il nastro adesivo che è stato rinvenuto sul luogo dell’aggressione, né altri sacchi neri oltre a quelli usati da Filippo per coprire il corpo di Giulia dopo averla adagiata nell’anfratto roccioso vicino a Piancavallo.»

L’autopsia

È plausibile conoscere dei risultati da “fonti qualificate” mentre l’autopsia è ancora in corso? Ne dubito, ma ne parlerò più avanti.

«Dall’autopsia sul corpo di Giulia Cecchettin, iniziata stamattina all’Istituto di medicina legale di Padova, emergono i primi dettagli su quello che è successo nella notte tra sabato 11 e domenica 12 novembre fra la ragazza e l’ex fidanzato Filippo Turetta, reo confesso per l’omicidio della giovane. Secondo fonti qualificate sentite dall’Ansa, Giulia Cecchettin è stata uccisa da Filippo Turetta nell’area industriale di Fossò – a 6 chilometri dalla sua casa – verso le 23.40 di sabato 11 novembre. È questa la “datazione” del decesso che l’autopsia ha permesso di stabilire. Quando la Fiat Punto nera di Turetta scompare dalle telecamere della zona industriale di Fossò, alle 23.50, Giulia era già deceduta, per le coltellate e le lesioni subite nella seconda fase dell’aggressione di Filippo, documentata dalle immagini alle 23.40 di quel sabato. Secondo quanto riporta Repubblica, sul corpo della studentessa sarebbero state riscontrate molte coltellate e ferite profonde e la 22enne sarebbe quindi morta molto prima che Turetta lasciasse il cadavere vicino al lago di Barcis. Il prolungamento dei tempi dell’autopsia determinerà anche la fissazione della data esatta dei funerali.»

 

LE COSE CHE NON VANNO

L’investigatore che si rispetti non lascia mai cose dubbie dietro di sé, anche se si rivelassero inutili per le indagini. E l’investigatore sa anche che le cose “come sembrano” spesso non coincidono col “come sono”.

Non sono l’investigatore. Ma, se potessi interloquire con l’investigatore, mi piacerebbe conoscere il suo pensiero su queste cose che vado a elencare.

Premeditazione?

Innanzitutto Filippo ha premeditato? Beh, se la premeditazione viene costruita su: il fatto che aveva acquistato del nastro adesivo // il fatto che aveva “ben” 300 euro in contanti // il fatto che aveva esaminato kit di sopravvivenza in montagna // possiamo dire che siamo al ridicolo.

È assolutamente normale acquistare nastro adesivo, avere 300 euro in tasca, e guardare quel che gli pare su Internet.

Nastro adesivo

Del resto il ritrovamento di nastro adesivo a Fossò è qualcosa di significativo solo per i media. Il procuratore di Venezia Bruno Cherchi parla molto più sommessamente.

«Dobbiamo accertare se e a cosa sia servito: è stato trovato per terra vicino a dove c’era il sangue ma potrebbe essere del tutto non collegabile alle nostre indagini – ha precisato Cherchi – È necessario che si facciano gli accertamenti con il Dna per vedere la compatibilità. Bisogna avere la pazienza di accertare esattamente come sono andati i fatti e quindi anche le modalità del posizionamento della ragazza nell’auto.»

Il doppio coltello

Il coltello da 12 centimetri trovato nell’auto è perfettamente compatibile col fatto che Filippo facesse gite importanti in montagna. Affermare che l’altro da 21 centimetri è suo è ancora un’illazione.

«È stato ritrovato un coltello a Vigonovo, proprio nel parcheggio davanti a casa Cecchettin(4). Un coltello da cucina con una lama spezzata di 21 centimetri, su cui ora verranno eseguiti degli esami da parte dei Ris, visto che all’apparenza sembrava pulito. Per terra si notano ancora diverse macchie di sangue: due sul lato del passeggero e poi altre sull’asfalto della strada.»

Un coltello in apparenza pulito. Non credo che l’abbia pulito Filippo per poi lasciarlo in bella vista nel parcheggio.

La strada chiusa

Tutti scrivono che la strada Lago Bàrcis – Piancavallo (Pian delle More) è chiusa in questa stagione. In realtà ho trovato un articolo dove si spiegava che nel 2021 erano riusciti a tenerla aperta grazie alla Magnifica Comunità Montana. E l’avrebbero tenuta aperta anche nel 2022 grazie a soldi della Regione. Nel 2023 non lo so com’è andata. Comunque, chiusa o aperta, le auto c’erano in zona.

«A poca distanza dal corpo, in un parcheggio utilizzato dai villeggianti per parcheggiare roulotte e camper, era stata individuata anche una Grande Punto nera. In un primo tempo era stata indicata come la vettura di Turetta, ma i carabinieri hanno smentito la circostanza: altra targa ed altra auto.»

L’auto pulita

L’automezzo di Filippo preso in carico dalla polizia tedesca «non risulta incidentato e non risultano segni evidenti di sostanza ematica». Come abbia fatto uno che non poteva fermarsi da nessuna parte a ripulire l’onda di sangue che doveva esserci in macchina, non è dato sapere.

Il passaggio al Tarvisio

Chi sa dove stanno Dobbiaco, San Candido e Lienz, sa benissimo che sono collegati da una strada breve e “naturale” (c’è anche una ciclabile di 44 km. in leggera discesa da San Candido a Lienz).

Purtroppo però «secondo la polizia austriaca qui avviene il passaggio della frontiera». E il “qui” è il Tarvisio, in capo al mondo (Dobbiaco – Tarvisio – Lienz fa 266 km; Dobbiaco – Lienz diretta fa  invece 47 km).

Le mappe del viaggio di Filippo proposte inizialmente dai media presentano entrambe le ipotesi. Poi il Tarvisio sparisce, improponibile.

La coincidenza clamorosa

Capitare in luoghi dove le telecamere sono fuori uso è assolutamente normale.

Ricordiamoci che nell’omicidio di Yara Gambirasio c’è il buio fuori dal centro sportivo dove si allenava.

«Lì rimane, secondo varie testimonianze, almeno fino alle ore 18.40 circa, dopodiché se ne perdono le tracce. Le telecamere di sorveglianza del centro sportivo sono tutte fuori uso e non risultano utili nel ricostruire i movimenti della ragazza.»

Ma capitare in un posto dove le telecamere vengono disattivate per manutenzione software e registrano tutto senza trasmettere è un evento davvero raro, addirittura clamoroso se avviene nello stesso luogo dove viene portato il corpo di una ragazza ammazzata.

L’ora della morte

Con un corpo ritrovato più di 6 giorni dopo l’uccisione l’autopsia ancora in corso può già stabilire l’ora esatta del decesso?

Io direi che al massimo a fine autopsia si può stabilire (come sempre accade) una fascia oraria.

E in ogni caso dall’autopsia non è ancora uscito nulla, se non il conteggio delle coltellate.

Tutto quello che ho sentito in TV da un medico addetto è stata la frase (più o meno): «L’autopsia non dà risultati immediati. L’autopsia raccoglie elementi, che poi andranno esaminati e, soprattutto, interpretati».

Sono i media che ci tengono a chiudere alle 23.40 il delitto. Perché? Perché altrimenti collocare temporalmente le 20 coltellate diventa molto complicato.

 

LA MIA SOMMESSA RICOSTRUZIONE

Nella mia sommessa ricostruzione inizio con un’affermazione: credo che in Filippo non ci sia stata premeditazione. Al massimo la voglia spasmodica di “riavere” Giulia in qualche modo.

Si erano lasciati dopo un anno di relazione, si vedevano comunque una volta al mese (le frequentazioni via telefono le immagino abbondanti). Quella sera Filippo parte da Torreglia, fa i 31-35 km per Vigonovo, carica Giulia alle 18, vanno al centro commerciale Nave de Vero a Marghera (22 km), cenano attorno alle 20.20 a un McDonald’s, ci sono messaggi di Giulia con la sorella alle 22.43, tornano alle 23.

Ma alle 23 Filippo non lascia Giulia a casa, riparte e fa i 4-5 km per arrivare alla zona industriale di Fossò. Perché lì? Chi lo sa, forse è un posto noto a chi vuole appartarsi in assenza di luoghi più comodi; zona industriale fuori dai paesi, deserta il sabato sera.

Forse lì Filippo “ci prova”. Baciarla? Abbracciarla? Chi lo sa. Fatto sta che Giulia intimorita e/o disgustata e/o strattonata e/o colpita esce dalla macchina e tenta una fuga. Filippo la insegue, la strattona, la spinge malamente. Giulia, senza appigli, cade all’indietro e si spacca la testa contro il marciapiede.

A questo punto gli eventuali pensieri lussuriosi di Filippo svaniscono, la realtà è completamente cambiata. Dovrebbe riattivarsi l’uso della ragione. Invece “gli parte una vena” come dicono, più o meno, i suoi genitori.

Se ama Giulia, deve chiamare subito l’ambulanza.

Ma anche se ama solo se stesso deve chiamare subito l’ambulanza: la sua unica speranza è che Giulia non muoia e che lui venga condannato “solo” per lesioni involontarie.

Invece trascina il corpo, lo mette nel baule, e parte.

Sangue? Certo, nelle immagini proposte dai media si vede sangue sul marciapiede. Ma siamo ancora con un tipo di ferita controllabile, non paragonabile alle coltellate mortali.

Filippo parte. E pensa. Ma non sa oggettivamente cosa fare. A Sacile gira un po’ per il paese prima di imboccare la strada per Caneva. A Caneva va al castello, ma poi torna indietro. Decide per Polcenigo. Lì inizia il “buco temporale” che verrà risanato solo giorni dopo con la imprevedibile ripartenza delle telecamere di Piancavallo.

Lungo la strada Piancavallo – Lago Bàrcis sceglie un posto:

  • non “butta” Giulia nel dirupo,
  • non fa “rotolare” Giulia in un dirupo,
  • ma prende in braccio il suo corpo, scende lungo un dirupo, e lo depone ai piedi di una grande roccia.

Poi risale, riparte, continua il suo percorso verso una fuga che non sa nemmeno lui “verso dove”.

Quando è ora di decidersi a “espatriare”, cambia idea e da Dobbiaco punta verso Sappada, forse per puntare poi di nuovo verso sud, verso casa. Pensieri suicidi quasi ovvi, quando l’alternativa è l’ergastolo. Infine si decide a ripuntare verso l’Austria e a scollinare al Tarvisio. E poi via finché ci sono soldi e benzina. Senza la forza di consegnarsi, nella certezza che tutto è finito. L’arresto è una sorta di liberazione per uno che può reggere la latitanza nei limiti dei 300 euro.

È una descrizione troppo “serena”? Certo. Infatti mancano le 20 coltellate.

Ma le 20 coltellate vanno posizionate in questo quadro “sereno”, non possono essere strattonate dove non ci sono.

Escluderei coltellate a Vigonovo, a meno che gli inquirenti non dimostrino che l’individuazione di Filippo tramite celle telefoniche dava orari sbagliati. E, anche se ci fossero, le coltellate di Vigonovo sarebbero “secondarie”.

A Fossò c’è quel che ci fa vedere la telecamera. Qualche giornale si sbilancia a dire “forse un coltello”, ma quello che descrivono più o meno unanimemente è: fuga di Giulia, colluttazione, caduta, Giulia non si muove, trascinamento del corpo.

Allora Filippo ha cominciato ad accoltellarla nel portabagagli? Potete immaginarlo. Ma poi dovete ricordarvi che Filippo non è un criminale incallito e nemmeno un criminale dilettante, è uno al quale “è partita una vena”: non ha né i mezzi né la capacità di ripulire un’auto da un’ondata di sangue, tanto da far dire alla polizia tedesca che non risultano segni evidenti di sostanza ematica.

E, se l’ha portata in braccio alla grande roccia dopo averla scannata, si sarebbe trovato invaso dal sangue lui pure.

Ricordiamoci il sobrio elenco delle cose trovate nella Punto: un marsupio con guanti e coltello da 12 centimetri (guanti per uno che fa trekking anche col freddo, coltello per tagliare il pane e il salame), una borsa con i vestiti usati (nessuna citazione di sangue), le scarpe apparentemente macchiate di sangue (unica citazione di sangue) e il telefonino.

Non so, a me l’unica soluzione che viene in mente è l’accoltellamento ai piedi della grande roccia. (Con quale coltello? Un terzo coltello dopo quello da 21 cm. trovato a Vigonovo e quello da 12 cm. trovato in auto?)

Poi tra un po’ gli inquirenti descriveranno tutto ciò che non sappiamo e smentiranno questa mia ricostruzione.

Gli inquirenti, però.

Non i media.

I media digeriscono tutto, da quel po’ che hanno in mano vedono bene che le 20 coltellate non sono state date né a Vigonovo né a Fossò. Ma non se la sentono di esporre un’altra ipotesi, non insensata: che le coltellate siano state date ai piedi della grande roccia.

 

SUPPONIAMO CHE…

Capisco. L’accoltellamento ai piedi della grande roccia fa un po’ “rito satanico” e i media non si vogliono imbarcare. Ma quando le coltellate sono sovrabbondanti, il satanismo non è da scartare a priori.

Ricordiamo che abbiamo un caso da manuale, descritto anche su Wikipedia: l’omicidio della beata Maria Laura Mainetti.

***

«La sera del 6 giugno 2000, verso le ore 22, uscì dal convento per aiutare una ragazza che le aveva telefonato dicendole di essere rimasta incinta dopo aver subito uno stupro. Tuttavia era solo una scusa inventata da Ambra Gianasso, diciassettenne, per poter incontrare la religiosa al parco delle Marmitte dei Giganti, un luogo isolato e raramente frequentato la sera, e poterla così offrire in sacrificio a Satana insieme alle compagne Veronica Pietrobelli e Milena De Giambattista, rispettivamente di 16 e 17 anni.

Secondo quanto confessarono le ragazze, la vittima inizialmente designata sarebbe stato l’allora parroco del paese, monsignor Ambrogio Balatti, ma venne successivamente scartato per la sua corporatura robusta che avrebbe reso difficile l’omicidio, per cui la scelta venne spostata sulla Mainetti, dal fisico esile e giudicata quindi più facilmente assassinabile.

Le tre ragazze accompagnarono la religiosa lungo un viottolo poco illuminato, la colpirono inizialmente con una mattonella e finirono per ucciderla con 19 coltellate, una in più rispetto al previsto, in quanto sarebbero dovute essere sei a testa per ognuna delle tre ragazze per un totale di 18.

Durante gli interrogatori nel corso delle indagini, le giovani confessarono che, mentre veniva colpita ormai inginocchiata al suolo, suor Maria Laura chiese a Dio di perdonare le ragazze. Le indagini sull’omicidio esclusero la partecipazione diretta o indiretta di una persona adulta, che avrebbe potuto suggestionare le ragazze, mentre vennero rinvenuti quaderni delle ragazze con scritte sataniche e risultò che, nei mesi precedenti, queste avevano compiuto un giuramento di sangue che le avrebbe legate fra loro indissolubilmente.»

***

Anno del Giubileo, giorno 6 del mese 6, 6+6+6 coltellate, le sataniste minorenni della porta accanto. Dopo questo caso, nessuna ipotesi va mai messa in un cantuccio.

Filippo nell’andare a quella roccia credo sia andato a colpo sicuro, ossia la conosceva già da uno dei suoi giri in montagna. Non riesco a immaginare uno che, nella notte, percorre la Aviano – Piancavallo – Lago Barcis, 30 km di montagna, cercando a tentoni il posto migliore dove adagiare il corpo esanime della “sua” ragazza.

Un po’ di fama “occulta” il lago Bàrcis ce l’ha certamente, questo è un testo del 2017.

«Per lungo tempo si è pensato che le acque del lago, famose per le sfumature di un verde intenso e cristallino, fossero abitate dalle famose “agane”, personaggi mitici dalle sembianze mistiche se non addirittura diaboliche che avrebbero abitato il lago, adibendolo a luogo di feste sabbatiche e riti esoterici. Ancora oggi camminare lungo le acque del lago ha sortito su di me lo stesso fascino di quel tempo che fu: una vallata racchiusa in uno specchio verde dove colori e silenzi parlano la lingua della magia.» (Show Me FVG, 10 aprile 2017)

Ricordiamoci: Filippo aveva una sola scelta dopo aver spaccato la testa di Giulia contro un marciapiede, chiamare l’ambulanza. Gli è invece “partita una vena” e ha cercato il modo assurdo di liberarsi da ogni responsabilità.

Non trovando la maniera di nascondere il corpo, ha tentato forse la via della simulazione di un rito satanico? Lo sanno gli inquirenti, visto che l’hanno interrogato per 9 ore.

 

C’è poi un’altra faccenda da dipanare, quella della telecamera disattivata proprio al momento dell’omicidio, che continua a registrare, e poi si rimette a trasmettere 4 giorni dopo.

Se Filippo fosse passato da Piancavallo a telecamere attive, nessuno se ne sarebbe accorto: la sua auto non era ancora ricercata quella notte. Avrebbero visto il filmato forse giorni dopo, una tra le tante telecamere da visionare.

Chissà, Poirot avrebbe detto “Supponiamo che lo spegnimento provvisorio della telecamera non sia casuale…” e avrebbe costruito una storia diversa. Più complessa.

La mia storia ce l’ho in mente, ma, ovviamente, è solo una sorta di “divertimento intellettuale”(5) (sempre che ci si possa “divertire” in un caso simile), non riportabile per iscritto.

Ha avuto complici Filippo? Chi lo sa, non si può escludere. Se sono complici pre-omicidio, salta la mia ipotesi di “non premeditazione”. Ma possono essere complici tirati in ballo in una telefonata della disperazione, dopo che ha nel baule Giulia con la testa rotta. Chissà.

Tarvisio, ho immaginato un Filippo torturato dai pensieri e vagabondo. Ma comunque quel percorso assurdo Dobbiaco – Tarvisio – Lienz va certamente indagato.

Infine vorrei tanto capire la frase di nonna Carla. Ho dichiarato “assolta” la sua presenza ridanciana a “Rovigo in diretta”, ma questa sua frase in risposta all’intervistatrice mi piacerebbe capirla. (La sintassi è un po’ scassata, come è normale nel parlato).

«Nonna Carla Gatto, lei è diventata la nonna di tutt’Italia. Purtroppo suo malgrado come Giulia è diventata simbolo della violenza contro le donne.»

«Beh, accettiamo anche questo. Una cosa che non si può rinunciare perché purtroppo è successo. Non doveva succedere. Per Giulia avrei preferito che le cose fossero andate come… come era deciso. Che non fosse successo questo perché mai ce lo aspettavamo, neanche Giulia se lo aspettava logicamente perché altrimenti non sarebbe certo andata via con lui, no? Comunque…»

Un inquirente può anche perdere cinque minuti per capire quel “come era deciso”. Semmai sono solo parole dette da una nonna in situazione di confusione mentale, ci sta.

Ma un inquirente non accantona, semplicemente “chiede”. E aggiunge così un tassello di chiarezza.

 

TRISTE SITUAZIONE MEDIATICA

I nostri media sono fatti così: non sanno niente, non indagano nulla, costruiscono i servizi su rilanci standard d’agenzia, però si presentano come “quelli che hanno capito tutto”.

Covid, vaccini, Ucraina, Palestina, clima, femminicidi, hanno tutto chiaro e da subito.

Piccole storielle confezionate per il Sistema 1.

A me piace tenere vivo il Sistema 2.

Ben disponibile a essere smentito il giorno dopo quando, come oggi, vado a sovrappormi a indagini in corso.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

 

NOTE

  • 1) Tutti i dettagli nel testo “Morte di un economista”, che scrissi nel febbraio 2015 prima che iniziasse la serie dei Taglio Laser.
  • 2) Daniel Kahneman e altri, “Rumore. Un difetto del ragionamento umano”. Ma si può anche citare un vecchio testo di Paolo Attivissimo, 2004: «Adesso che ci avviciniamo all’era della biometria sempre e dovunque, è forse il caso di smentire alcuni miti che circondano l’argomento. Prima di tutto, la biometria non è infallibile. Persino le mitiche impronte digitali, che sono uno dei più classici strumenti della biometria, sono assai meno affidabili di quanto i non addetti ai lavori, e soprattutto i politici che poi devono decidere se acquistare costosissimi sistemi biometrici basati (anche) sulle impronte digitali, immaginino.»
  • 3) Per ammissione del colonnello Lago, il filmato diffuso dal RIS sarebbe stato creato, in accordo con la procura di Bergamo, per esigenze di comunicazione alla stampa. Si veda ad esempio

https://www.huffingtonpost.it/archivio/2015/11/02/news/omicidio_yara_gambirasio_giampietro_lago-6477315/

Omicidio Yara Gambirasio, Giampietro Lago (Ris): «Il video del furgone di Bossetti è stato confezionato dai Carabinieri».

  • 4) Il parcheggio delle presunte macchie di sangue non è davanti a casa Cecchettin. Le foto pubblicate sui giornali indicano un parcheggio tra Via Aldo Moro e Via Isonzo (Google Street aiuta parecchio). Casa Cecchettin sta comunque non distante, in Via Leonardo Da Vinci. Se invece il coltello era davanti a casa Cecchettin, questo non so dirlo.
  • 5) Solo un investigatore, uno cioè che abbia l’autorità di interrogare e di ricercare, può trasformare l’elaborazione intellettuale in qualcosa di concreto.

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1 commento

  • carlo ha detto:

    Sono ricostruzioni cervellotiche, se si usasse questo sistema si proverebbe tutto e il contrario di tutto. nella ricostruzione della premeditazione si è dimenticato che Filippo si era portato dietro un paio di coltelli..
    Quanto a Bossetti una sola cosa è sicura che è l’assassino di Yara ,,,

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