Ricordo di san Valeriano, Esempio per i Pastori che non si Piegano al Mondo.

16 Dicembre 2023 Pubblicato da 5 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo ala vostra attenzione questo articolo, che avrebbe dovuto apparire ieri, 15 dicembre, e che per un disguido, di cui ci scusiamo con l’autore, viene invece pubblicato oggi. Buona lettura e condivisione.

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Nello stesso luogo [in Africa] san Valeriano Vescovo. Aveva più di ottant’anni quando, durante la persecuzione dei Vandali, sotto il re ariano Genserico, gli fu chiesto di consegnare gli oggetti sacri della Chiesa. Poiché si rifiutava con fermezza, fu fatto cacciare fuori dalla città in solitudine. Dal momento che era stato dato ordine che nessuno lo ricevesse né in casa né in campagna, rimase a lungo all’aperto sulla pubblica via e, professando e difendendo la verità cattolica, terminò il corso della sua santa vita. (Martyrologium Romanum, Amicitia Liturgica 2022)

Ringraziamo san Valeriano di Avensa (presso l’antica Cartegine), perché la sua vicenda ci insegna che nella Chiesa non sono mai mancati periodi in cui insigni Pastori siano stati messi alla porta, cacciati dalla cattedra, privati dei propri beni, interdetti a molti luoghi, sospinti alla solitudine, staccati dai propri fedeli, sospesi dagli incarichi e a lungo ricattati e tutto questo in barba a condizioni di salute, di età o di rinomanza.

San Valeriano dimostra che la Chiesa ha sempre elogiato i pastori fermi, capaci di resistere, tenaci nella difesa delle cose riservate a Dio, disposti al dileggio della propria persona, piuttosto che all’oltraggio della Domus Dei.

Noto peraltro che il Martirologio non perde tempo a biasimare né i vandali né il re, bastando per i primi ricordare che erano persecutori e per il secondo che era ariano. E qui c’è tutto il male che va detto, e che è oggettivo, e nulla di inutile si aggiunga.

E Valeriano stesso, da santo pastore quale era, non è ricordato per essersi lamentato o per aver menato insulti a destra e a manca. Semplicemente ha trasformato il marciapiede in pulpito, la pubblica via in una navata, il crocicchio nel transetto e ha continuato a fare la cosa più importante che lo legava all’Altissimo, professare e difendere la fede cattolica. A dire che un vero vescovo trasforma in ministero tutto ciò che incontra. Un falso pastore invece non sa cavar del bene nemmeno da una pagina del Santo Vangelo.

San Valeriano è di conforto ai tanti sconfortati – e oggi, laici o preti, io ne incontro tanti-, che quasi più non sanno cosa fare di fronte al diffondersi incontrastato di eresie e di confusione. State contenti, sembra dirci il santo africo, nulla e nessuno giammai vi potrà togliere la libertà di professare e di difendere, dovunque vi troviate, la vostra bella fede.

Oggi, san Valeriano, io ti affido dunque i molti confusi, affinché tu doni loro la gioia intensa di esser cattolici e di poterlo comunque e sempre mostrare e professare, e gli ricordi che questo è l’essenziale. E il resto, se per un po’ non c’è, si può accettare.

Ti prego, san Valeriano, di compensare particolarmente quei vescovi – che non elenco, perché son troppi, e ogni giorno aumentano e poi di molti non sappiamo tutto ciò che patiscono – i quali sono forti nel difendere la fede, e perciò subiscono e hanno subito privazioni di vario tipo.

Ricompensali per l’esempio che ci danno e per il bene che ci fanno.

Aiutali ad essere sempre più predicatori di Cristo, anche se privati della chiesa, dell’ufficio o della casa.

E fa che per noi risplendano come testimoni e annunciatori del Vangelo e innamorati della Santa Chiesa. E ci aiutino a nostra volta ad amarLa e ad annunciarLo.

Ed insieme tutti siano un faro che riunisce il popolo di Dio e non un lampo che lo smembra o lo disperde.

Don Marco Begato

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5 commenti

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    A Don Marco e a tutti i SACERDOTI, dato il tema del post, propongo la lettura o rilettura di una Lettera – STRAORDINARIA – che San GPII rivolse ai Sacerdoti per il giovedì santo 1979.
    E mi chiedo anche come mai a nessuno venga in mente mai di attingere alla ricchezza dei recenti magisteri pontifici…

    Ecco alcuni stralci, che davvero spero invoglino alla lettura integrale e alla riflessione:

    ” […]

    Il nostro sacerdozio sacramentale, quindi, è sacerdozio “gerarchico” ed insieme “ministeriale”. Costituisce un particolare “ministerium”, cioè è “servizio” nei riguardi della comunità dei credenti. Non trae, però, origine da questa comunità, come se fosse essa a “chiamare” o a “relegare”.

    Esso è, invero, dono per questa comunità e PROVIENE DA CRISTO stesso, dalla pienezza del suo sacerdozio. Tale pienezza trova la sua espressione nel fatto che Cristo, RENDENDO TUTTI IDONEI AD OFFRIRE IL SACRIFICIO SPIRITUALE, CHIAMA ALCUNI E LI ABILITA AD ESSER MINISTRI DEL SUO STESSO SACRIFICIO SACRAMENTALE, l’Eucaristia, ALLA CUI OBLAZIONE CONCORRONO TUTTI I FEDELI E IN CUI VENGONO INSERITI I SACRIFICI SPIRITUALI DEL POPOLO DI DIO.

    Consapevoli di questa realtà, comprendiamo in che modo il nostro sacerdozio sia “gerarchico”, cioè connesso con la potestà di formare e reggere il popolo sacerdotale (cfr. Lumen Gentium, 10), e proprio per questo “ministeriale”.
    Compiamo questo ufficio, mediante il quale Cristo stesso “serve” incessantemente il Padre nell’opera della nostra salvezza. TUTTA LA NOSTRA ESISTENZA SACERDOTALE E’ E DEVE ESSERE PROFONDAMENTE PERVASA DA QUESTO SERVIZIO, SE VOGLIAMO COMPIERE ADEGUATAMENTE IL SACRIFICIO EUCARISTICO “IN PERSONA CHRISTI”.

    IL SACERDOZIO RICHIEDE UNA PARTICOLARE INTEGRITA’ DI VITA E DI SERVIZIO, e appunto una tale integrità si addice sommamente alla nostra identità sacerdotale. In essa si esprime, in pari tempo, la grandezza della nostra dignità e la “disponibilità” ad essa proporzionata: si tratta dell’umile prontezza ad accettare i doni dello Spirito Santo e ad elargire agli altri i frutti dell’amore e della pace, a donare a loro quella certezza della fede, dalla quale derivano la profonda comprensione del senso dell’esistenza umana e la capacità di introdurre l’ordine morale nella vita degli individui e degli ambienti umani.

    Poiché IL SACERDOZIO E’ DATO A NOI PER SERVIRE INCESSANTEMENTE GLI ALTRI, come faceva Cristo Signore, non si può ad esso rinunciare a causa delle difficoltà che incontriamo e dei sacrifici che ci sono richiesti.
    Allo stesso modo degli Apostoli, “noi abbiamo lasciato tutto per seguire Cristo” (cfr. Mt 19,27); dobbiamo, perciò, perseverare accanto a lui anche attraverso la croce.

    […]

    Benchè la sollecitudine per la salvezza degli altri sia e debba essere compito di ciascun membro della grande comunità del Popolo di Dio, cioè anche di tutti i nostri fratelli e sorelle laici – come ha dichiarato così ampiamente il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, cap. II) – TUTTAVIA DA VOI SACERDOTI SI ATTENDONO UNA SOLLECITUDINE ED UN IMPEGNO BEN MAGGIORI E DIVERSI DA QUELLI DI QUALUNQUE LAICO; e ciò perché la vostra partecipazione al sacerdozio di Gesù Cristo differisce dalla loro partecipazione “essenzialmente, e non solo di grado” (Lumen Gentium, 10).

    Difatti, il sacerdozio di Gesù Cristo è la prima sorgente e l’espressione di un’incessante e sempre efficace sollecitudine per la nostra salvezza, che ci permette di guardare a lui proprio come al Buon Pastore. Le parole “Il buon pastore offre la vita per le sue pecorelle” (Gv 10,11) non si riferiscono forse al sacrificio della croce, al definitivo atto del sacerdozio di Cristo? Non indicano forse a noi tutti, che Cristo Signore, mediante il sacramento dell’Ordine, ha reso partecipi del suo Sacerdozio, la via che anche noi dobbiamo percorrere?
    Queste parole non ci dicono forse che la nostra vocazione è una singolare sollecitudine per la salvezza del nostro prossimo? che questa sollecitudine è una particolare ragion d’essere della nostra vita sacerdotale? Che proprio essa le dà senso, e che solamente per mezzo di essa possiamo ritrovare il pieno significato della nostra propria vita, la nostra perfezione, la nostra santità? Questo tema viene ripreso, in vari luoghi, nel Decreto conciliare “Optatam Totius” (cfr. nn. 8-11; 19ss).

    Questo problema, tuttavia, diventa più comprensibile alla luce delle parole del nostro stesso Maestro, che dice: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,35). Sono, queste, parole misteriose, e sembrano un paradosso. Ma esse cessano di esser misteriose, se cerchiamo di metterle in pratica. Allora il paradosso scompare, e si rivela pienamente la profonda semplicità del loro significato. Sia concessa a noi tutti questa grazia nella nostra vita sacerdotale e nel nostro servizio pieno di zelo.

    …La particolare sollecitudine per la salvezza degli altri, per la verità, per l’amore e la santità di tutto il popolo di Dio, per l’unità spirituale della Chiesa, che ci è stata affidata da Cristo insieme alla potestà sacerdotale, si esplica in varie maniere. Diverse certamente sono le vie lungo le quali, cari fratelli, adempite la vostra vocazione sacerdotale. Gli uni nell’ordinaria pastorale parrocchiale; gli altri nelle terre di missione; altri, ancora, nel campo delle attività connesse con l’insegnamento, con l’istruzione e l’educazione della gioventù, lavorando nei vari ambienti e organizzazioni, e accompagnando lo sviluppo della vita sociale e culturale; altri, infine, accanto ai sofferenti, agli ammalati, agli abbandonati; alle volte, voi stessi, inchiodati a un letto di dolore. Diverse sono queste vie, ed è perfino impossibile nominarle tutte singolarmente.
    …Nondimeno, in tutte queste differenziazioni, voi siete sempre e dappertutto portatori della vostra particolare vocazione: siete portatori della grazia di Cristo, eterno Sacerdote, e del carisma del buon Pastore. E questo non potete mai dimenticare; a questo non potete mai rinunciare; QUESTO DOVETE IN OGNI TEMPO E IN OGNI LUOGO E IN OGNI MODO ATTUARE. In ciò consiste quell’«arte delle arti», alla quale Gesù Cristo vi ha chiamati. “ARTE DELLE ARTI E’ LA GUIDA DELLE ANIME”, scriveva San Gregorio Magno (Regula pastoralis I, 1: PL 77, 14).

    Vi dico, dunque, rifacendomi a queste sue parole: sforzatevi di essere «artisti» della pastorale. Ce ne sono stati molti nella storia della Chiesa. Occorre elencarli? A ciascuno di noi parlano, ad esempio, san Vincenzo de Paul, San Giovanni d’Avila, il santo Curato d’Ars, san Giovanni Bosco, il beato Massimiliano Kolbe, e tanti, tanti altri. OGNUNO DI LORO ERA DIVERSO DAGLI ALTRI, ERA SE STESSO, ERA FIGLIO DEI SUOI TEMPI ED ERA “AGGIORNATO” RISPETTO AI SUOI TEMPI. MA QUESTO “AGGIORNAMENTO” DI CIASCUNO ERA UNA RISPOSTA ORIGINALE AL VANGELO, una risposta necessaria proprio per quei tempi, era la risposta della santità e dello zelo. NON VI E’ ALTRA REGOLA AL DI FUORI DI QUESTA PER “AGGIORNARCI”, nella nostra vita e nell’attività sacerdotale, ai nostri tempi all’attualità del mondo. INDUBBIAMENTE, NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI COME ADEGUATO “AGGIORNAMENTO” I VARI TENTATIVI E PROGETTI DI “LAICIZZAZIONE” DELLA VITA SACERDOTALE.

    …La vita sacerdotale è costruita sul fondamento del sacramento dell’Ordine, che imprime nella nostra anima il segno di un carattere indelebile. Questo segno, impresso nel profondo del nostro essere umano, ha la sua dinamica “personalistica”. La personalità sacerdotale deve essere per gli altri un chiaro e limpido segno e un’indicazione. E’, questa, la prima condizione del nostro servizio pastorale. Gli uomini, fra i quali siamo scelti e per i quali veniamo costituiti (cfr. Eb 5,1), vogliono soprattutto vedere in noi un tale segno e una tale indicazione, E NE HANNO DIRITTO.
    Può sembrarci talvolta che non lo vogliano, o che desiderino che siamo in tutto “come loro”; alle volte sembra addirittura che lo esigano da noi. E qui è proprio necessario un profondo “senso di fede” e “il dono del discernimento”. Difatti, è molto facile lasciarsi guidare dalle apparenze e diventare vittime di una fondamentale illusione. Coloro che richiedono la laicizzazione della vita sacerdotale e che plaudono alle vane sue manifestazioni, ci abbandoneranno certamente, quando soccomberemo alla tentazione; ed allora cesseremo di essere necessari e popolari. La nostra epoca è caratterizzata da diverse forme di “manipolazione” e di “strumentalizzazione” dell’uomo, ma noi non possiamo cedere a nessuna di esse (“Non illudiamoci di servire il Vangelo se tentiamo di “diluire” il nostro carisma sacerdotale attraverso un esagerato interesse verso il vasto campo dei problemi temporali, se desideriamo “laicizzare” il nostro modo di vivere e di agire, se cancelliamo anche i segni esterni della nostra vocazione sacerdotale. Dobbiamo conservare il senso della nostra singolare vocazione, e TALE “SINGOLARITA'” DEVE ESPRIMERSI ANCHE NELLA NOSTRA VESTE ESTERIORE. Non vergogniamocene! Sì, siamo nel mondo! Ma non siamo del mondo!”: Giovanni Paolo II, «Discorso al Clero di Roma», n. 3,9 novembre 1978).
    In definitiva, risulterà sempre necessario agli uomini SOLTANTO il sacerdote ch’è consapevole del senso pieno del suo sacerdozio: il sacerdote che crede profondamente, che professa con coraggio la sua fede, che prega con fervore, che insegna con profonda convinzione, che serve, che attua nella sua vita il programma delle Beatitudini, che sa amare disinteressatamente, che è vicino a tutti e, in particolare, ai più bisognosi.

    La nostra attività pastorale esige che stiamo vicini agli uomini e a tutti i loro problemi, sia quelli personali e familiari, che quelli sociali, ma esige pure che stiamo vicini a tutti questi problemi “DA SACERDOTI”. Solo allora, nell’ambito di tutti quei problemi, rimaniamo noi stessi. Se quindi serviamo veramente quei problemi umani, alle volte molto difficili, allora conserviamo la nostra identità e siamo veramente fedeli alla nostra vocazione.

    […]

    https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1979/documents/hf_jp-ii_let_19790409_sacerdoti-giovedi-santo.html

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    Credo in…sanctorum communionem…E, nella communio sanctorum che è la vera Chiesa, non ci si può smarrire…

    Tra i Santi non c’è babele! I Santi soltanto parlano tutti la stessa lingua! Essi sono voce prestata alla Parola! Essi sono voce e non parola…!
    Traditio, la vera tradizione, è necessariamente e solamente nella Comunione dei Santi!

  • andreottiano ha detto:

    Amen!
    Nei santi abbondano i frutti spirituali che permettono di riconoscerli tali.
    I frutti della chiesa-mondo sono lite, contesa, malanimo, vizio, infedeltà, superbia, prevaricazione, incontinenza, compromesso, dissacrazione.
    La vera Chiesa è simile a Maria Santissima è custodita da San Giuseppe. L’altra assomiglia a un’assemblea deliberante, divisa in partiti, che imbroglia le votazioni per imporre documenti.
    Ogni santo sul nostro cammino è una benedizione di Dio per donare pace al cuore di chi non rifiuta la croce.

  • Sergio ha detto:

    D’accordissimo,ma sarebbe meglio dire oggi chi sono i persecutori e i perseguitati,fare i nomi !

  • G. D. ha detto:

    Reverendo Don Mario Begato,
    grazie per aver messo in luce l’importante questione
    su come risolvere la tremenda realtà di una Chiesa occupata da troppi anni dall’impostore iniquo travestito da papa che, fedele al suo mandato luciferino sta distruggendo Cristo e le anime..

    Ma, ora che tutti ne abbiamo preso coscienza, perché non non lasciarci guidare dalla Dottrina Cristiana, la quale ci insegna che i veri cristiani sono quelli che obbediscono al papa stabilito da Cristo Benedetto XVI?

    Il Santo Padre, infatti, in una sua PROFEZIA SULLA FUTURA CHIESA fatta ancora da cardinale, già ha indicato a noi suoi figli cattolici, l’unica via da percorrere se davvero vogliamo ricostruire il futuro della Santa Madre Chiesa, a cui non servono le mura per sopravvivere.
    Basta la FEDE.
    Basta LO SPIRITO SANTO:

    ◾”IL FUTURO DELLA CHIESA può risiedere e risiederà in coloro le cui radici sono profonde e che vivono nella pienezza pura della loro FEDE.
    NON risiederà in coloro che non fanno altro che adattarsi al momento presente o in quelli che si limitano a criticare gli altri e assumono di essere metri di giudizio infallibili, né in coloro che prendono la strada più semplice, che eludono la passione della fede, dichiarandola falsa e obsoleta, tirannica e legalistica, tutto ciò che esige qualcosa dagli uomini, li ferisce e li obbliga a sacrificarsi. Per dirla in modo più positivo:
    IL FUTURO DELLA CHIESA, ancora una volta come sempre, verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una realtà più ampia. La generosità, che rende gli uomini liberi, si raggiunge solo attraverso la pazienza di piccoli atti quotidiani di negazione di sé. Con questa passione quotidiana, che rivela all’uomo in quanti modi è schiavizzata dal suo ego, da questa passione quotidiana e solo da questa, gli occhi umani vengono aperti lentamente. L’uomo vede solo nella misura di quello che ha vissuto e sofferto. Se oggi non siamo più molto capaci di diventare consapevoli di Dio, è perché troviamo molto semplice evadere, sfuggire alle profondità del nostro essere attraverso il senso narcotico di questo o quel piacere.
    In questo modo, le nostre profondità interiori ci rimangono precluse. Se è vero che un uomo può vedere solo col cuore, allora quanto siamo ciechi!

    In che modo tutto questo influisce sul problema che stiamo esaminando? Significa che tutto il parlare di coloro che profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede sono solo chiacchiere vane.

    Non abbiamo bisogno di una Chiesa che celebra il culto dell’azione nelle preghiere politiche.
    È del tutto superfluo. E quindi si distruggerà.

    Ciò che rimarrà sarà la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede nel Dio che è diventato uomo e ci promette la vita dopo la morte. Il tipo di sacerdote che non è altro che un operatore sociale può essere sostituito dallo psicoterapeuta e da altri specialisti, ma il sacerdote che non è uno specialista, che non sta sugli spalti a guardare il gioco, a dare consigli ufficiali, ma si mette in nome di Dio a disposizione dell’uomo, che lo accompagna nei suoi dolori, nelle sue gioie, nelle sue speranze e nelle sue paure, UN SACERDOTE DI QUESTO TIPO SARÀ SICURAMENTE NECESSARIO IN FUTURO!

    Facciamo un altro passo.

    DALLA CRISI ODIERNA EMERGERÀ UNA CHIESA CHE AVRÀ PERSO MOLTO.
    ◾DIVENTERÀ PICCOLA e DOVRÀ RIPARTIRE più o meno DAGLI INIZI .
    ◾NON SARÀ PIÙ IN GRADO DI ABITARE MOLTI DEGLI EDIFICI che aveva costruito nella prosperità.
    Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali.
    ◾In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, IN CUI SI “ENTRA” SOLO PER LIBERA DECISIONE. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali.

    Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l’assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo. Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza.

    Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la FEDE NEL DIO UNO e TRINO, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine.
    ◾Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la FEDE e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà DI NUOVO I SACRAMENTI come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica..

    ◾SARÀ UNA CHIESA PIÙ SPIRITUALE, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra.
    Essa farà questo con fatica.
    ◾Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione LA RENDERÀ POVERA, la farà diventare una CHIESA DEI PICCOLI, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settarie e la caparbietà pomposa.
    Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo.

    Il processo sarà lungo e faticoso, come lo è stata la strada dal falso progressismo alla vigilia della Rivoluzione Francese – quando un vescovo poteva essere ritenuto furbo se si prendeva gioco dei dogmi e insinuava addirittura che l’esistenza di Dio non fosse affatto certa – al rinnovamento del XIX secolo.
    ◾MA DOPO LA PROVA DI QUESTE DIVISIONI USCIRÀ UNA CHIESA INTERIORIZZATA e SEMPLIFICATA DA UNA GRANDE Forza!

    Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà.

    ◾ ED ESSI SCOPRIRANNO ALLORA LA PICCOLA COMUNITÀ DEI CREDENTI come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto.

    ◾A me sembra certo che SI STANNO PREPARANDO PER LA CHIESA TEMPI MOLTO DIFFICILI.
    La sua vera crisi è appena incominciata.
    Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto…
    ◾ma LA CHIESA DELLA FEDE.
    Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa.
    ◾Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”.

    ◾LA CHIESA CATTOLICA SOPRAVVIVERÀ nonostante uomini e donne, non necessariamente a causa loro, e comunque abbiamo ancora la nostra parte da fare.
    Dobbiamo pregare e coltivare la generosità, la negazione di sé, la fedeltà, la devozione sacramentale e una vita centrata in Cristo.

    Joseph Ratzinger

    http://www.korazym.org/65921/la-profezia-di-ratzinger-del-1969-sul-futuro-di-una-chiesa-della-fede-e-quel-piccolo-gregge-di-credenti

    Grazie Papa Benedetto XVI!.

    O Maria, Madre della Chiesa, Corredentrice del mondo, ti supplco: raduna a battaglia la schiera dei fedeli e sacerdoti a Te consacrati e obbedienti all’unico vero papa Benedetto XVI.

    Tu lo hai promesso.
    Il Trionfo del Tuo Cuore Immacolato avverrà attraverso di loro.

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