Gian Pietro Caliari. Mane Nobiscum, Domine. I Depressi di Emmaus…Si Fa Sera….

13 Luglio 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, mi sembra opportuno portare alla vostra attenzione questa riflessione che il prof. Gian Pietro Caliari ha fatto nei giorni scorsi. Buona lettura e meditazione.

§§§

Incontro in preparazione all’esperienza estiva di Creta

Lunedì 11 Luglio 2022 – San Benedetto da Norcia

 

Luca 24, 13-35 – I viandanti di Emmaus

 

Mane nobiscum, Domine, quia advesperascit!

         Cari amici, socii et comites!

         Abbiamo ascoltato un celebre e conosciuto – credo – brano del Vangelo di San Luca, che è ben noto sotto il titolo: “I discepoli di Emmaus”.

         Un episodio evangelico così conosciuto e popolare, che è stato mille volte raffigurato nella Storia dell’Arte: da Duccio di Boninsegna a Tiziano Vecellio, da Paolo il Veronese a Diego Velaxquez, da Carvaggio a Rembrandt, da Salomon de Bray fino al Guercino.

         Tutte celeberrime raffigurazioni di questo episodio del Vangelo di Luca dal titolo, appunto, “I discepoli di Emmaus”!

         In realtà, mai titolo fu più sbagliato e fuorviante!

         Un titolo più adeguato per questo brano del santo Vangelo dovrebbe essere, invece, “i depressi di Emmaus”, “gli increduli di Emmaus”; o “i ciechi di Emmaus”; o, persino, “i folli di Emmaus”!

         Altroché, il politicamente corretto: “i discepoli di Emmaus”!

         Doveva, certamente, pensarla così anche l’incommensurabile Sant’Agostino che, in una predica di un lunedì di Pasqua, ricordava un’altra celebra scena narrata dall’Evangelista Luca durante la crocifissione e l’agonia di Gesù in croce, proprio per commentare il brano de “I discepoli di Emmaus”.

         A destra e a sinistra di Gesù – ricorda Agostino – furono crocefissi due κακούργων, – dice il testo greco – cioè due autori di crimini, che poi la pietà cristiana ha semplicemente chiamato: i due ladroni.

         Ebbene, uno di questi imprecava contro il Cristo, mentre il secondo invocava sommessamente: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno!”.

          A questa umile supplica che è insieme una potente confessione di fede, Gesù rispose con queste consolanti parole: “In verità ti dico: Oggi sarai con me in Paradiso” (cfr. Luca 23, 42-43).

            Proprio riferendosi a questo ladrone e ai discepoli di Emmaus, in quel lunedì di Pasqua, Agostino gridò a squarciagola nella Cattedrale di Ippona, durante il suo sermone:

         “Vieni, o ladrone, e dà una lezione ai discepoli!

         Perché perdere la speranza anche se lo avete visto crocifisso, anche se al vostro sguardo s’è presentato sospeso al patibolo, per cui vi siete fatti l’idea che fosse un impotente?

         Anche il ladrone che pendeva con lui dalla croce lo vide così, ma, pur essendo partecipe del medesimo supplizio, lo riconobbe e senza esitazioni credette in lui.

         Voi invece avete dimenticato che egli è l’autore della vita.

         Grida dunque dalla croce, o ladrone, e tu, che sei un assassino, convinci i discepoli!(Sermo 236/A, 4. 12-14).

 

         E già “i discepoli di Emmaus” e “il ladrone”: quale contrasto!

         L’evangelista Luca in questo brano, tuttavia, oltre a narrare l’evento storico di un’apparizione pasquale del Signore Risorto, sembra quasi delineare un evento paradigmatico della futura storia della comunità dei credenti in Cristo e – io credo – anche della società umana, più in generale.

         L’Antico e il Nuovo Testamento, diceva infatti santAmbrogio, la Parola di Dio è ètheopneustos non solo perché è “ispirata da Dio”, ma anche perché è “spirante Dio”, perché Dio parla e soffia nella sua Parola (cfr. Ambrogio, De Spiritu Sancto, III, 112).

         Vale a dire, che in ogni tempo e in ogni luogo, quando leggiamo e quando ascoltiamo la Parola di Dio: Dio spira, Dio soffia e Dio parla a noi e alla nostra concreta situazione.

         Sì, adesso, Dio spira, ora Dio soffia, ora Dio parla anche a noi in questo testo del Vangelo di Luca!

         Ma affinché la Parola di Dio ci parli e c’illumini, dobbiamo percuoterla con il ferro della Fede e della Ragione.

         Infatti come scrive San Gregorio Magno: A che cosa si può paragonare la parola della Sacra Scrittura se non a una pietra focaia, in cui cioè è nascosto il fuoco?

         Essa è fredda se si tiene solo in mano, ma percossa dal ferro, sprigiona scintille ed emette fuoco” (Gregorio Magno,  Omelie su Ezechiele, II, 10,1).

         Vediamo, allora, più da vicino il testo dell’Evangelista Luca.

         Proviamo allora, come direbbe San Gregorio Magno, a percuotere col ferro della Fede e della Ragione questo testo che abbiamo ascoltato.

         Innanzi tutto, la collocazione temporale. Scrive Luca che siamo ἐν αὐτῇ τῇ ἡμέρᾳ (in quello stesso giorno). E che giorno è?

         Si tratta del primo giorno dopo il sabato, quando di buon mattino tre donne – Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo – si recano al sepolcro di Gesù, lo trovano vuoto e assistono a una scena che le lascia impaurite.

         Due uomini in abiti splendenti dicono loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!

         Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno” (Luca 24, 5-7).

         È lo stesso giorno, poi, in cui anche Pietro corre al sepolcro, vede solo le bende, e torna a casa pieno di stupore per l’accaduto (cfr. Luca 24, 12).

         Ebbene, se le donne sono spaventate e Pietro è pieno di stupore per l’accaduto, com’è l’umore dei due viandanti di Emmaus?

         Luca scrive che i due viandanti sono σκυθρωποί – tristi dice il testo italiano che abbiamo ascoltato – ma in realtà σκυθρωπός  in greco antico significa: accigliato, cupo, imbronciato, ingrugnato, ingrugnito, offuscato, torvo.

 

         Diciamo, dunque, assai più del semplice triste!

         E perché mai sono di così cattivo umore questi due benedetti viandanti?

         Luca lascia a loro la spiegazione e dicono: ἡμεῖς δὲ ἠλπίζομεν ὅτι αὐτός ἐστιν ὁ μέλλων λυτροῦσθαι τὸν Ἰσραήλ: noi speravamo che lui è colui che aveva intenzione di pagare il riscatto per Israele!

         Il verbo λυτρόω, infatti, indica il liberare qualcuno pagando un riscatto.

         Speravamo, dicono i due viandanti, ma evidentemente ci siamo sbagliati.

         Ecco, perché quei due viandanti sono σκυθρωποί: accigliati, cupi, imbronciati, ingrugnati, ingrugniti, offuscati, torvi.

         Pessima giornata per loro quel mattino del primo giorno dopo il sabato!

         Sì, i due viandanti di Emmaus, infatti come scrive Luca, erano δύο ἐξ αὐτῶν: due di quelli stessi che per tre anni avevano seguito Gesù dalla Galilea fino a Gerusalemme.

         Ne avevano ascoltato le parabole e i discorsi; avevano assistito a prodigi e miracoli; avevano camminato e pregato con Gesù; forse da lontano, avevano anche assistito alla sua Passione e alla sua morte in Croce; sicuramente avevano anche già avuto notizia della prodigiosa resurrezione di Gesù.

         Dicono, infatti, allo sconosciuto viandante che gli si avvicina: “ Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto” (Luca 24, 23-24).

         Eppure erano σκυθρωποί: accigliati, cupi, imbronciati, ingrugnati, ingrugniti, offuscati, torvi!

         Perché?

         Perché avevano capito tutto, parola per parola, sillaba per sillaba, di quello che Gesù aveva annunciato per tre anni; avevano capito tutto, ma non avevano compreso nulla!

         Sì, anche noi, forse, siamo come quei viandanti – andando al catechismo, alla messa, all’oratorio o anche al grest – abbiamo capito tutto, ma spesso non abbiamo compreso nulla!

         Sì, dobbiamo ammetterlo realisticamente, in questi ultimi decenni, tanti cattolici, preti e laici – forse, a differenza delle generazioni passate, non lo so! – hanno capito tutto in chiesa, in seminario, al catechismo e all’oratorio, ma non hanno compreso nulla e nulla di Cristo!

         E, allora, come i due viandanti di Emmaus sono σκυθρωποί: accigliati, cupi, imbronciati, ingrugnati, ingrugniti, offuscati, torvi.

         L’evangelista Luca – che è un medico e pertanto ben conosce l’animo umano – annota con scrupolo il motivo di tanto cattivo umore di quei due viandanti.

         Scrive nel suo elegante greco: καὶ αὐτοὶ ὡμίλουν πρὸς ἀλλήλους περὶ πάντων τῶν συμβεβηκότων τούτων; che tradotto letteralmente significa: “e gli stessi dibattevano l’un contro l’altro circa tutte le cose accadute” (Luca 24, 14).

         Al loro pessimo umore e allo stato più che catastrofico della loro fede in Gesù, i nostri due viandanti non trovano miglior rimedio che “camminare dibattendo l’un contro l’altro”.

         Con quale risultato?

         Con il risultato che quando Gesù si fa loro vicino i due viandanti di Emmaus sono colpiti da una sindrome di origine nervosa,  che  l’Evangelista Luca con acuta osservazione medica,  così descrive: οἱ δὲ ὀφθαλμοὶ αὐτῶν ἐκρατοῦντο τοῦ μὴ ἐπιγνῶναι αὐτόν.

         “Ma gli occhi di loro si erano chiusi dal riconoscere lui” (Luca 24, 16).

         I due viandanti di Emmaus sono colpiti – da quello che la medicina chiama – blefarospasmo: una  distonia focale che provoca la chiusura di entrambe le palpebre.

         Una sindrome – dice la medicina – che può essere causata dall’improvvisa apparizione di una luce intesa o da stress nervoso, o da entrambe le cose insieme.

         Veramente, pessima giornata per quei due viandanti di Emmaus!

         Il loro parlarsi l’un contro l’altro, il loro dibattere l’un contro l’altro, il loro dialogare – come è di moda dire oggi! – il loro discutere mentre percorrono i 28 kilometri, che separano Gerusalemme dalla cittadina di Nicópolis-Emmaus (cfr. Eusebio di Cesarea, Onomasticon 90, 15-17),  il loro essere “sinodali” – come si ama oggi dire con gergo curiale – non solo non ha affatto migliorato il loro umore; ma all’apparire del Risorto sono stati colpiti da blefarospasmi.

         Il viaggio e la giornata per quei due viandanti non è ancora finita; e il peggio deve ancora arrivare.

         È Gesù stesso questa volta che offre di quei due viandanti la migliore analisi psichiatrica e medica.

         Le sue prime parole a quei due discepoli che neppure lo riconoscono, perché colpiti da improvviso blafarospasma, sono infatti:

         “Ὦ ἀνόητοι καὶ βραδεῖς τῇ καρδίᾳ” – che il testo italiano purtroppo traduce banalmente  in “stolti e tardi di cuore” – ma che in realtà dovrebbe essere tradotto più correttamente così: “o folli e freddi al cuore” (Luca 24, 25).

         La diagnosi medica e psicologica, che l’Evangelista, con tanta precisione, ci offre di quei due viandanti è ora completa.

         Sono σκυθρωποί, in uno stato di totale depressione, che la psicologia definisce come la presenza di umore triste, vuoto o irritabile, accompagnato da modificazioni fisiche, fisiologiche e cognitive, che incidono in modo significativo sulla capacità di funzionamento dellindividuo.

         Infatti, sono colpiti anche da blafarospasmi.

         Ma non è finita sono anche ἀνόητοι, sono dei folli.

         E come definisce la medicina la follia? La follia è uno stato di alienazione mentale determinato dall’abbandono di ogni criterio di giudizio.

         Infine, per non farsi mancare nulla, i due viandanti sono anche βραδεῖς τῇ καρδίᾳ, freddi al cuore: soffrono cioè di bradicardia, diremmo oggi.

         E cos’è la bradicardia? La bradicardia è la presenza di un battito cardiaco lento o irregolare, in genere al di sotto delle 60 pulsazioni al minuto.

         A queste frequenze, il cuore non è in grado di pompare una quantità sufficiente di sangue ossigenato in circolo, durante lo svolgimento di normali attività o di uno sforzo fisico.

         E quei due viandanti, lo sappiamo, stavano compiendo uno sforzo fisico: un viaggio a piedi di 28 kilometri da Gerusalemme a Nicòpolis-Emmaus.

         Sì, cari amici, i due viandanti di Emmaus sono il perfetto paradigma, l’esempio compiuto della Chiesa e della Società in cui noi oggi viviamo.

         La loro cartella clinica è la perfetta anamnesi psicologica e medica dei cristiani e degli europei fra i quali anche noi oggi viviamo.

         Come i viandanti di Emmaus, la Chiesa e la Società odierna appaiono σκυθρωποί: accigliati, cupi, imbronciati, ingrugnati, ingrugniti, offuscati, torvi.

         Come i viandanti di Emmaus, poi, c’illudiamo che il parlarsi “l’un contro l’altro”, il dialogare solo tra noi, in un solipsismo che esclude dal dibattito Dio e la Verità, ci faccia superare la nostra profonda depressione.

         Come i viandanti di Emmaus ancora, sembra che gli occhi della Chiesa e dell’Europa siano colpiti da blafarospasmi che impediscono di riconoscere il volto di Dio, del Dio dei Viventi, e la Verità, che “in interiore homine habitat”, quella sola Verità che abita il profondo dell’essere umano.

         Come i viandanti di Emmaus, i cristiani e gli europei di oggi sono degli ἀνόητοι, dei folli, soffrono cioè di uno stato di alienazione mentale determinato dall’abbandono di ogni criterio di giudizio.

         Come i viandanti di Emmaus, infine, anche la Chiesa e la Società di oggi sono βραδεῖς τῇ καρδίᾳ, freddi al cuore, afflitti da una bradicardia che li immobilizza in ogni loro sforzo vitale.

         A riprova di quanto questa diagnosi sia esatta, vi ho offerto nel corso dei nostri incontri anche quest’anno numerosi esempi e motivi di riflessione.

         Vorrei, oggi invece, chiedermi e chiedervi perché sembriamo vivere in un tempo che potremmo definire come radicalmente e drammaticamente colpito dalla “sindrome dei viandanti di Emmaus”?

         Vorrei semplicemente offrire solo tre possibili risposte.

         Noi cristiani ci siamo innanzi tutto vergognati del Mistero della Croce.

         Quel mistero così cruento e incomprensibile ci ha messo nello stesso umore dei viandanti di Emmaus.

         Perché il Dio della Misericordia, della Bontà e che sempre perdona – come si ama dire oggi – ha avuto bisogno che il suo stesso Figlio bevesse fino all’ultima goccia il calice della malvagità umana?

         Perché Dio, Onnipotente e Onnisciente, ha permesso che il suo Figlio unigenito e della sua stessa sostanza – Dio da Dio, Luce da Luce, Dio Vero da Dio Vero – fosse abbandonato in balia della follia umana, al potere delle tenebre e alla negazione della Verità?

         In Gesù crocefisso, in realtà, risplende l’estrema radicalizzazione dell’amore incondizionato di Dio per l’umanità.

         In Gesù umiliato e crocefisso, Dio stesso assume su se stesso tutti i “no” pronunciati dall’umanità – in ogni tempo e in ogni luogo – attirandoli così dentro il suo “sì” (cfr. 2 Corinti 1, 19).

         Là dove abbondava il peccato, là dove abbondava la ribellione dell’uomo a Dio, la dove ancora abbonda il “no” della Storia al progetto salvifico di Dio; in Gesù crocefisso è sovrabbondata la grazia incondizionata dell’amore.

         In Gesù umiliato e crocefisso è stata siglata la riconciliazione dell’uomo con Dio e con se stesso e un nuovo patto di Alleanza fra cielo e terra.

         In Gesù umiliato e crocefisso è stato pronunciato – una volta e per tutte – il “sì” di Dio sull’immensa e sconfinata voragine di “no”, che l’uomo ha pronunciato e pronuncia contro Dio e contro la Verità.

         Dio non ha potuto e non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della Storia, non può trattarlo come cosa irrilevante e insignificante.

         L’ingiustizia, il male, come realtà, non può essere semplicemente ignorato, nascosto, lasciato stare o sopportato.

         Il male deve essere vinto!

         Questa è la vera Misericordia di Dio per noi!

         E sulla Croce, Gesù ha pagato quel prezzo del riscatto, che i due viandanti di Emmaus, credevano invece ancora in sospeso.

         ἡμεῖς δὲ ἠλπίζομεν ὅτι αὐτός ἐστιν ὁ μέλλων λυτροῦσθαι τὸν Ἰσραήλ: noi speravamo che lui è colui che aveva intenzione di pagare il riscatto per Israele!

         No! Cari viandanti direbbe loro il buon ladrone, quel prezzo è stato abbondantemente pagato. Per questo io, il ladrone, l’assassino sono già nel suo Regno!

         Questa è la vera buona notizia del Vangelo!

         Non esiste, infatti, contraddizione tra il lieto messaggio di Gesù e la sua accettazione della Croce quale morte per molti; al contrario, solo nell’accettazione e trasformazione della morte, il lieto messaggio raggiunge tutta la sua profondità.

         Un’ampiezza, una lunghezza, un’altezza e una profondità dell’amore di Dio per noi in Cristo, che supera ogni umana conoscenza (cfr. Efesini 3, 19).

         Sì, l’immensa malvagità dell’uomo e il suo radicale “no” al progetto di Dio, hanno meritato un così grande Redentore che dalla Croce ha gridato il “sì” di Dio all’uomo e alla Storia.

         Quel “sì” di Dio, pronunciato nel crudele supplizio della Croce, ieri, oggi e sempre si rende eterno e si fa a noi presente ogni volta, che in ogni luogo e in ogni tempo,  su di ogni altare e in ogni nostra chiesa, è celebrato nel Sacramento dell’Eucarestia quello stesso sacrificio che manifesta l’amore di Dio per noi peccatori nella Morte e nella Resurrezione di Cristo.

         Il secondo motivo che spesso ci accumuna ai viandanti di Emmaus è che abbiamo dimenticato il vero senso di “quel mattino il primo giorno dopo il sabato”.

         In quel mattino non si è semplicemente verificato il rianimarsi di un cadavere come era accaduto nei tre miracoli che Gesù compi durante la sua predicazione: la resurrezione del figlio della vedova di Naim (cfr. Luca 7, 11-17); la resurrezione della figlia di Giairo (cfr. Marco 5, 22-24) e la resurrezione dell’amico Lazzaro (cfr. Giovanni 11, 1-44).

         Tutti e tre, infatti, tornarono alla loro vita per poi, più tardi, morire nuovamente.

         Nella Resurrezione di Gesù è avvenuto qualcosa di totalmente diverso.

         La Resurrezione di Gesù è stato l’inizio di un genere di vita totalmente nuovo, non più soggetto alla legge del vivere e del divenire.

         La Resurrezione di Gesù è un evento universale che inaugura una nuova dimensione dell’esistenza umana e rende Cristo la primizia di coloro che sono morti, perché come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo (cfr 1 Corinti 15, 20-22).

         La vita cristiana è proprio questo!

         L’obiettivo della vita cristiana è entrare in questa nuova dimensione che Cristo inaugura con la sua Resurrezione!

         L’obiettivo della vita cristiana non è salvare la “nuda vita”!

         L’obiettivo della vita cristiana non è salvare la pelle!

         L’obiettivo della vita cristiana è avere la vita, la vita eterna!

         E questo ambizioso obiettivo è possibile, perché Lui è risorto e perché Lui è sempre con noi!

         Infine, torniamo alla scena finale del racconto, dei discepoli o meglio dei viandanti di Emmaus.

         Scrive l’Evangelista Luca: “Gesù entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Luca 24, 29-32).

         Ecco, coloro che avevano iniziato il loro cammino in “quel giorno il primo dopo il sabato”, colpiti da blafarospasmi ora “si aprirono loro gli occhi”.

         Ecco coloro, che avevano iniziato il loro cammino “quel giorno il primo dopo il sabato” così folli da non riconoscere il vero ora “lo riconobbero”.

         Sì! Riconoscono Gesù e il Maestro! Adesso hanno non solo capito ma anche compreso!

         Ecco coloro che avevano iniziato il loro cammino  “quel giorno il primo dopo il sabato” βραδεῖς τῇ καρδίᾳ, freddi al cuore, afflitti da una bradicardia, ora possono esclamare: Οὐχὶ ἡ καρδία ἡμῶν καιομένη ἦν ⸂ἐν ἡμῖν: Non era il nostro cuore ardente dentro di noi?

         E perché quei βραδεῖς τῇ καρδίᾳ, freddi al cuore, ora hanno un cuore ardente dentro di loro?

         L’Evangelista Luca è anche l’autore del quinto libro del Nuovo Testamento, gli Atti degli Apostoli, e all’inizio di questo testo per parlare delle apparizioni post-pasquali di Gesù e del fatto che “sedesse a tavola” con gli Apostoli utilizza un preciso termine greco: συναλιζόμενος che è il participio presente del verbo σῠνᾱλῐ́ζω, che tradotto letteralmente significa: “mangiando con loro del sale”.

         Il sale, lo sappiamo, preserva gli alimenti dalla corruzione, dunque preserva la vita.

         Il sale, lo sappiamo, da anche sapore, cioè senso.

         Ecco il vero colpo di scena di questo brano del Vangelo di Luca e che ci fa anche capire l’invocazione che i due viandanti rivolgono al misterioso viandante che hanno forzato a fermarsi con loro:  “Mane nobiscum Domine quia advesperascit, et inclinata est iam dies!” “Rimani con noi, perché ormai è sera e il giorno è già declinato” (Luca 24, 29).

         Carissimi amici,

i viandanti di Emmaus ci insegnano che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI, Deus Caritas est, 1).

         Sì, solo incontrandosi – l’abbiamo capito capito in questi anni – si può diventare amici, socii et comites!

         Sì, solo incontrandolo Cristo stesso può diventare nostro amicus, socius et comes!

         Sì, Cristo nulla ha tolto a quesi viandanti di Emmaus: Gesù gli ha donato tutto!

         Perché Gesù non toglie nulla! Gesù dona tutto!

         Egli è sempre συναλιζόμενος, pronto a dare a noi il sale che preserva la vita e gli da sapore e senso.

         Ed è con questo sale che noi possiamo dare sapore e senso alla Vita e alla Storia.

         “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderа salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Matteo 5, 14), ci ripete oggi Gesù.

         Anche nell’oscurità e nella drammaticità degli scenari futuri, che presto sperimenteremo e che tanti drammi e sofferenze porteranno al nostro mondo, Gesù cammina con noi, non si stanca di spiegarci ancora le scritture partendo da Mosè e dai Profeti, e non sarà indifferente alla nostra supplica:  “Mane nobiscum Domine quia advesperascit, et inclinata est iam dies!” “Rimani con noi, perché ormai è sera e il giorno è già declinato” (Luca 24, 29).

         Lo sperimentò il grande San Benedetto da Norcia – che oggi festeggiamo – dinanzi allo sfacelo dell’Impero Romano decadente e decaduto come l’Europa di oggi – egli fu “un astro luminoso in un secolo buio” (San Gregorio Magno, Dialogorum, Liber II).

         Anch’Egli si chiese e chiese ai suoi monaci: “Quid dulcius nobis ab hac voce Domini invitantis nos?”, Che cosa c’è di più dolce  di questa voce del Signore che ci chiama? (Regula Sancti Benedicti, Prologus, 19).

         Cari amici,

mentre affidiamo con infinita fiducia a Maria Odigitria e Stella Maris, guida e porto sicuro del nostro cammino, la nuova esperienza comunitaria nell’isola di Creta, vorrei conservassimo nel cuore l’invocazione dei viandanti di Emmaus: “Mane nobiscum Domine quia advesperascit, et inclinata est iam dies!” “Rimani con noi, perché ormai è sera e il giorno è già declinato” (Luca 24, 29)

         E, insieme anche il monito di San Benedetto: “Guardate come nella sua misericordiosa bontà Cristo ci indica la via della vita!Armiamoci, dunque, di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, e incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno” (Regula Sancti Benedicti, Prologus, 20-21).

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12 commenti

  • Carlo ha detto:

    Mi ha molto colpito l’omelia, francamente non mi interessa la distanza tra Emmaus o Gerusalemme (28 o 11 Km) ma il concetto espresso siamo tutti (chi più chi meno) discepoli di Emmaus.

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Modestamente propongo di disgtinguere tra la speranza nella Vita Eterna e le magnifiche sorti e progressive dell’Italia (ex) cristiana, nonché della Chiesa in manifesta depressione… da primavera postconciliare.
    A furia di buone intenzioni, ottimismo e pensiero positivo la barca di Pietro ha l’acqua quasi oltre le murate.
    Per cui dedico questi versi di Eliot, con molti riferimenti scritturali in particolare all’episodio di Emmaus, a tutti gli ottimisti e cerchiobottisti postconciliari:

    Chi è il Terzo [Cristo a Emmaus] che ti cammina sempre accanto?
    Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme
    Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca
    C’è sempre un Altro che ti cammina accanto
    Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato
    Io non so se sia uomo o donna
    – Ma Chi è che ti sta sull’altro fianco?

    E voci che cantano da cisterne vuote e pozzi esauriti. [Cf. Ger: essi hanno abbandonato me,
    sorgente di acqua viva,
    per scavarsi cisterne, cisterne screpolate,
    che non tengono l’acqua.]

    Ecco la cappella vuota, casa solo del vento.
    Non ha finestre, e la porta sbatte,
    Aride ossa [le ossa di San Pietro in Vaticano] non possono far male a nessuno.
    Solo un gallo [il gallo del tradimento di Pietro] si ergeva sul colmo del tetto
    Chicchirichì chicchirichì
    Nel bagliore di un lampo

  • Mimma ha detto:

    @Acido Prussico
    Lei è impagabile!
    Mi piace la sua ironia garbata e intelligente, raramente corrosiva, a dispetto del suo nickname…
    L’abbraccio.

  • Mimma ha detto:

    @Cattolico
    Non ho capito.
    Il Dio degli Israeliti è l’opposto di Cristo??
    E io che da una vita credo sia suo Padre!

  • franco ha detto:

    Milano, 13.07.2022

    Buona sera, Dottor Tosatti, Signor Caliari, con il Suo permesso mi permetto di farLe notare che la distanza chilometrica da Lei indicata in 28 km. pari a 160 stadi +/- = “Ammaus” – Nicolpolis, non corrisponde alla distanza chilometrica di 60 stadi pari a km.11 +/- espressa nel Vangelo di San Luca 24,13, che lo stesso ci ha tramandato oltre al nome di Emmaus, con la perfetta corrispondenza fonetica in greco e in latino, anche la distanza per distinguerla da altri nomi simili.
    Più precisamente: Emmaus El Qubeibeh, O.F.M. Frati Francescani di Terra Santa.

    Santuario consacrato dal Cardinale Andrea Carlo Ferrari.

    Grazie

    Buon lavoro.

    Cordialmente
    F.D.E.

  • acido prussico ha detto:

    Francesco: “Se il mondo fosse governato dai giovani, non ci sarebbero tante guerre”.

    Santo Padre, quanti anni a Lei?

  • acido prussico ha detto:

    Caliari ci ha regalato un riepilogo di teologia cristiana del vivere umano. Forse un po’ “dotto” e un po’ prolisso… [ un inciso appropriato. Oggi nelle Messe viene letto del Vangelo la preghiera Gesú al Padre: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.”]

    Quanti e chi sono “viandanti di Emmaus” oggidì?

    – La stragrande maggior parte dei “bipedi” non è né “discepolo” né interessato a Cristo. Non ne gliene frega nulla. Corpi deambulanti con il cellulare protesi impiantato nella mano, corpi alla ricerca di cibo nouvelle cuisine perché la “tradizionale” ha stufato, corpi che finiscono nelle RSA e poi “desiderosi” di una cassa di legno perché la vita è “insopportabile”…

    – Solo il rimasuglio (percentuale ad una cifra) dei bipedi è un “viandante di Emmaus”. Si divide in tre categorie:

    1) I discepoli ”seduti”. Detti anche “teologi”. Seduti su cuscini di velluto rosso porpora impacchettano e assemblano citazioni della Bibbia (che non legge quasi nessuno).

    2) I discepoli “in piedi”. Detti anche “predicatori”. Dipendenti del Caramellificio, distribuiscono dall’ambone caramelle che fanno aumentare la glicemia.

    3) i discepoli “in ginocchio”. Sono gli “accigliati, cupi, imbronciati, ingrugnati, ingrugniti, offuscati, torvi” che in ginocchio pregano perché il Signore ci liberi dagli altri due tipi di “discepoli”.

  • Mimma ha detto:

    Non mi riconosco nella descrizione dei Cattolici che lei fa.
    Non sono fosca nè ingrugnita e mi sento felice quando sto alla presenza del Signore Vivo e Vero nel SS. Sacramenro.
    Ma, ha presente Elia sotto la ginestra che chiede a Dio di morire perché è rimasto solo, contro tutti profeti di Baal ?
    Nelle chiese sempre più vuote, ogni tanto sale il magone, ci si sente impotenti e incapaci.
    Tutto qui.
    Lo zelo per Casa del Signore si tramuta in dolore, mai in disperazione, poiché nutriamo la Speranza che Egli provvederà e la Certezza di Fede che Egli ha vinto il mondo.

    • cattolico ha detto:

      elia lo chiede a yhwh dio per gli israeliti che è l’esatto opposto del nostro che si è rivelato nella sindone

  • CAGI41 ha detto:

    ” Un episodio evangelico così conosciuto e popolare, che è stato mille volte raffigurato nella Storia dell’Arte: da Duccio di Boninsegna a Tiziano Vecellio, da Paolo il Veronese a Diego Velaxquez, da Caravaggio a Rembrandt, da Salomon de Bray fino al Guercino.”
    Questi artisti sono nati all’interno di una comunità cristiana e hanno vissuto la Fede! Gli artisti contemporanei sono senza Fede e le loro opere hanno quasi esclusivamente l’intento di ridicolizzare e screditare la Fede cristiana!
    Le opere degli artisti cristiani di un tempo rinforzavano la Fede dei contemporanei, mentre gli artisti dei nostri tempi lavorano per spegnere, nella società atea, eventuali rimasugli di Fede cristiana!
    Se qualcuno può farlo, mi aiuti, la prego, a farmi capire che mi sbaglio!

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Perché l’invocazione non resti uno sterile esercizio verbale – e memori della promessa: ««Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20) – bisognerebbe non dimenticare e dar seguito all’osservanza di quanto ci ha insegnato. Precondizione, non di facile realizzazione (ne sono pienamente e tremendamente consapevole) per aprire il cuore all’amore che solo può infervorarlo nel compiere azioni che non mirino a far colpo sugli uomini. Perché: «L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore». (1 Sam 16,7)