Benedetta De Vito: l’Italia a Colori e a Stecche Stonate. E i Tamponi.

2 Giugno 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Benedetta De Vito ci parla di colori, green passa, regioni e la partitura di stecche e assurdità che stiamo vivendo. Buona lettura. 

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Immagino, quando cammino davanti a Palazzo Chigi (che è, per me, il luogo venerato dove abitò per molti anni la beata trinitaria Anna Maria Taigi), di entrar dalla finestra con balcone e di vedere, tutti intenti e seduti intorno a un gran tavolo di rappresentanza, i ministri del governo con il loro capo e gli scienziati del comitato (che ci costano chissà quanto per rovinarci la vita) a colorar la cartina dell’Italia delle tinte pandemiche della vergogna. Rossa? No, dai, gialla? Arancione, vabbè, pappappero. E c’è chi vorrebbe usar le matite colorate, ben temperate, e chi i pennarelli e chi gli acquarelli nuovi regalati dalla mamma e chi, ancora, i tubetti all’olio perché sono più densi e regalano quel di più di sfumatura. Ora l’Italia, sono d’accordo tutti quanti, è un solo livido Stivale giallo, spremuto al limone, e solo due Regioni restano arancioni.

E ora, chiedo a voi, indovinate quali sono? Ma certo, facilissimo: le due isole. E sapete perché, no, no, non si tratta, secondo me, di un logaritmo, di un erretti o altre diavolerie matematiche. Nossignore, il motivo è semplicissimo: sono le uniche due Regioni dove, per andarci, devi passar le Forche caudine, cioè mostrare il “green pass” (ma che bel colorino hanno scelto, molto ecologico davvero!), ossia il passaporto mostruoso che riporta l’Italia ai tempi degli staterelli. Eccoci dunque passare, per esempio, dallo Stato Pontificio al Giudicato di Arborea. Olè! E se non lo hai, ti attacchi, resti a Castel Sant’Angelo!

Ma come non sai, sento subito l’obiezione, puoi anche fare un tampone e, se è negativo, puoi salir sulla nave e traversare il Tirreno fino a Olbia. Per grazia ricevuta. Ma che carini, grazie, grazie! E mi chiedo e vi chiedo, ma se io vengo da una Regione gialla è a mio rischio e pericolo andare in una color arancio e allora perché dovrei passare per untrice se sono gli altri, i nativi, casomai, ad infettarmi e loro tutti quanti dovrebbero fare il tampone, magari ogni giorno, con il cappuccino, che ci vuole? E ancora, se io, mettiamo, faccio il tampone alle quindici di un venerdì e, dopo il caffè del pomeriggio, mi prendo il covid, parto lo stesso, ignara, e  saluti. Il tampone, tanto, è negativo… E ancora e di più. Qualcuno lassù al comitato mi deve spiegare perché, nei supermercati, per stanare il famigerato virus, bastava prender le polverine sopra le casse e i cestini, mentre a me, con quello stecco, devono esplorare il naso, rotearci dentro e quasi forarlo? Se ho il covid dovrei averlo anche nelle narici in basso, lì dove sono i fori, se permettete, per respirare. O sbaglio?

No, non sbaglio. C’è, in tutto quel che stiamo vivendo e abbiam vissuto una partitura di stecche e stonature che soltanto un sordo (come io sono) potrebbe non udire. I nodi al pettine sono tanti e ogni giorno li vedo e rido tra me. Sabato scorso, mentre tornavo a casa dal Rosario di Santa Maria Maggiore recitato con il Cardinale Angelo Comastri (che delizia di Dio!),  ho visto che davanti alla Basilica liberiana, dalla parte, diciamo così che guarda verso Via Nazionale, c’erano tanti assembramenti di colore. E gli immigrati se ne stavano distesi a mucchietti numerosi, tra il pattume, e tutti quanti senza mascherina e naturalmente senza vaccino. E pensar che il ministero degli Interni è a un passo, poco più in là… si vede che anche qui dipende dal colore…

Oddio, mi sono detta, mentre trotterellavo tra i gruppetti, è vero. Tutti quelli che sbarcano, e anche quelli già sbarcati, certo han fatto la Quarantena, ma poi se ne vanno in giro, per le nostre strade come nulla fosse e non devono scegliere tra Pfizer (a proposito di questa marca, ho decifrato, consultando il dizionario del Paradiso, la solita filologia delle tenebre e qui si tratta di Zifer, cioè la codina di Lucifero…), Moderna, Astrazeneca. E allora delle due l’una. O i nostri governanti sono degli irresponsabili e rei di lasciar morire tutte queste povere persone che rischiano ogni secondo di infettarsi, oppure, questi signori, in assembramento pericoloso e assai rilassato, impuniti e contenti, non corrono alcun rischio e i cretini siamo noi chiusi in casa…

Vorrei che Draghi, il principe dei draghi essendo il maggiore, mi rispondesse, anche se, per lui, ha parlato il pavone portoghese tanto carino e senza una punta di menzogna. Io capisco il linguaggio degli uccelli e so che cosa diceva in quel suo gridare. Draghi diceva che bisogna agire con la testa. E lui rispondeva no, no, usate anche il cuore, il cuore! E mentre penso a un altro pavone silente ed elegante che mi apparve, come in un miraggio, dietro la Basilica  di Santa Balbina, il pensiero mio vola in Sardegna a una certa baia che amo dove abita, su un muretto a secco, una lucertola con il suo bel pigiamino smeraldino e che ogni anno ritrovo, viva.

E’ mia amica nel dopopranzo pigro mio, con il naso nel ponente screziato di mirto e corbezzolo. Ci parliamo., mute e lei sa che con me può star sicura. La osservo sbucar, lesta e nervosa, da un bucolino e poi tornare a immergersi, circospetta, in un altro. Essa, la lucertola, senza mascherina né divieti, vivendo con il cuore acceso e la testolina sul dorso vellutato, sa che, dietro ogni stelo d’erba ci potrebbe essere il grazioso musetto di un gatto, il piede di un distratto, un topo e non ha bisogno di Draghi per saperlo. Sa che in ogni movimento è tutta la sua vita. Ma sa anche  che la morte c’è, lì, è l’altra faccia della vita, e viene quando vuole, cioè quando il Signore chiama.  Questa è la vita per come ce l’ha donata il Signore, una vita da conservare con testa e cuore,  ma con il naso all’aria a respirar, nel sole, la Sua libertà…

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Ecco il collegamento per il libro in italiano.

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