Sacrificio Umano e Resurrezione di Cristo.
9 Aprile 2023
2 CommentiMarco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, di nuovo Buona Pasqua. Il maestro Aurelio Porfiri offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul significato del sacrificio nelle diverse religioni, e in particolare nella fede cristiana. Buona lettura e condivisione.
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Sacrificio umano e resurrezione di Cristo
È di qualche giorno fa la notizia proveniente dall’India, per cui sono stati arrestati alcuni uomini per aver compiuto quattro anni prima un sacrificio umano, decapitando una donna di 64 anni per placare le divinità. Ovviamente tutto questo ci fa orrore al giorno d’oggi, in cui queste pratiche sembrano consegnate ad un passato a cui, giustamente, non si intende tornare.
Nel primo capitolo dal libro del profeta Isaia, Dio dice: “Che m’importa dei vostri sacrifici senza numero? (…) Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Su, venite e discutiamo (…) Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”.
Interessante notare che Isaia introduce queste parole del Signore chiamando in causa i popoli di Sodoma e Gomorra, cioé il simbolo stesso della corruzione. Questa non è una invettiva contro i sacrifici, ma un’invettiva contro l’ipocrisia nella preghiera. Quindi, se giustamente inorridiamo davanti ai sacrifici umani, dobbiamo invece sempre ricordare che la nostra fede si poggia sul sacrificio di Cristo, che ha sofferto, è morto ed è risorto per noi.
Sacrificio significa fare un gesto sacro, sacralizzare qualcosa per offrirla a Dio. Nel suo messaggio per la Quaresima nel 2012, l’allora Vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo osservava: “La parola sacrificio vuol dire letteralmente ‘sacrum facere’, rendere sacro qualcosa o qualcuno, offrendolo alla divinità”.
È da osservare che l’idea e la pratica del sacrificio si incontra nelle varie religioni, nell’Induismo, nel Buddismo Zen, nell’Islam e nelle cosiddette religioni naturali, seppure con accentuazioni e sfumature diverse. Si può dire che il sacrificio fa parte della storia dell’umanità, a cominciare da Caino e Abele (cfr. Gen 4,3-4), tanto che, secondo alcuni studiosi, le società sono fondate sul sacrificio.
Da rilevare, inoltre, che i riti sacrificali rivestivano un carattere istituzionale- pubblico. I cristiani che rifiutavano di sacrificare agli dei, nell’Impero romano, erano condannati a morte. Il sacrificio viene inteso, solitamente, come “immolazione di una vittima”, e questo ha a che vedere con la vita e con la morte.
Lo scopo del sacrificio è, essenzialmente, la comunicazione con il Sacro, con la Divinità per adorarla e ottenere i suoi benefici”. Importante riflettere sul fatto che il sacrificio, nelle varie espressioni, si trova nelle principali religioni. Come abbiamo visto in alcuni casi si sacrificano esseri umani (pensiamo alle culture precolombiane) o animali (pensiamo agli ebrei). Nel cristianesimo il sacrificio diviene sconvolgente: Christus factus est obediens usque ad mortem, mortem autem crucis. Il Figlio di Dio stesso accetta di morire per riscattare l’umanità dal peccato. Con questo gesto mostra l’inconsistenza degli altri sacrifici di fronte a questo atto supremo che solo un amore infinito può spiegare.
Il sinologo Umberto Bresciani, nel suo bel dizionario confuciano Dimenticare, Ricordare, Capire, ci aiuta a comprendere come la religione tradizionale cinese usa il termine sacrificio: “Nella religione cinese tradizionale il sacrificio è previsto per Cielo, antenati e altre divinità/spiriti. Il significato del rito sacrificale non sta nella supplica o nel dovere di propiziazione verso la divinità, quanto invece nel ricordare il proprio dovere di riconoscenza e rispetto per colui a cui si sacrifica, sia questi un antenato, oppure un saggio o benefattore dell’umanità, oppure il Cielo”.
Sacrificio è 祭 (Jì). La radice di questo carattere è un altro carattere che significa “spirito”, nel senso di qualcosa che si è manifestato. Ecco, possiamo applicare tutto questo al sacrificio di Cristo che è per noi la manifestazione dell’amore di Dio.
Ed è sbagliato quindi, come insegnava il grande teologo passionista padre Enrico Zoffoli (1915-1996) enfatizzare la risurrezione di Cristo senza passare per la sua passione e morte, perché queste spiegano quella.
Divo Barsotti, in una sua meditazione del 1956 raccolta nel libro Il ritorno dell’anima a Dio osservava: “Questo piano divino si enuncia con la vocazione di Abramo, con l’elezione di Israele: noi vediamo già come nella vocazione di Abramo e nell’elezione di Israele la virtù dell’obbedienza sia primaria; ma il piano divino si compie nel Cristo. Ora, l’aspetto mistico dell’obbedienza religiosa importa non tanto l’adesione a una volontà astratta di Dio, a una legge che Dio ha promulgata, quanto l’adesione a Cristo. Il piano divino, non si compie nel fuggire dalla terra d’Egitto, nell’entrare nella terra di Canaan, nel sacrificio di Isacco, ma si compie nel Cristo”. Questo piano dunque si compie nel sacrificio di Cristo.
Ecco perché è così importante ricordare che la Messa è sacrificio di Cristo, nella Messa il sacerdote, nell’epiclesi consacratoria, può dire: “Quam oblatiónem tu, Deus, in ómnibus, quæsumus bene † díctam, ad † scríptam, ra † tam, rationábilem, acceptabilémque fácere dignéris ut nobis Cor † pus et San † guis fiat dilectíssimi Fílii tui Dómini nostri Iesu Christi”.
Il sacrificio non è qualcosa di cui dover fare a meno, perché non possiamo farne a meno, su di esso si poggia il gesto supremo d’amore che il Cristo morto e risorto ha compiuto in remissione dei nostri peccati.
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Tag: pasqua, passione, porfiri, sacrificio
Categoria: Generale
Occorre tenere presente che il Sacrifico di Cristo implica il sacrificio di sé, e su questo secondo punto cominciano i dolori.
Grazie al maestro Porfiri per
la bella meditazione ; però devo aggiungere che
gli orrendi
sacrifici umani , fecero parte
di tutta l’umanità,anche tra gli
Etruschi ed i Romani , dove
San Giustino Martire nelle sue “apologie” , come
il Lucano nella “Guerra civile”
e Sant’Atanasio nel suo
libretto “Contro i pagani”,ne
danno conto .
Ma purtroppo persino Israele
non ne è stato indenne ;
infatti si legge nei Salmi :
si asservirono a baal-peor e
mangiarono i sacrifici dei
morti.(Salmo 105,28 ) , e
più avanti ,nello stesso salmo:
immolarono i loro figli e le
loro figlie agli dei falsi ,versarono sangue innocente ,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan.
Io credo , che il Battista ,
quando diceva che ” la scure
è posta alla radice degli
alberi “, in seconda o terza
analisi , si riferisse al fatto
che baal , per gli Ebrei e
mercurio per i Romani
aveva come simbolo un
taglialegna che con la scure
sta per abbattere un albero ,
Io penso che forse persino la Croce di Cristo
fu un sacrificio umano ,in quanto mercurio era patrono
di ladri e assassini , e quindi
barabba fu liberato al posto di Gesù
condannato senza colpa .
Gesù annunciando la Vita
Eterna dei Cristiani fedeli
al fianco di Dio ,che è lui
stesso , ha insegnato ad aver fiducia nel Padre Buono Celeste per mezzo dello Spirito Santo ed ha tolto ai pagani la paura della
morte , la paurosa
pratica dei sacrifici umani ed ha
anche liberato dall’incontinenza che è la via larga che porta alla perdizione . Perdonati e
quindi fattosi Cristiani
reputavano un nulla la loro morte davanti ai superstiziosi giudici che li davano alle belve perché non sacrificavano
né agli dei né all’imperatore.