Laporta: Il Falso non è Falsificabile. Renzi, Obama, #Italydidit (1° parte)

10 Febbraio 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, il generale Piero Laporta ci offre una riflessione in profondità sui recenti fatti della crisi di governo, e su eventi di natura giudiziaria e internazionale. Per agevolare la lettura, abbiamo diviso in due parti l’articolo del generale. Ecco a voi la prima metà di questo saggio interessantissimo. Buona lettura.

§§§

Matteo Renzi avvia la crisi di governo all’indomani del giuramento di Joe Biden, chiedendo la delega sui Servizi segreti. Potrebbe chiedere di subentrare a nullità come Luigi Di Maio o Roberto Speranza nei loro importantissimi ministeri. No. Matteo Renzi, politico di fama, fa cadere il governo di Giuseppe Conte per non aver ottenuto la delega sui servizi.

Giuseppi, a sua volta, preferisce salire al Quirinale piuttosto che cedere i servizi segreti a Renzi. Perché?

Arturo D’Elia, 38enne di Eboli, sconosciuto sino a ieri, è oggi indagato e incarcerato per pirateria informatica. D’Elia, arrestato a dicembre dalla magistratura napoletana, ex dipendente di Leonardo, esperto di sicurezza informatica, intuendo che gli erano alle costole, confidò alla fidanzata: «Voglio chiedere asilo politico». In quale capitale? Con l’aiuto di chi? Abbiamo davvero un “Assange” italiano?

C’è un legame fra Renzi, Conte e D’Elia? Qual è? Queste domande sembrano svanire mentre Sergio Mattarella dà quadra con Mario Draghi e tutti – proprio tutti – plaudono.

Comunque si legga questa storia, v’è una sola conclusione: la Patria è a pezzi e siamo in balia di criminali ad altissimo e bassissimo livello, senza distinzioni di schieramenti.

Esaminiamo e analizziamo i fatti. Facciamo quindi le nostre considerazioni, opinabili ma legate ai fatti.

 

I Fatti

D’Elia lo descrivono abile ad acquisire informazioni, per catapultarle in pochi secondi su un sito web, da cui scaricarle.

D’Elia dal gennaio 2010 – per 11 anni – è stato consulente della procura della Repubblica di Benevento. Da febbraio 2004 ad agosto 2014 è stato consulente di Alcatel Lucent a Battipaglia. Per Alenia Aermacchi a Napoli ha lavorato da settembre 2014 a dicembre 2015. Da febbraio 2010 a novembre 2015 è stato consulente della Nato Communications & Information Agency. L’arrestato è quindi accreditato presso la NATO, in possesso del NOS – Nulla Osta di Sicurezza – al più alto livello, concesso dai vertici dell’Intelligence italiana. Quando? Da chi? Semmai non bastasse, D’Elia ha lavorato per un anno (addestramento?), da febbraio 2005, presso l’Air Force Office of special investigation, un’agenzia ai livelli più alti dell’Intelligence strategica statunitense. Con queste credenziali, vien da dire, è del tutto naturale che D’Elia abbia lavorato per Leonardo, nella sicurezza informatica. No, non è affatto così. Secondo gli investigatori, ci sono passaggi «del tutto anomali e inusuali» che portano il D’Elia verso Leonardo. Basti uno per tutti: D’Elia è condannato nel 2006 in primo grado a un anno per aver violato il sistema informatico d’una base statunitense in Oklahoma. Va bene è solo una condanna in primo grado, si dirà. Niente affatto, non è così o almeno non dovrebbe essere. I palazzi dell’intelligence non sono garantisti; la Nato non è garantista. È sufficiente che tu sia sospettato per essere emarginato nel mondo dell’intelligence, cinico e crudele. D’Elia non doveva quindi accedere alle stanze di Leonardo tanto meno a quelle della NATO. La politica può tuttavia essere più che garantista se sei al suo servizio. Chi protegge D’Elia? Com’è possibile che lavori nella NATO? Un condannato per reati informatici, ai danni degli USA, accreditato nella Nato e ai piani più alti dell’intelligence statunitense? Giovi ripeterlo: nell’intelligence si è emarginati per molto meno, anche per un mero sospetto. Occorre tuttavia ricordare che negli ultimi tempi volgari ladri sono celebrati come eroi nei servizi e vi hanno fatto brillanti carriere.

Che cosa ha reso indispensabile la collaborazione di D’Elia con Leonardo? È vero che Andrea Biraghi[1] l’abbia caldeggiata? Biraghi è figlio dell’ammiraglio Sergio Biraghi, consigliere militare di Carlo Azeglio Ciampi, poi capo di stato maggiore della Marina dal 2004 al 2006. Mentre D’Elia è condannato nel 2006, il SISMI è diretto da un altro ammiraglio, Bruno Branciforte. Il Nulla Osta di Segretezza a D’Elia, nonostante la condanna in primo grado, è stato concesso da Branciforte, proposto da chi altri a Branciforte? L’ammiraglio Giampaolo Di Paola, capo di stato maggiore della Difesa dal 2004 al 2008, era informato di questa vicenda? Informò i ministri della Difesa Antonio Martini (2001-2006) e Arturo Parisi (2006-2008)? Che cosa risposero e fecero costoro?

Secondo gli investigatori, D’Elia fu segnalato a Biraghi dal generale dei carabinieri Romolo Bernardi, nell’Arma fino al 1988, da giugno 2011 presidente AIPSA – Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza Aziendale, in Finmeccanica-Leonardo fino al 2018, quando anche Andrea Biraghi lascia, allontanato dall’AD Alessandro Profumo, per ragioni controverse, concernenti i rapporti coi fornitori.

Bernardi riferisce d’essersi interessato al D’Elia per sollecitudine del senatore Franco Cardiello (FI, dal 2019 con Toti), presentatosi come avvocato di D’Elia.

Ripetiamo ancora: i palazzi dell’intelligence non sono garantisti; la Nato non è garantista; la politica può essere garantista se sei al suo servizio. Secondo la Polizia Postale, il D’Elia avrebbe sviluppato un Linux Live Distribution per catturare dati dai computer. Questo prodotto, FHC (Forensic Hard Copy) sarebbe in uso anche alla Polizia di Stato. Avrebbe inoltre sviluppato appositi programmi software per l’USAF al fine di scongiurare la vulnerabilità della loro rete dati. Lavoro realizzato e venduto da un condannato per reati informatici. Curioso, vero?

Gennaio 2017. La sicurezza informatica di Leonardo – nel cui ambito lavora D’Elia, pupillo di Biraghi – segnala un traffico di rete anomalo, in uscita da alcune postazioni di lavoro dello stabilimento di Pomigliano D’Arco, generato da un software artefatto denominato “cftmon.exe”, che non veniva riconosciuto dai sofisticati sistemi antivirus aziendali. Nel corso delle indagini concluse a Dicembre 2020, è emerso che questa attività era in corso dal 2015.

Secondo la denuncia di Leonardo nel 2017 alla Polizia Postale, l’anomalia informatica era circoscritta a un numero ristretto di postazioni, con un furto non significativo di dati.

Le indagini hanno ricostruito uno scenario ben più preoccupante. D’Elia sarebbe fra i responsabili della sottrazione di dati informatici ed è stato arrestato. È emerso pure che da maggio 2015 al gennaio 2017, le strutture informatiche di Leonardo subirono l’attacco d’una lobby, composta da ebrei (alcuni statunitensi, altri israeliani). È una potentissima cerchia il cui sostegno è fondamentale per chi ambisce alla Casa Bianca. Proprio perché determinante in politica, quella lobby è tenuta d’occhio dall’intelligence statunitense. In due casi sono stati individuati uomini del Mossad all’interno della lobby, a spiare segreti militari statunitensi. Per quanto forti siano i rapporti di amicizia tra Stati Uniti e Israele, il Pentagono non ama intrusioni. Nel 2006 (cioè l’anno in cui D’Elia è condannato) la DIA (Defence Intelligence Agency) e l’NSA (National Security Agency) denunciano una tresca dell’AIPAC – American Israel Public Affairs Committee, inguaiando Lawrence Franklin[2], capo analista di Douglas Feith, allora sottosegretario alla Difesa. Franklin fu inizialmente condannato a 12 anni di carcere dal tribunale della Virginia, per aver trasmesso informazioni top secret a due esponenti della lobby israeliana e a un diplomatico israeliano dell’ambasciata a Washington. Franklin confessò che i suoi contatti in AIPAC erano il direttore degli affari politici, Steven Rosen e Keith Wiessman, nonché il consigliere per affari politici dell’ambasciata israeliana a Washington, Naor Gilon. Quest’ultimo, all’inizio del processo, rientrò a Tel Aviv. Di questo incidente la sua biografia ufficiale ovviamente tace[3]. È tuttavia arrivato in Italia nel febbraio 2012, come ambasciatore. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dettero il gradimento a un diplomatico, compromesso coi servizi israeliani. Garantismo?

Gilon rimase in Italia fino ad agosto 2016, quando era ormai chiaro che, un’altra potentissima camarilla, Ron Lauder e il World Jews Congress, appoggiavano Donald Trump per la Casa Bianca. Naor Gilon, prima di andar via da Roma, ebbe il tempo di assistere alla caduta di Benedetto XVI e alla brusca virata filocinese della politica vaticana. È ambasciatore in Olanda, fra i più filocinesi dei paesi UE.

Fin qui i fatti e gli interrogativi d’interesse della magistratura, del COPASIR e dei cittadini, paganti lauti stipendi e lautissime pensioni a protagonisti e comprimari.

Come si vede dalle date, tutto si svolge e si conclude prima che Donald Trump diventi presidente e poco dopo il suo insediamento.

Che cosa ha a che fare tutto questo con le ultime elezioni americane?

Bombe Nebbiogene

In concomitanza coi disordini di Washington diventa virale in rete quanto pubblicato da un Alfio D’Urso, avvocato in via Vittorio Emanuele a Catania. Questi pubblicizza un affidavit, che gli avrebbe commissionato il D’Elia: «[…]su istruzione e direzione di personaggi statunitensi che lavorano presso l’ambasciata americana a Roma, (D’Elia) si è adoperato per modificare i dati dalle elezioni americane del 3 novembre 2020, in favore di Biden. L’imputato ha dichiarato che stava lavorando nella struttura di Pescara di Leonardo e ha utilizzato capacità di crittografia della guerra informatica di livello militare per trasmettere voti scambiati tramite un satellite militare dal Centro spaziale del Fucino a Francoforte. L’imputato giura che i dati scambiati, in alcuni casi potrebbero superare il totale degli elettori registrati. L’imputato ha dichiarato di essere disposto a testimoniare a tutte le persone e le entità coinvolte sul passaggio dei voti da Trump a Biden quando sarà in totale protezione per se stesso e la sua famiglia, inoltre afferma di aver assicurato in un luogo sicuro le prove dei dati originali e dei dati trasferiti».

Risponde Nicola Naponiello, avvocato di D’Elia con formale mandato: «È una pura invenzione. Smentisco assolutamente che D’Elia abbia mai avuto contatti con questo sconosciuto avvocato D’Urso. È una favola che esista un affidavit. Non è vero che ci siano dati rubati, non è vero che il mio assistito abbia informazioni su quanto accaduto o non accaduto nel 2019. A parte che è in carcere dai primi di dicembre, i fatti su cui risponde sono accaduti tra il 2015 e il 2017».

Se il D’Urso fosse davvero avvocato di D’Elia e possedesse davvero le sue dichiarazioni firmate, lo stesso D’Urso avrebbe dovuto produrre il mandato conferitogli da D’Elia e le dichiarazioni da lui sottoscritte. Non ha prodotto nulla.

Non di meno nel cosiddetto affidavit vi sono elementi veri e noti ai tecnici dell’intelligence.

Il Centro spaziale del Fucino è di Telespazio, una joint venture tra Finmeccanica (67%) e Thales (33%), è il più grande al mondo nei servizi satellitari. Telespazio – collabora con la NASA – è all’avanguardia nelle trasmissioni satellitari, nella progettazione e sviluppo di sistemi spaziali, nella gestione dei servizi di lancio e controllo in orbita dei satelliti. Telespazio da sempre offre servizi satellitari all’Agenzia Spaziale Europea, all’Agenzia Spaziale Italiana e all’NSA.

L’affidavit di D’Urso fu accompagnato da video farlocchi e preceduto in rete da un’altra clamorosa notizia: la Delta Force aveva fatto irruzione in una base della CIA, a Francoforte, per prendere possesso del server dove erano stati scaricati dati manipolati delle elezioni statunitense. Conferme almeno ufficiose? Nessuna. Donald Trump aveva interesse a tacere un tale fatto?

Non di meno tale “notizia” rifocalizza su Francoforte e s’accompagna a un’altra un tantino più vera. Il 06 gennaio il senatore repubblicano del Missouri, Josh Hawley, ha annunciato la mozione al Congresso per ricontare i voti.

Ciascun parlamentare statunitense può eccepire il computo dei voti, dando vita a un dibattito e al voto – separato – di Camera e Senato. Ambedue i rami del Congresso devono quindi riconoscere i brogli perché si annullino i voti nelle urne. La maggioranza democratica alla Camera rendeva impossibile il ribaltone nonostante la fragorosa dichiarazione di D’Urso e la mozione di Hawley. Altre opzioni avvelenate sono state diffuse facendo centro su Francoforte e nascoste dietro la sigla QAnon, un sito trascolorato dal complottismo duro e puro a favore di Trump, alla derisione del perdente, dopo l’assalto a Capitol Hill e l’assassinio d’una militante storica pro Trump.

Piero Laporta

(segue)

***

[1] Andrea Biraghi, ex manager di Finmeccanica ed ex CEO della divisione Security & Information Systems del Gruppo Comdata Italia, è fra i maggiori esperti internazionali nella Sicurezza Informatica. Durante i suoi 22 anni di carriera dedicata attivamente ai settori IT e Sicurezza informatica, è stato dirigente in diverse società multinazionali, ha lavorato a numerosi progetti internazionali ed infine è stato Senior Vice President (SVP) di Cyber Security in Selex ES e CEO di E-Security, Cyber Labs e Amtec.

[2]Lawrence Franklin trasmise a Israele documenti classificati sulla politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran. Franklin, dichiaratosi colpevole di spionaggio, fu condannato nel gennaio 2006 a quasi 13 anni di prigione, in seguito ridotti a dieci mesi di arresti domiciliari. Franklin ha passato le informazioni al direttore politico della Commissione per gli affari pubblici americani di Israele, Steven Rosene Keith Weissman, analista senior dell’AIPAC sull’Iran, successivamente licenziato dall’AIPAC. I pubblici ministeri hanno successivamente ritirato tutte le accuse contro di loro senza alcun patteggiamento.

[3] https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3119592,00.html

https://embassies.gov.il/hague-en/AboutTheEmbassy/Pages/The-ambassador.aspx

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14 commenti

  • Nicola Buono ha detto:

    Fuori Tema ma è molto importante. Brevissimo video di Valerio Malvezzi economista ed ex parlamentare della Lega Nord che oggi fa corsi di economia e finanza e che nel video spiega chiarissimamente cosa sia il RECOVERY PLAN in realtà.

    https://youtu.be/E5wiDhbU1nc

  • Valeria Fusetti ha detto:

    Ho seguito le elezioni di Trump e ammetto che , per quanto possa pensare male dei comunisti di ogni tipo e nazionalità , sono rimasta inorridita. Per non parlare della doppiezza di certi repubblicani tipo i Bush, per intenderci. Ieri mio marito mi ha regalato “Il Sistema” scritto in tandem da Sallusti e Palamara
    Con il commento ” Anche noi abbiamo il deep state, cosa credi ? “. Ed ora questo racconto che non è la ciliegina sulla torta, mi sembra di più la torta sopra la ciliegina. Bene, mi ero detta, prudenza… intanto non vedi più la piaggeria disgustosa a Giuseppi e a Casalino, né le loro facce. Poi che mi sarei fatta un”opinione su Draghi e sulle condizioni che avrebbe messo per “disturbarsi” a presenziare il nostro governo, o quel che è,
    dopo averlo visto all’opera durante i primi fatidici cento giorni. Temo che me la dovrò fare molto prima. Grazie comunque al gen. Laporta, e a Tosatti, preferisco sapere, anche se ammetto di non essere ansiosa. Per il momento diffondo come posso.

  • Cesaremaria Glori ha detto:

    Chi è il nemico? Quello vero, si intende, perché dalla lettura fatta sembra che i nemici stiano ora da una parte e ora dall’altra al par degli amici. Da vecchio militare sono incline a fidarmi soltanto di notizie controllate e accertate. Grazie comunque per quanto ci ha riferito. Molto interessante ma avvilente sul piano morale e cristiano

    • Iginio ha detto:

      Notizie controllate e accertate: come quelle secondo cui Ippolito Nievo sarebbe stato fatto fuori con un naufragio architettato?
      Eh, che pazienza…

      • PIERO LAPORTA ha detto:

        Igino, ho parlato io di Ippolito Nievo? Sarebbe lecito sospettarla di cialtronaggine se non desse una spiegazione plausibile della sua sortita. Confido tuttavia che lei possa dare tale spiegazione. Aspetto.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Per favore mi dica quale dei fatti riferiti è falso o impreciso. Sarò felice di emendarmi.
      Un cattolico non può mentire; mai. Mi sforzo di essere cattolico. Se involontariamente avessi propalato falsità, le sarei davvero grato se mi consentisse di correggermi. Grazie.

  • Donna ha detto:

    Avrei preferito leggerlo per intero, non “a puntate ”
    Di estremo interesse . Grazie

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      a mio avviso Marco ha fatto bene a dividerlo in due puntate,
      Sono nove pagine fitte. Quando leggerà la seconda tenga la prima aperta in un’altra scheda.

  • Luca Monforte ha detto:

    Quindi il “Conte 2” cade a motivo delle deleghe sui Servizi Segreti che Renzi a chiesto e Conte non ha voluto concedere.
    Ma mi sfugge – in sintesi – il motivo ultimo…
    Mentre la storia che le elezioni USA del 2020 siano state “truccate” dall’Italia non risponde al vero; come non risponde al vero la “battaglia” di Francoforte per accaparrarsi i Server informatici.
    Ho capito bene?

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Di certo né D’Urso né D’Elia mi paiono adatti a instradarci verso la verità

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      dimenticavo… la c.d. battaglia di Francoforte è servita solo a illuminare Francoforte dove non c’è stata alcuna battaglia.

  • PIERO LAPORTA ha detto:

    mandi il link così lavora meno e dà pubblicità a SC 🙂

  • Gian ha detto:

    Molto chiaro e dettagliato. Un sentito grazie al Gen. Laporta. Abbiamo bisogno di sapere e capire. Che Dio la benedica generale, non vedo l’ora di leggere la seconda parte.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Grazie a lei. Per favore intanto diffonda questa, a tutti proprio tutti i suoi amici, prima che il nemico si svegli 😉