I Dubbi Dubitati ma non Obliati. Ettore Gotti Tedeschi.

18 Ottobre 2023 Pubblicato da 4 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici/nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni del prof. Ettore Gotti Tedeschi, pubblicate da Il Pensiero Cattolico, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e diffusione.

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I DUBBI DUBITATI, MA NON OBLIATI

(riflessione rispettosa ma un po’ burlona…)

Da povero economista, certo non teologo (anche se il mio approccio professionale è rigorosamente aristotelico ed ho appreso da San Tommaso d’Aquino e da Benedetto XVI che si devono conoscere le cause prima di risolvere gli effetti), leggendo i Dubia II e le autorevoli risposte agli stessi, mi son un poco preoccupato.

Ma, sorpresa! mi son preoccupato per il mio lavoro più che di altro. Che senso devo infatti dare ora al mio lavoro?

Nel mio iphone non c’è una App di auto-discernimento delle mie azioni secondo circostanze e la coscienza può trarre in inganno, anche chi si occupa di economia …
Leggendo infatti le risposte ai Dubia e cercando anche io (come viene ivi suggerito) di contestualizzarle ed interpretarle, son arrivato a intendere che (le ho estese anche ai problemi economici) non ci sono norme morali assolute o atti intrinsecamente riprovevoli, dato che alla fin fine tutto può esser spiegato dalle circostanze e dalle intenzioni. Poi, eventuali eccezioni alle norme son legittimate dalla coscienza…

La quale coscienza è scusata dal fatto che ci possono esser tentazioni superiori alle mie forze. Ragazzi! questo è ciò che un uomo d’affari sogna di sentirsi dire….

Essendo io però solo un povero economista con limitata capacità logico filosofica, mi son subito chiesto che valore abbia quindi oggi la mia “volontà” nel formare la mia coscienza, nell’esercitare correttamente il mio Libero Arbitrio, nel cercare di dominare le circostanze e  cercare di vincere le mie tentazioni con ogni mio sforzo.

Grazie agli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, che feci per anni, ho cercato per il resto della mia vita di rafforzare proprio questa mia “volontà ”, ma ora mi chiedo: ho forse perso tempo?
Avendo anche leggicchiato un po’ di storia economica, mi son sovvenuto di Jeremy Bentham (1748-1832) filosofo ed economista inglese (discepolo di Locke e Hobbes), esponente più noto dell’Utilitarismo, dottrina (necessaria alla successiva Rivoluzione Industriale) che spiegava  che nel valutare i comportamenti umani, il principio morale da utilizzare è la “utilità”.

Pertanto una azione è lecita o no in funzione di quanto è utile. Il buono diventa ciò che è utile. Lo vuole il mercato. Dal punto di vista comportamentale, in pratica, questa dottrina utilitaristica spiega che non si deve metter limiti al contributo che ognuno può dare ed è pertanto necessario ridimensionare gli obblighi morali ed adattarli alle circostanze, relativizzando l’apprezzamento morale.
Tale dottrina implica anche la inaccettabilità di valutazioni negative su comportamenti o fatti, che, soprattutto la autorità morale considerava intrinsecamente cattive, perché potevano invece esser utili…
Ne consegue l’errore di imporre norme morali irrealizzabili perché avrebbe comportato spreco di risorse. Etico è fare ciò che è utile, più che ciò che si ritenga essere buono. Il bene deve anche essere utile. Nel dialogo soprattutto, è utilissimo farlo credere.

Non voglio annoiare santi e teologi con divagazioni che verranno considerate forzate e inappropriate, ma ho qualche dubbio di esser in grado di capire che la Rivelazione divina cui ho cercato (con grande sforzo e certo risultati modesti) di orientare il mio comportamento, possa essere “reinterpretata” grazie al cambiamento climatico che provoca necessari cambiamenti culturali, sociali, economici, morali.
Avrei semmai immaginato il contrario: confermare la Rivelazione, anziché reinterpretarla. Ma testone come sono, fatico a capire che, conseguentemente ai grandi cambiamenti culturali, si debbano anche accettare come buoni, comportamenti che prima erano scoraggiati (forse troppo poco persino…, visto il risultato), oppure che vanno apprezzate azioni, con uno sforzo impensabile da fare, di discernimento. Ma chi sa farlo questo discernimento contestualizzato?
Ma infine, pensando da economista moraleggiante, trovo complesso capire che se qualcuno sbaglia e provoca danni (economici), pur di non fargli venire scrupoli o colpevolizzarlo, devo (quasi fossi un confessore) “assolverlo” per non essere io crudele nei suoi confronti. Ma vorrei anche umilmente raccomandare a chi si occupa di Dubia, di riflettere che se “bene e male” si confondono, e solo ciò che sembra utile è anche bene e buono, si rischia di scoprire, troppo tardi, che fare il male-utile (tutto da discernere naturalmente…) rende economicamente più che fare il bene. E scoprendo ciò il rischio è che ci si domandi perché mai si dovrebbe fare il bene (se in più la Rivelazione è in evoluzione e magari domani si scopre che premio o castigo, non ci sono).
Mi è venuto questo dubbio. Perciò rivendico la facoltà di “obiezione di coscienza” morale per gli economisti.
O sbaglio?

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4 commenti

  • Diego ha detto:

    Splendido articolo!
    Se si può discernere caso per caso in materia di sesto Comandamento non capisco perché non si possa discernere (caso per caso) sul settimo, ad esempio pagare o accettare una tangente!
    Chi è Bergoglio per giudicare un politico corrotto, se egli cerca sinceramente Dio?
    Fra l’altro se fra corrotto e corruttore c’è un fortissimo affetto, un fortissimo legame, perché non benedire questo grande rapporto umano?
    Se si può benedire chi, in nome dell’amore, si sodomizza a vicenda, a maggior ragione si può benedire chi, in nome dell’amore, si scambia favori economici!
    E che dire del dovere verso la propria famiglia, verso il benessere di coniugi e figli?
    È morale rifiutare una tangente che potrebbe consentire loro di vivere nel lusso?
    E una tangente che impedirebbe loro di vivere in miseria?
    Nel primo caso il Tucho potrebbe dire che bisogna fare un bel discernimento e poi seguire la propria coscienza, nel secondo potrebbe (e dovrebbe!) dire che bisogna accettare la tangente, pena il dovere grave di confessare un gravissimo peccato di omissione.
    Non è stato “Tucho” Fernandez a dire che a volte, per non venire meno all’amore e ai doveri coniugali, è doveroso usare la contraccezione e che sarebbe invece peccaminoso evitare i rapporti carnali pur di non utilizzarla?
    Ma allora , a maggior ragione, si peccherebbe in modo gravissimo se per un inutile rigorismo morale si rifiutasse una tangente che impedirebbe a coniuge e figli di finire in miseria!
    E che dire del tenore di vita dell’amico che vorrebbe pagarmi la tangente e del tenore di vita del suo coniuge e dei suoi figli nel caso questi dipendessero fortemente dalla mia accettazione di tale tangente?
    E cristiano o anche solo umano rifiutare loro la possibilità di vivere in un modo decoroso?
    Siciramente no! E chi sono io per negare loro un enorme e doveroso favore solo per seguire delle astratte norme morali in modo cieco e rigorista?
    Fra l’altro in questa specifica situazione commetterei pure il gravissimo peccato di indietrismo e quello di voler racchiudere Dio e le Sue Leggi all’interno di rigorosi e precostituiti schemi morali!
    Come potrei anche solo pensare che Dio preferirebbe che si ascoltasse la lettera della legge più della situazione concreta?
    Non è stato Bergoglio in persona a dirci che la realtà è superiore all’idea?
    E se poi, per fare il rigorista, provocassi la rottura di questa grande amicizia non commetterei un ulteriore, gravissimo, peccato contro la carità?
    Spero tanto che al sinodo si affrontino anche queste gravi questioni, altrimenti potrei sentirmi costretto ad inviarle come dubia a Francesco e al Dicastero per la dottrina della fede.

    • Catholicus ha detto:

      Bravo Diego, complimenti vivissimi, mi associo in pieno a questo ragionamento : pensano di fare i furbi, questi prelati assetviti al globalismo satanico, ma i loro perfidi ragionamenti si possono usare anche contro di loro, in modo da mettere a nudo la loro doppia morale, la loro totale mala fede. Alla larga da certa gentaglia, indegna anche di fare i campanari. Anatema a tutti loro !

  • Mimma ha detto:

    Grazie al Professore e grazie a Lei, R.S. per il commento stupendo.
    Dio vi benedica !

  • R.S. ha detto:

    Chapeau Prof. Gotti Tedeschi!

    Mi associo, perchè ogni lavoratore può immedesimarsi nei suoi dubia.

    In fondo ogni circostanza è circondata di circostanze e ogni vita di vite interferenti: alla fine mi regolo io e chi potrebbe biasimarmi? Una regola? Un censore? Una morale? Un Dio?

    Sono io, o forse il mio ego, a dire l’ultima parola e guai a chi mi giudica, perchè lo so io cos’è bene e cos’è male.

    Nemmeno tanto originale, visto che l’originale spetta ad Adamo ed Eva, quando disobbedirono a Dio che gli racomandava di non farlo, “altrimenti morirete”.

    Ormai è un vanto e tanti dicono: “non sono mica un santo!” La santità, che sarebbe la normalità di un cristiano in comunione con Dio, è diventata un’esagerazione, un’anomalia, una malattia da cui star lontani, giustificando di starvi, proteggendosi dall’esserlo.

    Il male tuttavia non è logico e non è questo l’essere umano creato da Dio.

    “Come conseguenza di questo potere del male nelle nostre anime, si è sviluppato nella storia un fiume sporco, che avvelena la geografia della storia umana. Il grande pensatore francese Blaise Pascal ha parlato di una “seconda natura” che si sovrappone alla nostra natura originaria, buona. Questa seconda natura fa apparire il male come normale per l’uomo. Così anche l’espressione solita: “questo è umano” ha un duplice significato. “Questo è umano” può voler dire: quest’uomo è buono, realmente agisce come dovrebbe agire un uomo. Ma “questo è umano” può anche voler dire la falsità: il male è normale, è umano. Il male sembra essere divenuto una seconda natura. Questa contraddizione dell’essere umano, della nostra storia deve provocare, e provoca anche oggi, il desiderio di redenzione. E, in realtà, il desiderio che il mondo sia cambiato e la promessa che sarà creato un mondo di giustizia, di pace, di bene, è presente dappertutto: in politica, ad esempio, tutti parlano di questa necessità di cambiare il mondo, di creare un mondo più giusto. E proprio questo è espressione del desiderio che ci sia una liberazione dalla contraddizione che sperimentiamo in noi stessi. (Udienza del 3/12/2008)

    Per Dio, grazie a Dio, non è finita lì, con un umano corrotto e senza speranza, se non di accontentarsi di darsi giustificazioni peccando: “La vittoria su di esso della grazia di Cristo, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima”. (Angelus 8/12/2008)

    L’utilitarismo è proprio del servo (del mondo) utile.
    In altri casi si è usata l’espressione “utile idiota”.
    Gesù ci chiede di metterci in comunione come servi “inutili”, cioè privi del tornaconto nell’agire, investiti dalla Grazia e propulsori col prossimo di questo paradiso.

    Lo scriveva anche il Prof. Lazzaretti qualche giorno fa a proposito del film Oppenheimer: “noi parliamo spesso dei “nostri valori occidentali”, ma di fatto siamo il luogo della distruzione della legge naturale universale”. Un posto dove “ciò che è possibile, è lecito”. Un inferno.

    Il Prof. Gotti Tedeschi conclude che i dubitabondi confusi rischiano di scoprire, troppo tardi, che fare il male-utile (tutto da discernere naturalmente…) rende economicamente più che fare il bene. E scoprendo ciò il rischio è che ci si domandi perché mai si dovrebbe fare il bene (se in più la Rivelazione è in evoluzione e magari domani si scopre che premio o castigo, non ci sono).

    Sarebbe utilissimo essere “inutili” nel fare il bene, anche perchè la Grazia è abbondante e matematicamente 1 + infinito = infinito. Dio è Uno (e Trino): se noi siamo tanti zeri, messi dopo, tutto cresce di potenze di dieci!

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