L’Unica Guerra Santa da Combattere. Il Matto.

30 Ottobre 2023 Pubblicato da 13 Commenti

(Ferdinand Victor Eugene Delacroix, San Giorgio e il Drago)

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum curiae, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni sull’unica guerra santa che valga la pena di combattere, quella contro se stessi. Buona lettura e condivisione.

§§§

 

IL SALMO DEL GUERRIERO

 

Qui habitat in adiutorio Altissimi,

in protectione Dei caeli commorabitur

 

Colui che abita al riparo dell’Altissimo

dimorerà  sotto la protezione del Dio del cielo

Salmo 90

Il silenzio praticato con cognizione di causa è padre della preghiera, affrancamento dalla schiavitù, custodia del fuoco, sentinella dei pensieri.

Giovanni Climaco monaco

Esiste una guerra che apre le porte del paradiso. Fortunati quei guerrieri cui è dato in sorte di combattere tale guerra.

Baghavad Gita

*

Nel campo di questo corpo ha luogo una grande guerra.

Kabir, mistico sufi

 

*

Nel coltivare sé stessi, non esiste la parola «fine». Chi si ritiene completo, in realtà, ha voltato le spalle alla Via”.

Hagakure (Nascosto tra le foglie)

* * *

Il Salmo 90 è proprio del Guerriero, colui che conduce il certame o combattimento spirituale, la «grande guerra santa» (el-jihadul akbar) secondo l’Islam, che, dice la Gita, «apre le porte del paradiso». Il primo verso ci dice che il primo accorgimento non è quello del combattere bensì l’abitare «al riparo dell’Altissimo». Occorre perciò ribadire che nessuna iniziativa, materiale o intellettuale che sia, può acquisire senso se non è condotta abitando in Dio, quindi permanendo nello stato contemplativo che eccede la dimensione fisica e cerebro-intellettuale.

Dallo STARE il MUOVERE, dal CONTEMPLARE l’AGIRE.

Abitare deriva «dal lat. HABITÀRE, che nel senso proprio vale continuare ad avere, ma più comunemente Aver consuetudine in un luogo» (etimo.it), perciò è importante la continuità-consuetudine dell’abitare-dimorare nel «Dio del cielo», il «continuare ad avere» – perciò conservare – questa indispensabile prerogativa.

 

E allora, prima di tutto: STARE-CONTEMPLARE.

 

Sottolineiamo come la «protectione Dei caeli» sia tradotta anche «ombra dell’Onnipotente», dacché agli occhi umani l’Onnipotente è Ombra in quanto caelata/cielata, cioè “fatta” di cielo e appunto cielata, cioè ascosa, e proprio per questo infinitamente più reale del visibile, cioè del finito, quest’ultimo essendo tale proprio in virtù dell’Ombra-Luce celeste (da caelum: cielo) che è infinita e lo evidenzia.

 

Da notare come la protezione del «Dio del cielo» sia ribadita anche successivamente come “scudo”, strumento tipicamente guerriero:

 

scuto circundabit te veritas ejus

la sua fedeltà ti circonderà come uno scudo

 

«Possiamo quindi concludere che sotto la protezione dell’Altissimo si trovano soltanto quegli uomini che ne fanno l’oggetto primario dei propri desideri e tremano all’idea di poterla perdere. Vi pensano con quell’assidua meditazione che è segno certo di vera pietà e culto di Dio».

San Bernardo di Chiaravalle, Commento al Salmo 90.

 

Dice: ASSIDUA meditazione:

 

«ASSIDUO, dal lat. ASSÍDEO seggo vicino e fig. veglio, assisto, mi occupo costantemente di q.c. composto di AD a, presso e SÈDEO seggo ond’anche SÈDULUS diligente, attento». (etimo.it). Di qui l’Arte dello Star Seduti nell’immobilità del corpo e nella decantazione del pensiero. Quindi apofasi. Abbandono («se il chicco di grano non muore … »). Ritorno all’Essenza pre-umana e divina che informa di sé l’umano. Riassorbimento nel Senso dei sensi, dell’intelletto e della ragione. Teosi.

 

Breve inciso omologo: nel Buddhismo, ad ASSIDUO corrisponde il termine pāli SATI (sanscrito smṛti, sino-giapponese 念 nian in cinese e nen in giapponese), che significa “presenza mentale, consapevolezza,  attenzione”. Insomma, SATI è … ASSIDUA, cioè “resta pronta”, “assiste”, “si prende cura”,  caratteristiche prettamente femminili!

 

Come già osservato, l’abitare-dimorare implicano il contemplare, ovvero quel fervore ultra-cogitativo («l’ardor del desiderio» di Dante, il «fuoco da custodire» di Giovanni Climaco) quale incontenibile slancio ultra-razionale, ana-logico, sostrato tutt’altro che inerte, ed anzi nel suo acme (apex mentis) nutrito di energia divina: di fatto, ogni retto pensiero (sammā-sankappa), ogni retta parola (sammā-vācā) e ogni retta azione (sammā-kammanta) non possono dirsi tali se non promanano dalla Contemplazione, quindi quale estrinsecazione dell’Ombra-Luce divina.

 

Vale a dire che senza la Contemplazione l’azione scade ad agitazione, il pensiero, per quanto sapiente, a vana elucubrazione e la parola, per quanto forbita, a vano flatus vocis. Pertanto, il vero certamen, ed il vivere quotidiano stesso (e persino il dormire!), è quello accompagnato ed ispirato dalla Contemplazione, la quale, se così si può dire, quasi annulla la distanza fra l’Onnipotente e il Guerriero che dimora nella divina protezione-ombra-luce-scudo, la mente e il braccio del Guerriero facendosi così mente e braccio di Dio.

 

Ma, ancora, cos’è il contemplare? Nulla di più semplice e quindi di più difficile:

ESSERE PRESENTI A SE STESSI E PERCIÒ A DIO.

Per questo è necessario il certamen, la «grande guerra santa», ossia, come scrive Julius Evola in Rivolta contro il mondo moderno:

 

«la lotta dell’uomo contro i nemici che egli porta in sé. Più esattamente, la lotta dell’elemento non umano dell’uomo contro tutto ciò che in lui vi è di umano e, come tale, legato al tronco profondo del desiderio e della passionalità, quindi governato dal principio del caos e del disordine». Non per nulla il sufi Kabir ci ricorda che «nel campo di questo corpo ha luogo una grande guerra».

 

A proposito dei nemici che l’uomo porta in sé, molto interessante risulta il passo del Miles armatus, opera attribuita a Giovanni Olivi (XIII secolo):

 

«La spada che (il miles) vibra è il chiaro e retto giudizio della verità, che non deve sfiorare, bensì tagliare da se stesso con decisione virile i propri vizi, che sono i nemici interni; e, dopo, gli altrui vizi, qualunque e dovunque siano».

 

Come si vede, vengono qui sintetizzate le due guerre: la «grande guerra santa» (el-jihadul akbar) cioè quella interiore, e la «piccola guerra santa» (el-jihadul açghar), ossia quella esteriore.

 

L’unica Reale Presenza essendo quella di Dio (cioè di IO SONO, tempo PRESENTE del verbo ESSERE), il Guerriero ne fruisce mediante la presenza a se stesso, cioè al vero sé originario libero dagli orpelli sensuali, intellettuali e passionali che costituiscono l’ego fittizio e la conseguente egolatria. Essendo PRESENTE a se stesso, AL CENTRO ADESSO (NAKA IMA  中今, disposizione indispensabile nell’Arte della Spada giapponese),  il Guerriero abita-dimora alla/nella presenza di Dio, che così diventa la sua protezione-ombra-luce-scudo. La presenza a se stessi si situa sulla soglia che distingue e nel contempo unisce il Divino e l’umano. Nella Contemplazione rinasce il Teantropo, ovvero l’uomo non più soltanto uomo e Dio non  più soltanto Dio: grande Mistero!

 

OSSERVARE TUTTO, tanto dell’esteriore quanto dell’interiore. Il Guerriero è prima di tutto, come dice Giovanni Climaco, una sentinella, figura emblematica del vegliare in armi, dell’esser presente e pronto, dato che per fronteggiare l’avversario, anzi gli avversari,occorre ESSERE SVEGLI, appunto presenti a se stessi e a Dio, come invita ancora san Bernardo:

«Desidero perciò che sia chiara una cosa: nessuno può illudersi di vivere su questa terra senza dover subire gli assalti della tentazione; al cessare di una, l’uomo se ne aspetti sicuramente un’altra; o, per meglio dire, non l’attenda tranquillamente ma piuttosto tenendo bene aperti gli occhi».

 

Dice “TENENDO BENE APERTI GLI OCCHI”, ossia RESTANDO SVEGLI: riecco Lei, SATI! la Curatrice! La cavalleresca Madonna, la Mia Donna, Monna Angelica cui si addicono gli sfolgoranti (e profetici?) versi di Rimbaud:

 

«Splendida, radiosa,

dal seno dei grandi mari tu sorgerai,

spargendo sul vasto Universo

l’Amore infinito in un infinito sorriso!

Il mondo vibrerà come un’immensa lira

nel fremito d’un immenso bacio!»

 

 

Versi scintillanti i quali, non saprei dire perché, rievocano in me quelli del Poeta nel Purgatorio:

 

«Dolce color d’orïental zaffiro

che s’accoglieva nel sereno aspetto

del mezzo, puro infino al primo giro,

[…]

Lo bel pianeto che d’amar conforta

faceva tutto rider  l’oriente,

[…]

 

«Lo bel pianeto»: Venere, la stella del mattino che induce ad amare e nel Guerriero s’accompagna a Marte.

 

Restando svegli, il primo e reiterato passo è quello di rivolgere l’occhio della coscienza ab extra ad intra, poiché è nell’intra che si annidano le sette teste del Drago da combattere: superbia, avarizia, ira, lussuria, gola, invidia e accidia sotto le loro innumerevoli maschere, prima fra tutte la falsa umiltà di cui si serve l’egolatra.

 

«La guerra esterna è pertanto, sempre e comunque, un epifenomeno di quella interna. Il cavaliere di Bernardo non odia nessuno, nemmeno gli infedeli che è chiamato a reprimere: odia solo il male  e il peccato, e li odia anzitutto dentro se stesso. Ogni scontro esterno è il riflesso della psycomachia, ogni vittoria colta in purezza di spirito un malicidium, ogni Templare caduto sul campo un martyr, ogni conflitto episodio della pugna spiritualis».

Franco Cardini, Introduzione a San Bernardino da Siena, La battaglia e il saccheggio del Paradiso. Il brano si riferisce al Liber ad milites Templi de laude novae militiae di san Bernardo di Chiaravalle.

 

Si notino quel «non odia nessuno» e «in purezza di spirito», indicanti lo STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA caratteristico del Guerriero. E infatti la guerra la può intraprendere soltanto chi è in pace con se stesso e con Dio.

 

Si tratta di un certame che, come ci ricorda l’Hagakure, non può mai ritenersi compiuto pena il voltare le spalle alla Via … alla Verità, alla Vita.

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13 commenti

  • luca antonio ha detto:

    Caro Matto, d’accordo su (quasi9 tutto, ma come conciliare
    «La spada che (il miles) vibra è il chiaro e retto giudizio della verità, che non deve sfiorare, bensì tagliare da se stesso con decisione virile i propri vizi, che sono i nemici interni; e, dopo, gli altrui vizi, qualunque e dovunque siano» con la sua, più volte manifestata, avversione verso la rigida e invadente dottrina della Chiesa Cattolica ? … visto che entrare impreparati in tale, titanica, battaglia significa andare incontro a sconfitta quasi certa ?.
    E se “Dio è oltre le dottrine” come mi ha risposto qualche giorno fa, come non chiedersi allora il perché abbia ritenuto opportuno darci, oltre la gratuita Grazia, quegli insegnamenti per combattere e vincere “la buona battaglia” ?.
    Cordiali saluti.

    • il Matto ha detto:

      Buongiorno!

      Preciso: avversione verso la rigidità e l’invadenza, non verso la Dottrina Cattolica in sé.

      Rigidità e invadenza operata dalle persone, e ciò non vuol essere un’accusa ma una constatazione.

      In altre occasioni mi sono definito “conservatore ecumenico” (ecumenico, non ecumenista), e ciò risulta chiaro dai contenuti dei miei articoli, i quali non ambiscono per nulla ad essere degli “insegnamenti” bensì una (ri)proposizione di argomenti che non costituiscono farina del mio sacco, ma fan parte di un secolare patrimonio universale, dunque senza confini.

      La “grande guerra santa”, cioè la disciplina e la cura di sé, è impresa ardua e non permette molta distrazione con ciò che avviene nel mondo, seppure non si possa negare che una testimonianza esteriore, ovvero la “piccola guerra santa” si renda necessaria e doverosa.

      Qualcuno ha scritto: “passa la figura di questo mondo”, è già queste poche parole, che pongono un motivo universale, quindi ancora una volta senza confini, richiedono (richiederebbero) un’intensa, giornaliera meditazione, anch’essa indispensabile alla disciplina e cura di sé.

      La mia impressione è che la gerarchia sia invertita: pochissima “grande guerra” e tantissima “piccola guerra”, ovvero pochissima attenzione a ciò che alligna nel mondo interiore, e tantissima attenzione a ciò che accade nel mondo esteriore e che, poco ma sicuro, è lo specchio del mondo interiore, e quindi meno che mai redimibile a colpi di Dottrina. Il Cattolico non può presumere nemmeno per un attimo che ciò che accade nel mondo esteriore sia sempre e soltanto colpa degli “altri”.

      A mio parere, il mondo ha bisogno di schiere di contemplativi che attuino, per così dire, un ponte fra il cielo e la terra. Ma dove sono queste schiere di combattenti la “grande guerra santa”?

      E’ sempre un piacere colloquiare con lei.

      • E.A. ha detto:

        “Il Cattolico non può presumere nemmeno per un attimo che ciò che accade nel mondo esteriore sia sempre e soltanto colpa degli “altri”.” Ma quale Cattolico presume questo?! Dispiace e addolora il fatto che “ la buona battaglia “ venga così spesso strumentalizzata, riducendola o addirittura additandola come un mezzo per “condannare” le colpe altrui, senza riconoscere le proprie! È fuori discussione che un cristiano-cattolico combatta la propria battaglia innanzitutto con se stesso, contro il proprio orgoglio, le cattive passioni, la durezza del proprio cuore, e che debba riconoscere in primis i propri peccati e quanto, ognuno di essi, abbia contribuito a danneggiare se stesso ed il prossimo, ed influito sull’andamento generale ed imprescindibile delle “ cose”, degli eventi umani(cammino di conversione). Ma la battaglia non può prescindere, estraniarsi, alienarsi dal mondo, dalla realtà, dal contesto storico che ognuno è chiamato a vivere, la stessa preghiera, incessante ed accorata che sia, viene innanzitutto rivolta al Signore per la conversione propria e di tutti i peccatori che vivono in questo preciso momento storico nel mondo! Non può esistere battaglia interiore senza quella “esteriore “, o come lei la definisce piccola e grande Guerra Santa! Sarebbe da ipocriti, da egoisti, da ingannatori di se stessi, sarebbe assurdo pensare di salvare solo se stessi, non ci sarebbero 2000 anni di Cristianesimo, il Signore stesso non si sarebbe Incarnato nel mondo e fatto Crocifiggere per Salvarlo. Anche i più santi eremiti hanno offerto le loro rinunce, i loro stenti, le loro penitenze per la salvezza di tante anime, per la Santa Chiesa e non certo per assicurarsi un posto “ in solitaria “ in Paradiso. “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi” non contraddice affatto “Chi è senza peccato scagli la prima pietra “ , anzi sottolinea come ognuno, riconoscendo ogni giorno, le proprie miserie, i propri peccati, si penta e porti avanti il compito, la missione che il Signore gli affida, che prevede anche l’ammonire i fratelli, il pregare, l’operare, in definitiva, il testimoniare la Verità nei fatti e nelle parole, con i talenti da far fruttare e con le proprie debolezze, che solo il Signore trasformerà in grandi opere. In questa testimonianza di fede rientra oggi l’attuale situazione Ecclesiastica, sulla quale un cattolico non può assolutamente tacere o non può ignorare, pur nell’assoluta consapevolezza che a favorirla e a svilupparla abbiano inciso, in primis, i peccati di ogni singolo battezzato, ragione in più per implorare Perdono al Signore e spronare tutti, ecclesiastici compresi, ad una urgentissima ed improrogabile scelta per NSGC! La saluto cordialmente.

  • Maurizio ha detto:

    Buongiorno
    L’articolo pur essendo interesserebbe appartiene a un genere che purtroppo non porta da nessuna parte, è un mix di Guenon e Evola. Un deja vu. Cordialmente MG.

    • il Matto ha detto:

      E’ una questione di punti di vista.

      Voglio dire: per lei non porta da nessuna parte, e va benissimo; per me porta, o almeno tende, verso un preciso obiettivo, e va benissimo lo stesso.

      E poi, comunque la si voglia mettere, è sempre l’umano che va tolto di mezzo per poterlo restaurare.

      Cordialmente.

      • Adriana 1 ha detto:

        “…è sempre l’umano che va tolto di mezzo per poterlo restaurare. ”
        Obiezione: 1) Quindi l’umano sarebbe la “cosa” malvagia creata da Jadalbaoth? ( L’Arconte ignorante, ossia sapiente solo in parte, la parte che deve allo Spirito materno ).
        Obiezione: 2) Ai “mediocri” Psichici questa operazione del ” toglier di mezzo ” impegnerebbe in modo esclusivo il corso della loro vita terrena, rappresentandone l’unico
        ” divertissement”, altrimenti…che barba, che noia, sia ad esser nati pneumatici, sia ad esser nati ilici e…non per propria volontà.
        Obiezione: 3) Ma, siamo sicuri che la parte “umana” sia “tutta” cattiva? In fondo, “tutto” Adamo fu creato ad immagine e somiglianza del Creatore. Come può, allora, permettersi il “creato” di giudicare se è stato creato bene, o bene soltanto in parte?

        • il Matto ha detto:

          Personalmente vado all’osso: la Tradizione ci presenta la crocifissione quale condizione della resurrezione, e nella crocifissione l’umano, “buono” o “cattivo” che sia, muore. Gesù Cristo è buono e muore. Erode è cattivo è muore.

          L’ascesi che l’umano intraprende (se la intraprende) mentre vive, altro non è che un’anticipato avviarsi alla morte, precisamente un prepararsi alla morte, condizione e passaggio verso il trasumanare che culmina nella vita beata. L’umano ha da morire per risorgere.

          «Seminato corpo animale, risorge corpo spirituale», dice Paolo.

          Anche la vera filosofia è un’ascesi, ovvero, un esercizio di morte secondo Platone. Ciò che, almeno per quanto mi riguarda, conferma la validità della Via apofatica.

          • Adriana 1 ha detto:

            Infatti, caro Matto,
            Socrate, interrogato sullo scopo della filosofia, rispose:
            ” Serve a ben morire “. Quanto all’anima egli, negli ultimi istanti, intrattiene se stesso e i discepoli suoi con un racconto sull’Aldilà ” che forse è una favola “, “però pur bella e atta a consolarci ” e, aggiungo io, a commuoverci.
            Tu ti fermi all'”osso”: quello del corpo di Cristo che, dalle tue parole, sembrerebbe essersi volontariamente sbarazzato di esso per ” sdegno” contro la materia.
            Dalle tue “parole”, ripeto, non credo dai tuoi pensieri…
            Però ci sono tante altre “ossa” nell’A.T. – testo che non mi risulta bannato dalla Chiesa-, che necessitano di trovare un loro posto- non esclusivamente allegorico- nella dottrina tradizionale e che creano un sacco di terribili interrogativi. Di fronte a certi abissi è sicuramente meglio per tutti, seguire il silenzio di Meister Eckhart.

          • il Matto ha detto:

            Consentimi di essere buddhista oltre che Matto.

            Quando scrivi “Di fronte a certi abissi è sicuramente meglio per tutti, seguire il silenzio di Meister Eckhart”, dici che “gli abissi” se li crea la mente che pensa … pensa … e pensa nello spasmodico sforzo di far quadrare i conti, mentre è proprio la mente che pensa ad essere incapace di farli quadrare (anche perché non c’è niente che debba quadrare!).

            Cito il monaco Takuan Soho:

            “E’ la mente stessa che confonde la mente.
            O mente, non lasciare la mente in mano alla mente”.

            Roba ma Matti! Chi vuol capire non deve pensare!
            E’ il Silenzio che spiega le cose, non il pensiero e ancor meno le parole!

            Più pensieri e parole e più marasma!

            L’evidenza di ciò è talmente abbacinante che … non si vede! 🥴

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Matto,
            sicuramente ti consento…anzi, a questo proposito, trovo particolarmente interessante uno specifico youtube:
            Daniele Salamone “La leggenda dei 613 comandamenti”, dove viene documentato il profluvio di commenti e di tradizioni/tradimenti/aggiustamenti sia sui comandamenti ebraici, sia su quelli-scelti- dal Cristianesimo.
            Il dettaglio, per me, ineludibile è però costituito dal fatto che noi ( e i nostri antenati e popoli interi ) siamo stati condizionati dagli sviluppi di “quelle” forme/pensiero cui non si può negare effetti “pratici” assai reali…spesso nobilissime, ma altresì, spesso devastanti.

          • il Matto ha detto:

            👌

            Al nostro prossimo perderci in chiacchiere 🤣🤣🤣🤣

            🖐

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Matto,
            diciamo che è un trovarci, non un ” perderci” ( almeno per me ). Lasciamo agli altri di perdersi nei “fatti” della violenza muta, come anche di quella accompagnata da una filodiffusione di fonemi belluini, spacciati per divini diktat.

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