Padre Paul Kramer risponde a don Francesco D’Erasmo sul papa eretico.

7 Ottobre 2023 Pubblicato da 12 Commenti

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, padre Paul Kramer ci invia queste osservazioni in merito all’articolo pubblicato ieri l’altro da don Francesco D’Erasmo. Buona lettura e diffusione.

§§§

È un’assurdità. Uno statuto contro la simonia che sostiene la validità di un’elezione simoniaca non è in alcun modo applicabile all’elezione di un eretico. Lo statuto citato non decreta la validità dell’elezione di un eretico, ma sostiene solo la validità di un’elezione valida. Come nel caso di un eretico, se viene eletto un pazzo, un neonato o una donna, lo statuto non rende valida l’elezione di nessuno di loro.

Un’elezione valida richiede che colui che viene eletto sia valido per il papato. Sant’Ambrogio doveva essere battezzato prima di ricevere gli ordini episcopali e la giurisdizione sulla diocesi di Milano. Senza diventare cattolico, non sarebbe stato in grado di ricoprire la carica. Un non cattolico non è valido per ricoprire alcun ufficio nella Chiesa. La simonia non rientra nella definizione di eresia. Non è eresia.

Paolo IV ha stabilito nella Cum ex apostolatus officio (1559) che l’elezione di un eretico è invalida, anche se il Papa eletto ha ricevuto la sottomissione universale. È stato insegnato all’unanimità dai teologi, da Papa Innocenzo III, ed è stato sostenuto da decreti papali che un eretico può essere giudicato e rimosso dal soglio pontificio. La disposizione per la tacita rinuncia alla carica nel Codice di Diritto Canonico del 1917 (Can. 188. “Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet officia vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: […] 4° A fide catholica publice defecerit”. ), fondato sull’insegnamento unanime dei Padri, mette definitivamente a tacere l’argomento che un eretico possa essere un Papa valido.

Il canone applicato a tutte le cariche ecclesiastiche è dichiarato esplicitamente con le parole: “quælibet officia vacante ipso facto” – e quindi include necessariamente la carica di Sommo Pontefice. Il Molto Rev. H. A. Ayrinhac ha spiegato, nella sua Legislazione generale nel Nuovo Codice di Diritto Canonico, sulla perdita degli uffici ecclesiastici, che tale perdita di ufficio (Canoni 185-191) “si applica a tutti gli uffici, i più bassi e i più alti, senza escludere il Sommo Pontificato”. (p. 346) Suárez ha spiegato: “… né il Pontefice può decadere ipso facto dalla sua dignità per mezzo di alcuna legge umana, poiché sarebbe emessa da un inferiore, come un Consiglio, o da un uguale, cioè un Papa predecessore; e nessuno di questi ha forza coercitiva, per poter punire un Papa che è uguale, o un superiore”.

La perdita della carica non deriva da alcuna legge umana, ma dalla natura dell’eresia; come spiega Bellarmino nel De Romano Pontifice II, xxx, citando l’insegnamento unanime dei Padri: “Nam Patres illi cum dicunt hæreticos amittere jurisdictionem, non allegant ulla jura humana, quæ etiam forte tunc nulla extabant de hac re: sed argumentantur ex natura hæresis”.

GIOVANNI DI SAN TOMMASO  HA TESTIMONIATO AI SUOI TEMPI CHE L’INSEGNAMENTO DEI TEOLOGI È UNANIME: UN PAPA ERETICO PUÒ ESSERE GIUDICATO DALLA CHIESA E TUTTI GLI ERETICI, DI QUALSIASI GRADO, DEVONO ESSERE CONDANNATI.

Il Codice di Diritto Canonico del 1917 ha stabilito (can. 188) che TUTTI gli uffici sono persi per eresia pubblica. Ballerini, Bellarmino, Sant’Alfonso, Papa Gregorio XVI, dopo Innocenzo III, insegnano tutti che un eretico che cade dal papato non sarebbe più Papa, quindi la Chiesa non giudicherebbe il capo della Chiesa, ma solo un ex Papa.

Sant’Alfonso, San Roberto Bellarmino e molti dei più grandi teologi della Storia della Chiesa spiegano che un eretico è un “soggetto incapace” del papato; e che un papa eretico non è un papa; e un sospetto eretico (secondo gli indici canonici dell’eresia) è un papa di dubbia validità, che quindi ricade sotto la giurisdizione della Chiesa e può essere giudicato dalla Chiesa.

A Pietro è stato conferito il pieno potere del primato, e agli apostoli è stato conferito il potere di esercitare la giurisdizione in subordinazione gerarchica a tale primato; di conseguenza, l’intera Chiesa riunita, la cui giurisdizione, secondo la sua stessa natura, esiste in subordinazione gerarchica al primato di giurisdizione del Papa, non ha assolutamente alcun potere di giudicare o deporre un pontefice validamente regnante.

Il fatto che le membra debbano prevalere sul capo o tagliare il capo è contro natura: “Inoltre, il fatto che il capo sia governato dai membri, e non piuttosto che questi siano governati dal capo, è contro natura, così come è contro natura che i membri taglino il capo, quando per caso è gravemente malato”.  Per queste ragioni Bellarmino spiega che è solo quando il Papa è dubius o non è un Papa, che un concilio può giudicare chi è il Papa o fornire un vero pastore per la Chiesa. E più avanti nella pagina chiarisce: “Perché un Papa dubbioso non è considerato un Papa, e quindi avere potere su di lui non significa avere potere sul Papa”.  Per questo motivo, Bellarmino spiega in CAPUT ix. (De utilitate vel etiam necessitate celebrandorum comciliorum) del De Concilliis et Ecclesia, che una delle ragioni che renderebbero necessaria la convocazione di un concilio sarebbe “il sospetto di eresia nel Romano Pontefice, se dovesse accadere”. Bordoni spiega anche che solo un Papa vero e certo è al di sopra di un concilio, ma i Papi dubbiosi e gli eretici pertinaci (perché sono soggetti incapaci) sono soggetti ad un concilio: solus verus et indubitatus Papa est supra Concilium, et non alii de quibus dubitatur, ergo subijciuntur Concilio. In situazioni come queste, secondo le autorità più eminenti, la sede apostolica è considerata vacante, ed è proprio quando in un caso del genere si scopre che il Papa è un eretico ostinato, il giudizio [secondo le parole di Papa Gregorio XVI] non sarebbe fatto contro il Papa effettivamente regnante, “ma solo contro la persona che prima era adornata con la dignità papale”. Quindi, per questa ragione che la sede sarebbe presunta vacante, Bellarmino dice: “In questo caso un concilio può esaminare il caso del pontefice, e se dovesse scoprire che il papa è veramente un infedele, può dichiararlo fuori dalla Chiesa e condannarlo”. 158 159 Sant’Alfonso spiega: “Per una migliore comprensione di quanto verrà detto qui, è utile premettere tre cose certe.

La prima, che qualsiasi concilio ecumenico, o generale, per essere legittimo deve essere convocato dal Papa. [… p. 159] 2. La seconda cosa certa è che quando in tempi di scisma si dubita di chi sia il vero Papa, in questo caso il concilio può essere convocato da cardinali e vescovi; e allo stesso tempo ognuno degli eletti è tenuto ad aderire alla definizione del concilio, perché in tal caso la Sede Apostolica è ritenuta vacante. E lo stesso accadrebbe se il Papa cadesse notoriamente e con pertinacia in qualche eresia. Anche se allora, come altri dicono meglio, non sarebbe il Papa privato del pontificato dal Concilio come suo superiore, ma ne sarebbe immediatamente spogliato da Cristo, diventando così di fatto un soggetto incapace e decaduto dal suo ufficio”.  Più avanti, nello stesso capitolo, chiarisce ulteriormente: “Dio ha dato il potere di eleggere il Papa alla Chiesa, cioè al collegio dei cardinali, o al concilio nel caso di un Papa dubbio o eretico, ma non ancora il potere papale. Si oppongono per 6.°: ma se il concilio può deporre il Papa eretico, può anche deporlo per altri crimini ugualmente perniciosi per la Chiesa; e da questo deducono che il concilio è al di sopra del Papa. Ma si risponde che solo l’eresia, non gli altri crimini, rendono già il Papa incapace del suo ufficio; quindi, nel caso in cui il Papa sia eretico, non è che il Concilio sia superiore al Papa (come può essere superiore al Papa, se non c’è un Papa?): allora il Concilio dichiara il Papa decaduto dal pontificato, come colui che non può più essere un dottore della Chiesa, avendo una falsa dottrina”. 161 Quindi, (il Santo Dottore conclude: “Rispondiamo che se mai un Papa, come persona privata, cadesse nell’eresia, allora decadrebbe immediatamente dal papato; poiché sarebbe fuori dalla Chiesa, non potrebbe più essere il capo della Chiesa.

Quindi, in tal caso, la Chiesa non dovrebbe deporlo, perché nessuno ha potere sul Papa, ma dichiararlo decaduto dal pontificato”.  Ciò che il Santo Dottore spiega in questo passaggio non è una semplice opinione, ma si basa sull’insegnamento di Papa Innocenzo III, che fornisce la base dottrinale per le sentenze papali sull’eccezione canonica dell’eresia per giudicare un Papa. Ballerini spiega l’ECCEZIONE CANONICA PER GIUDICARE UN PAPA.

Don Pietro Ballerini, in De Potestate Ecclesiastica, Cap. IX § I n. 5, spiega il significato dell’eccezione canonica di eresia per giudicare un Papa: “Nei Sacri Canoni, dove si parla degli scandali dei Papi, leggiamo che viene decretato di non obbedire loro, né di seguire il loro esempio, quando agiscono o comandano qualcosa di contrario alla Legge divina, ma non indicano mai che devono essere sottoposti al giudizio di qualcuno, a meno che non si siano allontanati dalla Fede. L’eccezione dell’eresia è dovuta al fatto che, a causa dell’eresia stessa, cadendo ipso facto dal pontificato, perderebbero la loro giurisdizione di primato”.* [Le citazioni in lingua originale completamente riferite si trovano nel mio secondo volume di Ingannare gli Eletti].

* Pietro Ballerini, De Potestate Ecclesiastica Summorum Pontificum Et Conciliorum Generalium, Cap. IX § I no. 5 – «Neque vero huic divini juris primatui quidquam inferiori, officerent scandala morum; si quæ in Pontifice remedium postularent . In sacris canonibus , ubi de scandalis Pontificum agitur , cum agitur , statutum legitur ipsis non obediendum , nec sequenda eorum exempla , ubi aliquid contra divinam legem agant vel præcipiant : numquam vero judicio cujusquam subjiciendos indicant , nisi forte sint a fide devii . Quæ hæresis exceptio ea de causa fit, quia ob hæresim ipso facto a pontificatu decidentes, primatus jurisdictionem amitterent, ut explicabitur paragrapho sequenti …»

CANONI SUL GIUDIZIO DI UN PAPA

Paolo IV ha dichiarato nella Cum ex apostolatus officio che la sottomissione universale ad un eretico non convalida l’elezione dell’eretico. Un eretico è un SOGGETTO INCAPACE del papato, per cui la tradizione canonica della Chiesa stabilisce che un eretico non è un Papa valido:

Il Quinto Concilio Lateranense, nella Nona Sessione (Bolla sulla Riforma della Curia), stabilì: “Tutti i falsi cristiani e coloro che nutrono sentimenti cattivi nei confronti della fede, di qualsiasi razza o nazione essi siano, come pure gli eretici e coloro che si sono macchiati di eresia, o i giudaizzanti, devono essere totalmente esclusi dalla compagnia dei fedeli di Cristo ed espulsi da qualsiasi posizione, specialmente dalla curia romana, e puniti con una pena adeguata”. Papa Innocenzo III, insegnò (Sermo IV. IN CONSECRATIONE PONTIFICIS): “Poiché il Romano Pontefice non ha altro superiore che Dio… chi potrebbe scacciarlo o calpestarlo?… Ma non deve vanamente adularsi per il suo potere… perché quanto meno è giudicato dagli uomini, tanto più è giudicato da Dio.  Dico meno, perché può essere giudicato dagli uomini, o meglio può essere mostrato come già giudicato, se dovesse appassire all’eresia; perché “chi non crede è già stato giudicato (Giovanni III)””. Sant’Alfonso, seguendo esattamente la dottrina della quinta opinione di San Roberto Bellarmino, si pronuncia sulla questione del giudizio di un Papa, dicendo:  “Rispondiamo che se mai un Papa come persona privata cadesse nell’eresia, allora decadrebbe immediatamente dal papato; poiché sarebbe fuori dalla Chiesa, non potrebbe più essere il capo della Chiesa.  Quindi, in tal caso, la Chiesa dovrebbe non tanto deporlo, perché nessuno ha potere sul Papa, ma dichiararlo decaduto dal pontificato”. (Alfonso Maria de’ Liguori, Vindiciae pro suprema pontificis potestate adversus Iustinum Febronium, Torino, 1832, p. 142) E aggiunge: “Papa Simmaco disse: Il Papa è il pastore supremo, non soggetto a giudizio se non in caso di eresia”. Tom. 2. Concilior”.

È in questo senso che Ballerini (De Potestate Ecclesiastica, Cap. IX § I n. 5) spiega il significato dell’eccezione canonica di eresia nel giudicare un Papa: “Nei sacri canoni, dove si parla degli scandali dei Pontefici, leggiamo che viene decretato che non si deve obbedire loro, né si deve seguire il loro esempio, quando agiscono o comandano qualcosa di contrario alla legge divina, ma non indicano mai che devono essere sottoposti al giudizio di qualcuno, a meno che forse non siano deviati dalla fede.  L’eccezione dell’eresia è dovuta al fatto che, a causa dell’eresia stessa, cadendo ipso facto dal pontificato, perderebbero la loro giurisdizione di primato, come verrà spiegato nel paragrafo successivo”. Don Pietro Ballerini, che notoriamente seguiva la quinta opinione di Bellarmino, afferma nei paragrafi successivi che coloro che seguono questa opinione, “affermano il diritto di un Concilio generale su un Papa che devia dalla fede, ma che essi ritengono eretico; perché ritengono che tale Pontefice, a causa dell’eresia stessa, sia stato separato e tagliato dal fondamento della Chiesa che è la fede, e di conseguenza dalla Chiesa stessa, e sia decaduto completamente dal Pontificato, e in questa ipotesi sarà il diritto del Consiglio generale su di lui, che non è più il Pontefice, né possiede il primato”. ” (Ballerini, De Pot. Ecc. Caput IX. §. II. pp. 128-129)* Ballerini aggiunge che questa era già la dottrina di Papa Innocenzo III, che egli cita in una nota, dicendo: “(1) Innocenzo III favorisce questa opinione, nel suo terzo sermone scritto il giorno della sua consacrazione; A tal punto la fede è necessaria per me, che, mentre per altri peccati ho Dio come giudice, per il peccato commesso contro la fede, potrei essere giudicato dalla Chiesa. Vedi Sylvium in 2. 2. S. Thomæ tom. 3. q. 39. art. 3. conclus. 2.” (De Pot. Ecc. p. 127 nota 1) È in questo contesto che Ballerini spiega il significato dell'”eccezione” all’ingiustizia papale in caso di eresia: “Nei sacri canoni, dove si parla degli scandali dei Pontefici, leggiamo che viene decretato che non si deve obbedire loro, né si deve seguire il loro esempio, quando agiscono o comandano qualcosa di contrario alla legge divina, ma non indicano mai che devono essere sottoposti al giudizio di qualcuno, a meno che forse non siano deviati dalla fede.  L’eccezione dell’eresia è dovuta al fatto che, a causa dell’eresia stessa, cadendo ipso facto dal pontificato, perderebbero la loro giurisdizione di primato, come verrà spiegato nel paragrafo successivo”. Nei paragrafi successivi spiega che manifestando la pertinacia, “si dichiara eretico, cioè si è ritirato dalla fede cattolica e dalla Chiesa per sua volontà, in modo che non sia necessaria alcuna dichiarazione o sentenza da parte di nessuno”. Aggiunge poi che la dichiarazione della Chiesa dovrebbe essere pubblicata solo per affermare che “si è allontanato per sua volontà” e “dichiarerebbe che si è separato dal corpo della Chiesa e che in qualche modo ha abdicato al Pontificato, che nessuno detiene o può detenere se non è nella Chiesa”. (Da questa spiegazione dell’eminente canonista-teologo, contemporaneo di Sant’Alfonso, si evince esattamente a cosa il Santo Dottore volesse arrivare citando il Concilio Romano sotto Papa Simmaco che insegnava: “Il Papa è il pastore supremo, non soggetto a giudizio se non in caso di eresia”. Non può significare che un Papa vero e valido possa essere giudicato dai suoi inferiori in caso di eresia, perché allora, contrariamente al dogma del Primato, il giudice supremo e infallibile sarebbe giudicato da un giudice inferiore e fallibile. Anche un secolo prima della definizione solenne del Primato, Ballerini era esplicito su questo punto che un Papa vero e valido non può mai essere giudicato da un Concilio, spiegando: “Indubbiamente il diritto del primato rimane sempre in realtà con un vero e legittimo Pontefice, il quale sempre, essendo superiore a tutta la Chiesa e a qualsiasi Concilio per questo diritto del primato, è sottratto alla giurisdizione di questi altri”. (De Potestate Ecclesiastica Summorum Pontificum Et Conciliorum Generalium, Auctore Petro Ballerinio Presbytero Veronensi, Augustæ Vindelicorum (Augsburg), 1770, p. 132) Se il Papa potesse essere giudicato da un concilio, ci sarebbero due capi (Alfonso Maria de’ Liguori, Vindiciae pro suprema pontificis potestate adversus Iustinum Febronium, Torino, 1832, p. 164.) giudicando l’uno contro l’altro; oppure, se il Concilio fosse supremo in un caso del genere per eccezione, allora il dogma che definisce che il giudizio di tutte le controversie in materia di fede è riservato esclusivamente al Papa sarebbe errato.  Quindi, in accordo con l’insegnamento di Bellarmino, Ballerini, Sant’Alfonso e Gregorio XVI.  Alfonso e Gregorio XVI – che hanno tutti basato il loro insegnamento sulla dottrina di Innocenzo III – non sarebbe un vero Papa ad essere giudicato eretico e deposto dai suoi inferiori; ma sarebbe un falso Papa, che a causa della sua evidente eresia, sarebbe giudicato dalla Chiesa come un non Papa, perché la Chiesa riconosce infallibilmente l’eretico per quello che è:  un estraneo, un forestiero, un impostore, che non è il loro pastore, ma un eretico: “Perché tale fede il Romano Pontefice e la Chiesa romana hanno conservato l’uno per l’altra, in modo che possano adeguatamente combaciare, come dice la Verità nel Vangelo:  “Conosco le mie pecore e le mie mi conoscono (Giovanni X)”: non seguono l’estraneo ma fuggono, perché non conoscono la voce degli estranei.  Gli estranei sono gli eretici e gli scismatici, che la Chiesa romana non segue, ma insegue e allontana. Riconoscono e ascoltano i loro, non apostati ma apostolici: non catari ma cattolici, che ricevono e rendono il debito coniugale, ricevono da lui il debito della provvidenza e rendono il debito della riverenza”.  – Innocenzo III Sermo III.  “IN CONSECRATIONE PONTIFICIS”.

Innocent III

Fai clic per accedere a 1198-1216,_SS_Innocentius_III,_Sermones_de_Diversis,_MLT.pdf

SERMO II

Nisi enim ego solidaltus essem in fide, quomodo possem alios in fide firmare? Quod ad officium meum noscitur specialiter pertinere, Domino protestante: « Ego, inquit, pro te rogavi, Petre, ut non deficiat fides tua, et tu aliquando conversus, confirma fratres tuos» (Luc.xxii). Rogavit, et impetravit: quoniam exauditus est in omnibus pro sua reverentia. Et ideo fides apostolicae sedis in nulla nunquam turbatione defecit, sed integra semper et illibata permansit: ut Petri privilegium persisteret inconcussum. In tantum enim fides mihi necessaria est, ut cum de caeteris peccatis solum Deum judicem habeam, propter solum peccalum quod in fide committitur possem ab Eeclesia judicari. Nam qui non credit , jam judicatus est (Joan. ii). Credo quidem, et certissime credo, quod catholice credam: confidens, quod fides mea debeat me salvare, juxta promissionem dicentis: «Fides tua te salvum fecit, vade, et amplius noli peccare » (Luc.viii).

SERMO IV

Peccatum ergo praelati et aliis damnosum, et sibi est periculosum. Damnosum allis, quia si sal evanuerit, in quo salietur? Periculosum sibi; quoniam ad nihilum valel ultra, nisi ut mittatur foras, id est ab officio deponatur: et concucetur ab hominibus, id est a populo contemnatur. Vel mittatur foras*, et conculcetur ab hominibus, id est ut excommunicetur et evitetur. Vel mittatur foras; quia peccavit in se; et conculcetur ab homninibus : quia peccavit in proximum. Qualiter  ergo de quolibet alio praelato possit inlelligi, satis apparet; sed qualiter intelligi debeat de Romano pontifice, non est adeo manifestum. Servus enim, secundum Apostolum, «suo domino stat aut cadit (Rom. xiv). » Propter quod idem Apostolus ait; « Tu quis es, qui judicas alienum servum?» (lbid.) Unde cum Romanus pontifex non habeat alium dominum nisi Deum, quantumlibet evanescat, quis potest eum foras mittere, aut pedibus conculcare? Cum illi dicatur: « Collige causam tuam in sinum tuum? » Verum non frustra sibi blandiatur de potestate, neque de sublimitate vel honore temere glorietur; quia quanto minus judicatur ab homine, tanto magis judicatur a Deo. Minus dico; quia potest ab hominibus judicari, vel potius judicatus ostendi, si videlicet evanescat in haeresim; quoniam «qui non credit, jam judicatus est » (Joan. iii). In hoc siquidem casu debet intelligi de illo, quod si sal evanuerit, ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras, et conculcetur ab homninibus. Quid est quod dicit: Ad nihilum valei ultra? Nonne quacunque hora peccator conversus fuerit et ingemuerit, vita vivet et non morietur, ait Dominus? (Ezech.xviii.) Nonne pastor, dimissis nonagintanovem ovibus in deserto, venit quaerere centesimam quae perieiat, et inventam humeris reportavit? (Luc.xv.) Nonne mulier accendit lucernam et domum evertit, ut dragmam perditam inveniret? (Ibid.) Et ad utramque parabolam Dominus inltulit: Quia «majus gaudium est angelis Dei super uno peccatore poenitentiaim agente, quam super nonagintanovem justis, qui poenitentia non indigent (Ibid.), >Nonne David evanuit, cum adulterium et homicidium perpetravit? et tamen non est foras ejectus, nec ab hominibus conculcatus, sed peccato dimisso remansit in regno (II Reg. ii). Nonne Petrus evanuit, qui tertio Christum negavit? Et tamen non solum apostolatum non perdidit, sed etiam principatum accepit (Matth, xxvi). Quid est ergo quod dicit: Quodsi sal evanuerit, ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras, et conculcetur ab hominibus? Verum aliud est evanescere in agendis, et aliud est evanescere in credendis. Qui evanescit in opere, dummodo non evanescat in fide, si poenituerit, semper reparatur ad gratiam, et saepe restaurateur ad gradum; qui autem evanescit in fide, ut fiat haereticus aut apostata, reparari quidem potest ad gratiam, sed diflicile restauratur ad gradum; quia remanet cicatrix ex hujusmodi lepra contracta, Petrus enim non corde, sed ore negavit. Ne autem evanescat sal in me, quod damnosum nimis et periculosum existeret, vos fratres et filii, apud misericordissimum Patrem piis precibus imploretis, ut, ipse qui beato Petro praedixit: «Ego pro te rogavi, Petre, ut non deficiat fides tua : et tu aliquando conversus, confirma fratres tuos (Luc.xxii); in me successore suo immerito et indigno fidem illam confirmet, quae per dilectionem operatur, ad gloriam nominis sui, ad salutem animae meae,ad profectum universalis Ecclesiae, Jesus Christus Dominus noster, qui est super omnia Deus Benedictus in saecula saeculorum. Amen

Quindi, secondo l’insegnamento di Bellarmino, Ballerini, Sant’Alfonso e Gregorio XVI – tutti basati sulla dottrina di Innocenzo III – non sarebbe un vero Papa ad essere giudicato eretico e deposto dai suoi inferiori.  Alfonso e Gregorio XVI – tutti basati sulla dottrina di Innocenzo III – non sarebbe un vero Papa ad essere giudicato eretico e deposto dai suoi inferiori; ma sarebbe un falso Papa, che a causa della sua evidente eresia, sarebbe giudicato dalla Chiesa come non Papa, perché la Chiesa riconosce infallibilmente l’eretico per quello che è:  un estraneo, un forestiero, un impostore, che non è il loro pastore, ma un eretico: “Per tale fede il Romano Pontefice e la Chiesa romana hanno conservato l’uno per l’altra, in modo che possano adeguatamente combaciare, come dice la Verità nel Vangelo:  “Conosco le mie pecore e le mie mi conoscono (Giovanni X)”: non seguono l’estraneo ma fuggono, perché non conoscono la voce degli estranei.  Gli estranei sono gli eretici e gli scismatici, che la Chiesa romana non segue, ma insegue e allontana.  Riconoscono e ascoltano i loro, non apostati ma apostolici: non catari ma cattolici, che ricevono e rendono il debito coniugale, ricevono da lui il debito della provvidenza e rendono il debito della riverenza”.  – Innocenzo III Sermo III.  “IN CONSECRATIONE PONTIFICIS”.

*“In sacris canonibus , ubi de scandalis Pontificum agitur , cum agitur , statutum legitur ipsis non obediendum , nec sequenda eorum exempla , ubi aliquid contra divinam legem agant vel præcipiant : numquam vero judicio cujusquam fubjiciendos indicant , niſi forte sint a fide devii . Quæ hæreſis exceptio ea de causa fit , quia ob hæreſim ipfo facto a pontificatu decidentes , primatus jurisdictionem amitterent , ut explicabitur paragrapho fequenti”.

** Nel loro articolo, FR. PAUL KRAMER RIFIUTA DI SOTTOPORRE IL SUO LAVORO ALLA REVISIONE DI TEOLOGI COMPETENTI, Salza & Siscoe affermano ereticamente che “un Papa eretico è ancora il Papa, fino a quando le autorità della Chiesa non lo giudicano formalmente eretico”.

Queste sentenze canoniche di cui parlano Ballerini, Bellarmino e St. Alfonso non indicano o implicano che un Papa valido possa effettivamente diventare un eretico formale (dal momento che tutti i grandi teologi dei secoli passati erano uniti nell’opinione che un Papa non può diventare eretico, e dopo il Pastore Æternus, è diventata l’opinione praticamente unanime dei teologi in generale); ma ciò che questi canoni dimostrano è che un vero Papa non può essere giudicato, ma un eretico, anche se fosse canonicamente eletto, non sarebbe un Papa valido e sarebbe soggetto al giudizio dell’autorità ecclesiastica: Citando il lavoro di Da Silveira, don Curzio Nitoglia spiega che l’opinione che sostiene che un Papa non può essere eretico è quella più comunemente insegnata come la più probabile dalla maggioranza dei teologi e dei dottori: Bellarmino, Francisco Suárez, Melchior Cano, Domingo Soto, Giovanni di San Tommaso, Juan de Torquemada, Louis Billot, Joachim Salaverri, A. Maria Vellico, Charles Journet (e Cajetan che non è citato da Da Silveira, ma è dimostrato da mons. Vittorio Mondello in La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Istituto Arti Grafiche di Sicilia, 1965, cap. V, pp. 163-194 e cap. VI, pp. 195-224). Secondo questa opinione, il Papa come Papa non può cadere nell’eresia formale, mentre può favorire l’eresia o cadere nell’eresia materiale come dottore privato o anche come Papa, ma solo nel magistero non definitivo, che non è né infallibile né [assolutamente] vincolante. 366 Bordoni, che riteneva l’opinione “molto probabile”, cita Suárez, Pedro de Simanca, Domingo Bañez e Bellarmino; e ricorda che Bonacina,367 cita altri che erano della stessa opinione, spiegando che essi (come lui) basavano la loro opinione sulla convinzione che le parole, Ut non deficiat fides tua fossero pronunciate simpliciter, e quindi senza distinzione tra la persona pubblica o privata.368 Bordoni argomentò ampiamente anche sui casi notevoli e controversi, dimostrando che nessuno di quei papi era un eretico formale. Bellarmino, prima di lui, anche in modo più dettagliato, esaminò i casi controversi, dimostrando che nessun Papa era mai stato un eretico formale nel De Romano Pontifice, lib. iv, cap. viii – xiv. Bordoni dice a proposito di questa questione, che è più metafisica che morale; e che fino ad allora, in nessun Papa ha dominato la pertinacia dell’eresia, né mai lo farà, perché Dio non lo permetterebbe.369 Prima di lui, San Roberto Bellarmino argomentò sulla stessa linea nel De Romano Pontifice, lib. iv, cap. vii, citando prima l’opinione, dicendo: “Molti canoni insegnano che il Papa non può essere giudicato se non si scopre che ha deviato dalla fede, quindi può deviare dalla fede. Altrimenti questi canoni non avrebbero alcun effetto. Lo si evince dal canone precedente, Si Papa, dist. 40, dal V Concilio sotto Simmaco, dall’VIII Concilio generale, atto 7, dalla terza epistola di Anacleto, dalla seconda epistola di Eusebio e da Innocenzo III”. 370 E poi sostiene che non si può concludere da questi canoni che un Papa possa effettivamente diventare eretico: “Dico che questi canoni non significano che il Papa possa sbagliare come persona privata, ma solo che il Papa non può essere giudicato; non è ancora del tutto certo se il Pontefice possa essere eretico o meno. Pertanto, aggiungono la condizione ‘se potrebbe diventare eretico’ per maggiore cautela”. 371 Poi fornisce la ragione per cui un Papa non può diventare eretico nemmeno come persona privata: “Da qui si deduce correttamente che il Papa per sua natura può cadere nell’eresia, ma non quando si pone l’assistenza singolare di Dio che Cristo ha ottenuto per lui con la sua preghiera: ma Cristo ha pregato che la sua fede non venisse meno, non perché cadesse in altri vizi”. – De Romano Pontifice, lib. iv, cap. Vii Allo stesso modo, Sant’Alfonso: [Alfonso Maria de’ Liguori, Verità Della Fede, Tomo Secondo, Monza, 1823, Parte III. Capo. VIII. p. 157 – “Iddio non permetterà mai che alcuno de’ Pontefici Romani, anche come uomo privato, si diventi eretico né notorio, né occulto”. “Dio non permetterà mai che alcuno dei Pontefici Romani, anche come uomo privato, diventi eretico né notorio, né occulto”].

§§§

Aiutate Stilum Curiae

IBAN

IT79N0200805319000400690898

BIC/SWIFT

UNCRITM1E35

§§§

 

 

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , ,

Categoria:

12 commenti

  • Fantasma di Flambeau ha detto:

    -Queste sentenze canoniche di cui parlano Ballerini, Bellarmino e St. Alfonso non indicano o implicano che un Papa valido possa effettivamente diventare un eretico formale (dal momento che tutti i grandi teologi dei secoli passati erano uniti nell’opinione che un Papa non può diventare eretico, e dopo il Pastore Æternus, è diventata l’opinione praticamente unanime dei teologi in generale)-

    -Bordoni argomentò ampiamente anche sui casi notevoli e controversi, dimostrando che nessuno di quei papi era un eretico formale. Bellarmino, prima di lui, anche in modo più dettagliato, esaminò i casi controversi, dimostrando che nessun Papa era mai stato un eretico formale nel De Romano Pontifice, lib. iv, cap. viii – xiv. Bordoni dice a proposito di questa questione, che è più metafisica che morale; e che fino ad allora, in nessun Papa ha dominato la pertinacia dell’eresia, né mai lo farà, perché Dio non lo permetterebbe.-

    -Allo stesso modo, Sant’Alfonso: [Alfonso Maria de’ Liguori, Verità Della Fede, Tomo Secondo, Monza, 1823, Parte III. Capo. VIII. p. 157 – “Iddio non permetterà mai che alcuno de’ Pontefici Romani, anche come uomo privato, si diventi eretico né notorio, né occulto”. “Dio non permetterà mai che alcuno dei Pontefici Romani, anche come uomo privato, diventi eretico né notorio, né occulto”].-

    Una nonnina d’una volta l’avrebbe spiegata così: “Il Papa (se è Papa) può andare all’Inferno ma non può portare all’Inferno”.

  • Terminus ha detto:

    Le père Paul Kramer a certainement raison. Mais le temps presse ! Il faut aller au plus vite ! Il faut arrêter de se perdre dans de longs exposés qui ne seront pas entendus, il faut tout simplement commencer par le commencement : Bergoglio n’est pas pape parce que le conlave qui l’a élu n’est pas valide.
    Et l’on peut ainsi directement arriver à la fin.
    Mais ceux qui ont la responsabilité d’invalider ce conclave et d’en convoquer un qui soit régulier ne voudront pas le faire, n’oseront pas le faire.
    Et la saga va donc continuer jusqu’à ce que notre Dieu Trinité d’amour décide de l’arrêter!

    • Lucia Buttaro ha detto:

      Kramer contro Kramer!
      Ha ragione quando afferma che i Cardinali possono convocare il Concilio per condannare l’eresia manifesta del Papa e che quando la. stessa mina le fondamenta della Fede , il Papa decade per Volontà di Dio.
      Proprio come è accaduto a Ratzinger quando a proclamato se stesso Papa EMERITO distruggendo l’UNITÀ della Chiesa Cattolica.
      Quindi si sottopone al processo non il Papa ma l’ex Papa.
      Sbaglia quando per Amoris Letizia accusa Francesco di eresia, non ancora….
      Il Sinodo è manifestazione esplicita dell’APOSTASIA dalla Fede del Papa e dei Cardinali Vescovi Sacerdoti fedeli e della adesione servile di questi al demonio di Davis.
      Sono quindi tutti decaduti dai loro ruoli per volontà di Dio i partecipanti.
      Burke, attende , il documento finale per procedere secondo Dio e il diritto canonico.
      Il Papa ha tempo per discernere e sterzare, il Signore è paziente ma anche GIUSTO.
      Grande Cardinale Burke!
      Pace e bene

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    L’articolo è troppo lungo e mi rifiuto di leggerlo tutto.

    Tuttavia, mi perdonerà l’autore mi sembra abbia inserito una moltitudine di somme citazioni ma non coordinate e messe i un ordine logico e pratico.
    La base di ogni discussione successiva è che il Papa sia canonicamente eletto ed in questo caso nessuno al mondo può dirgli che è eretico, e nessun concilio con i piu santi dei vescovi può deporre un vero papa perchè la gerarchia apicale di costui rende invalido il concilio ed eretico e scomunicato ogni membro chi si permetta di inficiare il pontefice.
    Segue che solo un papa dubbio può essere sottoposto ad un Concilio che ne esamini prima la certezza canonica della sua elezione e poi se è papa non valido, può deporlo,imprigiornarlo e decapitarlo se necessario.
    Un papa valido che si esprima privatamente in una eresia non è deponibile.
    La storia dimostra che un papa valido non può essere eretico. Un eretico pubblico e pertinace, che sia messo in modo non valido sul trono petrino deve essere deposto.
    Un’ultima cosa da aggiungere su cui vari teologi e dottori si sono pronunciati è quella che un papa canonicamente eletto diventi eretico in modo pubblico e pertinacemente e, dopo le necessarie filiali ammonizioni, rifiuti di recedere, si presume con ogni certezza che è stato deposto direttamente dal Cristo e che un Concilio di Vescovi, accertata la sua ereticità, essendo già divinamente deposto deve allontanarlo.
    Questa ultima ipotesi, il nostro p.Kramer dovrebbe saperlo, è di difficile realizzazione sia pratica sia dottrinale. Poichè sappiamo che con la accettazione della nomina papale Gesù Cristo conferisce al neoPapa una speciale assistenza dello Spirito che impedirebbe allo stesso di essere eretico pubblicamente in temi di morale e fede. Dunque non potrebbe esistere mai un vero papa che sia eretico così come, in sede di imposizione divina dello Spirito, questo non potrebbe santificare un eretico.

  • SOLDATO AGLI ORDINI DI CRISTO ha detto:

    Bene, come San Paolo scrive ‘i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demoni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni’ (1 Cor 10, 20-21): abbiamo capito cosa è successo nei giardini vaticani il 4 ottobre 2019 (sempre questa data del 4 ottobre, sigh!). Vescovi e cardinali possono deporre un papa eretico! Naturalmente non parliamo di vescovi e cardinali creati dal papa che deve essere deposto! Perciò, a tal scopo pratico, si concertassero tra loro quei pochi che sono rimasti invece di limitarsi a scrivere dubbi, per favore! Eminenze, non abbiate paura: non scrivete dubbi, ma certezze!
    Così dichiarò Padre Marcel Lefebvre ‘Je veux qu’à l’heure de ma mort, lorsque Notre-Seigneur me demandera : « Qu’as-tu fait de ta grâce épiscopale et sacerdotale ? », je n’aie pas à entendre de la bouche du Seigneur : « Tu as contribué à détruire l’Église avec les autres » che tradotto significa ‘Io voglio che nell’ora della mia morte, quando Nostro Signore mi domanderà: «Che cosa ne hai fatto della tua grazia episcopale e sacerdotale? », io non debba sentire dalla bocca del Signore: « Tu hai contribuito a distruggere la Chiesa insieme agli altri ».

  • CAGI41 ha detto:

    Parole, parole, parole … Non è Gesù che disse: “Il vostro parlare sia si, si o no, no”? In pratica Gesù non fece mai discorsi che non finiscono mai …
    In conclusione, che dire di “papa” Bergoglio? Se i sapienti e i dotti non arrivano mai a una conclusione chiara e certa che conclusione possono trarre i cattolici poco sapienti o poco dotti?
    A me pare che la confusione continua a regnare sovrana!

  • Catacumbulus ha detto:

    Padre Kramer ha scritto: “La simonia non rientra nella definizione di eresia. Non è eresia”.

    Eppure San Tommaso in Summa Theologiae, Secunda Secundae, q. 100, art. 1, ad 1 spiega che il simoniaco è un eretico, perché il suo atto implica la pretesa, contra la sana dottrina, che “i doni dello Spirito Santo” siano di sua proprietà e dunque possano essere venduti, “quod est haereticum”. Dunque questa affermazione di Padre Kramer, per lo meno, va rivista nella propria perentorietà: la simonia può ben considerarsi una forma di eresia.

    • La Signora di tutti i popoli ha detto:

      Padre kramer ha messo troppa carne al fuoco ed è uno di quelli che dice che non è eretico il simoniaco ma solo scomunicato latae sententiae, come fosse un peccato grave! Bah!
      S.tommaso diceva che ai suoi tempi era una eresia di fatto poichè il S.Spirito non poteva essere mercanteggiato. Mi risulta però, ma posso sbagliare, che nel concilio di Clermont fu definita come eresia nel 533 dc. e poi dopo pochi anni anche nel concilio di Orleans.
      Ma cosa sia collegata la simonia con Bergoglio e la sua nomina “papesca’ non è stato spiegato da don d’Erasmo, tranne con la baggianata, peraltro fuori luogo, che un papa può essere eretico e validamente eletto.

      • Catacumbulus ha detto:

        Mi pare che lei non abbia colto il ragionamento, del tutto valido, di Don d’Erasmo. Egli si è limitato a fare notare che da San Pio X in poi tutti i papi hanno stabilito e confermato una legge giuridica secondo la quale un papa simoniaco resterebbe comunque validamente in possesso del proprio ufficio papale. E poiché un simoniaco è un eretico, come spiegato da San Tommaso, ciò ipso facto significa che la presenza di un papa eretico non è impossibile. Tutto qua. Il ragionamento non fa una grinza e mette, a mio avviso, in grande imbarazzo le tesi dei tanti che si lasciano trasportare dallo scandalo e approdano a tesi sedevacantiste.

        • La Signora di tutti i popoli ha detto:

          No, ho ben inteso che don d’Erasmo in un ragionamento assai povero ha preso lucciole per lanterne e l’ho spiegato nel post di cui trattasi relativo al paragrago 78 UDG, al quale la S.V. potrà abbeverarsi.
          Quanto a detto per.78, questo non dice che:
          – il Papa simoniaco sia eretico o scomunicato;
          – Il Papa eletto da simoniaci sia anche egli simoniaco;
          – il Papa sia nominabile prendendolo da un eretico simoniaco, cioè che un eretico per simonia possa o debba essere eletto.

          • Catacumbulus ha detto:

            Il suo primo punto è errato, poiché in UDG 78 si dice proprio che chiunque fosse coinvolto in un elezione viziata da simonia, sarebbe scomunicato latae sententiae. Dunque lo sarebbe anche il neo-eletto che fosse caduto in tale colpa. Inoltre che un simoniaco sia da considerarsi eretico è dimostrato da quanto sostiene San Tommaso d’Aquino, di cui ho citato il riferimento bibliografico.

            Il suo secondo punto è, invece, corretto: il dettato letterale del testo lascia aperta la possibilità che vi possa essere un’elezione viziata da un atto di simonia, di cui però il neoeletto non sia a conoscenza. Tuttavia resta il dubbio del perché non ci si sia spiegati più chiaramente, dichiarando, cioè, che un’elezione simoniaca rimane valida, eslcuso il caso in cui il neoeletto stesso fosse corresponsabile dell’atto di simonia. Due parole in più avrebbero tolto ogni dubbio… E a questo punto lei mi dovrebbe rispondere che è proprio perché ho ragione sul primo punto, che lei ha ragione sul secondo.

        • La Signora di tutti i popoli ha detto:

          Gent.le Catacumbulus,
          le rispondo nell’ultimo post di don d’Erasmo.

Lascia un commento