Investigatore Biblico. La Traduzione di Efesini, una Scivolata verso Lutero.

22 Settembre 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’Investigatore Biblico ci segnala una nuova scoperta…e noi la offriamo alla vostra attenzione e riflessione. Buona lettura.

***

 

§§§

Oggi parliamo della Lettera agli Efesini. Quello che vado a illustrare è un palese errore con condimento protestante.
Andiamo al versetto:

CEI 1974: “Cercate ciò che è gradito al Signore” (Ef 5,10);
CEI 2008: “Cercate di capire ciò che è gradito al Signore” (Ef 5,10).

Ora vediamo il testo originale greco:

δοκιμάζοντες τί ἐστιν εὐάρεστον τῷ κυρίῳ”.
Il termine in questione è “δοκιμάζοντες “ – “dokimàzontes”.
Dokimàzontes” deriva da “dokimazo” che può significare: esaminare, verificare, scrutare, valutare, cercare, ecc.
Vocabolario greco: ‘dokimazo

Prima di scrivere la mia riflessione, prendete un minuto e confrontate nella vostra mente le due diverse espressioni: CERCARE vs. CERCARE DI CAPIRE.
Il primo, un verbo che indica una ricerca, un qualcosa di attivo; l’altro un flebile tentativo di comprensione. Ben diversi, non trovate?

Nella fattispecie una cosa è combattere per “cercare” ciò che piace a Dio, altra cosa è “cercare di capire” ciò che piace a Dio.
L’uno implica di conoscere con certezza cosa già sappiamo piaccia a Dio, l’altro è colmo di incertezza e relativismo.

I Traduttori 2008 nuovamente abbracciano ciò che ricorda a gran voce la dottrina luterana sulla salvezza: la vita eterna non dipende dallo sforzo dell’uomo che cerca e sceglie il Paradiso, ma esclusivamente dalla Grazia di Dio. Secondo Lutero le opere non contano, Dio ha già scelto chi si salva e chi no.
In tutto questo l’uomo resta solo spettatore.
Per carità, ognuno è libero di formulare la propria dottrina. Ma quella Cattolica non può essere riformulata, come storia insegna.

Per non parlare poi del tono che assume l’espressione “cercate di capire”.
A ma sembra quasi una sfottuta. Avete inteso bene.
Il figlio dice a mamma: “Mammà, nun agg’ capit’ che vvordì o maestro”.
Ed ella risponde: “Vabbuo’ Gennari’! Vedi nu poco e cerca di capire!”

Insomma, scherzi a parte, il versetto in questi termini è desolante, oltre che protestante. Uno potrebbe aspettare tutta la vita di “cercare di capire” cosa piaccia a Dio, e poi…

Tornando su un aspetto testuale, nel testo originale non c’è la presenza del verbo “capire”.
E’ un’aggiunta arbitraria!
Per questo non si può non leggere tra le righe una volontaria propaganda della dottrina della giustificazione.
Essa, infatti, afferma che l’essere umano non può ritenersi ‘giusto’ perché compie le proprie opere e azioni, ma che può esserlo solamente attraverso la grazia dell’azione salvifica di Gesù Cristo (solus Christus) e attraverso la fede (sola pistis, sola gratia).
Dottrina della giustificazione

Per Lutero l’uomo non deve fare nulla in particolare per salvarsi. Deve solo “credere”.
Per fare un ripassino (è sufficiente una lezione di storia del liceo), questa eresia fu condannata senza sfumature dal Concilio di Trento.
In rete è possibile rinfrescare ogni conoscenza in merito.

Lascia, quindi, perplessi, assistere a queste traduzioni da rifiutare categoricamente, promosse e servite in modo subdolo e strisciante. Traduzioni che, senza un’adeguata conoscenza, portano a compimento deviazioni dottrinali di una certa gravità.

Conoscendo, poi, San Paolo e la sua vita, risulta quasi ironico che invitasse i suoi a “cercare di capire”, con il naso alzato, aspettando che cadesse la pera dal cielo.

San Paolo afferma senza dubbio un “Cercate”, che presuppone una ricerca attiva di ciò che è gradito a Dio, con la mente e con le azioni.

Inoltre, l’espressione “cercate di capire” può anche avere un forte risvolto negativo di fondo: “si, fate pure lo sforzo, ma vi sarà impossibile”.

Se non avessi letto attentamente la Lettera agli Efesini, non me ne sarei mai accorto. Il che, se permettete, mi fa piuttosto infervorare.

Come vedete, cari lettori, il processo di “investigazione” sta portando a casi gravi come questo, dove viene inserito un termine che non esiste nel testo originale (capire), per promuovere una dottrina non cattolica.
Male, male, male, signori traduttori. E chi approva questi testi.

Vi ringrazio per le numerose segnalazioni che mi state inviando. Le sto valutando ad una ad una e presto preparerò altri articoli. Vi ringrazio del continuo sostegno.

Investigatore Biblico

§§§



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13 commenti

  • Gigi4 ha detto:

    Investigatore biblico e amici e nemici del blog sapete dirci qualcosa sul verbo aphiemen del Padre nostro. L’edizione critica dà come lezione migliore aphikamen. C’è differenza: come noi li rimettiamo vs. come noi li abbiamo rimessi.

    • Efestione ha detto:

      @Gigi4: L’edizione critica cui Lei fa riferimento è, immagino, la Nestle-Aland, che in Mt 6,12 privilegia effettivamente il perfetto ἀφήκαμεν e dà invece il presente άφἰεμεν in apparato. *** Tenga però presente che questa seconda lezione ha numerose attestazioni, anche in ottimi testimoni. Questo spiega, fra l’altro, perché la Vulgata traduce con “dimittimus” e non “dimisimus” e perché nel mondo di rito greco il Padre nostro sia recitato con il presente άφἰεμεν. *** Ciò detto, la forma al perfetto non manca di un suo fascino, oltre che essere attestata in testimoni di grande rilievo, perché chiama in causa un chiaro rapporto temporale: per chiedere il perdono a Dio bisogna prima avere perdonato i fratelli (il che, fra l’altro, richiama un passo proposto poco sopra dallo stesso evangelista, cioè Mt 5, 24).

  • Leo ha detto:

    Raga, ma a voi piace la lana di capra! Eddài!!!

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Per quel poco che sono in grado di capire mi permetto di dire la mia idiozia ( come sono stati definiti, potete immaginare con quanta gioia da parte mia, i miei commenti in una recente discussione in SC ) .
    Il versetto 5,10 della lettera agli Efesini non ha un senso dottrinale ( che invece hanno i capitoli e i versetti precedenti) ma ha un senso esortativo: verte più sul cosa fare che sul cosa credere. Cercate è un imperativo e cercare ha come fine il trovare. Il capire, anche se, come qualcuno sostiene, è una aggiunta arbitraria del traduttore, è comunque un complemento importante del cercare : in effetti io posso trovare senza capire e allora il trovare non mi serve a niente. Capire, cioè entrare in profondità nel senso e nel significato di ciò che si è trovato è ciò che rende utile l’aver trovato e lo rende un vero e proprio strumento di perfezionamento nel compimento della volontà di Dio.

  • Abate Busoni ha detto:

    L’aggiunta è arbitraria? Sì
    Modifica significativamente il senso del testo originale? Sì
    Ce n’era bisogno? No
    Quindi l’ultima domanda, alla quale ognuno può rispondere come crede: perchè dunque?

    • Enrico Nippo ha detto:

      Caro Abate Busoni,

      sto ancora aspettando che ci spieghi il significato di “compiere”. Si ricorda? A proposito di Cristo che “compie” la Legge, e che io, evidentemente da ignorante, ho accostato a “perfeziona”, provocando il su dissenso?

      Perfetto da perficere: completare, appunto compiere.

      Adesso attendo di nuovo.

      • Abate Busoni ha detto:

        Banalmente non sapevo mi avesse replicato, detto ciò le rispondo qui.

        Compiere: a) Portare a termine un’azione, un’opera, giungere al termine di un percorso, di uno spazio di tempo, ecc. b) Più comunem., mettere in esecuzione, condurre ad effetto. c) Riempire. La sua chiave di lettura, “perfezionare”, che non trova riscontro direttao ad esempio nella Treccani, mi appare forzata. Dichiaratamente orientata, non ne comprendo il motivo, è un mio limite probabilmente, a voler definire il presupposto di una Legge “imperfetta”.

        Mi scusi, ma perchè s’accusa d’ignoranza? Al contrario, lei gioca con le parole con grande maestria. Piuttosto colgo nelle sue repliche, non necessariamente al sottoscritto, una vena spesso vagamente polemica. Ma può essere una mia errata interpretazione del suo scritto o delle dinamiche di confronto all’interno di questo blog che ho scoperto, ahimè, così tardi.

  • Don Pietro Paolo ha detto:

    Concordo pienamente con lei, Enrico. A parte le conclusioni arbitrarie dello scivolone verso il luteranesimo che a me sembrano completamente errate, il verbo ” dokimazo” significa anche e soprattutto “esaminare” ” scrutare”, “scegliere”, per cui come traduzione, anche se non perfetta, sta meglio “cercate di capire” anziché solo “cercate”

  • Enrico Nippo ha detto:

    Per “cercare” ciò che è gradito al Signore, occorre “cercare di capire” ciò che è gradito al Signore.

    Pertanto, non necessariamente nella traduzione 2008 occorre vedere un subdolo tentativo di sviamento; al contrario può ravvisarvisi uno stimolo.

    Uno si mette in cerca di ciò che “ha capito” di dover cercare. Senno che cerca?

    E trattandosi di ciò che è gradito al Signore, è bene non dare per scontato di averlo “capito” per intero e una volta per tutte. E non servono citazioni di Sacre Scritture già ben conosciute.

    • Efestione ha detto:

      Corretto rilievo. *** Aggiungo che il primo significato del verbo δοκιμάζω è proprio “saggiare”, “esaminare”, “sperimentare” nel senso di “mettere alla prova” (p. es. saggiare gli amici, saggiare una pariglia di buoi, ecc.); cui segue, come la sfera semantica derivata, “approvare”, “giudicare degno”, “lodare”. *** Il principale sostantivo collegato al verbo, δοκιμασία, significa “prova”, “esame”, “rassegna”. L’aggettivo di riferimento è invece δόκιμος, vale a dire “provato”, “saggiato”, e in quanto tale “approvato”, “riconosciuto”, ecc., aggettivo che ci indirizza anche ai verbi δέκομαι (= δέχομαι) e δοκέω, rispettivamente “accogliere”, “raccogliere”, “accettare”, “approvare”, e “ritenere”, “stimare”, “pensare”, “giudicare”, ecc. Come si vede, insomma, l’area semantica di questo verbo pertiene in primo luogo alla sfera del giudizio e della valutazione, e di conseguenza a quella del riconoscimento, dell’approvazione, dell’adozione. Esattamente come dice, esercitando semplicemente la logica, il nostro Enrico Nippo (altro che matto!). *** Penso quindi che in questo caso il buon Investigatore biblico, che per restare in tema potremmo chiamare δοκιμαστής (“esaminatore”, “saggiatore”), veda nella versione 2008 una malizia che non c’è. E, come spessissimo accade, la Vulgata ci mette sulla buona strada, traducendo in latino “probare”, che rende perfettamente conto sia del primo significato del verbo greco, “saggiare”, sia del secondo, “approvare” (δοκιμάζοντες diventa così “probantes”). *** Adesso attendiamo l’accesso isterico con eruzione cutanea dei soliti noti, che invece di confrontarsi serenamente sui testi, manifesteranno la loro intolleranza congenita a chi cerca invece di farlo. Scrivo ciò per correttezza, come quando nelle etichette di certi prodotti si legge che contengono glutine…

    • Don Pietro Paolo ha detto:

      Concordo pienamente con lei, Enrico. A parte le conclusioni arbitrarie dello scivolone verso il luteranesimo che a me sembrano completamente errate, il verbo ” dokimazo” significa anche e soprattutto “esaminare” ” scrutare”, “scegliere”, per cui come traduzione, anche se non perfetta, sta meglio “cercate di capire” anziché solo “cercate”

  • Franco ha detto:

    Ti incoraggio a, persistere in questa… Investigazione. Gli “errori” sono tantissimi. Non parliamo della, forma, italiana involuta pesante con traduzioni di termini ridicoli (via con strada, frontali con fronte…).