Si fa in fretta a dire uomo…

8 Luglio 2023 Pubblicato da 4 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro sito, R.S., offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla realtà umana e spirituale. Buona lettura e meditazione.

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La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio

(S. Ireneo)

Si fa in fretta a dire uomo… Che cosa accomuna un malato terminale a un influente esponente del gotha di Davos? Che cosa hanno in comune un soldato al fronte, uno sportivo acclamato e un pescatore? Oppure una mamma che allatta, un sacerdote che confessa, un alpinista in vetta e chi munge la mucca?

Si fa anche in fretta con le parole che usiamo… Uno che sa ha ap-preso. Siamo sempre nella modalità della caccia, per cui prediamo, cioè facciamo prede. Anche il comprendere è un po’ un afferrare… E il partecipare? Anche quello ci piace come prendere parte, un partem capere. O forse anche accipere.

La questione di tutto questo afferrare o arraffare, prendendolo e tenendocelo stretto, almeno finché possiamo, non sarà per caso un disordine rispetto al dono che ci precede, semplicemente da ricevere? Qualcuno ne ha disquisito a proposito del Santissimo Sacramento, che dall’essere ricevuto (in greco e in latino) è diventato una “prensione”, ma il discorso è molto più ampio e viene da Adamo ed Eva, dal peccato originale.

L’uomo che pensa (Cartesio) con una psiche che si popola anche di paturnie (Freud) ha concentrato il proprio pensiero su di sé, facendosi cacciatore e im-prenditore della propria vita, salvo perderne il senso e le tracce.

Siamo umani, oltre la testa c’è di più… Il pullulare di pensieri, sentimenti, passioni ed emozioni, memoria, intelligenza, razionalità, logica, immaginazione, istinti e intuito non ci richiude sui sensi e nemmeno sulle idee.

I pensieri possono disorientare e disperdere, cioè oscurare la luce percepibile che non ci diamo, ma si riceve.

In effetti ci sono condizioni di vita che predispongono a ricevere più che a prendere: pensiamo a un malato davanti al dottore o a un mendicante davanti a chi lo può beneficare. Gesù disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Però bisogna prima entrare nella modalità che non arraffa, ma riceve, perché non pensa di vedere, ma si accorge della cecità.

Ci sono tanti modi diversi per cercare di descrivere qualcosa che sfugge alle definizioni: è il mistero racchiuso nell’uomo. Si tratta di una conoscenza sovra-intellettuale, che trascende ogni conoscenza discorsiva e ogni velleità razionale. L’uomo ha in sé questa facoltà: una partecipazione creaturale all’increato fino alla “visione” del soprannaturale divino. Per sperimentarlo, poiché le nature dell’umano e del divino sono su piani differenti, l’umano viene trasformato da Dio. L’unione dell’umano con il divino è un divenire per assimilazione, da un essere già immagine al diventarne somiglianza.

L’immagine è insita nella peculiarità spirituale propria dell’anima umana, che è spirituale e immortale. La somiglianza dipende dall’effetto della Grazia su un cuore umano aperto e ricettivo nel riceverla e riempirsene.

L’uomo divenuto spirituale può contemplare le cose nella luce di Dio. Non si può “vedere Dio” se non “in Dio”.

Il transito dall’uomo carnale o psichico all’uomo spirituale passa da una purificazione del cuore il cui “occhio” esiste e i padri hanno individuato nel nous. L’occhio non può agire da sé stesso, ma vede la luce che c’è. L’opera della Grazia mette l’occhio in condizione di vedere. A vedere non è chi vede la luce sensibile o la luce della ragione: costoro sovente sono dei ciechi inconsapevoli d’esserlo! Gesù infatti parla di chi “ha occhi e non vede” e di un occhio interiore. “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

La luce divina che può essere percepita non è Dio, ma la sua irradiazione, come avviene agli occhi con i raggi del sole. Sul Tabor gli apostoli vedono in Cristo la luce increata che in Cristo c’è (c’era) già, ma lì i loro occhi la possono vedere.  In un certo senso è più corretto dire che sul Tabor ad essersi trasfigurati furono i tre apostoli, divenuti “uomini luminosi”. In quel mentre tutto l’essere diventa come luce ed è in grado di vedere lo splendore della divinità (non è una luce creata).

Gli occhi carnali possono vedere solo la luce creata: per vedere l’increata serve una trasfigurazione di ciò che è corporeo. L’operazione è permessa dallo Spirito Santo tramite la Grazia, “divinizzandoci” in Cristo nella comunione con Dio.  In altri termini, l’adozione a figli nel Figlio permette all’uomo di essere co-erede con Cristo nel Regno. Il Cristo trasfigurato non si trasforma in ciò che non era, ma mostra ai discepoli com’è, aprendo loro gli occhi (la vista). Gli occhi che vedono solo in modo naturale sono ciechi a questa luce; l’occhio puro, trasformato dallo Spirito, lo può.   Si passa ad una visione “mistica” che è un’esperienza a tutti gli effetti, ma con un’intelligenza diversa da quella sensibile. Non si tratta più di una facoltà sensibile o intellettuale, né di un’intuizione astratta dell’immaginazione o della memoria. Eppure questa percezione riempie l’intelligenza e i sensi che la percepiscono, manifestandosi alla persona in ogni facoltà.

Che meraviglia! Tutto questo vale per i potenti, come per gli umili, per chi ha successo nel mondo e per chi il mondo considera zero! Agli occhi di Dio le cose appaiono sotto una luce differente. Ma l’uomo deve poter vedere quella stessa luce. Come la donna cananea (Mt 15). Altrimenti non capiremo perché delle dieci vergini (tutte vergini) cinque furono trovate sagge e le altre no, prive dell’olio che fa ardere la luce! E quale luce.

La luce sensibile è vista dagli occhi; la luce intelligibile è propria del pensiero; la luce divina esula dall’essere creato. La vista e l’intelletto non apprendono una medesima luce, ma ciascuno secondo la propria natura e i suoi limiti. La luce della Grazia invece riguarda i cuori puri che la ricevono e la accolgono, coinvolgendo anche i loro sensi e l’intelligenza.

Come? Solo Dio lo sa e coloro che ne sperimentano questa Grazia: una luce increata donata a Cristo e ai suoi santi. In Cristo è ancora l’essenza divina a stare in vera carne umana. Nella Beata Vergine e nei santi la divinità passa alla creatura. Tanto più quanto la trova pura (Maria Santissima è come un cristallo purissimo per la Luce e si riempie di Grazia) ed umile (cioè “ricevente”, senza pretese di prendere). La luce si divide senza divisione: è in chi sta; nella creatura è “per partecipazione” e non “per essenza” di natura divina.  La partecipazione della creatura alla natura divina attraverso la Grazia (increata) non annulla l’inconoscibilità di Dio. Chi partecipa della Luce divina diviene in qualche modo luce: Dio abita e si rivela in coloro che Lo amano. 

Ciò che è da Dio, increato, raggiunge la creatura ed è da essa percepito tramite la parte dell’uomo che ne è capace. Quando l’uomo è abitato da questa luce e quando l’occhio spirituale è abbastanza puro da percepirla, la si può vedere. Il Cristo che sta alla porta e bussa trova accoglienza piena; lo Spirito di Dio entra nell’uomo e la gloria di Dio lo trasfigura. La luce è dentro e non viene ”da fuori”. E’necessario però essere in comunione con Dio e non solo “intellettualmente”.

Il cristianesimo non è una conoscenza (gnosi) o un’idea, ma un’esperienza. E’assimilazione e comunione con Dio. E’ davvero un mistero: Dio è insieme nascosto e rivelato, lontano e vicinissimo, inconoscibile e noto, immanente e trascendente. L’uomo è creatura abitabile dalla divinità, con un corpo mortale e un’anima immortale. Dio trascende l’essere creato.

In quest’anima -non riducibile a psiche, emozione, sentimento, pensiero e razionalità- risiede anche una realtà spirituale.  In questa parte, che racchiude i pensieri e i sentimenti più intimi del cuore, sta il nous, il nostro “occhio” spirituale, da non ridurre a qualcosa di filosofico. Nell’uomo avviene qualcosa di speciale, perché c’è un punto di incontro tra la filosofia (ancora coi piedi in terra) e la vera teologia (che ha radici nel Cielo).

Se l’Essenza di Dio in sé stesso resta lontana e altra dalla creatura, la Grazia dell’agire di Dio raggiunge l’anima umana.  L’Essenza di Dio resta impartecipabile (noi non siamo l’ipostasi del Figlio, come accade in Gesù, Verbo incarnato). Invece la Grazia, la manifestazione di Dio, può riempie in modo più o meno marcato la porzione spirituale dell’uomo.  La Grazia che viene da Dio ed è increata, palesandosi anche tramite delle realtà create, è partecipata alle creature.

Dio si rivela perciò personalmente ed esistenzialmente all’uomo nel tempo, rendendo immanenza il trascendente.
Dio è sceso presso la creatura e questa è l’unica via che ha permesso l’incontro nel nous dell’uomo, se c’è comunione.  I raggi sono distinti dal sole, ma lo implicano: così la Grazia è distinta da Dio, ma Gli è inseparabile, rendendoLo Presente.
C’è una continuità tra Dio in sé -la Trinità- e in noi: Dio diventa un dono vivificante per quelli che si lasciano trasformare.

L’uomo allora conosce Dio per rivelazione e partecipa a Lui per Grazia: senza essere nell’essenza di Dio ne viene santificato e divinizzato.

R.S.

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4 commenti

  • Titti ha detto:

    Una sola parola : grazie!

  • Carmela ha detto:

    Bellissima pagina. Condivido in toto. Gesù s’è fatto uomo perché l’uomo potesse aspirare ad essere come Lui. Ma la somiglianza la fa sempre Dio ma insieme all’uomo che deve aprire il cuore alla Sua azione.

  • Chedisastro ha detto:

    Correggo : “…i demoni che si aggirano nel mondo a perdizione delle anime”.

  • Chedisastro ha detto:

    “La luce della Grazia riguarda i cuori puri”: potremmo capirlo entrando nell’ottica dei santi, in specie di quelli che sono vissuti di sola Eucaristia, Santa Caterina ad esempio, o tanti altri che da quella luce hanno ricevuto nutrimento. Ma se pensiamo all’ innocenza di un bambino, proprio quella che traspare dai loro occhi limpidi dove davvero risplende la bellezza di Dio e a certe loro a volte mistiche espressioni che lasciano a chi li ascolta un commovente stupore, come non accorgersi di tanta Grazia che abbiamo lì a portata di mano? Trasfigurarsi per vedere Dio com’è, farsi piccoli e umili di fronte alla Sua immensità: un’operazione difficile così incollati al mondo come siamo, eppure semplicissima se sgombriamo il cuore da ogni sovrappiù. Per Grazia accolta San Giuseppe da Copertino, passando nei pressi di Loreto, si domandava cosa facessero tutti gli angeli che vedeva attorno alla Santa Casa e per grazia accolta spiccava anche i suoi famosi voli; per grazia accolta P.Pio leggeva nel cuore degli uomini, guariva anime e corpi e viaggiava ovunque senza muoversi dalla sua cella. Bisogna avere il cuore puro. Per questo i demoni che si aggirano nel mondo Madre a perdizione delle anime vogliono corrompere soprattutto i bambini con le blasfeme oscenità che cercano di imporre loro fin dalla più tenera età e per questo si accaniscono contro i piccoli in senso evangelico. Tempi durissimi, ma resistiamo con la corona in mano invocando il soccorso di Maria Santissima, la nostra Madre di Misericordia, la nostra
    grande speranza.

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