De Vito. Era Mezzanotte, e il 2020 Rotolò Addosso a Noi, Inconsapevoli.

1 Gennaio 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Benedetta De Vito condivide con noi i ricordi di una notte dell’ultimo dell’anno, prima che accadesse tutto…Buona lettura, e Buon Anno Nuovo da Stilum Curiae. 

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C’era una luna grande, rotonda, di latte e sogno, c’era un cielo ricamato di stelle e tanto pesante e profondo da parere addormentato, c’era la neve, scintillante, tutt’intorno, a ricoprire i dolori della terra, e c’ero io, affacciata alla finestra, che attendevo, come ogni notte di San Silvestro, il nuovo anno. Ogni tanto, in lontananza, udivo scoppiare un petardo e il rumoretto, incendiato di luce, sollevava un bagliore, danzava nell’aria e poi affogava nel silenzio d’argento dell’intorno. Un cane abbaiava infastidito. Alle mie spalle, nel salone caldo, avvertivo il caro sapore di festa. Qualcuno chiacchierava, altri ballavano, si mangiava, si rideva, una musica lontana accarezzava l’aria perdendosi in mulinelli laggiù. Sapevo che alla Mezzanotte ci sarebbe stato il brindisi, abbracci, baci, auguri e che, poi, al giorno dopo, l’anno ancora in fasce avrebbe srotolato i suoi giorni calzando le scarpe quotidiane dell’anno appena trascorso e sarebbe arrivato, già vecchio e stanco, col sacco pieno di fatti belli e brutti, nella sua breve vita, al traguardo, prendendo per mano il piccino che l’avrebbe seguito nel destino comune. E così via per i tempi a venire, in delizioso serto di rose e di speranza, di carbone e torrone.

E poi, d’un tratto, è arrivato il 2020 e nessuno, o almeno non io, si sarebbe aspettato un cambio così repentino: il mondo rotolato al contrario, la luna per terra, in cielo le scarpe vecchie del 2019 ancora da consumare. All’improvviso ci hanno chiusi in casa, ci hanno messo una maschera sul muso, ci hanno detto che abbracciarci è sbagliato, che stare insieme è “assembramento” (una parola che ha in sé un arcaico senso di peccato mortale…), ci hanno tolto la Santa Messa di Pasqua. Ci hanno detto che sarebbe passato presto, che ci voleva pazienza e che tutto sarebbe finito in un batter d’ali di farfalla. E invece siamo ancora qui, chiusi in casa, con la maschera sul muso, ad ascoltare, giorno dopo giorno, le litanie dei telegiornali tutti uguali, con cifre sparate (e mai controllate con carte e documenti), con minacciosi proclami di questo o quel virologo, con continui cambi di rotta, apriamo, chiudiamo, aspettiamo, non si può fare questo e non si può fare quello. E con la minaccia di multe salate per i trasgressori, Per chi, cioè, vuole respirare senza mascherina e sgranchirsi le gambe: pericolosi criminali…

E i frutti di questo giro di vite che strozza l’amore (“l’amor che move il sole e l’altre stelle”, come stupendamente scrive Dante nel suo “Paradiso”) si sono presto visti. Occhi torvi che si affacciano dal balcone della mascherina, nonne che hanno “paura” dei nipotini, ed ecco, oddio non posso crederci, ridiventar vivi e veri gli “untori” di manzoniana memoria! Ora è “colpa” dei ragazzi che fanno un poco di vita notturna, ora dagli a chi torna dall’Inghilterra, e poi è colpa dei bambini che sono portatori sani del virus. In un balletto di odio che ricorda, per davvero, il processo agli untori di cui racconta Alessandro Manzoni nella sua “Storia della colonna infame”. Eccoci, dunque, nel 2020 , che non è l’anno del Covid 19, come si potrebbe pensare, bensì l’anno dei frutti amari di un mondo che ha dimenticato l’amore e il suo Motore Eterno, cioè Dio, nello splendore radioso della Trinità. Io, che sono credente e che vivo nella grazia del Signore, so benissimo che quando Lui chiama, mascherina o non mascherina, Covid o non Covid, bisogna andare. Andrò io e tutti perché, anche se si fam le capriole tra le nuvole per nasconderlo, la morte c’è, è l’altra faccia della vita e tutti quanti, ricchi, poveri, belli, brutti, un giorno saremo da lei cullati e portati via…

Ma ora basta con la filosofia e torniamo a quella sera di luna e neve in cui me ne stavo affacciata alla finestra mentre dietro di me si faceva la cagnara della Mezzanotte. Ero lì, dunque, ancora ragazza, in una bella villa di Cortina d’Ampezzo a festeggiar con altri, ragazzi come me, l’anno nuovo e me ne stavo un poco ritirata, da parte, come facevo a volte quando il chiasso mi portava lontano dal sentiero alpino interiore che seguivo, ignara allora e che mi ha condotto sempre per la via. Mi sento chiamare, mi giro e mi trovo naso a naso con un famoso giornalista di nome Luca (il cognome lo tengo per me). Era un uomo di una certa età per me di allora,  magro, con il naso aquilino, i capelli a cespuglio, un niente di ché ma interessante. Mi chiese soltanto se avevo le calze rosse. Sorrise al mio diniego e mi disse che così sciupavo la magia del Capodanno e che ci avrebbe pensato lui a correre ai ripari. Mi fece promettere che lo avrei aspettato. Promisi al vento.  Sparì e io, girata verso la luna, ritornai ai miei pensieri, mentre già qualcuno invitava a uscir fuori, a correre nel buio, a fare qualche fuoco d’artificio, a fare a pallate di neve. Uscii anch’io, dimentica della promessa di Mezzanotte. Poi fu solo freddo e risa e abbracci e casa. Il giorno seguente, scarponi ai piedi e sci sulle spalle, trovai sulla porta di casa un paio di calze rosse…

Non so che fine hanno fatto le calze di Luca. Ma esse, così semplici nel sogno che contengono di speranza viva per un futuro migliore, sono il mio augurio per l’anno che verrà. Che torni cioè a essere un anno come ce ne sono stati tanti sui nostri calendari, con il suo bel cesto di cose belle e brutte, con la luna in cielo, la neve intorno, il respiro della primavera nelle gemme verdi che sbocciano quando arriva il tempo suo. E poi l’esplosione dell’estate, nelle spighe d’oro che biondeggiano sui campi di sole. Che poi venga l’autunno con i suoi colori d’arancio e oliva e che l’Inverno riporti il dolce Bambinello, il Presepe, e anche il Capodanno. E che, come feci io con le dolci calze rosse di Luca, possiamo dimenticarci delle mascherine, degli assembramenti e di questo 2020 a capo in giù, segnato dal mondo alla rovescia raccontato da Giuseppe Cocchiara nei suoi bei libri sul Carnevale…

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10 commenti

  • ALESSANDRO ha detto:

    Lo stile è molto poetico, certamente Benedetta sa dipingere il gusto delle sensazioni regalate dalle piccole cose che i festeggiamenti di Capodanno hanno sempre portato con sè.
    Sa scrivere sicuramente molto bene, sembra una prosa a tratti quasi ottocentesca (ed è un complimento): quel che è capitato da lì a due mesi dopo, nessuno di noi se lo sarebbe mai immaginato.
    Proprio perché questo resoconto interiore è molto bello, io mi limiterei ad aggiungere una piccola riflessione: l’augurio che gli anni prossimi tornino ad essere come quelli che abbiamo vissuto “col cesto di cose belle e brutte, la luna intorno, la neve..” ecc è un’auspicio che tutti abbiamo, ma credo che sia illusorio. La mia sensazione è che, con questa pandemia, si siano messi in moto dei processi fortissimi, politici ma oramai anche culturali (basti vedere il concetto di rapporto, di comunicazione, di relazione..quasi stravolti dall’uso della videochiamata, dello “stare a distanza”, del lavorare la casa per chi può farlo) dai quali, secondo me, ben difficilmente si tornerà indietro. E non lo dico nè con pessimismo nè, peggio, perché mi piacciono questi processi: il mondo che ci si sta squadernando davanti è molto più brutto di due anni fa, e mi sa che la china dei prossimi anni è quella che è stata presa. Ma è qui che, secondo me, si inserisce la testimonianza di noi cristiani, fatta più con l’esempio che con i discorsi: riuscire a scorgere il bene ed a ringraziare il Signore anche dentro questa circostanza, come secondo me ha ben detto il Papa 3 giorni fa, senza limitarci a lamentarci per tutto quello che ci è stato tolto, ma cercando di vivere la positività di essere col Signore anche dentro questa circostanza. Che non vuol dire essere nè succubi di quel che ci dicono tutti i media ma nemmeno lamentarci continuamente e rimpiangere “com’eravamo prima”: anche perchè, limitandosi alla seconda, che facciamo di straordinario? “Fanno così anche i pagani”, cioè chi non ha conosciuto Dio. Secondo me la sfida è di essere positivi, cioè pieni di speranza, anche dentro il mondo, certamente folle, che si sta formando: certamente giudicarlo alla luce della vera fede ma con positività. Del resto, le generazioni che ci hanno preceduto hanno vissuto drammi più spaventosi del Covid, e non dico questo, di nuovo, per giustificare la mentalità che ci vuole chiusi e paurosi di fronte al Potere, ma lo dico come stimolo per vedere dove stanno la nostra fede e la nostra speranza, che, se sono vere, vivono in tutte le circostanze della vita, sia favorevoli che tragiche.
    Forse avrò un pò divagato, ma questo bel racconto m’ha suscitato questo tipo di riflessione.

  • Antonella ha detto:

    Brava Benedetta!
    Una penna che regala la bellezza della scrittura, capace di indugiare sulle emozioni, restituendo attraverso i ricordi un mondo fatto di piccoli gesti importanti, scrigni di umanità che custodiamo nel cuore.
    Ci auguriamo non finiscano mai …..
    Tanti auguri!

  • Roberto Ceccarelli ha detto:

    L’episodio delle calze rosse non lo trovo ne carino ne gentile ma assolutamente pacchiano, inopportuno e di cattivo gusto.

    • : ha detto:

      Beh, dài!… non siamo così severi il primo dell’anno! Il racconto peraltro è bello, ben scritto e dice cose giuste nel raffronto che fa con questo Capodanno, che contrariamente agli anni passati anziché un’aspettativa gioiosa per l’imminente che si apre davanti prospetta timore nei confronti di un futuro prevedibilmente fosco. Certo che se Luca fosse stato un po’ meno… grossolano (in questo le dò ragione) anziché un paio di calze rosse le avrebbe offerto un mazzolino di stelle alpine (in verità specie protetta, e quindi da non cogliere).

      La brava Benedetta dev’essere giovane: da quel che capisco sembra che ritenga una tradizione indossare qualcosa di rosso il primo giorno dell’anno. Non è colpa sua perché molti lo dicono e lo fanno. In un’epoca in cui incominciando dalla rivoluzione sessantottina si è finito col mandare al macero millenarie tradizioni, e con esse tutte le istituzioni che sono alla base di una Società incominciando dalla famiglia, ecco che invece vengono accolte usanze, che nel giro di pochi anni passano per tradizioni, importate da altri paesi (se qualcosa di buono quest’anno ci ha fatto il Covid 19, ci ha risparmiato la truce mascherata di Halloween).

      Questa storia dell’indumento rosso da indossare a Capodanno non è un’usanza del nostro Paese; semmai si usava inaugurare qualcosa di nuovo (non rossa!) secondo le possibilità economiche: una camicia, una cravatta, fosse anche un fazzoletto. Tutto qui: qualcosa di nuovo in armonia con l’anno nuovo. La roba rossa per Capodanno proviene forse dai paesi nordici. Nei paesi nordici amano molto il rosso, probabilmente perché è un colore caldo che fa da contrasto col freddo in cui sono costretti a vivere. Bel colore peraltro il rosso, ma che richiede buon gusto nell’applicarlo, perché molto facilmente si scivola nel pacchiano, per usare il termine di Roberto.

      Ho sentito che con l’approssimarsi del Capodanno gli esercizi di lingerie fanno affari d’oro col vendere indumenti intimi rossi (probabilmente non quest’anno per ovvî motivi). Tutto sommato a Benedetta andò bene, che Luca si limitò a regalarle un paio di calze.

  • Claudio Ascolti ha detto:

    Complimenti a Lei, Benedetta di nome e di fatto, che ci propone una riflessione non banale, delle immagini già dentro di noi e ripescate dalla sua abilità descrittiva.
    Sopra tutte mi colpisce il significato dato da Lei alla morte, in questo periodo di guerra, di malattia e di perduto orizzonte, di
    incertezza, di confusione e di nessun orientamento.
    La Chiesa un incerto barlume, un faticoso comparire, talora sommesso, talora solo un flebile dire , la’ dove avrei atteso incitazione a vigoroso coraggio, un richiamo non rituale ad una
    Fede forte, corroborante, salvifica, richiamo alla Sua storia potente ed eterna.
    I politici non elevati, ma confusi, piccini e pettegoli, tra loro combattenti come formiche impazzite, guide mancate, non certo statisti da ricordare domani. Anzi, forse domani li ricorderanno come i responsabili della nostra caduta…
    Le cosiddette Nazioni: non hanno certo dato prova di fratellanza, di comunità, di generosità e non solo sulla pandemia, ma anche sulla solidarietà, sui migranti, sulla Carità.
    Dunque il Suo racconto ci fa riflettere : se andremo avanti in questo modo, non solo vivremo da zufoli, occuperemo la storia senza fare la storia, non ci resterà che morire, spegnerci, lasciandoci portar via, lasciandoci cullare…. e non avremo nemmeno le calze rosse.
    Grazie Benedetta, scusi.
    Auguro Buoni Anni, Speriamo che cambierà.

  • antonio cafazzo ha detto:

    “Sogno … di speranza viva per un futuro migliore”?

    Prima lettura della liturgia di oggi venerdì Uno Gennaio 2021.
    “Popolo mio di ex-figli.
    Vedo che avete più FEDE in Pfizer che in Me.
    Vedo che avete più SPERANZA nel vaccino che in Me.
    Vedo che avete più AMORE per il vostro corpo e la vostra economia…
    Ed allora vi dico:
    Il vostro 2021 sarà peggiore del 2020.
    Oracolo del Signore”.

  • anonimo ha detto:

    Imperdibile articolo di estrema attualità, da non lasciarselo sfuggire :
    http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3693_Stella_Guerra_dei_vaccini.html (la battaglia preternaturale sui vaccini antiCovid)

  • Enrico Nippo ha detto:

    ” la morte c’è …, un giorno saremo da lei cullati e portati via…”

    E cosa ci porteremo dietro?

    Non è una domanda da poco, a cui rispondere con le solite risposte canoniche.

    • Valeria Fusetti ha detto:

      “Ave Maria (…) prega per noi peccatori ora e nell”ora della nostra morte. Amen “. Saranno queste sue mani gentili, che hanno lavato e avvolto nelle fasce il dolce Bambinello, che hanno tritato il grano ogni giorno per la focaccia dei suoi uomini occupati a piallare, che hanno tessuto le tuniche da indossare, che hanno unito le manine di Gesù nella preghiera, che ci accoglieranno, per accompagnarci da suo Figlio. Ed alzando lo sguardo incerto vedremo il suo incantevole viso che sorride rassicurante, come sorrideva al Figlio piccino quando si dava una martellata sulla mano, baciandola e ” soffiando via” il male. Ed allora in tutta la sua potenza ci sarà chiaro quale miracolo d’Amore ha fatto la Vergine Santa, accettando come figli e figlie coloro i cui peccati avevano inchiodato sulla Croce il suo unico Figlio, e con Lui il suo cuore Immacolato. Madre ! diremo e sarà tutto, in eterno, in novità di Vita.

      • Ali ha detto:

        Bello l’articolo di Benedetta De Vito: col passato lontano, e il passato recente -ma già così tanto lontano- di prima di questo virus di follia, ben descritti nel sapore del sogno; e il presente e il futuro visti come sono, nella loro realtà di incubo. E bella anche la riflessione di Valeria Fusetti.