Il Matto, e lo Spirito Cristiano (e samuraico…) di Ada Negri. Come Morire.

29 Giugno 2021 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, orami sapete che il Matto ama la poesia, la poesia di ispirazione religiosa e lo spirito del Bushido, la Via delle Armi giapponese. E da questi amori nascono riflessioni, e assonanze e scoperte che ci offre. Buona lettura. 

§§§

 

LO SPIRITO CRISTIANO-SAMURAICO DI ADA NEGRI

«Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
moribonde che vedo oggi nel sole
tremar dell’olmo sul più alto ramo.
Tremano, sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo per congiungersi alla terra.
S’accendono alla luce ultima cuori
pronti all’offerta; e l’angoscia, per esse,

ha la clemenza di una mite aurora.
Fa ch’io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza lamento,

penetrata di Te come del sole».

In questi luminosi versi di “Pensiero d’autunno” della poetessa milanese Ada Negri, le foglie dell’olmo prendono il posto del sakura, il fiore di ciliegio, fiore dei samurai e simbolo del Giappone (oltre al kiku, il crisantemo):

«Se qualcuno chiede

qual è l’anima di Yamato,

(il cuore del Giappone):

è un fiore di ciliegio

che profuma il sol levante».

Norinaga Motoori (1730-1801).

Si noti la delicatezza d’animo tipicamente nipponica: “un fiore di ciliegio che profuma il sol levante”, che informa di sé tutta l’arte giapponese. Di più, il creare con la facoltà immaginativa la scena, vedendo la luce e sentendo il profumo, può dare un conforto interiore, forse può addirittura costituire una caparra paradisiaca.

 

I petali del fiore di ciliegio subiscono in breve tempo la medesima sorte delle foglie dell’olmo: “il dolce distaccarsi dal ramo per congiungersi alla terra”. Si noti il “dolce” riferito al distacco, che richiama indubbiamente il mono no aware, ovvero il “pathos delle (e per) le cose”, un sentimento squisitamente nipponico, rivelatore dell’estrema sensibilità e gentilezza d’animo del popolo del Sol Levante nel temperare ed integrare malinconia e apprezzamento: la prima per l’esistenza effimera della vita, il  secondo per la bellezza, tanto più intensa e da gustare quanto più effimera.

Il mono no aware può essere anche tradotto con “l’ah delle cose”, lo specialissimo stupore di cui Henry Focillon scrive nel suo aureo Il genio giapponese:

«Qual è la prima regola che quei feroci guerrieri s’imposero? “Conoscere l’ah dellecose”, ossia la loro tristezza, la loro vita nascosta, la loro emozione latente, la dolcezza o il dolore che ciascuna di esse mescola all’armonia dell’universo.

 

Conoscere l’ah delle cose significa essere sensibili alla loro poesia segreta, ascoltarne la lezione d’umanità. Non bisogna vivere per sé stessi, bisogna vivere per gli altri, bisogna vivere per il tutto. Chi comprende l’ah delle cose accede allo spirito di sacrificio, alla carità, alla bontà.

La bontà, la simpatia, il valore dell’aiuto reciproco non erano forse già i tratti distintivi dell’ideale confuciano? Amare l’uomo, fargli sentire che è lui stesso il proprio fine, non nell’isolamento egoista di un cuore insocievole, ma per il maggior bene della comunità fraterna, questo era l’insegnamento dato dal filosofo del paese di Lu.

A questo rispetto dell’uomo il buddhismo sovrappose il rispetto della vita. Ovunque presente, questa è ovunque venerabile, anche nei suoi più infimi sussulti, anche nei solchi leggeri ch’essa incide nel cuore o sulla scorza delle materie umili. Essa è gradevole, deliziosa, infinitamente degna di essere amata negli esseri. Le piante, le bestie, hanno anch’esse qualcosa di commovente e di buono. Quelle che circondano o accompagnano la nostra esistenza familiare traggono dal calore umano un po’ della sua irradiazione; esse, in cambio, ci donano graziosamente un po’ di poesia. In loro palpita un’anima indiscernibile, la quale ha un proprio passato, e che un futuro reclama. Essa rinascerà, sotto molteplici forme, nelle diecimila vite. Sottile scambio di carezze morali tra l’uomo e i compagni muti della sua attività».

Testimonianza dello stato contemplativo dell’Autrice, tutta la poesia, incastonata nella Trascendenza Solare tramite il primo e l’ultimo verso, è un canto che riflette senza dubbio lo spirito del bushi (il guerriero, l’uomo nobile) di cui è emblematico il celebre motto:

«Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero».
(Hana wa sakura gi hito wa bushi).

Le foglie dell’olmo, come i petali del sakura, quindi come i samurai, “tremano ma non di pena”, ciò richiamando gli epici versi di Mishima:

«Non importa cadere.
Prima di tutto.
Prima di tutti.
È proprio del fior di ciliegio
cadere nobilmente
in una notte di tempesta»,

e quelli luminosi e commoventi dell’Alfiere Okabe Heiichi:

«Qual è il dovere di oggi? Combattere.
Qual è il dovere di domani? Vincere.
Qual è il dovere di sempre? Morire.
Come fiori di ciliegio in primavera

lasciateci cadere belli e radiosi»,

 cui corrispondono in Ada, nella similitudine simbolica primavera/aurora, i versi:

«S’accendono alla luce ultima cuori
pronti all’offerta; e l’agonia, per esse,
ha la clemenza d’una mite aurora».

Notiamo poi gli stoici e sereni versi finali da cui traspare con chiarezza l’abbandono alla Divina Provvidenza:

«Fa ch’io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza lamento,penetrata di Te come del sole»,

nei quali, a proposito del “senza lamento” c’è corrispondenza con quanto si trova in Yamamoto Tsunetomo, Hagakure (Nascosto tra le foglie), il codice di saggezza dei guerrieri nipponici:

«Il samurai deve sempre evitare di lamentarsi, anche nella vita quotidiana. Deve sempre stare attento a non lasciarsi mai sfuggire un’espressione di debolezza. Una sola parola detta inavvertitamente spesso rivela il valore di ch l’ha pronunciata».

“Una sola parola detta inavvertitamente”: quale impresa ascetica dietro questa brevissima frase!

La poesia di Ada mostra il completo distacco dal timore della morte, accompagnato dall’aspirazione ad essere “trafitta” dalla Luce del Signore/Sole. Distacco che  può essere illustrato da quanto, con stile possente, scrive Mario Polia in L’etica del Bushido:

«Un cuore liberato dal timore della morte sa accogliere in sé l’entusiasmo e la bellezza del vivere. Solo chi accetti coraggiosamente il dolore sa afferrare pienamente la gioia. Essa, per rifulgere, ha infatti bisogno del suo contrario. […] Non v’è modo di superare la paura della morte senza un punto di riferimento che, necessariamente, deve essere situato non al di qua ma al di là da essa: fuori, cioè, della corrente delle emozioni e del divenire. In caso contrario, di continuo il punto di riferimento vacillerebbe essendo fondato sull’instabilità. In altre parole: senza una fede profonda in ciò che non muta, non può esistere un coraggio stabile e cosciente che non sia semplice volontà d’auto-annientamento […] La delicatezza del fiore di ciliegio, la sua effimera e radiosa fioritura, esprime la virtù del non attaccamento. Dopo aver annunciato la primavera, il fiore di sakura si lascia trasportare dal vento. […] E come vento di primavera, il bushi apprese a considerare la sua vita e la sua morte: un viaggio da Mistero a Mistero, da Vita a Vita passando per la vita terrena».

Essendo matto, e innamorato (matto) della Terra del Sol Levante affermo che da tutto quanto qui sopra, di indubbio sapore universale, c’è molto, anzi moltissimo da imparare per tutti!

A partire dal matto.

P.S. Niente di più affascinante e cavalleresco che lo spirito guerriero, di indirizzo trascendente, concepito da una gentildonna! Ma oggi dove sono le gentildonne virili? Dov’è la Donna che alla vis interiore accompagna la femminile dolcezza? Dov’è la Donna a cui inchinarsi, offrire una rosa rossa e baciare la mano?

§§§




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22 commenti

  • Il Matto ha detto:

    Ringrazio tutti coloro che hanno mostrato apprezzamento, che non considero affatto nei miei confronti bensì per l’argomento che ho proposto, e da me considerato di eccelso livello spirituale universale.

    E’ vero che Mishima è stato personaggio … matto, ma nessuno, e sottolineo nessuno, può osare di metterne in dubbio la sincerità di cuore che, infine, lo ha condotto al seppuku, peraltro secondo la Tradizione nipponica che, come ogni altra Tradizione, non può essere criticata sic et sempliciter secondo i parametri di altre Tradizioni.

    Mishima è stato l’ultimo samurai che ha aperto il proprio ventre, cioè la propria anima, in offerta d’amore per la sua Patria e la sua Tradizione. Mishima suggellò le sue parole con un atto d’amore per il suo Popolo quale l’offerta di sé.

    Concludo citando Mishima, che, è bene ripeterlo, non si limito a parlare, ma dimostrò le sue parole con un atto, l’estremo atto del seppuku, il donare la propria vita per qualcosa di assolutamente superiore quali la Patria, l’Imperatore, il Popolo, gli Antenati (e quindi la la Divinità)

    «Riportiamo il Giappone alla sua vera essenza nazionale, e poi moriamo. Vorreste dunque salvaguardare solamente la vita e lasciare che lo spirito perisca? […] No, noi vi dimostreremo che esistono valori che sopravanzano il rispetto per l’esistenza fisica. Ciò che conta per noi non è la libertà, e nemmeno la democrazia. Noi abbiamo a cuore la sorte del Giappone, culla della storia e della tradizione. Ciò che vale per noi è il Giappone, la terra che amiamo».

    Di fronte a uno così (che noi nemmeno ci sogniamo!) non resta che il “REI!”, l’inchino rispettoso.

    • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

      Ma Matto…che dispiacere…scrivimi per favore, per trattare di più su questo tema.
      marinourbano@gmail.com
      Magari non hai vissuto in Giappone. Mishima non fu nessunn ultimo samurai. Il suo, un Giappone inventato. Se non possiamo con la Rivelazione convertire pure il Giappone, allora tu segui berORGOGLIO e gl’attuali vergognosi gesuiti in Giappone.
      Ho qui i quadri preziosi di tanti martiri giapponesi, portati dal mio ultimo viaggio in Giappone, non molto fa, non degl’ anni là vissuti. Oltre che morte per suicidio spaventoso, travestito da seppuku.
      Pure gl’aztecchi offrivano bimbi amazzati, non per aborto, ai dei. Dunque ne la Guadalupe ne Akita?… l’ IMMACOLATA SEMPRE VERGINE MADRE ASSUNTA E CORREDENTRICE APPARVE IN GIAPPONE dal 1973, quindi tre anni dopo il pazzesco suicidio del Mishima attormentato, con tanto di messa in scena pubblicitaria. Quale imperatore? Hiroito?…ahhh sono stato nel suo funerale…quello per cui Hiroshima, Nagazaki, bombe atomiche, eppure samurai.
      Dunque la REDENZIONE È PER TUTTI. Ma solo per il Battesimo figli di Dio, e questo lo capirono i martiri giapponesi.
      Allora, lasciamo perdere la poesia. Caso mai. Cè ne di più, nel mio amatissimo Giappone. Gente da salvare.
      E grazie a Marco Tosatti, grande karateca, che con questo blog, pure arriva ad alcuni miei amici giapponesi.
      Scrivimi Matto, che sono amico fedele, senza eccentricità, e mai dirò chi sei dietro il Matto.
      Mario Poli, ti direbbe lo stesso…grande archeologo pure in Perú.

      • Il Matto ha detto:

        Carissimo padre Luis Eduardo,

        sapevo che precisando la mia posizione nei confronti di Mishima avrei provocato un dissidio tre me e Lei.

        Il fatto è che la Disciplina della Spada, anzi Sciabola giapponese che pratico da più di quarant’anni mi ha condotto ad una visione, per così dire, ultra tradizionalista e nel medesimo tempo ecumenica (nel senso buono del termine), della vita. Se vuole, una visione poetica della vita, ma che sarebbe la vita senza poesia?

        Potrà sembrarle strano, ma la mia cattolicità non ha subito il benché minimo danno nell’entrare in contatto, necessariamente, con lo Shinto, il Budhhismo, il Confucianesimo e il Taoismo di cui sono impregnate la cultura e la cultualità nipponiche. Al contrario, il mio sguardo s’è fatto più universale (cattolico!) permettendomi di “scovare” nelle altre Tradizioni i punti di contatto – e non sono pochi – che testimoniano, appunto, l’universalità del Verbo. La prova di ciò è la mia entusiastica partecipazione alla Messa Tridentina, specialmente quella solenne la quale fa innalzare la mia anima ad una dimensione quasi estatica.

        Nell’arco di più di quarant’anni la Sciabola giapponese mi ha portato a più riprese in Giappone per ovvi motivi di addestramento alla fonte, grazie a Maestri di altissimo livello da cui ho potuto apprendere non soltanto le tecniche ma anche e soprattutto lo spirito della Sciabola che come Lei certamente sa è “l’anima del samurai”, con l’enorme e coraggioso impegno ascetico che ne consegue nel mantenerne pulita, lucida e profumata la lama.

        Non posso quindi condividere il Suo giudizio su Mishima e sul seppuku (che, almeno ufficialmente, non è più praticato, e che tuttavia, molti anni orsono mi riguardò indirettamente poiché un mio Maestro di Sciabola lo praticò qui a Roma). Ripeto: non si può giudicare drasticamente una Tradizione secondo i parametri di una Tradizione diversa.

        Mi fermo qui, poiché questo mio intervento potrebbe trasformarsi in un fiume in piena che finirebbe per tediare gli Stilumcuriali (ai quali chiedo scusa).

        Un carissimo saluto dal Matto (Enrico Nippo, secondo l’anagrafe Enrico Salvi).

        • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

          Grazie amato Matto. Bello che con tutto questo fai capire il perchè di Enrico Nippo…e che sei Enrico Salvi. Così potrò pregare con tuo vero nome, e non un nickname che magari non ascolta il Cielo.
          平岡 公威 Hiraoka Kimitake, in arte, nickname, Mishima. Senti, senta…non so se torno a darti del tu, per la poesia, perche non ho detto se non “caso mai”…non è il più importante, o del lei, per come si sprime come Nippo…HO OFFERTO PER TUTTO UN ANNO, GIORNO DOPO GIORNO, SANTI SACRIFICI EUCARISTICI per l’anima di Kimitake Hiraoka, Mishima; nel caso non si trovi nell’inferno, dunque niente da fare, ma nel Purgatorio, solo Dio lo sa; ma mai nel Cielo ancora, perche troppe aberrazioni sue lasciò e continuano diffondersi in questo mondo.

          Leggendo tutti suoi libri mi dicevo che m’avrebbe piaciuto averlo conosciuto, ma non solo troppi anni di distanza tra lui e me, come i miei anni in Giappone molto dopo, anche se abitavo vicino da dove lui uscì quel 25 novembre 1970, per il clamoroso suiccdio. Quello suo non fu una “tradizione” ma un mix fatale, portando adosso sin dall’infanzia complicata, senza figura del padre, ecc, ossessionato con il seppuku. Mi piaccerebbe averlo conosciuto per tentare di farli affascinarsi dall’ IMPERATORE degl’imperatori e re, CRISTO NOSTRO SIGNORE, ma si sa come difficile trattare con anime troppo sensibili e pieni dell’orgoglio….della vanità, del credersi superiore agl’altri, e credersi di saperla tutta.

          Un conto è il tanto buono, bello e vero che si possa trovare in ogni cultura o tradizione, altro è negarli la Redenzione. Daremo conti a Dio per questo…

          Grazie della bella risposta, umile, senza la solita arroganza che mostra un Enrico Nippo.

          30.6 Festa di Tutti i Martiri Romani…per secoli precedette a quella che diventò Solennità di Tutti i Santi, 1.11. Nacque nel Pantheon di Roma…ahh dicevi sulle rose rosse ieri…sei stato qualche volta li, invece nella Solennità di Pentecoste?, che dalla colossale, magistrale apertura sopra…quello che difatto ritenevano per il disegno archittetonico come simbolo di tutti i dei romani, e con orchestra suonando buttano milioni dei petali di rose rosse che con l’effeto della luce e la strema altezza cadono pian piano come lingue di fuoco…

          Tutte quelle tradizioni, non solo nipponiche, non resteranno per sempre così, tarde, o magari presto, saranno tutte Cattoliche. Per niente esempi di Samurai ma dei Martiri.

          Dio ti/vi Benedica, Enrico Salvi.

  • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

    “cui corrispondono in Ada, nella similitudine simbolica primavera/aurora, i versi:”….

    Non è che Ada facesi i bushi, ma la si ritrova, senza lei saperlo nella sua poesia. “Nella similitudine simbolica”.

    Ne fu Samurai Mishima, ma un eccentrico tramontato, nonostante alcune belle sue poesie. Mi creda Alessandro O, sabato scorso leggendo il pure bellissimo, come questo di Matto, articolo di Donna Benedetta de Vito, pensando che vicino mio SAN SEBASTIAN AL PALATINO, si svolgeva l’immondo gay senza dignità, perche vicino ai Fori Imperiali, e dico “mio” per gl’ anni che ho avuto il privilegio di sostare a lungo per molte volte là, come arriva a certi livelli psichiatrici la fantasia, in questo caso pure immonda, che hanno quelli come loro “patrono” San Sebastiano….appunto il Mishima racconta come impudicamente ha visto San Sebastiano per prima volta nel libro che suo padre portò a Tokyo, casa loro (solo si fa per dire, perche fu cresciuto dalla nonna eccentrica pur e lei), dopo un viaggio appunto a Roma, e guardando l’ immagine, perche semi nudo, li portò invece all’impurità. Perciò dopo molti anni, passati quelli della prattica sodomitica, anche se sposò una donna, ed ebbi due figli, non trovando il Vero ed Unico Dio, ripresse San Sebastiano scenificandolo, magari ricordando quello non risolto in gioventù, ed impossesandosi artificiosamente del passato storico giapponese, dunque travestito da samurai…mentre abitava nel quartiere della high class di Tokyo, nella fastuosa casa che imitava ridicolamente, tipico dai nuovi ricchi, nello stilo europeo…nemmeno c’era un tatami.

    Ma il Matto tanto matto non è come che per citare un brano già stà autentificandolo come guerriero. Ne ad Ada come buddhista e quanto altro.

  • Diego Romagnoli ha detto:

    Bellissimo e splendido articolo. Da incorniciare. Grazie.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Ada Negri epigona di Budda , di Confucio, e della cosiddetta spiritualità Nipponica? Non ce la vedo!

  • ALESSANDRO O ha detto:

    Caro Matto, bellissimo articolo come al solito, profondo di significato. Anch’io, come lei, ho amato il Giappone e MIshima in particolare. Ma della lezione bisogna saper cogliere il senso: visto che ha citato MIshima, che si può ben definire un samurai dei tempi moderni, io credo – ma è un opinione strettamente personale – che il coraggio alla base del saper vivere pericolosamente diventava spesso, nel samurai, orgoglio e ostentazione. Per lungo tempo ho visto le assonanze tra bushido e cristianesimo, ma adesso noto che sono più le differenze. MIshima era ossessionato dall’idea di dover rappresentare all’esterno un se’ eroico: si sfondava in palestra e alla fine ottenne un fisico invidiabile con cui si faceva ritrarre nella posa del San Sebastiano trafitto dalle frecce, e nella sua tetralogia “Il mare della fertilità” parla di Isao, un diciannovenne per il quale la purezza, il rosso torii che incorniciava i templi giapponesi, la montagna innevata, il fiore di ciliegio, corrispondeva solo all’idea di togliersi la vita con il seppuku. Alla fine penso questo: che lo stesso MIshima è morto con il seppuku per ottenere da se stesso la prova che era un vero bushi. Ma Mishima era un bugiardo, perché amava davvero la vita, e se l’è goduta come pochi: aveva fama anche internazionale, con la moglie aveva fatto un contratto nel quale si affermava che “ella non avrebbe modificato in nulla lo stile di vita che egli aveva adottato per se stesso”, ed altre cose. I samurai sapevano essere grandi peccatori e grandi bugiardi, senza nulla togliere al loro indubbio valore. Ma io, come esempi di coraggio, preferisco ricorrere ai nostri santi, che non avevano bisogno di guardarsi allo specchio, e anzi erano umili al punto che tutto rimettevano in Dio. LA differenza fondamentale probabilmente sta tutta qua: che il bushi crede solo in se stesso, il santo crede in Dio. Comunque bell’articolo davvero, continui così

  • Maria Michela Petti ha detto:

    «Si ponga davvero nel dovuto rilievo il «genio della donna», non tenendo conto soltanto delle donne grandi e famose vissute nel passato o nostre contemporanee, ma anche di quelle semplici, che esprimono il loro talento femminile a servizio degli altri nella normalità del quotidiano. È infatti specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita, lei che forse ancor più dell’uomo vede l’uomo, perché lo vede con il cuore. Lo vede indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici. Lo vede nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo, si realizza nella storia dell’umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza – non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale – che Dio ha elargito sin dall’inizio alla creatura umana e specialmente alla donna». (12)
    Questa la conclusione della “Lettera alle donne” di Giovanni Paolo II, pubblicata il 29 giugno 1995, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, che ricorre proprio oggi.
    Dimenticata o ignorata, forse; ma fa piacere ricordarne un passaggio per la felice coincidenza che si è verificata.
    E colgo l’occasione per rivolgere un pensiero particolare a Benedetto XVI, per i Suoi 70 anni dall’ordinazione sacerdotale che si compiono proprio oggi.

    • Milli ha detto:

      Grazie per averci ricordato il vero valore delle donne, l’amore e la cura per gli altri, l’ intelligenza e la sensibilità . Una bellezza esteriore, riflesso della bellezza dell’anima.
      Non solamente un corpo più o meno vestito, truccato e pettinato.

      • Maria Michela Petti ha detto:

        @ Milli
        Il merito e il ringraziamento vada esclusivamente al Papa che, senza sdolcinature, riusciva a cogliere il vero progetto di Dio su ogni creatura e ad elevarci con amore di padre.

  • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

    “Dov’è la Donna che alla vis interiore accompagna la femminile dolcezza? Dov’è la Donna a cui inchinarsi, offrire una rosa rossa e baciare la mano?”…

    AD AKITA SI È PRESENTATA QUELLA DONNA. E LA SI PUÒ TROVARE OVUNQUE.

    Grazie amato matto, qui davanti il Santissimo Sposto mi serve di preghiera tutto l’articolo. Battagliando in quest’ore dal Venezuela. Se sono qui è perche ho vissuto per anni nel mio amatissimo Giappone, a Tokyo.
    Arigato gozaimasu.

    Santa Solennità dei martiri S. Pietro e S. Paolo.

    ET EXPECTO TRIUMPHUM CORDIS IMMACULATI MARIÆ.

    • Milli ha detto:

      Carissimo Padre Luis Eduardo, ha ragione lei, solo la SS. Vergine Maria è degna di ogni onore e amore.

    • Il Matto ha detto:

      Caro Padre Luis Eduardo,

      è una piacevolissima sorpresa sapere del Suo amore per la Terra de Sol Levante!!!

      Visti i tempi che corrono non ci resta che:

      Jinji wo tsukushite tenmei wo matsu.
      Dopo aver fatto il possibile, dobbiamo solo aspettare il destino di Dio.

      Ma anche:

      Shinpai wa seiko no moto.
      La sconfitta è l’origine della vittoria.

      Un carissimo saluto.

      • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

        私の心は日本人です
        Watashi no kokoro wa nihonjindesu !!!!

        Ma quale gioia ricevere sua risposta…Gentilissimo Matto! mi fa impazzire! più che se m’ avrebbe risposto mesi fa quando dicevo d’essere romano! Ed è questa mia identità un romano con kokoro wa nihonjindesu !!!! (Ma con parti d’altri nazioni, come Italia amatissima, ecc, ecc, ecc).

        Appena celebrato due ore fa il Santo Sacrificio, e dopo collazione leggere il mirabile testo d’oggi dell’ amatissimo Mgr. Viganò, che grande gioia mi dona il Matto trovando questo! Grazie! Arigato gozaimasu !!!

  • Fabio ha detto:

    Splendido.
    Una precisazione: Ada Negri è lodigiana

  • Milli ha detto:

    Se si accontenta , sig.Matto, ci sono io.😁