Laporta. Vera Storia di Dreigroschenoper, Clamoroso Plagio di Successo Sinistro.

4 Giugno 2021 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, il generale Piero Laporta ci offre questa riflessione su la famosa Opera da Tre Soldi di Bertolt Brecht, e sulle sue origini…buona lettura. 

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I cretini – servi, pervertiti e persino i superflui – non sono arrivati nelle stanze del potere da un giorno all’altro. L’imbecillità ha un ruolo storico, politico, economico e persino socioculturale. Andrea Scanzi ne ha dato recentemente una prova palmare, autocertificandosi imbecille peculiare alla sinistra come la puzza allo sterco. D’altronde cominciò (con più stile, va detto) Palmiro Togliatti, seguito dal pupillo, Enrico Berlinguer e, di male in peggio, arrivammo alle svaccate maldestre dei suoi sedicenti eredi, i radical shit alla Valter Veltroni, la statura dei quali porta a condividere la distinzione operata da Karl Krause fra “imbecilli profondi” e “imbecilli superficiali”. Il c.d. centro destra non esulti per le disgrazie altrui. Del Matteo Salvini abbiamo già detto. Le imbecillità in quei paraggi sono fuori discussione, non da oggi e non solo a causa di Berlusconi e della sua allegra brigata. Valeria Soresin morì nell’attentato al Bataclan a Parigi. La Lega ne dispose i funerali in piazza san Marco. Solo Bartolomeo Colleoni ebbe funerali in quella piazza, 540 anni fa. Accostare la quisque de populo – con tutto il rispetto dovuto alla povera Valeria – a un gigante come Colleoni è la certezza d’una imbecillità al prosecco, misura di quanto affligge e affliggeva una Padania ansiosa di distinguersi dal resto d’Italia proprio mentre dimostra di ignorare la storia propria e degli italiani.
Lo sprofondamento verso i Di Maio, i Casalino, gli Scanzi, i Veltroni, i Berlusconi cominciò nell’immediato dopo guerra, nella Milano per bene, destinata a divenire “Milano da bere”. La data di nascita è, vedremo, il 27 febbraio 1956, la serata della prima al Piccolo Teatro, dell’Opera da Tre Soldi di Bertolt Brecht. Tre soldi e molti, molti milioni offerti dallo Stato e da innumerevoli cretini della buona borghesia, milanese e non solo, settentrionale in massima parte. Un’opera e un’operazione teatrale, antesignane dei tempi correnti.
Brecht e i suoi compagni passavano allegramente sopra una questioncina da nulla, la creazione originale. Il dettaglio non importava a Bertolt, uomo di marketing del comunismo, “pubblicitario” del prodotto “comunismo staliniano”, che non voleva dir nulla ma suonava benissimo per accreditarsi con la coppola da operaio e il conto miliardario. Brecht, abilissimo a saccheggiare le letterature più misconosciute, da un capo all’altro del mondo, pescò fra autori minori oppure nelle tradizioni locali, come il celeberrimo “fortunato il paese che non ha bisogno di eroi”, rivoltato come un cappotto vecchio dal proverbio svizzero: “sfortunato è il paese che ha bisogno di santi e di eroi”.
Le rivendicazioni sui diritti oggi cadono nel nulla, essendo scaduti da tempo. Vale però la pena svelare i magheggi intorno alla (non) brechtiana Opera da Tre Soldi, a convogliare una montagna di denaro, non solo verso il compositore tedesco.
L’opera originale fu scritta dall’inglese John Gay (30 Giugno 1685 – 4 Dicembre 1732). Giornalista e scrittore satirico, raccolse e sviluppò il progetto di Jonathan Swift. Costui scrisse ad Alexander Pope il 30 agosto 1716: «… che ne dici d’una pastorale ambientata a Newgate[1] tra ladri e puttane?» Pope sollecitò il comune amico, John Gay, il quale preferì impegnarsi in una satira in forma di “ballad”, piuttosto che in un’opera pastorale. Gay completò “The Beggars’ Opera” nel 1728. Le è peculiare l’alternarsi di brani cantati, tratti dalla tradizione popolare (preesistenti o appena composti) con dialoghi parlati. Al pari d’altre commedie inglesi del tempo, la ballad satirizzava tanto i costumi delle classi alte come pure lo stile delle opere “serie”, importate dai teatri delle classi dominanti, soprattutto l’operetta, la pastorale e il melodramma italiani.
Secondo Peter Gammond (30 Settembre 1925 – 6 Maggio 2019), critico musicale britannico, la ballad «è un passo importante nell’emancipazione tanto del palcoscenico musicale quanto della canzone popolare». Era cominciata la degenerazione musicale, descritta magistralmente da Agostino Nobile nel suo libro “Attila. Sopravvissuto al sessantottismo” (ed. Segno, 2021), nel quale, accompagnandoci per mano, dimostra quanto la degenerazione musicale sia stata ambasciatrice di quella dei costumi degli anni ’60 e di quella corrente senza freni.
Sarà stata emancipata, la musica, da Gay come assicura Gammond, resta tuttavia certo che Brecht tradusse i testi, rimaneggiò le musiche originali di Johann Christoph Pepusch, grazie a Kurt Weill e il 31 agosto 1928 presentò “Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi)”. John Gay, morto due secoli prima, non poteva protestare.
Brecht e Weill, ebrei e comunisti, ramazzate montagne di quattrini, emigrarono. In Unione sovietica? Macché negli Stati Uniti, la patria del capitalismo, del neofascismo, del razzismo e di tutti gli orrori di cui predicavano la fine.
Il testo di Brecht e quello di Gay sono due binari: le battute, le scene e i personaggi si susseguono identici e separati, in inglese e tedesco. L’unica differenza nel del tedesco e nella musica di Weill, riadattando in sincopato quelle originali di Pepusch. Con “L’opera da tre soldi” Brecht s’accreditò definitivamente presso comunisti e socialisti, facendo dimenticare le sue giovanili simpatie nazionalsocialiste.
L’opera fu portata in Italia da Giorgio Strehler. Alla prima, il 27 febbraio 1956, era presente Brecht e in quell’occasione vendette i propri diritti a Paolo Grassi, fondatore e direttore al Piccolo Teatro di Milano. Sapevano che era un plagio? Certamente ma era un plagio di sinistra, andava quindi bene.
L’opera originale, “The Beggars’ Opera”, era ben nota. Messa in scena anni prima da Anton Giulio Bragaglia, per il saggio finale degli allievi dell’Accademia d’arte Drammatica di Roma, diplomò Vittorio Gassman nel ruolo di Macheath. L’evento ebbe rilievo su Sipario, rivista del teatro. Nel 1953 ispirò un film, “Il masnadiero”, protagonista Laurence Olivier.
Alla prima del ‘56, come s’è detto, era presente il compagno Brecht. Il Piccolo Teatro zeppo di sciuri, disposti a pagare il costo almeno doppio del biglietto della “prima”. Non c’erano operai. Calato il sipario, esplose l’applauso. Gli interpreti, Tino Carraro (Mackie), Mario Carotenuto (Peachum), Marina Bonfigli (Polly), Milly (Jenny) e Enzo Tarascio (il capo della polizia) erano trionfanti; Strehler con loro sul palcoscenico, a raccogliere le ovazioni, accanto al compagno Brecht e di fronte ai borghesi estasiati. Come poteva, il compagno Brecht, mostrare quanto fosse grato ai ricchi meneghini e quanto li stimasse? Si volse, si calò i calzoni e mostrò il sedere d’autore ai plaudenti e paganti. Crollò il teatro. Le terze pagine dei grandi quotidiani borghesi tromboneggiarono il grande evento al Piccolo Teatro. A onor del vero l’Unità, quotidiano del Partito Comunista Italiano, allora diretto da Pietro Ingrao (che non era Walter Veltroni), non dedicò una sillaba a Strehler e a Brecht, tanto meno al sedere di questi, dopo la prima. Occorrerà attendere il 26 ottobre 1986, direttore Gerardo Chiaromonte, perché Strehler potesse pavoneggiarsi a tutta pagina sul quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Lo ricordo a me stesso e a quanti amano dare al PCI responsabilità invece tutte di origine piccolo borghese, delle cerchie veltroberlingueriane, mamme delle imperversanti sinistre en travesti, globaliste e LGBTPQRST.
“L’opera da tre soldi” consentì pure a Ornella Vanoni, nella scuderia Strehler, di farsi aprire la strada per consacrarsi a mancina. Aveva vent’anni; tigrotta della buona borghesia milanese, servita da cameriere con crestina e grembiulino bianco, inamidato e merlato; nipote di Ezio Vanoni, il ministro autore della prima riforma fiscale del dopoguerra. La bella Ornella con la recitazione non ci pigliava, con le canzonette andava meglio. A Strehler e Vanoni del teatro importava molto ma non era tutto, per così dire. Incipriati a dovere – prima, durante e dopo le prove e le recite – in qualche modo Strehler doveva far fare qualcosa alla Ornella, giovane e bella. Stravolse i testi, separando le canzoni che avrebbero dovuto cantare i protagonisti, affidandole in maggior parte alla Ornella, giovane e bella, coi siparietti in solitaria. Che cosa doveva assolutamente interpretare la Ornella, borghesuccia, meneghina, ricca e bella, se non i testi del comunista Brecht? Così Ornella satireggiò contro suo padre e suo zio, contro i loro compagni di strada, senza dimenticare di dare addosso al melodramma italiano.
Questa fu l’entrata in scena dei Tafazzi, quei borghesi meneghini, ignoranti e codardi, fascisti, comunisti, brigatisti, avanguardisti, leghisti, padanisti, allora razzisti coi meridionali e ora sotto scacco dell’invasione africana; estasiati dal sedere di Brecht come dalle Bierre, incapaci di governare il caos, coi risultati oggi sotto gli occhi di tutti. Quei Tafazzi credettero che fosse vero il detto americano: «Triple C: Coin, Chair and Cunt move the World». Bastava fare soldi (Coin) per arraffare il potere (Chair, la cadrega) e la f… Uccisero Dio, Patria e Famiglia, uccisero Aldo Moro, uccisero la libertà, uccisero la democrazia per via giudiziaria, uccisero se stessi, infine. C’era una quarta C in arrivo e non se n’avvidero. Inoculata loro dagli anni ’50 e infettava tutti, peggio del Covid-19 nella Bergamo di Giorgio Gori. Quattro C, quindi. Quad C: Coin, Chair, Cunt and Chaos go off the World. E il mondo esplode.
Tutto cominciò con un’opera da tre soldi, tanti milioni e quattro C, come Cretini, Cretini, Cretini, Cretini.

Piero Laporta

[1] Newgate, prigione londinese, all’angolo tra Newgate Street e Old Bailey Street, ai margini della City di Londra, col cancello nelle antiche mura romane. Costruita nel XII secolo, fu chiusa nel 1902, demolita nel 1904. Charles Dickens visitò il carcere nel 1836 e ne dette una memorabile e cruda descrizione.

www.pierolaporta.it

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14 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    Purtroppo la retorica dell'”andrà tutto bene”, inaugurata dalla coppia Conte – Casalino e sostenuta dalle TV a reti unificate con qualche piccola e lodevole eccezione, sta tenendo sotto scacco l’Italia. Non è possibile non notare che l’Uomo chiave è rimasto lo stesso, così come le soluzioni offerte per superare la crisi (vacini e chiusure). Quanto alla classe dirigente non è necessario che sia colta ma che almeno abbia il coraggio di domandarsi, a fronte di ogni decisione, “cui prodest” e la capacità di ricordarsi che la Politica, che è anche capacità di reazione ad un coronavirus, è sempre e comunque “arte dell’inganno e disinganno” (Machiavelli).

  • wisteria ha detto:

    Accrtti anche i miei complimenti. Ho sempre avuto il dibbio che Brecht , Strehler, la Vanoni, Milva ecc.fossero dei palloni gonfiati. Che dire? Grazie.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Sono gli antesignani del craxismo corrotto, filoterrorista e privo di ogni etica

  • Virro ha detto:

    E’ un onore averlo tra gli italiani!!!!🤝
    Naturalmente senza l’onorificenza francese della “Legion d’onore”

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Non ho la Legion d’Onore e, se me l’avessero conferita, l’avrei rifiutata.

  • agostino nobile ha detto:

    Caro Piero, ottimo articolo. Dovresti tradurlo in inglese.

  • Paoletta ha detto:

    Stia tranquilllo, sig. Generale. I tizi con la quinta elementare che hanno fondato l’impresetta e ci hanno portato da essere un Paese di pezzenti alla quinta potenza industriale del mondo, erano sì settentronali, ma al piccolo Teatro non ci andavano, perchè del resto non gliene fregava nulla. Al Piccolo ci andavano gli antesignani dei radical shit odierni, ma quelli non hanno mai fatto un tubo in vita loro.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      La ringrazio per la sua cortese attenzione.
      Eminenti impresari — Agnelli e Feltrinelli in testa – pronti a plaudire il sedere di chicchessia pur di fare danè, furono tanti e tuttoggi i loro nipotini imperversano.
      Senza nulla togliere, come lei giustamente puntualizza, al merito dei piccoli, i medesimi oggi indotti al suicidio.

  • Anonimo verace ha detto:

    Grazie, generale, per questo suo contributo storico culturale. Sinceramente non avrei mai immaginato che il grande Brecht fosse un plagiatore. Lei afferma che, però, a Roma, i capi culturali della sinistra ignorarono quanto accaduto a Milano. Mi conceda il permesso di dubitare. Non dimentichiamoci che Togliatti aveva vissuto in Unione sovietica per diversi anni durante la seconda guerra mondiale e che era rimpatriato con l’appoggio del governo sovietico per essere il capo indiscusso della sinistra. Anche oggi vengono catapultati ai vertici della sinistra personaggi che , in un certo modo sono passati per Mosca.
    Prendiamo ad esempio Andrea Romano: mi sembra di aver letto che si sia laureato in quel di Mosca e dopo di ciò si stato catapultato ai vertici del partito democratico.
    Ma mentre scrivo mi frulla in testa un’altro pensiero : se l’operazione Brecht fosse stata messa in scena dai cummenda milanesi per ingraziarsi i politici di sinistra e poter continuare i loro traffici indisturbati ? Non avevano, dopo la prima guerra mondiale sostenuto le brigate nere ?

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Grazie. Condivido i suoi dubbi e le sue ipotesi ben al di là di quanto lei sembri presumere. Grazie.

  • Carlo ha detto:

    Bravo, generale. Uno shrapnel degno della più gloriosa artiglieria italiana.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Io sono del Genio. Preferisco le cariche di tonnellate di TNT nelle caverne scavate in silenzio,con pazienza e tenacia, sotto i piedi del nemico😆