La Rivoluzione Guardata negli Occhi. Spiegare il Passato, Raccontare il Futuro.

2 Marzo 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, gli amici di Radio Spada offrono alla vostra attenzione questa opera sulla Rivoluzione, di cui trovate una breve nota editoriale e una guida alla lettura qui sotto. 

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Nota delle Edizioni Radio Spada
e breve guida alla lettura

Che cos’è la rivoluzione? Da dove viene? Dove ci ha portato e dove ci porterà? Chi la sostiene apertamente? Chi la rifiuta in modo chiaro? Chi pensa di esserne nemico e fa invece il suo gioco? Queste e un’altra mezza dozzina di domande troveranno risposta nel libro che abbiamo voluto intitolare «La rivoluzione guardata negli occhi». Sì, guardata negli occhi, perché di rivoluzione si parla molto, ma spesso fermandosi alle sue maschere o agli aspetti secondari.

Il volume, aperto dal breve discorso di Pio XII Non chiedeteci qual è il «nemico» (1952), unisce il capolavoro di Mons. de Ségur[1] (1820-1881) ad un testo approfondito di Mons. Gaume[2] (1802-1879) sulla genesi pagana e anticattolica del pensiero rivoluzionario che portò al 1789 e che domina anche i giorni nostri. Le ultime pagine le abbiamo lasciate all’Enciclica di Leone XIII Humanum Genus (1884) sulla condanna del relativismo filosofico e morale della Massoneria.

Un filo logico connette questi testi così diversi: è impressionante notare la chiarezza delle origini, degli sviluppi e degli esiti della rivoluzione. Il sottotitolo «Un libro che spiega il passato e racconta il futuro»deriva proprio da questo: scorrendo le righe si vedrà affrontata la fonte del male ma, soprattutto, raccontato il futuro che quei principii folli avrebbero prodotto e che, ancor più in questi anni, stanno producendo.

C’è tutto o quasi, e la lettura lascia attoniti. Quando Mons. de Ségur descrive (a metà ‘800) «il Papa rivoluzionario», che le società segrete desiderano e lo presenta – citiamo testualmente – come «un Papa debole e credulo, senza acutezza d’ingegno, dabbene e rispettato, imbevuto dei principii democratici»; quando dando la parola ai nemici lascia loro dire: «Per spezzar la rocca su cui Dio fondò la sua Chiesa, avremmo il dito piccolo del successore di Pietro impigliato nella congiura», o «Il Clero cammini sotto il vostro stendardo sempre credendo di esser sotto la bandiera delle Apostoliche Chiavi»; un brivido animato dalla consapevolezza di una profezia avverata percorre chi legge.

Ci è noto il dibattito sulla documentazione pubblicata in relazione a queste società segrete, ma ci è ancor più chiaro che quanto detto due secoli fa in quei testi si è attuato fin nei dettagli, con una precisione sorprendente, in particolare per quanto riguarda un «Papa secondo i [loro] bisogni». Senza dimenticare il fatto che la pubblicazione di questi documenti fu approvata dalla Santa Sede e in particolare da Pio IX[3], che il lavoro di Mons. de Ségur «[fu] benedetto dal Sovrano Pontefice» e che già nel 1821, Pio VII, condannado la Carboneria[4]con la

Bolla Ecclesiam a Jesu, sottolineò le mire delle società segrete per«sovvertire [l]a Sede Apostolica».

Attualissimo poi l’ammonimento del Monsignore sulle mezze misure, sul pericolo grave di accomodamenti con la rivoluzione e sui finti amici dalla non buona dottrina, che – citiamo ancora – «si danno il vanto di conservatori»Insieme a molti altri efficacissimi passaggi, Mons. de Ségur toglie la maschera alla rivoluzione e la fissa, appunto, in faccia.

Seguendolo di poche pagine, Mons. Gaume la guarda dritto negli occhi, scrutandone la mente e il cuore, ed ecco cosa trova: il naturalismo pagano. Se nella prima lettera ai Corinzi (10, 20) è scritto che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio, con questo testo si comprende più a fondo il senso di quelle parole.

Analizzando la matrice del pensiero di Voltaire, Rousseau, Montesquieu, Mably, Condorcet, D’Alembert, Elvezio, D’Holbach, l’Autore ne mostra la base schiettamente anticattolica. Anche qui risultano impressionanti le aderenze col presente di una apoteosi dell’uomo destinata ad esserne la distruzione, di un odio per la proprietà già all’epoca manifestato come un comunismo primordiale, di una visione patologica della famiglia per cui i figli sarebbero proprietà dello Stato (la moglie una figura decostruita e la donna in generale ridotta a poco più di una donna pubblica), di un infanticidio come metodo di selezione, di una democrazia diretta e dispotica, di una visione religiosa contraria ai dogmi divisivi e favorevole all’indifferentismo, non senza significativi assaggi del futuro tradimento del clero su ampia scala. Tutto era detto in modo aperto, e questo colpisce.

Mons. Gaume curiosamente inizia la sezione parlando delle sepolture solenni, o meglio delle apoteosi, di alcuni di questi pensatori: una sorta di canonizzazione civile, disgustosa e inquietante. Lasciamo al lettore la facoltà di iniziare secondo quest’ordine o se tenere in fondo l’approfondimento, dopo aver letto le aberrazioni dei personaggi in questione. Resta chiaro un punto: il paganesimo, il naturalismo e la Massoneria si diedero la mano nel passaggio cruciale che preparò il 1789 e le rivoluzioni successive.

I «filosofi» mezionati erano in buona parte massoni (quelli che non furono della setta ne ebbero comunque molte idee), e Mons. Gaume esclama: «Poi ci si stupisce dei regicidi commessi in nome di Bruto e degli orribili giuramenti pronunciati col pugnale in mano dagli affiliati delle società segrete!».

Se letto in modo isolato e senza uno sguardo più ampio, il lavoro del prelato francese potrebbe portare alla conclusione di una obbligatoria condanna del Rinascimento in quanto tale, senza una distinzione esatta tra i suoi aspetti positivi e quelli più critici, tendendo ad accentuare solo i secondi. Si tratta di un’impostazione molto diffusa nel contesto sociale in cui fu stampata l’opera. Trattandosi però di un testo che va oltre le finalità strettamente storiche, invitiamo il lettore a focalizzarsi sul suo senso profondo, volendo approfondire con altri libri (ad esempio il Volume VIII della Storia universale della Chiesa del card. Card. G. Hergenröther[5]) le questioni inerenti le vicende rinascimentali.

Col fine di illuminare il male nella sua interezza, concludendo l’opera, abbiamo allegato la parola di Leone XIII che, con l’Encilica Humanum Genus,ci offre una mirabile sintesi e un ricco compimento di quanto visto in precedenza, illustrando come sia supremo intendimento dei Liberi muratoridistruggere da capo a fondo tutto l’ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo, e pigliando fondamenti e nome dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta»; similmente «voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo».

Le Edizioni Radio Spada -di fronte a questa polifonica denuncia di ciò che ci ha portato al punto in cui siamo – hanno toccato e aggiornato il meno possibile: qualche espressione arcaica è stata riformulata in un italiano più accessibile. Si sono però aggiunte diverse note, in particolare al lavoro di Mons. de Ségur, per contestualizzare alcune affermazioni e inquadrarle, senza fraintendimenti, nella situazione attuale. Anche per questo invitiamo il lettore a guardare l’opera nel suo complesso, il mosaico nella sua grandezza, più che la singola tessera. Il cammino della rivoluzione va osservato da una certa distanza e con grande serenità.

Auspicando i migliori frutti da questo libro, non possiamo che concludere con le parole taglienti ma puntuali di Mons. Gaume:

«Allo stringere dei conti non vi sono che due religioni nel mondo: il cattolicismo e il paganesimo: il culto di Dio o il culto dell’uomo, schiavo e zimbello di Satana. Quando l’uomo si toglie all’impero della redenzione, cade inevitabilmente e proporzionalmente sotto l’impero del demonio. Quello che è vero per l’uomo, è anche vero per le società. Teniamo per certo, che se l’abbandono del cattolicismo potesse divenire completo, le nazioni moderne non adotterebbero né il protestantesimo, né il giudaismo, né l’islamismo, ma sì il paganesimo sotto l’una o l’altra forma. Quando la rivoluzione francese si staccò dal cristianesimo, verso qual religione piegò?».

>>> Qui indice e scheda: La rivoluzione guardata negli occhi <<<


[1] Mons. L. G. de Ségur, La Rivoluzione, Torino, 1861.

[2] Mons. J. J. Gaume, La rivoluzione, ricerche storiche sopra l’origine e la propagazione del male in Europa, (Vol. IV, Parte V); traduzione italiana di Gaetano Buttafuoco, Milano, 1857.

[3] Documenti e corrispondenza dell’Alta Vendita, relativi al periodo 1820 – 1846, finirono in mano a Papa Gregorio XVI: furono pubblicati con autorizzazione di Pio IX da Jacques Crétineau-Joly nel suo volume L’Église Romaine en face de la Révolution,con un Breve di approvazione papale (25 febbraio 1861) indirizzato all’autore; Pio IX tuttavia non permise di divulgare i nomi reali dei membri dell’Alta Vendita. Vedere il Breve in Mons. Henri Delassus, La conjuration antichrétienne, 1910, vol. 3, p. 1091.

[4] «Siamo mossi anche dall’esempio di Clemente XII e di Benedetto XIV di felice memoria, Nostri Predecessori: il primo, il 28 aprile 1738, con la Costituzione In eminenti, e il secondo, il 18 maggio 1751, con la Costituzione Providas, condannarono e proibirono le società dei Liberi Muratori, ossia dei Francs Maçons, o chiamate con qualunque altro nome, secondo la varietà delle regioni e degli idiomi; si deve ritenere che di tali società sia forse una propaggine, o certo un’imitazione, questa società dei Carbonari».

[5] L’Hergenröther, ad esempio, presentando Papa Niccolò V lo definisce «come dotto e amico delle scienze, di vita integerrimo, eloquente ed esperto nel maneggio degli affari; diceva essere suo supremo intento ampliare l’onore e la gloria di Dio e promuovere la salute degli uomini. Egli è il primo che salisse la cattedra pontificia fra i seguaci del nuovo indirizzo nelle lettere e nelle arti, chiamato poi col nome di rinascimento. Uomo di squisita educazione e di raro ingegno, pose il credito e i sussidi della dignità pontificia al servigio delle scienze e delle arti, per glorificare con ambedue la Chiesa».

Sui benefici e rischi del periodo annotava: «Quasi tutti i primi grandi umanisti furono fedelmente devoti alla Chiesa ed ai suoi dogmi, e grati verso i Papi ed i vescovi della protezione a sé accordata. E in verità si poteva, mercé il concorso della cultura umanistica coll’antica scolastica, ottenere grandi progressi nella scienza ecclesiastica, riparare non pochi difetti e giovarsi, più copiosamente che per l’addietro, dell’antichità per il trionfo della verità della religione, il che pure si intendeva dai migliori umanisti; e in effetto per molte parti fu conseguito. Ma gli umanisti, soprattutto molti laici, esageravano l’importanza degli studi classici, trascuravano le leggi rigorose della logica e del metodo, in cui l’antica scolastica si segnalava, e questa svillaneggiavano per ogni maniera, massime a cagione dei suoi barbarismi, imitavano servilmente gli antichi e sempre più ritraevano nelle massime e nella vita lo spirito pagano. Si cullavano nelle oscenità di un Ovidio, spesso anche le superavano nei loro scritti; e fondarono con ciò una letteratura al tutto immorale. Il linguaggio minacciava di voler perdere ogni sua impronta di cristiano e la mitologia ripigliare l’antico dominio. I dogmi cristiani erano travisati, persino derisi; e già lo scetticismo, l’epicureismo e l’incredulità si traforavano. Molti umanisti avevano in maggior conto Platone che gli Apostoli; e i nuovi peripatetici non si guardavano nemmeno da errori e dalla mania del dubbio. Pietro Pomponazio, professore a Padova e a Bologna, morto nel 1526, dichiarava aperto che come verità filosofiche l’immortalità dell’anima e la Provvidenza erano più che dubbie, ma come verità teologiche essere credibili: il che fu condannato nel quinto concilio di Laterano (sessione ottava). Già i predicatori costumavano di valersi in pulpito dell’autorità dei classici, anziché della Scrittura e dei Padri; già l’educazione della gioventù era guasta dal veleno dello spirito sfrenato e lascivo di umanisti frivoli e vanitosi; la morale ricondotta ai principii pagani, di Platone, Aristotile, Cicerone e Seneca; la politica disgiunta al tutto dalla morale e trasformata in un’arte empia di egoismo e d’interesse, come fece con quel suo stile abbagliante lo storico fiorentino Niccolò Machiavelli (+1530)».

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2 commenti

  • Virginio ha detto:

    Sono pienamente d’accordo: “ritorno di paganesimo” o “paganesimo di ritorno”. Negli avvertimenti dei pontefici a questo argomento, oltre alla qualità del vero, troviano anche quelle dell’esattezza, della precisione e dell’appropriatezza. Non si può trovare una parola più giusta di paganesimo, per qualificare gli aspetti e la sostanza della modernità e delle sue devastazioni. Mi dispiace troppo e con un senso di disappunto, che se ne parli troppo poco, che non si indaghi abbastanza per una indagine più approfondita e permanente. Mi fa piacere invece che ci sia stata questa iniziativa di Radio Spada, preziosa anche per la sua rarità.

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Libro da leggere e rileggere, almeno per coloro che non considerano i testi del Concilio l’alfa e l’omega delle letture