Cattolibri. Cattolici, Fate Qualcosa di Sovversivo: Leggete un Libro Cattolico.

28 Dicembre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, mons. Athanasius Schneider invita i blog cattolici – che ritiene strumento della Provvidenza, in questa temperie epocale – a pubblicare non solo le cattive notizie, che, ahimè abbondano, ma anche ciò che di buono avviene nella Chiesa. Il post di oggi risponde proprio a questa richiesta: si parla di un’iniziativa molto interessante, Cattolici. Buona lettura. 

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Cattolibri: Qualcosa di buono in libreria

 

In un mondo sempre più lontano da Dio e dai libri, leggere libri cattolici diventa sempre più un atto sovversivo. Ma per quanto sia necessario nutrire l’anima con buoni libri, è (purtroppo) necessario fare un buon discernimento su cosa leggere, districandosi tra la bulimica produzione delle case editrici cattoliche. Le proposte sono numerose, eccessive. Negli ultimi anni – escluso per motivi di forza maggiore il primo semestre di questo anno – l’editoria cattolica ha incrementato notevolmente la quantità di proposte senza che a ciò corrisponda necessariamente un incremento della qualità della produzione. C’è inoltre da considerare un altro aspetto, doloroso ma reale. Le divisioni, sempre più nette e marcate, all’interno del mondo cattolico non aiutano molto i lettori visto che alcuni autori, alcuni editori o alcune tematiche subiscono spesso qualche forma di censura o di ostruzionismo nelle librerie cosiddette cattoliche.

Da qui l’idea, qualche anno fa, di aprire un account su Twitter dedicato a suggerire alcuni “cattolibri” degni di nota (account: @cattolibri) e ora l’idea (anche in prossimità di questo Natale) di suggerire qualche titolo che forse (per diversi motivi) non di troverà esposto in primo piano nelle nostre care (e rare) librerie cattoliche.

Sostenere la “buona stampa” è sì un modo per nutrire la propria anima, formare la propria coscienza, progredire nella conoscenza della verità e crescere nella fede, ma anche un modo per sostenere quegli autori ed editori schiacciati da una crisi (culturale ed editoriale) che rischia di farne merce rara in un panorama intellettuale sempre più desolante. Ecco dunque alcuni nuovi “cattolibri” particolarmente degni di nota.

  1. Grazia Ruotolo e Luciano Regolo, Gesù pensaci tu. Vita, opere, scritti & eredità spirituale di don Dolindo Ruotolo nel ricordo della nipote, Ares 2020 (pp. 270, € 16,00)

Negli ultimi anni è cresciuto sempre più l’interesse per la figura e il messaggio di don Dolindo Ruotolo, sacerdote napoletano vissuto tra il 1882 e il 1970. È curioso notare quanto si sia diffusa la devozione a questo santo sacerdote in terra polacca, dove sono stati recentemente pubblicati numerosi testi biografici, raccolte di scritti spirituali e preghiere. Ciò è forse dovuto al fatto che fu proprio il sacerdote napoletano, ispirato dalla Madonna, a profetizzare nel 1979 la fine del comunismo grazie alla Polonia ed in particolare ad un suo figlio che «con marcia eroica spezzerà le catene oltre i confini imposti dalla tirannide comunista». Fino a poco tempo fa, in Italia era pressoché impossibile trovare i suoi scritti (tra cui i preziosi commenti alla Sacra Scrittura), custoditi dai Francescani dell’Immacolata e stampati dalla loro Casa Editrice Mariana (piccolo editore impossibile da trovare nelle librerie). Ecco perché la scelta dell’editore Ares di pubblicare un libro su don Dolindo a cinquant’anni dalla sua morte è tanto lodevole quanto editorialmente azzeccata. Si tratta della prima biografia completa di uno dei più grandi mistici della nostra epoca, contemporaneo di Padre Pio col quale fu in stretto contatto e col quale condivise alcuni fenomeni mistici di grande rilievo come episodi di bilocazione e lotte intestine contro il demonio. Il volume, scritto dal giornalista Luciano Regolo (biografo di Natuzza Evolo) con la collaborazione di Grazia Ruotolo nipote di don Dolindo, contiene una ricca documentazione fotografia, assieme a testimonianze dirette di chi ha conosciuto don Dolindo e citazioni di lettere, opere e documenti di primo ordine per conoscere da vicino il protagonista, il suo pensiero e il suo messaggio profetico. Di lui padre Pio disse: “Niente di quanto è scaturito dalla penna di don Dolindo deve andar perduto”.

  1. Aa. Vv., Chiesa sotto accusa. Un commento agli Appunti di Benedetto XVI. (pp. 312, €20,00).

A settembre del 2018 papa Francesco convocò in Vaticano i presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo per un Summit dedicato agli abusi sessuali operati all’interno della Chiesa. L’incontro si svolse a febbraio del 2019. Nell’aprile di quell’anno il papa emerito Benedetto XVI decise di contribuire al dibattito pubblicando sul giornale tedesco Klerusblatt un testo destinato a far più rumore degli stessi interventi del vertice vaticano. I cosiddetti “Appunti” del papa Emerito furono accolti con stupore e con sorpresa ma generarono le reazioni scomposte di chi ha considerato l’intervento di Benedetto un affronto al Pontefice regnante e una intromissione nella Sua gestione (ed interpretazione) della crisi degli abusi sessuali. Reazioni stizzite e rabbiose quelle di coloro che avrebbero preferito un Emerito in religioso silenzio per il resto dei suoi anni. Eppure non sarebbe l’ultima volta che papa Benedetto avrebbe deciso di intervenire pubblicamente su un tema di fondamentale importanza contribuendo con le sue riflessioni al dibattito intra-ecclesiale: nel gennaio 2020 il suo testo sul celibato, pubblicato assieme al card. R. Sarah fu considerato da molti suoi nemici un “attentato” teologico al dibattito in corso durante il Sinodo dell’Amazzonia (conclusosi, da quel punto di vista, con un nulla di fatto).

La sterile polemica sugli Appunti contribuì a derubricare i fatti come semplici bagarre clericali e ad far passare quasi inosservato un testo che merita ben altra considerazione. Il testo di Benedetto XVI resta un’acuta e profonda analisi dei motivi che stanno alla radice di quello che l’Autore definisce il progressivo “collasso morale” che ha coinvolto la società e la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Il nucleo degli Appunti è racchiuso nell’appello pressante per un ritorno a Dio, ad “anteporlo e non presupporlo”, perché Dio rischia ormai di scomparire dalla nostra società ma anche dalla teologia e dalla vita dei sacerdoti. Ritrovare col primato di Dio per rispondere alle sfide del permissivismo o della logica funzionalistica, che dopo la rivoluzione sessuale del 1968 ha investito l’Occidente. Un testo acuto e documentato, un appello impellente, frutto della riflessione di uno dei teologi più rappresentativi degli ultimi decenni, un sincero contributo di colui che per otto anni ricoprì il soglio di Pietro… eppure un testo che fino ad oggi non sembra aver meritato l’attenzione dei teologi né degli esperti di categoria.

Ecco dunque la meritevole iniziativa dell’editore Cantagalli di offrirci un commento a più voci del testo del papa Emerito. Nel volume “Chiesa sotto accusa”, curato da Livio Melina e Tracey Rowland, sono raccolti (oltre al testo integrale degli Appunti) diversi saggi scritti da esperti di grande spessore teologico e culturale come il card. Ruini e i professori dell’Istituto Giovanni Paolo II di Roma: Granados, Noriega, Pérez-Soba e Kampowski. Non poteva mancare il prezioso contributo di don Fortunato di Noto che da anni combatte sul campo la piaga della pedo pornografia. Mentre la professoressa Gabrielle Kuby, sociologa tedesca autrice dell’imperdibile “Rivoluzione Sessuale”, offre un’ulteriore analisi delle disastrose conseguenze del sessantotto anche all’interno della Chiesa Cattolica. Contribuiscono ad impreziosire l’opera i testi dei vescovi G. Crepaldi, S.J. Aquila, J.A. Reig Pla, R. Voderholzer, di H.-B. Gerl-Falkovitz, A. Diriart, F. Pesci, J. Saward, P. Syssoev e N. Bux.

  1. John O’Malley, Quando i vescovi si riuniscono. Un confronto tra i concili di Trento, Vaticano I e Vaticano II, Vita e Pensiero 2020 (pp. 130, € 15,00).

Dopo aver pubblicato tre monografie sugli ultimi Concili della Chiesa Cattolica gesuita John W. O’Malley, docente di storia della Chiesa alla Georgetown University di Washington, presenta questo breve saggio intitolato “Quando i vescovi si riuniscono”. Pubblicato dalla Belknap Press nel 2019 (un delizioso volumetto tascabile color rosso cardinale, rilegato in hardback) ed ora tradotto in italiano da Vita e Pensiero (formato tutt’altro che attraente come l’originale), il saggio ripercorre i temi fondamentali che legano il concilio di Trento, il Concilio Vaticano I (di cui quest’anno ricorrono i 150 anni) e il Concilio Vaticano II.

Ripercorrendo più di 450 anni della storia moderna della Chiesa Cattolica, O’Malley esamina le preoccupazioni e le sfide più pressanti dei vescovi riuniti in Concilio. Così facendo analizza l’evoluzione stessa della Chiesa negli ultimi secoli proponendo una prospettiva che guardi al futuro e ad un eventuale nuovo Concilio Vaticano. Gli argomenti affrontati sono cruciali per la comprensione dei Concili ma anche della Chiesa stessa, della sua missione, del suo modus operandi nell’affrontare le sfide della storia e della sua autocomprensione. Nella prima parte l’autore affronta tre grandi problemi che – come si afferma nella conclusione – “non possono trovare una soluzione definitiva”: in primo luogo si domanda quale sia il compito, il ruolo e la missione di un Concilio e quali forme e procedure debba adottare per svolgere la sua funzione, sia essa legislativa, dottrinale o pastorale Dai concili prettamente disciplinari dei primi secoli (convocati sul modello del Senato romano, come quello di Nicea per risolvere autorevolmente controversie di ordine teologico) all’ultimo Concilio con intenti “pastorali”. La differenza di evince anche dal linguaggio e dal tono delle dichiarazioni e decreti (cap. 1: Che cosa fanno i concili?); si affronta poi la questione della mutabilità della dottrina (aggiornamento, sviluppo o ressourcement) in un’istituzione “per definizione conservatrice” (cap. 2 La dottrina della Chiesa cambia?); infine emerge la questione del potere decisionale (collegialità e gerarchia)  tra vescovi, papi e concilio (cap. 3 Chi comanda?). La seconda parte del saggio è dedicata ai protagonisti dei tre Concili, il loro ruolo e contributo nelle assise ecclesiali: papi, vescovi, teologi e laici, ognuno secondo il suo ruolo e la sua funzione, hanno lasciato il segno in ogni Concilio. Dal testo emerge chiaramente l’impatto dirompente che ebbe il Vaticano II nella sua specificità che lo contraddistingue e lo caratterizza, che lo rende unico rispetto a tutti i precedenti Concili.

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33 commenti

  • Nicola Buono ha detto:

    Ecco cosa scriveva San Giovanni Bosco nel 1885 sulla DIFFUSIONE DEI BUONI LIBRI.

    https://www.monasterovirtuale.it/giovanni-bosco-diffusione-della-buona-stampa.html

  • Iginio ha detto:

    Anche gli Ortodossi sono alle prese con lagne pseudopastorali analoghe a quelle bergogliane:
    https://frjohnpeck.com/a-review-of-the-foreword-by-metropolitan-kallistos-ware-to-the-latest-issue-of-the-wheel/

  • anonimo verace ha detto:

    Potremmo aggiungere alla lista anche due piccoli libri che mi sembrano essere in sintonia con il Vangelo ?
    Incominciamo dal più semplice . E’ stato pubblicato per la prima volta nel 1957 (tale è la data del copyright) . Si tratta di
    LOUS DE WOHL
    LA LANCIA DI LONGINO.
    Quella in mio possesso è la quinta edizione BUR del 2017.
    La rivisitazione dei quattro evangeli in chiave un poco romanzata, ma perfettamente coerente con la Parola della Scrittura.
    Adatta , a mio avviso, anche ad adolescenti delle scuole medie (ovvero 12-14 anni).
    Passiamo al secondo.
    Si tratta di un libro meno conosciuto, ma cercando in internet se fosse ancora reperibile, o trovato molte recensioni. Dire entusiastiche è dire poco.
    L’autrice è Elena Bono.
    Il titolo è
    LA MOGLIE DEL PROCURATORE
    Fu pubblicato inizialmente (anni 50 del secolo scorso) da Garzanti, in un libro in cui era compreso anche un altro racconto, ma meno affascinante . Titolo del libro ” La morte di Adamo”. E’ stato ripubblicato da Marietti nel 2015 col titolo appunto scritto sopra.
    La moglie del procuratore è Claudia Procula, moglie di un certo Ponzio Pilato, e personaggio che compare di sfuggita nei Vangeli, ma che la leggenda narra appunto che sia diventata santa ed onorata da alcune chiese cristiane. Il libro immagina un lungo colloquio , a Roma, con Ponzio già defunto, prima con intellettuali dell’epoca e, poi, da soli, Claudia con Seneca… E qui si parla appunto del desiderio di Claudia di incontrare Paolo di Tarso , in quel periodo prigioniero a Roma. Riflessioni anche filosofiche, destinato ad un pubblico più adulto e con qualche conoscenza filosofica.

    • anonimo verace ha detto:

      ho trovato molte recensioni…
      Cara befana, mi porti un computer nuovo ? e, per favore, ricordati della stampante…

  • Iginio ha detto:

    La cosa divertente – si fa per dire – è che don Dolindo era fermamente antimodernista ma la sua polemica contro i gesuiti dell’Istituto Biblico – che non l’hanno certo perdonato per questo – fu fermata da un’enciclica di Pio XII, la Divino Afflante Spiritu.
    Inoltre don Dolindo era a favore della messa vespertina nonché, udite udite, della liturgia in lingua corrente e non più in latino.
    E questo i francscani dell’Immacolata si dimenticavano di dirlo, nella loro pur per altri versi meritoria opera di ripubblicazione delle opere del santo sacerdote napoletano. Come anche non ne parla De Mattei quando cita don Dolindo.
    A conferma che i sedicenti “tradizionalisti” fanno discorsi puramente ideologici e retorici ma sganciati dalla realtà.
    Il libro di Regolo è meritevole nel voler ricostruire un quadro completo della vita di don Dolindo. Ma è reticente laddove dovrebbe trattare delle persecuzioni subite da lui e della sua polemica circa l’interpretazione della Sacra Scrittura. Chiaramente vuole “normalizzare” la figura di don Dolindo Ruotolo così sgradita ai gesuiti. In quest’ottica rientrano anche i patetici commenti della nipote Grazia che si dichiara entusiasta di papa Francesco che se n’è andato dai Palazzi vaticana e si è trasferito nella “semplice” Casa Santa Marta: secondo lei questo sarebbe in sintonia con l’appello di don Dolindo alla povertà e la sua vita all’insegna di essa.
    In realtà il povero don Dolindo non ha nulla a che spartire coi rigurgiti anni ’70 di Bergoglio né con la demagogia e il modernismo che oggi dominano il Vaticano.
    Don Dolindo Ruotolo era un santo e come tale lo veneriamo, anche se non ancora proclamato nemmeno beato, indipendentemente dalle strumentalizzazioni e dai fanatismi modernistici propri di ecclesiastici che hanno ormai perso la fede in Dio Uno e Trino e preferiscono credere allo “Spirito” di Hegel.

  • MASSIMO S ha detto:

    Trovo ottimi alcuni suggerimenti dati nell’articolo a proposito di “libri cattolici”, ma mi stupisco di trovarvi anche un testo di Carlo Molari che ho sempre fatto fatica a considerare come un teologo cattolico dato che, tra l’altro, su La Rocca, scriveva che in fondo il dubbio se Gesù fosse vero Dio rimane. E’ anche uno degli assertori che la transustanziazione nell’Eucarestia non è razionale, ma che la presenza di Cristo in Essa è reale in senso simbolico, tanto che viene definita come transignificazione. Autore poi di tanti altri articoli sempre … contro corrente.

  • : ha detto:

    E’ quel «catto» che dà fastidio, suona male. Ogni volta che viene abbinato ad un altro termine quasi sempre esprime qualcosa di molto poco “catto”, se non addirttura “anticatto”. Ci vuole tanto a scrivere «Libri cattolici»? In questa “civiltà” della logorrea (e “graforrea”) che caratterizza la nostra epoca, è possibile che per risparmiare poche lettere (dell’alfabeto) bisogna ricorrere a questi (oltretutto ineleganti) neologismi composti con l’unione di più parole?

  • Padre Erminio ha detto:

    Ovviamente Tosatti ha omesso di segnalare che gli “appunti” del Papa Emerito sono pienamente condivisi dal Papa Regnante che li ha fatti pubblicare più di un anno fa da Cantagalli, insieme a suoi interventi e prefazione di padre Lombardi. Chiaro che Tosatti, con la scusa di dire anche cose positive, cerca comunque di mettere zizzania anziché toglierla. Satana, il suo datore di lavoro, gli avrà promesso una laurea 13esima?

    • Marco Tosatti ha detto:

      Caro padre Erminio, temo che il tipo con coda e corna abbia ben altri amici ed alleati, non pochi dei quali dovrebbero combatterlo. E invece…quanto alla zizzania, direi che se qualcuno da anni lavora per dividere la Chiesa, non sono certo io. Perché da prete quale dice di essere spargere menzogne?

    • : ha detto:

      «gli “appunti” del Papa Emerito sono pienamente condivisi dal Papa Regnante che li ha fatti pubblicare più di un anno fa»

      Immagino che tra gli “appunti” di Benetto XVI più «pienamente codivisi» da Bergoglio, e quindi presenti nella pubblicazione, ci siano quelli del Memoriale che Benedetto XVI aveva preparato come contributo personale al vertice sugli abusi che si è svolto a Roma nel Febbraio 2019, che avrebbe dovuto essere distribuito ai vescovi presenti all’incontro, e invece non fu fatto.

      O mi sbaglio?

      • G.z ha detto:

        Si parla proprio di quelli. Sono entrati nelle librerie a doppia firma Francesco/Benedetto per Cantagalli. Anch’io ho trovato strano che Tosatti non lo abbia scritto.

        • : ha detto:

          Beh… Anziché farli “entrare nelle librerie” avrebbe dovuto metterli a suo tempo nelle mani dei vescovi riuniti nel “vertice sugli abusi”. Indubbiamente avrebbe dato una svolta (non voluta dai registi) al vertice stesso. Ma considerando la frequenza alle letture (di libri) dell’ “uomo telematico” di oggi… è stato più prudente farli uscire di là e farli “entrare nelle librerie”, confidando (non a torto) che restassero segregati lì.

    • padre Inferiore ha detto:

      mò padre Erminio caro , da buon francescano vedo che lei ha adottato la Regola originale di sanFrancesco , quella di diffidare dalla lettura dei libri , che corrompono. Ma lei magari non sa neppure leggere ? e la mail a StilumCuriae l’ha scritta per lei un padre francescano di Assisi , quelli che sanno leggere e scrivere e si sono eccitati a leggere Fratelli Tutti ?

  • Enrico Nippo ha detto:

    Personalmente, ho finito di leggere libri e sono passato a leggere me stesso, per scoprire che i libri che ho letto non hanno chiarito neanche un po’ la situazione esistenziale in cui mi trovo ad un’età non proprio veneranda ma certamente in fase avanzata. Non da oggi ho cominciato a rendermi conto che tutti i libri del mondo non aprono nemmeno uno spiraglio sulla Verità ed anzi lo ostruiscono. Per dirla tutta, di quello che scrivono gli altri non me ne importa più nulla poiché vi ravviso montagne di parole che rispondendo a tutto non rispondono a nulla e lasciano il tempo che trovano se no peggiore di prima.

    In un intervento precedente dicevo così: certo che una vita sotto la mannaia di un castigo è una vita grama. Ed ora proseguo.

    A parte che si nasce per morire (e già questo fa pensare), si nasce anche per essere castigati, puniti. Una volta nati, infatti, non si può evitare il castigo. Più precisamente, non potendo evitare di sbagliare, non si può evitare la punizione. Chi sbaglia paga: cosa c’è da eccepire?

    Puoi pregare quanto vuoi e puoi cercare di comportarti bene quanto vuoi ma il castigo, in un modo o nell’altro, non lo eviterai, semplicemente perché, così sembra, non puoi evitare di sbagliare, cioè di peccare. Certo, ti confessi, ti batti il petto dicendo “per mia colpa” e reciti la preghiera di penitenza, ma la punizione non la eviterai.

    E dopo essere stato punito che fai? Muori.

    Si nasce per morire, si vive per essere castigati e si muore da castigati.

    Tutto quello che provoca dolore o scompiglio è castigo, è punizione.

    Uno nasce col peccato originale, lo battezzano, però le tendenze al peccato rimangono e quindi rieccoti il castigo. Qui il mio sconcerto è totale: col sacramento mi si toglie il peccato originale ma le conseguenze restano: davvero non arrivo a capire e la vedo come una fregatura. Se è il peccato originale la causa della caduta, una volta tolta la causa che altro si vuole? Come possono restare le conseguenze, pesantissime e spesso inspiegabili, di una colpa cancellata? È cancellata o no?

    In un modo o nell’altro la vita è una tribolazione che, manco a dirlo, è una punizione per gli errori, cioè per i peccati, sennonché il castigo non guarda in faccia nessuno e si scarica anche sui peccatori veniali con una sproporzione incomprensibile. Non credo di essere il solo ad aver conosciuto persone onestissime e che non hanno mai fatto del male ad una mosca ma punite da malattie pesanti o da morte prematura o da fallimenti sul lavoro e quant’altro. Avvenimenti che mi hanno sempre lasciato e tuttora mi lasciano basito. Il castigo, la punizione, la disgrazia davvero non guardano in faccia nessuno, e non c’entrano nulla con il grado di peccaminosità. Però non mancano i faciloni che ti parlano della “imperscrutabile volontà di Dio” e così mettono una pezza a colore su un argomento terrificante. E già, perché con la scusa della “volontà di Dio”, sempre imperscrutabile, si è costretti ad ammettere la provvidenzialità punitrice degli eventi più atroci.

    Non c’è scampo dal castigo. Una vita castigata è la miglior vita possibile! Roba da manicomio.

    Ma non finisce qui. Infatti alle punizioni si aggiungono le frotte di inquisitori che ti seppelliscono sotto una valanga di scomuniche, articoli canonici, sacre scritture, profezie, encicliche, pronunciamenti, e tutta una congerie di minuziosissime e articolatissime interpretazioni e dissertazioni da pasticche per il mal di testa e pillole per la depressione.

    Come dire: cornuti e mazziati.

    Il tutto, quasi che il moltiplicarsi indefinito e straripante delle parole avesse il potere di chiarire la situazione, mentre a me, che ormai sono fuori di testa, risulta proprio il contrario: le parole non uniscono ma dividono. Le parole non chiariscono ma confondono. Più ci si parla, si scrive e si legge e più non ci si ritrova. Tanto è vero che spesso si ricorre al compromesso (ipocritamente mascherato da “accordo”).

    Invece, ciò che unisce è il silenzio. La verità è nel silenzio. Il silenzio è la verità. La verità è fuori della testa che la pensa. La testa che pensa, parla e scrive disperde la verità in una girandola inarrestabile e inconciliabile di parole.

    Viene il sospetto o addirittura la certezza che il nascere stesso sia un castigo, ciò facendo pensare alla reincarnazione: se uno nasce a questa vita per essere punito vuol dire che in una vita precedente era meritevole di un castigo insufficiente alla completa espiazione, castigo che quindi continua anche in questa vita e molto probabilmente anche in quella successiva, e così via senza sapere quando il tragico giochetto avrà fine. Quindi si nasce e si muore finché la punizione non ha ottenuto l’espiazione perfetta. Insomma, una specie di purgatorio in terra.

    Ma no, dice qualcuno, quale reincarnazione! è il retaggio del peccato originale. E così la faccenda diventa ancora più sconcertante perché ci si deve accollare le conseguenze e quindi il castigo per un peccato commesso dal primo e comune antenato chissà quante decine di migliaia di anni addietro. È un po’ come se uno venisse mandato in galera oggi per un misfatto compiuto da un suo antenato vissuto nel medioevo. L’intenzione e l’azione dell’antenato diventano così anche la mia intenzione e la mia azione, ciò che mi farebbe ricorrere alla legge del karma ma me ne astengo per non far drizzare ancor di più gli aculei ai porcospini guardiani della dottrina, già messi in allarme dalla parola “reincarnazione”.

    Resta però il fatto inconfutabile che a chi viene al mondo spetta una vita grama, costellata di castighi della più svariata natura, dalla quale non può scampare. Brava persona o non brava persona, prima o poi si è puniti. Una vita umana senza castighi è inconcepibile. Castighi dai quali neppure i santi sono esentati.

    Chiaro che dev’esserci un elargitore delle punizioni. Senza un Giustiziere castigatore, infatti, si dovrebbe fare inevitabilmente ricorso al karma.

    Ovviamente, attendo il … castigo della scomunica da quanti, ripieni di santo e sdegnato fervore, mi metteranno prima all’indice e poi ad arrostire sull’immane catasta farisaica delle loro parole, ovvero sulla torre di babele di ammonizioni e citazioni della più disparata specie, retaggio dei libri letti, che riempiono e opprimono le loro menti fino a farle scoppiare, affinché la condanna si rovesci sull’eretico.

    • Pompeo ha detto:

      Caro Enrico, ho letto le tue riflessioni, il tuo sfogo, il tuo tormento. Non sto qui a tediarti con parole che sarebbero povere in ste stesse e non sono qui per convincerti, ma solo per abbracciarti nel dolore che vivi. Ti voglio dire che la VITA non è un castigo, ma semplicemente un ponte che ci proetta nella vera VITA che ci attende: la gioia del paradiso in cui contempleremo e ameremo quel Dio che ci attende con cuore e braccia aperte per tutta l’eternità. Sul ponte non possiamo costruire nulla, possiamo solo attaversarlo. Cristo Gesù, che è la Via, la Verità e la Vita, ci indica la strada e ci accompagna con amore e non sta accanto a noi per castigarci, perché la vera croce se l’è incollata Lui per noi. La nostra diventa leggera se la poniamo sulla Sua. Non mi dilungo oltre, ma ti invio una mia riflessione in poesia, dedicandotela, sperando che ti faccia piacere. Un abbraccio in Cristo, che ci dice continuamente: “Venite a me voi che siette affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò”

      VANGELO: REGOLA di VITA

      Figlio, gridai Amore, invocai Pace;
      mi offristi fiele e chiodi
      con cuore indurito.
      Annunciai Salvezza, offrii Me Stesso:
      una croce innalzasti per Me.
      Su di te mi chinai,
      mi annullai in te;
      vidi il tuo affanno,
      udii il tuo grido.
      Con dolcezza ti amai,
      ebbi di te compassione, mia creatura ferita;
      ti sposai custodendoti nel cuore.
      Nella Parola m’incarnai
      per illuminarti la Via.
      Seguimi, vedrai la Luce.
      Amami, vivrai di Me: la Vita.
      Ti parlai e invocai amore
      tracciato sul Mio cammino.
      Con umiltà e tenerezza chiedo a te:
      prestami la VITA,
      al fratello stanco l’offrirò;
      le tue mani donami,
      accarezzerò gli affranti cuori;
      offrimi il cuore,
      amerò, soffrirò con te, per te.
      Insieme abbracceremo il mondo
      che invoca AMORE,
      insieme spargeremo fiocchi di salvezza;
      saremo segno e strumento di PAROLA VIVA.

      Eccomi, seguirò Te, Signore.

    • MARIO ha detto:

      Enrico,
      ricordo quel tuo “vita grama…” in riferimento a presunti “castighi” di Dio o dell’Uomo…

      Dio crea ogni cosa sulla base di un progetto, regolato da leggi ben precise che ne garantiscono uno sviluppo armonico.
      L’UNIVERSO intero obbedisce deterministicamente a queste leggi.
      L’UOMO invece, creato a immagine e somiglianza di Dio (mistero immenso!), e quindi dotato di intelletto e volontà (libertà), è libero di obbedire o meno alle leggi stabilite da Dio per un’esistenza armoniosa, secondo il suo progetto (volontà).
      E’ naturale quindi che all’obbedienza corrisponda l’ordine e alla disobbedienza il disordine (= sofferenza).

      Ma poiché l’uomo conosce bene (mediante l’intelletto e la divina rivelazione) questa legge divina, la sofferenza non è tanto un “castigo” di Dio ma una libera scelta dell’uomo.

      Anche Adamo ed Eva erano stati preavvisati: se disobbedirete a questa legge (o ordine), ne pagherete necessariamente le conseguenze (tra l’altro, morte per voi e per le generazioni future). Quindi la morte si può definire castigo di Dio o scelta consapevole dei primogenitori?

      Un altro esempio: un padre dice al figlio: “Non andare sull’orlo del burrone, perché rischi di cadere e morire.” Se il figlio disobbedisce e muore, questa disgrazia si può definire un castigo del padre?

      E che dire della sofferenza dell’innocente, magari piccolo e inconsapevole?
      La sofferenza non ha solo funzione di “espiazione” (dei peccati propri), ma anche di “redenzione” (espiazione per gli altri).
      La ragione? Forse per non dare motivo a certi peccatori di recriminare davanti a Dio, nell’ultima ora, di essere stati da Lui maltrattati in vita.
      O magari, per una misteriosa legge di equilibrio tra bene e male, è richiesta anche la sofferenza dell’innocente, in quanto infinitamente più “espiativa” di quella del peccatore.

      Per concludere (forse sono stato troppo lungo…), la più bella definizione di “sofferenza” l’ho trovata nell’opera maggiore della Valtorta, quando Gesù dice agli apostoli:
      “La sofferenza è frutto del peccato, però se accolta come volontà* di Dio diventa il più potente strumento di santificazione.”

      (*) Dio vuole che al peccato corrisponda la sofferenza, per correggerci e quindi santificarci. Viceversa, l’umanità sarebbe già distrutta da un pezzo…

      W il Re! (dei Cieli…).

      • Enrico Nippo ha detto:

        Grazie, Mario.

        Ma perché FATALE disobbedienza e fatale sofferenza?

        Non poteva essere FATALE obbedienza e fatale felicità?

        Perché, fatalemente, la soluzione peggiore?

        Se è il Re che ha conferisce la libertà, perché in tale libertà è insito il germe della disobbedienza?

        Se tutto, assolutamente tutto è prima in Dio e poi nell’uomo, può l’uomo auto-contaminarsi col germe della disobbedienza?

        Tale germe sarebbe dunque una creazione dell’uomo? Quindi sarebbe indipendente da Dio?

        • MARIO ha detto:

          Enrico,

          mi sembra evidente che “FATALITA’ ” (o predestinazione) è l’opposto di “LIBERTA’ “. Provo a spiegarmi, senza pretesa alcuna.

          Volontà di Dio e libertà dell’uomo sembrano inconciliabili, forse perché non comprendiamo a pieno (io per primo) la portata del progetto UOMO, così come Dio l’ha concepito.

          Per questo progetto Dio ha generato ab aeterno il suo Figlio unigenito, sua “immagine” visibile (per poter comunicare con l’uomo) e allo stesso tempo “prototipo” (anche fisico) di tutti gli uomini, così che in eterno potessimo “vedere” Dio in un Uomo simile a noi.

          Per questo progetto Dio, per mezzo del Figlio e in funzione di Lui (cioè del progetto UOMO), ha creato l’universo intero.

          E’ qualcosa di immenso e imperscrutabile…

          Ma proprio perché fatto a immagine e somiglianza di Dio, la possibilità per l’uomo di godere in eterno questo rapporto privilegiato di figliolanza col Padre non poteva ridursi a un automatismo (come per gli altri esseri creati, esclusi gli angeli), ma doveva necessariamente passare attraverso una libera scelta dell’uomo.

          E Dio ha voluto che questa libera scelta dell’uomo di amarlo o rifiutarlo si esprimesse, durante questo breve tragitto terreno, attraverso l’obbedienza o la disobbedienza alle sue leggi. Con conseguente discorso su sofferenze o castighi…

          Saluti.

          • Enrico Nippo ha detto:

            “E’ qualcosa di immenso e imperscrutabile…”

            Siamo d’accordo, quindi, che tutto ciò che se ne può pensare e dire è immensamente e imperscrutabilmente inadeguato? E che tutti i libri del mondo alla fine non servono a niente se non, nel migliore dei casi, per un imperfettissimo orientamento?

            Siamo d’accordo, di conseguenza, che tutto ciò che accade al mondo e all’uomo è, al fine, indecifrabile?

            Davvero sei convinto che il mondo e l’uomo non siano sottoposti al fato, cioè che il mondo e gli uomini DEBBANO “girare” nel modo evolutivo (o involutivo) in cui stanno girando da secoli? In fondo, anche il fato non è qualcosa d’immenso e imperscrutabile? E se non vogliamo chiamarlo fato ma Divina Provvidenza che cambia? La libertà dell’uomo non resta pur sempre inglobata in Essa?

            Mi viene adesso in mente l’immagine di una strada che, essa sola, porta alla Destinazione (parola sospetta! Destino … fato …) Lungo di essa si presentano al pellegrino numerosissimi sentieri che deviano dalla strada ma che, imperscrutabilmente agli occhi del pellegrino, riconvergono sull’unica strada.

            Sarà una traveggola … fatale?😊

            Ciao e Buon Anno.

          • MARIO ha detto:

            “E’ qualcosa di immenso e imperscrutabile…”

            Imperscrutabile per volontà divina, perché se fosse evidente… addio libertà. Saremmo “costretti”, per così dire, a credere.

            Per questo Dio, seppur vicino a ognuno, preferisce “nascondersi” all’uomo, per rispetto della sua libertà.
            Perciò, niente a che vedere col fato (o predestinazione o destino o karma…).

            Riguardo ai libri, sostanzialmente concordo… dopo aver letto “L’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta.
            Ma so anche che queste per te sono parole al vento. Purtroppo…

            Ciao e auguri anche a te di Buon Anno.

    • Ali ha detto:

      Grazie, signor Nippo, della sua testimonianza.
      Penso che nessuno SAPPIA rispondere. Ci proviamo, credo che ogni essere umano, a suo modo (tanti nei modi peggiori; ma tanti altri con un’intensità dolorosa e piena di errori ma anche piena di sincerità), ci provi almeno qualche volta nel corso della propria vita, a rispondere al problema del male.
      Ogni religione cambia nel corso del tempo: inutile scandalizzarsi. Ci sono cose di una religione che non dovrebbero cambiare mai; ma altre sono strettamente collegate con la cultura del tempo. Il problema del male tocca talmente tanto ogni uomo e ogni tempo e ogni sistema culturale, che il pensiero su questo problema non può, probabilmente, non trovarsi immerso ogni volta proprio in un tempo preciso, e avvolto da esso.
      Così molto tempo fa si pensava che essere infelici e ricevere sciagure e dolore fosse la conseguenza di una colpa personale: ma questa idea non reggeva alla prova dei fatti.
      L’innocente Abele non solo veniva ucciso senza colpa, ma addirittura prima di avere figli: nessuno avrebbe continuato il suo sangue innocente. Per converso Caino avrebbe avuto figli. Inconcepibile che il dolore dell’innocente fosse attribuito a una sua propria colpa. Come ‘rimediare’ all’ingiustizia di una vita provata e spezzata? Così gli antichi ebrei cominciarono a entrare nell’ordine di una idea divina: quella dell’aldilà, dove gli innocenti e le vittime avrebbero avuto ricompensa (anche se la credenza dell’aldilà nell’ebraismo è più sfumata rispetto a quella cristiana, però l’idea è quella, riparare un’ingiustizia, che spesso su questa terra è davvero troppo difficile e doloroso sopportare, con una dimostrazione di amore eterno da parte di Dio per l’anima della persona).
      Ma questo risolve il problema del dolore, e quello dell’ingiustizia, qui, su questa terra? Come potremmo stabilirlo noi? Il dolore è una cosa orrenda. Come potrei pensare che il bambino o anche l’adulto divorato dalla malattia o dall’angoscia, dall’ingiustizia e dalla tortura perpetrate da altri, dalla violenza della natura o inghiottito dai grandi e piccoli abissi della storia, sia pensato e voluto da Dio come uno strumento per riparare qualcosa, per riscattare qualcuno, per completare –anche senza avere scelto ciò- sofferenze divine? Sì, può essere che lo sia. E’ stato detto a lungo e per molti secoli. Il dolore è stato di volta in volta presentato come qualcosa di inflitto, o persino donato, da Dio, per vari motivi: castigare la persona in questione, castigare altri col dolore di quella persona (la punizione che ricade sui discendenti… Ma figuriamoci se Dio può pensare davvero qualcosa di così ingiusto!), saggiare l’obbedienza, saggiare la fede, prendere su di sé la croce di altri seguendo il massimo Esempio… E certamente queste idee sono state vissute anche con fervore e con fede, talvolta in modo eroico, talvolta in situazioni di dolore hanno formato la missione e l’unica consolazione (pensiamo all’idea di bilanciare col proprio dolore qualcuna delle cattiverie del mondo. O di completare le sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo) che hanno permesso di dare un senso a quel dolore, vedere insperatamente al di là di esso, ritenere che l’abbracciarlo in un certo modo fosse una scelta, perfino il cercarlo, ma anche di trasformarlo e addirittura superarlo. Che questo però esaurisca tutto il mistero del dolore, del dolore del malato che grida per ore, giorni, mesi, anni, del dolore della donna oltraggiata nel modo peggiore o del bambino tolto ingiustamente alla famiglia, il dolore nel lager o nel gulag, il dolore sotto le macerie di un terremoto o dinanzi ad esse, o alle macerie della mente, alle macerie della vita, no: io, personalmente, direi che non c’è idea del genere che possa giustificare, legittimare il dolore, e che possa, almeno a me, farmelo ritenere un’idea razionalmente e volontariamente uscita dalla mente di Dio, un programma da Lui applicato su di noi, per il nostro bene…
      Può essere estremamente consolante pensare che “Dio ci dà il dolore ma anche la forza per sopportarlo” e quindi può essere molto importante crederlo: ma ci sono dei dolori, che sono sicura che non si sopportano; solo le Braccia di Dio nel Paradiso possono toglierli dal corpo e dal cuore: non sento proprio di potermi permettere di dare una giustificazione all’ingiustificabile o comunque all’incomprensibile, attribuendo per di più a Dio, su sofferenze indicibili, idee formulate da uomini. E’ proprio del cristiano sostenersi nel dolore con l’idea di accompagnare la croce di Gesù e far da sostegno al dolore di Gesù, di Dio. Ma la sofferenza dell’assolutamente innocente? O la sofferenza assolutamente sproporzionata? O la sofferenza di chi quella sofferenza non riesce a sopportarla?
      Poi c’è il ‘problema’ della Libertà. Problema per modo di dire: il dono più benedetto che ci ha fatto Dio, quello che ci avvicina di più alla sua Essenza, a come è Lui.
      Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre erano come bambini piccoli nella stanza dei bambini, dove tutto è un’avventura affascinante da scoprire e ogni dolore è lenito e risolto dalle braccia di mamma e papà, che ti danno amore e cibo e tutto quanto, ma da cui dipendi interamente. Per fortuna, come da disegno di Dio, in ogni bambino c’è quel benedetto progetto di crescita, che Dio stesso gli ha messo nell’essere. I buoni genitori lo sanno. Devono insegnare al figlio ad attraversare la strada, devono tenerlo per mano, ma poi ad un certo punto devono lasciarlo andare, prima seguendolo con gli occhi, poi senza vederlo più. Mandano il figlio in gita scolastica mettendogli in valigia la felpa pesante che lui non vorrebbe, e che magari si rivelerà provvidenziale, e mettendogli nel bagaglio anche i loro insegnamenti l’educazione e il loro amore: ma di più non possono fare. Né i loro sorrisi né le loro lacrime, molto spesso neppure le loro preghiere, potranno impedire che il figlio faccia una solenne sciocchezza in quella gita scolastica, o subisca rovinosamente la sciocchezza o la cattiveria di un altro. E quando sarà maggiorenne, non potranno impedirgli di prendere la patente, anche se un sabato sera potrebbe non tornare da loro vivo, o potrebbe uccidere qualcuno perché ha scelto di drogarsi e di guidare in quello stato, o perché qualcuno ha scelto di non riparare la strada, o la nebbia, altra creatura a suo modo libera, ha scelto di portarsi via una vita su quella strada…
      A differenza dei genitori, che rischiano senza sapere come andrà a finire (ma magari andrà a finire benissimo. O magari no, ma l’amore per quel figlio sarà comunque –quasi sempre- la ragione di una vita, di più vite), Dio sapeva come sarebbe andata a finire ad Adamo ed Eva: inevitabilmente, essendo uomini e non Dio, prima o poi avrebbero sbagliato. Ogni figlio crescendo sbaglia. Solo i neonati non sbagliano. Come previsto, si sarebbero fatti del male. Ma naturalmente non tutto da allora in avanti sarebbe stato un male. Sarebbe stata la vita. Come adulti, sarebbero entrati nella vita vera, quella in cui il lavoro, se c’è e se non c’è, può essere anche fonte di guai, e la famiglia significa anche soffrire, e infine al termine di quel morire un po’ tutti i giorni, ci sarà la morte vera. E dopo, si spera, il Paradiso vero, bello come quello terrestre, in cui però ritrovarsi, da adulti, nelle braccia dell’Eterno genitore, amati da Dio come bambini senza fine.
      E’ la parabola di una crescita terrena dolorosa ma prevista da Dio e comunque non solo dolorosa, anche felice e dotata di umana libertà.
      Ma su questa terra resta il problema del male. Che è terribile e incommensurabile. Restano la crudeltà della natura e degli uomini. Tutto molto reale, troppo reale, reale nella carne e nell’anima.
      Dio dall’alto dei Cieli, come ogni buon genitore piange per il dolore dei suoi figli. Ma ha voluto fare di più. Ha voluto essere anche noi, portare il nostro dolore in una carne simile alla nostra, uguale alla nostra benché divina. Ogni figlio prolunga nel mondo ciò che ha ricevuto in famiglia (nelle famiglie umane, talvolta lo riesprime meglio, talvolta peggio, e comunque sempre lo trasforma e lo cambia) : così ha fatto anche Dio in Sé, e nel nostro mondo.
      Il Dio Incarnato, nel Getsemani ha preso in Sé una volta per tutte, eternamente, il male del mondo: quello che gli esseri umani e tutte le creature subiscono e commettono: tutto l’immenso dolore di ogni uomo, di ogni creatura e di ogni tempo, anche quello di ciascuno di noi: dolori grandi e piccoli, dolori enormi, forse infiniti, che gli hanno spezzato il Cuore, e ancora glielo spezzano ogni momento anche in Cielo.
      Gesù-Dio nella Passione e sulla Croce deliberatamente non usa alcun potere soprannaturale e, da Dio, soffre e muore come un uomo. Così, analogamente, Dio, Padre, Figlio, e lo Spirito, ha forse scelto fin dall’inizio del tempo di non usare tutta la sua Onnipotenza: di rispettare la libertà delle sue creature. Che, magnifiche ma ovviamente imperfette, ne combinano di tutti i colori, che siano esseri umani o altre creature… anche virus e batteri piccoli piccoli, ad esempio.
      Il Padre e il Figlio sono inchiodati alla croce ogni volta che noi di croce subiamo e soffriamo la nostra che lo vogliamo o no, che ci sia inflitta dalle nostre scelte o dalla scelta di altri o dalla natura.
      Racconta Elie Wiesel che nel lager di fronte all’ennesima vittima un giovane chiese disperato “Dov’è, dov’è Dio in tutto questo?” e un vecchio gli rispose indicando la vittima “Dio è là”.
      Neanche questa risposta spiega tutto, ci mancherebbe. E come potrebbe, di fronte al dolore del mondo? Come potremmo noi esseri umani pensare di aver trovato la spiegazione di tutto questo dolore nel tempo e nel mondo?
      Però finora questa spiegazione, questo insieme di interpretazioni e di risposte, che ovviamente non ho pensato io (!) ma che ho ricordato e su cui ho riflettuto nel corso degli anni, mi sono sembrate un’ipotesi rispettosa della sofferenza delle creature e del ruolo del Creatore. Rispettosa, suggestiva, ma naturalmente, almeno per me, di fronte al male e al dolore, nemmeno questa è esaustiva.
      Chiedo scusa per la lunghezza del commento…

  • Maria Michela Petti ha detto:

    «L’editoria cattolica ha incrementato notevolmente la quantità di proposte senza che a ciò corrisponda necessariamente un incremento della qualità della produzione».
    Mi manca il riscontro circa l’interesse da parte dei destinatari della copiosa offerta… Non mi risultano classifiche aggiornate sul gradimento dei lettori, come d’abitudine per le produzioni letterarie di ogni genere.

  • Chiara De Lorenzi ha detto:

    Anche la Chiesa cattocomunista bergogliana si definisce Cattolica e stampa libri. Non crede che urge , prima di tutto, ridefinire che cosa significhi CATTOLICESIMO ed ESSERE CATTOLICI?

    • Mike ha detto:

      Non crede che urgA

    • roth ha detto:

      Right ! , ma anche ARES la casa editrice cattolicissima ha appena pubblicato un insulso libro di p. AntonioSpadaro. E certo non lo ha fatto per fare fatturato.

    • roth ha detto:

      Certo, ha ragione. ma anche altre case editrici cattoliche pubblicano qualcosa di non cattolico. per esempio la cattolicissima ARES ha appena pubblicato un insulso libro di P.Antonio Spadaro. certo non per fare fatturato , un libretto così non lo comperano neppure i bergogliani.

  • Marco Matteucci ha detto:

    LODATE LA GLORIA DI DIO, NELLA TENEREZZA E NELL’UMILTÀ DEL BAMBINO DI BETLEMME!
    Messaggio a Enoch, Venerdì 25 Dicembre 2020

    “Figli miei, radunatevi spiritualmente attorno al presepe e lodate la gloria di Dio, che vi si manifesta nella tenerezza e nell’umiltà del Bambino di Betlemme. Il vostro Dio vi è nato, aprite i vostri cuori uomini di buona volontà affinché Gesù appena nato dimori in voi. Godetevi nelle vostre famiglie la Mia nascita e adoratemi anche voi nella mangiatoia dei vostri cuori.

    Miei amati figli, non permettete che lo spirito del Natale muoia, perché gli Erode di questi tempi vogliono porre fine alla tradizione del Bambino nella mangiatoia. Vogliono sostituirmi con la figura di un anziano che chiamano: “Babbo Natale” e che rappresenta solamente il mondo consumistico di oggi….”

    Se vuoi leggere tutto:
    https://reginadelcielo.wordpress.com/2020/12/28/lodate-la-gloria-di-dio-nella-tenerezza-e-nellumilta-del-bambino-di-betlemme/

    • Enrico Nippo ha detto:

      L’ho già chiesto ma nessuno mi ha risposto.

      Ci riprovo.

      Chi è questo Enoch?

    • Alessandro ds ha detto:

      Questo Enoch non deve essere un gran Cattolico…. Lo sanno anche i sassi che in realtà Babbo Natale/Santa Klaus altro non è che San Nicola da Bari…..
      Proprio l’ABC del cattolicesimo sapere chi è Babbo Natale e perché nel mese di Dicembre su Usa fare regali….
      Che ovviamente è separato del Natale del Signore.