Osservatorio Van Thuan. Il Comunismo Trionfa in USA e Unione Europa.

3 Maggio 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, mi sembra interessante portare alla vostra attenzione questo articolo dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van THuan, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e meditazione.

§§§

 

La scorso 12 agosto, sulla Rivista “il Mulino” di Bologna è uscito un prezioso articolo, intitolato “Un nuovo statalismo climatico”, a firma di Paolo Gerbaudo, un sociologo esperto di comunicazione politica che dirige il Centro di Ricerca sulla Cultura Digitale al King’s College di Londra e si occupa di movimenti sociali, partiti, campagne elettorali e social media. L’interesse dipende dal fatto che l’autore, in modo molto trasparente, “svela” l’iniziativa di superare il modello di economia di mercato, nella direzione di un nuovo statalismo, definito, appunto «statalismo climatico»; al quale, dopo le recenti modifiche, sembra convergere anche la Costituzione italiana.

La tesi di fondo è che l’economia di mercato è finita: il cosiddetto neoliberismo di Reagan e della Thatcher non corrisponderebbe più alle esigenze del nuovo mondo, perché l’emergenza climatica, che è globale, richiede inevitabilmente risposte globali. La premessa, che viene presa per certa, è la teoria del «riscaldamento globale di origine antropica» (l’acronimo inglese è “AGW”: Anthropogenic Global Warming), insieme al più ampio concetto di «cambiamento climatico» che ne deriverebbe. Tali analisi sono al centro dell’attività dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), un’agenzia intergovernativa delle Nazioni Unite dedicata allo studio dell’impatto umano sul cambiamento del clima e sulle sue conseguenze.

Sulla teoria dell’AGW, mentre esiste un ampio consenso nella comunità politica internazionale non mancano invece critiche e riserve proprio all’interno della comunità scientifica: è significativo, per restare all’Italia, che nella famiglia Prodi l’AGW sia accettato dall’uomo politico Romano, mentre sia invece sconfessato dallo scienziato climatico suo fratello, il Prof. Franco, celebre studioso di fisica dell’atmosfera, meteorologia e climatologia, che rifiuta ogni allarmismo climatico affermando che le ipotesi dell’Onu sono «non del tutto disinteressate» e che «la scienza, oggi, non è in grado di dare indicazioni certe, perché la climatologia è una disciplina acerba», mettendo anche in guardia dal «rischio di mettere in pratica soluzioni non solo sbagliate, ma anche controproducenti».

Che la causa del riscaldamento globale degli ultimi decenni sia prevalentemente di origine antropica – anziché invece del tutto naturale, legata all’evoluzione dell’attività solare o a quella vulcanica, ad esempio – non è né dimostrabile né verificabile empiricamente, sia per la brevità del periodo in esame e l’elevata volatilità dei dati sia per l’estrema complessità dei fenomeni osservati. Fasi cicliche di riscaldamento del pianeta, tra l’altro, sono documentate dai paleoclimatologi ben prima della Rivoluzione industriale e dell’inizio delle emissioni di gas serra di origine umana: per limitarci agli ultimi duemila anni, anche se limitatamente al nostro emisfero, l’“Optimum Climatico Romano” (250 a.C.-400 d.C.) e il “Periodo Caldo Medievale” (950-1.250 d.C.), che furono tra l’altro particolarmente propizi per lo sviluppo della civiltà umana. Argomenti certamente insufficienti, considerati da soli, perché il riscaldamento globale coinvolge ora l’intero pianeta; ma considerando che le previsioni catastrofistiche dei decenni passati sull’evoluzione del clima e sui conseguenti impatti sul pianeta e sull’uomo si sono poi rivelate erronee, sarebbe auspicabile una maggiore prudenza nell’individuazione delle cause e nella conseguente definizione di “scenari” allarmistici, come invece fa l’Ipcc. Tanto che la teoria dell’AGW è ritenuta fallace da moltissimi scienziati autorevoli, tra cui, sempre per restare al nostro Paese, i celebri Antonino Zichichi e Carlo Rubbia.

In conclusione, si può certamente affermare che “lo dice la politica”, molto meno che “lo dice la scienza”. Non si può ridurre a negazionismo antiscientificoil dubitare della responsabilità esclusivamente prevalentemente umana dietro fenomeni così complessi: ne consegue che la pretesa di volere a tutti i costi (è il caso di dirlo) abbassare la temperatura del pianeta, come si fa col climatizzatore dell’ufficio, appaia oltre che prometeica e irrealistica, anche imprudente e probabilmente insensata. È ideologico, e non scientifico, considerare una teoria come se fosse una certezza dimostrata e verificabile empiricamente, e proporre scenari allarmistici per giustificare poi interventi di portata colossale, con gravi restrizioni alla libertà, ricadute inflazionistiche e costi astronomici, come riconosciuto anche da Bill Gates quando parla del cosiddetto green premium, l’extra-costo di 5mila miliardi di dollari annui per avviare la transizione ecologica verso un mondo “decarbonizzato”.

Presa per buona la premessa del cosiddetto “cambiamento climatico di origine antropica” – che è per definizione globale – e delle sue supposte conseguenze catastrofiche, è chiaro che anche la sovranità nazionale dovrebbe cedere il passo a una prospettiva di multilateralismo e di governance mondiale: a problemi globali soluzioni globali, insomma. L’unica via d’uscita per evitare la catastrofe planetaria sarebbe quindi l’evoluzione dei sistemi sociali, economici e politici verso un New Normal in cui gli Stati nazionali, le Banche centrali, la comunità internazionale, l’ONU, le grandi imprese corporate, i grandi media globalithink tank più importanti (come il World Economic Forum di Davos) collaborano tra loro, accentrando risorse, decisioni e stabilendo le direttrici di sviluppo e le metriche a cui i piccoli dovranno attenersi. Com’è noto, la “transizione ecologica” con la connessa pianificazione pubblica è uno dei punti centrali, anche se non il solo, dell’Agenda Onu 2030, del Build Back Betterdi Biden, del Green Deal europeo, dell’«iniziativa» del Great Reset. In altre parole, dopo decenni di misure legate a politiche di mercato che si sarebbero rilevate poco più che palliativi, ora il contrasto al cambiamento climatico richiederebbe una pianificazione a livello statale e sovranazionale: ciò spiega il consenso generalizzato per la teoria dell’AGW nella comunità politica e nei grandi gruppi economici e finanziari.

Per fugare ogni dubbio interpretativo, lascio la parola a quanto scrive Gerbaudo nell’articolo citato, commentando il Sixth Assessment Report dell’Ipcc dello scorso 9 agosto, dove si evidenzia che oramai siamo in ritardo nel frenare l’aumento della temperatura del pianeta rispetto agli obiettivi che erano stati presi, in particolare nell’accordo di Parigi sul clima del 2015. A tal proposito, Gerbaudo afferma che «la prospettiva è quella di un pianeta dove sarà assai più difficile vivere. E soprattutto dove sarà difficile vivere in pace, dato il modo in cui il cambiamento climatico rischia di generare ondate di rifugiati climatici e scatenare una competizione per le risorse. Le parole di António Guterres segretario generale dell’Onu – “questo rapporto è una campana a morto per carbone e combustibili fossili, prima che distruggano il nostro pianeta” – più dure di quelle dei suoi predecessori, riflettono un crescente consenso nel mainstream politico ed economico rispetto alla necessità di accelerare sulla transizione. […] In un tempo in cui il negazionismo sul clima è ormai marginalizzato alle lobby delle compagnie petrolifere e fanatici del mercato senza regole, c’è una forte massa critica che spinge per una transizione rapida. […] Ma non sarà certo il mercato, né un cambiamento degli stili di vita, a risolvere il problema epocale che abbiamo di fronte. Il cambiamento climatico è il classico problema per cui “non ci sono soluzioni di mercato»”. Di fatto si è perso molto tempo utile sperando invano in tali soluzioni. Basti pensare al sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (Emissions Trading System), considerato da molti come un fallimento, visti anche i prezzi risibili per comprare diritto a inquinare. […] La logica di mercato e il meccanismo del prezzo su cui esso poggia non sono efficaci per un bene pubblico come il garantire un ambiente vivibile. Dopo decenni di egemonia neoliberista e credo nel “mercato che si autoregola” nelle scelte di politica climatica si stanno affacciando forme di interventismo statale a lungo abbandonate. Solo uno Stato interventista può mettere in campo il coordinamento strategico ad ampia scala e mobilitare le risorse necessarie a vincere la sfida».

«Durante la pandemia, abbiamo assistito a una mobilitazione statale senza precedenti negli ultimi decenni: lockdown, grandi campagne di vaccinazione e grandi piani di stimolo e investimento hanno ribaltato l’immaginario politico su cui si reggeva il neoliberismo. Se alcuni fautori del libero mercato sperano che si tratti solo di una fase eccezionale prima del ritorno ai fasti degli anni Novanta e primi Duemila, è evidente che sono in corso cambiamenti strutturali nella sfera economica. Per diversi anni, se non decenni a venire, il mercato sarà di fatto sovrastato dall’ombra di grandi piani di investimento statale, come il Recovery Fund europeo e i programmi più ambiziosi lanciati dagli Stati Uniti. …] Nel nuovo liberalismo progressista di Biden […] il mercato non è più visto come uno spazio autonomo ma come l’oggetto di decisioni politiche volte a dettarne il comportamento».

A fonte della «enorme “esternalità negativa” prodotta dal capitalismo globale […] la strada è un ritorno a una vera pianificazione democratica, in cui lo Stato fissa obiettivi regolativi che poi deve essere il mercato a raggiungere, piuttosto che intervenendo direttamente nella produzione. Tra tutti i cambiamenti a cui stiamo assistendo nelle policy sul clima forse quello più significativo è il ritorno della pianificazione. Basti pensare agli obiettivi sanciti da diversi Stati, dalla Cina agli Stati Uniti, che puntano a dimezzare le emissioni di anidride carbonica entro la fine del decennio o ai piani di vietare auto a diesel e benzina. Il governo britannico ha stabilito che dal 2030 si potranno immatricolare solo auto a motore elettrico, mentre Joe Biden ha fissato un più modesto 50% a fine decennio. Per l’Unione europea l’obiettivo è di fermare la produzione di auto non elettriche entro il 2035. Assistiamo dunque a un ritorno della pianificazione [… che] fa il paio con un ritorno prepotente della politica industriale».

«Diversi politici nei Paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti sembrano aver cominciato ad accettare che solo un ritorno a un forte interventismo statale può sostenere lo sforzo colossale e garantire la celerità necessaria a evitare gli scenari più cupi tracciati dal rapporto Ipcc. Ma senza dubbio ci saranno enormi resistenze […: occorrerà] coinvolgere direttamente la popolazione nelle decisioni sul futuro; affinché la pianificazione climatica sia vista non come una scelta tecnocratica, ma come frutto di decisioni democratiche e legittime. […] A giudicare dalle reazioni alle forme di direzione e controllo statale durante la pandemia con il proliferare di movimenti no-mask e no-vax il ritorno della pianificazione statale verrà visto da settori della popolazione come un’imposizione inaccettabile. Ma un’altra strada non c’è. Le soluzioni di mercato puro, come il mercato delle emissioni hanno fallito e il cambiamento individuale negli stili di vita non è sufficiente. Per essere all’altezza della sfida che abbiamo di fronte occorre uno Stato pianificatore democratico che sappia approfittare dell’emergenza climatica anche come occasione per affrontare il problema ormai enorme della diseguaglianza sociale».

Più chiaro di così…occorre essere grati a Gerbaudo per avere descritto senza reticenze il progetto di transizione verso il “liberalismo progressista” soggiacente all’Agenda ONU 2030 e all’iniziativa del Great Reset, che molti bollano ancora come una delle tante conspiration theories, ovvero “teorie del complotto”. Nella prospettiva “anti-sussidiaria” e dirigistica chiaramente evocata dall’autore, il tempo della libertà economica, dei privati, delle piccole e medie imprese è definitivamente tramontato, e le crisi sanitarie, climatiche ed energetiche sono viste come delle grandi opportunità, dei catalizzatori propizi al salto di paradigma dall’economia libera all’economia pianificata, dallo shareholder capitalism – per dirla con Klaus Schwableader del WEFdi Davos – allo stakeholder capitalism del XXI° secolo.

L’articolo di Gerbaudo è precedente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: al momento non è ancora chiaro se la guerra in atto e la conseguente destabilizzazione degli equilibri geopolitici, economici e finanziari pre-conflitto freneranno il progetto o addirittura, come si ripropone la Commissione Europea nel piano REPowerEU, saranno l’occasione per ulteriori accelerazioni. A tal proposito, il vicepresidente della Commissione, Franz Timmermans, ha dichiarato: «buttiamoci nelle energie rinnovabili alla velocità della luce […]. La guerra di Putin in Ucraina dimostra l’urgenza di accelerare la nostra transizione energetica pulita».

Occorre precisare che il “capitalismo occidentale” è molto differente da come viene dipinto dalla narrazione prevalente, che lo definisce turbocapitalismo, capitalismo selvaggio o neoliberismo,e lo condanna come iniquo perché caratterizzato da un “eccesso” di libertà dei privati. I sistemi economici moderni, compreso quello statunitense, sono invece caratterizzati da livelli di spesa pubblica, pressione fiscale e contributiva molto elevati, rigide regolamentazioni di vario tipo, con spazi di libertà per i piccoli assai modesti e in progressiva contrazione; per di più, in particolare negli ultimi 10-15 anni, sono aumentate esponenzialmente le manipolazioni “politiche” del potere d’acquisto del denaro fiat ad opera delle Banche centrali, che hanno innescato forti dinamiche inflazionistiche, ai danni dei piccoli risparmiatori e dei titolari di redditi fissi. Il termine più corretto per qualificare il sistema “capitalistico” contemporaneo sarebbe quello di crony capitalism, capitalismo clientelare, con tendenza al “socialismo finanziario”. Ora si vorrebbe che tale modello – sicuramente fallimentare, ma per motivi opposti a quelli addotti dai critici di tale supposto neoliberismo – evolvesse, nel decennio in corso, verso quello che potremmo battezzare “socialismo liberale del XXI° secolo”. Con l’obiettivo di uno sviluppo inclusivoresiliente e, ovviamente, sostenibile: queste le parole d’ordine, con risorse e decisioni progressivamente accentrate in cabine di regìa sempre più alte. La cifra di tale neocorporativismo tinto di verde è un nuovo contratto sociale caratterizzato da un’alleanza ancora più stretta tra il potere pubblico e i grandi gruppi privati, giustificata da uno “stato di eccezione” permanente: siamo entrati nell’era delle Nuove Politiche Economiche, ovviamente “democratiche” e accompagnate da una “grande narrazione” per creare il consenso necessario per giustificare gli enormi costi, sia in termini di benessere economico sia di libertà, richiesti da tale cambiamento epocale. Sacrifici pesanti e immediati ma che sarebbero giustificati dall’assenza di alternative e, ça va sans dire, dalla certezza di un “futuro migliore”.

Occorre essere molto grati a Paolo Gerbaudo. Green is the new Red: comunque la si pensi sulla teoria del riscaldamento globale “di origine antropica”, il progetto dello statalismo climatico e della pianificazione democratica adesso è davvero chiaro a tutti. Avrà successo? No, per almeno due ordini di motivi.

Innanzitutto, il reale è complesso e in continua evoluzione: nessun pianificatore centrale, per quanto “illuminato”, può quindi illudersi di disporre di tutte le informazioni rilevanti per prendere dall’alto e dal centro decisioni efficienti, efficaci e in tempi congrui; i piani sono infatti decisi a tavolino, non necessariamente da persone competenti o disinteressate, sulla scorta di informazioni parziali, datate e poi implementati nel tempo, mentre la realtà si modifica incessantemente, spesso in modo improvviso e imprevedibile: basti pensare alla guerra in Ucraina e alle conseguenze ignote ma profonde che comporterà sugli equilibri mondiali, a tutti i livelli.

Inoltre, progetti che si basino su un’antropologia distorta, e quindi su una sociologia rovesciata, sono destinati al fallimento finale per motivi “ontologici”, perché contrari all’ordine naturale delle cose.

Non senza produrre seri danni strada facendo, certamente, anche per lunghi anni: ed è il motivo per cui non dobbiamo stancarci di smascherarli e denunciarli, contrapponendo una “narrazione” vera alla “grande narrazione” ideologica del pensiero unico oggi dominante.

Maurizio Milano

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11 commenti

  • Signor Brega ha detto:

    Che noia l’economia e, soprattutto, l’ideologia economicista – così diffusa negli stati clienti degli USA e, quindi, così diffusa anche qui in Italia – secondo la quale tutto è economia e tutto ruota intorno alle politiche economiche degli Stati.

    Devo ringraziare il grande Dario Fabbri che mi ha fatto capire che non bisogna prendere troppo sul serio, appunto, l’economia (gli economisti, invece, li disprezza proprio, da quel che ho capito).

    Meglio così, una preoccupazione in meno.

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    Già… in nefando concorso con nazismo… è il nazifasciocomunismo… il Male assoluto…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • FANTASMA DI FLAMBEAU ha detto:

    Le Compagnie commerciali nate dopo la scoperta del Nuovo Mondo furono il trionfo della “libertà d’impresa” (io nella categoria metterei a pieno titolo anche la compagnia dei pirati “con licenza”, i Padri Pellegrini del Capitale). Quando la loro posizione divenne insostenibile senza uno Stato alle spalle, furono da questo assorbite, armi, bagagli, eserciti, tassazione e territori. E fu l’Impero inglese.
    Di cui quello Usa poteva, fino al “complesso militar-industriale” di Eisenhower, essere considerato una sorta di ibridazione, con le corporation/compagnie dominanti ma non ancora prevaricanti. Dal crollo del Muro è nato un altro mondo nuovo, pianificato da Kissinger and co. ma forse con meno lungimiranza di quanto si credeva. Vedremo che sole sorgerà o tramonterà nei prossimi mesi.

    Nei corsi e ricorsi, e nella rincorsa a una complessità che non da oggi mostra la corda, l’assimilazione nel senso di omogeneizzazione (culturale, sociale e tecnologica: globalismo-gender-transumanesimo), la centralizzazione (NWO) e i pretesti allo scopo (crisi climatica, sanitaria, nemico agglutinante) erano nell’ordine delle cose.
    Il discrimine sta nel segno di questo nuovo Nuovo Ordine. Stavolta non sono i mercanti che si sono “statalizzati”. E’ lo Stato che si è “mercatizzato”. A cascata il resto della società e, in prospettiva (ingegneria genetica: reificazione ontologica), l’umanità intera. Nel progetto destinata a diluirsi, carne, cervello e geni, nella Tecnologia. Il controllo assoluto, algoritmizzato, che riduce a variabile ininfluente l’umano, è d’altronde l’unico modo in cui un tale sistema acromegalico può illudersi di mettere le tende sull’orlo del caos. Cyborg e Superumani.

    Volendo proprio trovare un precedente, quello più coerente è di qualche millennio avanti Cristo, una fissa in certi ambienti: l’Egitto dei faraoni. Con la sua stabilità sociale “ideale”, le caste minuziosamente definite, i vertici divinizzati, le pretese di sopravvivenza fisica a mezzo tecnica. Una piramide umana perfetta. Per chi sta lassù.
    Il parallelo con il social-comunismo novecentesco (la Cina sta a Marx come Draghi al Politburo) è al minimo fuori luogo; in quanto archetipo centralista-statalista per eccellenza potrà soddisfare le esigenze di semplificazione, o permettere la critica al sistema senza essere etichettati “anti”. Ma in un momento cruciale in cui ogni risorsa sul fronte Umanità vs Macchina è preziosa è quanto di più controproducente si possa fare.

    Chiedo scusa. Non ho tempo per qualche metafora meno esplicita.
    Quando si hanno pochissime cartucce, e si insiste a indicare il bersaglio sbagliato alzando cortine fumogene davanti a quello vero, le possibilità sono soltanto due.

    • FANTASMA DI FLAMBEAU ha detto:

      Rettifica (su gentile richiesta).
      Ho l’impressione che qualcuno abbia poco gradito “risorsa”. Lemma che insieme a “valori”, “genere”, “tolleranza”, “accoglienza”, “inclusione” e altri è stato riscritto in Neolingua; prudenza quindi e attenzione a testi e contesti per evitare di cedere le armi prima ancora di combattere. Idem per altri esempi di neo-linguistica e relativo-pensiero tipo “gestazione per altri”, “interruzione volontaria di gravidanza”, “aborto terapeutico”, “aborto a nascita parziale”, “aborto post-nascita”, “accompagnamento alla (dolce) fine” e sinonimi a crescere. Tutto vero e giustissimo.
      Personalmente, però, mi sarei anche stancato di stare sempre sulla difensiva e misurare le parole con squadra e righello arcobaleno. Forse anche sul vocabolario sarebbe ora di passare alla controffensiva. In senso accogliente e inclusivo, naturalmente.
      https://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow
      (Perla di saggezza di chi se ne intendeva: “l’epiteto -a volte- fa passare il sostantivo”.)

  • miserere mei ha detto:

    La miglior barzelletta dell’anno:

    https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/05/03/ucraina-blinken-stampa-libera-pilastro-di-ogni-democrazia_a3d5658b-d702-43eb-8857-a21fbf828220.html

    scritto dall’ANSA (associazione nazionale stampa addomesticata) e detto da Blinken!

  • Alberto Ramón Althaus ha detto:

    Mauricio Milán tiene razón en todo lo que dice y debemos reconocer que ha sido claro.
    Debemos agradecer a Marco Tosatti por este artículo lo mismo que a Mauricio Milán.
    Sin embargo, debemos aclarar que las políticas económicas antinaturales o contra natura como el socialismo o comunismo y este socialismo liberal no se implementan con el objetivo de que funcionen.
    Muy por el contrario los que la implementan saben las grandes limitaciones que padece todo intervencionismo.
    Sin embargo, son los países más pobres los que generan políticos más ricos y China se ha convertido en el modelo a seguir: políticos ricos, pocos empresarios ricos y poderosos y un pueblo empobrecido y sometido.
    No se busca un modelo para el desarrollo sino un modelo para el control de la población y el sometimiento de la misma por unos pocos.
    No se busca el bien de muchos o el bien común sino que se busca un bien privado, el de empresarios amigos y el de políticos ricos.
    Un nuevo imperialismo con sus césares o faraones, sus sacerdotes (propaganda y medios) y su pueblo esclavizado, el último imperio global, la última Bestia según Daniel, la Bestia del Mar según San Juan, el gobierno manifiesto del NOM que tendrá como representante al Anticristo.
    Que lo logren o no eso es lo de menos basta con que lo busquen. La masonería lo ha buscado desde hace más de doscientos años.
    La construcción del nuevo Templo, de la nueva Babel, el cumplimiento del mesianismo cabalista y, por el otro lado, los que no creen que Cristo vuelve pronto pero se dicen católicos.
    Tan pragmáticos unos como otros y tan ignorantes..

  • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

    L’IMMACOLATA MADRE SEMPRE VERGINE ASSUNTA E CORREDENTRICE AD AKITA, GIAPPONE:

    Messaggio del 13 ottobre 1973 (terza e ultima apparizione)

    “Mia cara figlia, ascolta bene ciò che ho da dirti. Ne informerai il tuo superiore”.

    Dopo un attimo di silenzio la Madonna continua dicendo:

    “Come ti ho detto, se gli uomini non si pentiranno e non miglioreranno se stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’umanità. Sarà un castigo più grande del Diluvio, tale come non se ne è mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e spazzerà via una grande parte dell’umanità, i buoni come i cattivi, senza risparmiare né preti né fedeli. I sopravvissuti si troveranno così afflitti che invidieranno i morti. Le sole armi che vi resteranno sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio. Recitate ogni giorno le preghiere del Rosario. Con il Rosario pregate per il Papa, i vescovi e i preti.

    L’opera del diavolo si insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli…chiese ed altari saccheggiati; la Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il Demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro.

    Con coraggio, parla al tuo superiore. Egli saprà come incoraggiare ognuna di voi a pregare e a realizzare il vostro compito di riparazione. E’ il vescovo Ito, che dirige la vostra comunità”.

    E dopo aver sorriso aggiunge:

    “Hai ancora qualcosa da chiedere? Oggi sarà l’ultima volta che io ti parlerò in viva voce. Da questo momento in poi obbedirai a colui che ti è stato inviato e al tuo superiore.

    Prega molto le preghiere del Rosario. Solo io posso ancora salvarvi dalle calamità che si approssimano. Coloro che avranno fiducia in me saranno salvati”.

    OLTRE CHE CAMBIO CLIMATICO E CURA DELLA SALUTE, APPUNTO PERCHÈ CHI È DIETRO DI TUTTO QUANTO OSSERVA L’ ARTICOLO È satana, PROPRIO S’ INVENTA AL CONTRARIO QUESTA “STRATEGIA” PERCHÈ È SEMPRE UNO SUO SCOPO: LA PERDIZIONE DELL’ ANIME.

  • daouda ha detto:

    Se uno studiasse economia comprenderebbe da sè che Reagan e la Thatcher hanno compiuto politiche socialiste.

    D’altronde l’attacco al comunismo è nella vernice dello statualismo , ossia del soverchiamento del collettivo sull’individuo, ma appena ci si girerà dall’altra parte, con il solito stilema del bene comune, il distributismo si appiopperà e proporrà come il medesimo problema che appena due secondi fa si è criticato.

    Ad ogni modo ribadiamo a tutti i capitalisti che andranno in brodo di giuggiole leggendo che qualcuno finalmente rompe le palle al clienteralismo cartellistico lobbista ed al socialismo statualizzante e fiscalista, che l’USURA E’ IL PECCATO PIU’ GRAVE.
    Altrimenti ci troviamo tanti piccoli Novak ad imperversare….

    • Davide Scarano ha detto:

      Per Daouda:
      mi scusi, in quale versione dei dieci comandamenti o in quale pagina del Vangelo ha scoperto che l’usura è il peccato più grave? Grazie.

      • maria ha detto:

        Nella Bibbia si parla di usura in
        – Levitico 25
        -Proverbi. 28
        – Ezechiele 18 e 22
        – Salmi 15
        Nel Vangelo c’è la parabola del servo malvagio che maltratta il compagno a cui aveva fatto un prestito e viene punito dal padrone che lo aveva condonato.

        • daouda ha detto:

          l’usura è il peccato più grave economicamente intendevo.

          Ad ogni modo diffidare sempre degli anti-comunisti. Di solito sono comunisti essi stessi,