Venga il Suo Regno. Kwasniewski sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

7 Dicembre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae è con grande piacere che vi presentiamo il primo di una serie di articoli del dott. Peter Kwasniewski sulla dottrina sociale della Chiesa. Ringraziamo Carlo Schena per il suo generoso lavoro di traduzione. Buona lettura. 

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Venga il Suo Regno: La Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica

Parte I – Introduzione

 

Questo articolo è apparso per la prima volta nell’edizione cartacea di aprile 2020 di Catholic Family News e ripreso il 18 giugno 2020 dal sito online della medesima testata.

 

Nota del Traduttore [novembre 2020]: alla luce della controversa situazione e delle preoccupanti prospettive seguite alle elezioni americane del 2020, e della confusa discussione sull’insegnamento della Chiesa in documenti, contesti istituzionali ed eventi recenti come la “Economy of Francesco”, il Dr. Peter Kwasniewski è lieto di estendere al pubblico italiano questa serie di articoli sulla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), materia che ha insegnato a livello universitario. Si coprirà una vasta gamma di argomenti afferenti alla DSC, tra cui: la differenza tra gerarchia ed egualitarismo, tra libertà e licenza, il diritto all’uso comune dei beni, il disaccorto tra distributisti e capitalisti, l’incompatibilità tra socialismo e DSC, e altro ancora. Auspicabilmente, questa serie fornirà ai lettori un solido sguardo d’insieme sulla DSC e su molti dei suoi aspetti, dotandoli così di una visione chiara per una società umana articolata secondo il pensiero di Cristo e della Sua Chiesa.

 

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Parte I: Introduzione

Nei miei anni di insegnamento universitario della Dottrina Sociale della Chiesa (in seguito, “DSC”), c’è un fatto che mi ha sempre colpito: la prima cosa che i miei studenti volevano sentire, all’inizio del corso, era una spiegazione del perché mai qualcosa del genere, anzitutto, esiste. Volevano capire da dove fosse nata o, per dirla più schiettamente, perché una religione incentrata sulla vita eterna, conseguita tramite la fede soprannaturale e i sacramenti efficaci per grazia divina, dovrebbe interessarsi di questioni relative a costituzioni e leggi, al lavoro e ai salari, alla proprietà e alla gestione delle imprese, e così via. Non è una domanda sciocca: perché, infatti, la Chiesa dovrebbe interessarsi della vita sociale dell’uomo, compresa la politica e l’economia?

 

Grazie ai teorici e all’ingegneria sociale della Età malamente definita dell’ “Illuminismo”, e come risultato degli errori protestanti sulla visibilità della Chiesa come società, gli uomini moderni sono particolarmente inclini a pensare alla religione come a una questione “privata”, un qualcosa “tra Dio e l’anima”. Guardando le cose in questo modo, la Chiesa non ha altro compito che aiutare ogni anima a trovare la sua strada verso Dio, il vero bene eterno, elevandosi al di sopra di un mondo di promesse ingannevoli.

 

In un certo senso, ciò è vero: è Dio che crea ogni singola anima con un destino immortale, e Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è morto per la redenzione di quell’anima. Lo dice splendidamente il sacerdote Cecilio, nel romanzo di John Henry Newman “Callista”: “C’è solo un amante delle anime […] ed Egli ama ciascuno di noi, come se non ci fosse nessun altro da amare. Egli è morto per ognuno di noi, come se non ci fosse nessun altro per cui morire. […] Più ci avviciniamo a Lui, e più trionfalmente Egli entra in noi; più a lungo Egli dimora in noi, più intimamente noi possediamo Lui. È uno sposalizio per l’eternità”.

 

Ma in un altro senso, la domanda posta suona strana, se si condivide quella verità formulata per la prima volta dal filosofo pagano Aristotele nel secondo capitolo della sua Politica : l’uomo è un animale sociale e politico, un animale che nasce, cresce e matura solamente in comunità – anzitutto, e più naturalmente, la famiglia, ma anche la città o lo stato, che comprendono molte famiglie in un solo luogo, le quali possono aiutarsi nel vivere bene. In realtà, Aristotele affermava che l’essere sociale e politico era una caratteristica così connessa alla natura dell’uomo che qualcuno che non vivesse in società doveva necessariamente essere o una bestia o un dio. La Chiesa si interessa della vita sociale perché la persona umana alla quale insegna, che governa e che santifica è sociale per natura, e Cristo, vero Dio e vero uomo, è venuto a salvare l’intero uomo nella sua totalità. A differenza di quanto fa l’Illuminismo, i cattolici non biforcano l’uomo in un’anima privata religiosa e in un corpo pubblico laico. L’uomo è un’entità unificata, la cui vita sociale circonda e influisce sulla vita interiore, e la cui vita interiore cerca espressione e sostegno nelle relazioni e nelle istituzioni al di fuori di sé.

 

Inoltre, Cristo è venuto per realizzare una società eterna e perfetta, il Regno di Dio, tanto più grande della società umana quanto il divino è più grande dell’umano. La preparazione dell’uomo per questa società eterna – potremmo chiamarla la Città di Dio o la Gerusalemme celeste – comporta il suo vivere una vita buona e santa quaggiù, nella città terrena, lungo le vie di questo mondo. Non c’è salvezza che non passi attraverso il nostro comportamento nei confronti del prossimo, della famiglia, del collega o del concittadino. L’etica non è soltanto una scienza individuale, ma una scienza sociale, nella quale sono in gioco questioni di bene e di male morale, questioni di virtù e di vizio, azioni gradite e sgradite a Dio. Non solo la vita sociale dell’uomo non è irrilevante per la sua salvezza, ma è profondamente legata ad essa. Quindi, la DSC rientra nell’ambito della teologia morale: appartiene a quell’esercizio del munus docendi o Magistero della Chiesa che riguarda questioni di comportamento, in quanto distinto da quello che riguarda le verità da credersi, anche se inevitabilmente questi ambiti sono interconnessi. Per di più, la Chiesa è guardiana della legge naturale, che contiene i precetti di giustizia (la virtù più direttamente coinvolta nelle interazioni sociali). Dunque, la Chiesa è l’autorità infallibile per quanto riguarda ciò che la legge naturale richiede agli uomini di fare, secondo principi di giustizia, nel loro vivere in società. Una prospettiva meramente “naturale” o “scientifica” sarebbe inevitabilmente una prospettiva oscurata, senza l’illuminazione della rivelazione divina e della tradizione cattolica.

 

Vita in abbondanza

Gesù Cristo è venuto affinché gli uomini abbiano la vita, e la abbiano in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Nostro Signore non riserva ogni cosa buona per il Cielo, sebbene il meglio sia riservato per lassù. La famiglia, il vicinato, le amicizie, le culture, persino gli stati: tutto ciò può essere più o meno santificato, più o meno intriso di verità, bontà e bellezza divine. Questo le renderà occasioni più o meno perfette per sperimentare la gioia e la pace di Dio. Mettendo questa stessa verità al negativo, l’uomo non può svilupparsi bene come figlio di Dio se la sua natura sociale è menomata, o la sua vita sociale è avvelenata o paralizzata. Papa Giovanni Paolo II ha così scritto:

 

“Quando, sotto l’influsso del Paraclito, gli uomini scoprono questa dimensione divina del loro essere e della loro vita, sia come persone che come comunità, essi sono in grado di liberarsi dai diversi determinismi derivati principalmente dalle basi materialistiche del pensiero, della prassi e della sua relativa metodologia. Nella nostra epoca questi fattori sono riusciti a penetrare fin nell’intimo dell’uomo, in quel santuario della coscienza dove lo Spirito Santo immette di continuo la luce e la forza della vita nuova secondo la «libertà dei figli di Dio» [cfr. Rom. 8:21]. La maturazione dell’uomo in questa vita è impedita dai condizionamenti e dalle pressioni, che su di lui esercitano le strutture e i meccanismi dominanti nei diversi settori della società. Si può dire che in molti casi i fattori sociali, anziché favorire lo sviluppo e l’espansione dello spirito umano, finiscono con lo strapparlo alla genuina verità del suo essere e della sua vita – sulla quale veglia lo Spirito Santo – per sottometterlo al «principe di questo mondo» [Gv. 12:31, 14:30, 16:11]. (Dominum et Vivificantem , §60)

 

D’altra parte, lo sappiamo, giustamente  la fede cattolica relativizza sempre la felicità terrena. Non dobbiamo mai permetterci di dimenticare (come purtroppo sembra ossessionatamene intenzionata a dimenticare l’attuale politica del Vaticano) che questo mondo non è pensato come la nostra dimora permanente e che siamo creati per la visione faccia a faccia di Dio, la Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, in festosa comunione con i santi e gli angeli, in “cieli nuovi e terra nuova secondo le Sue promesse, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2Pt 3:13). La Madonna ha detto a santa Bernadette Soubirous: “Non ti prometto la felicità in questa vita, solo nella prossima”. Come recitava il segnalibro, scritto di suo pugno, che santa Teresa d’Avila teneva nel suo breviario:

 

“Nulla ti turbi,

nulla ti spaventi.

Tutto passa,

solo Dio non cambia.

La pazienza ottiene tutto.

Chi ha Dio

non manca di nulla:

solo Dio basta”.

 

L’uomo non può essere e non è pensato per essere perfettamente felice in questa vita, in questo mondo; eppure egli è chiamato a partecipare, anche adesso, alla vita sovrabbondante, sì, alla gioia, di Gesù Cristo, tramite l’appartenenza sempre più intima al Suo Corpo Mistico. Dal momento che il mistero di Cristo è veramente presente in questo mondo nella Sua Chiesa, ella ha la missione permanente e l’imperativo di fare della vita umana in tutte le sue dimensioni un dono che sia degno di Dio, e di favorire un ambiente umano che promuova in ogni modo questo dono di sé a Dio e al prossimo. La società di ogni tipo – famiglia, clan o tribù o comunità etnica, nazione – è il terreno su cui si radica la risposta dell’individuo. Questo terreno può essere più o meno ricco, umido e fertile. L’individuo può trascendere il “giardino sociale” in cui è stato collocato, ma ha una certa dipendenza da esso e la responsabilità di coltivarlo nella misura in cui gli è possibile.

 

Difendere il Coinvolgimento della Chiesa nella Società

Ci sono molte false nozioni su cosa significhi la DSC. Per alcuni, essa corrisponde a vaghi sentimenti a sostegno della reciproca buona volontà tra classi e nazioni; per altri, essa annuncia fantasiosi ideali di prosperità economica per tutti. Ma tali visioni sono troppo limitate. Come disse nel 1901 Papa Leone XIII:

 

“Abbiamo volutamente menzionato qui virtù e religione. Infatti, è l’opinione di alcuni, e l’errore è già molto comune, che la questione sociale sia solo una questione economica, mentre in punto di fatto è, prima di tuttouna questione morale e religiosa, e per questo motivo deve essere regolata dai principi della moralità e secondo i dettami della religione. Infatti, anche se il salario venisse raddoppiato, le ore di lavoro fossero accorciate e il cibo divenisse a buon mercato, tuttavia, se il lavoratore ascolta le dottrine che vengono [normalmente] insegnate su questo argomento [cioè le dottrine marxiste, NdT], come è incline a fare, ed è spinto dagli esempi posti davanti a lui a liberarsi del rispetto per Dio e ad intraprendere una vita di immoralità, le sue fatiche e il suo guadagno non gli varranno a nulla”. (Graves de Communi Re, §11, corsivo aggiunto) [traduzione e adattamento all’italiano corrente del traduttore; il sito della Santa Sede mette a disposizione l’enciclica esclusivamente in inglese e francese, NdT]

 

Lo stesso papa scrive nel 1895 che la “questione sociale”:

 

“non può essere considerata da un solo punto di vista. Si occupa certo di beni esterni, ma principalmente si occupa di religione e di morale. È anche direttamente connessa con la costituzione civile delle leggi, così che, in ultima analisi, si riferisce ampiamente ai diritti e ai doveri di tutte le classi”. (Permoti nos, §5) [traduzione e adattamento all’italiano corrente del traduttore, NdT]

 

San Pio X commentò quest’idea in un’enciclica ai vescovi di Germania del 1912:

 

E precisamente qualunque cosa un cristiano faccia, anche se nell’ordine delle cose terrene, non gli è lecito trascurare i beni soprannaturali; anzi deve, conformemente alle regole della dottrina cristiana, tutto dirigere al bene supremo come a fine ultimo. E tutte le sue azioni, in quanto moralmente buone o cattive, cioè conformi o no alla legge naturale e divina, sono soggette al giudizio e alla giurisdizione della chiesa. – Tutti coloro, singoli o associati, che si gloriano del nome di cristiani, devono, se non dimenticano il proprio dovere, alimentare non le inimicizie e le rivalità tra le classi sociali, ma la pace e il mutuo amore. – La questione sociale, e le controversie che ne derivano circa il metodo e la durata del lavoro, la fissazione del salario, e lo sciopero, non sono soltanto di natura economica, e perciò non sono tali da potersi risolvere prescindendo dall’autorità della chiesa”. (Singulari Quadam , §3)

 

Il corpus tradizionale della DSC affronta ogni questione fondamentale di rilevanza sociale, sia politica (l’origine, la natura e lo scopo del governo civile; il suo rapporto con la Chiesa e la sua missione; il suo ruolo nella protezione delle persone, nella garanzia dei diritti, nella promozione della virtù) che economica (la generazione della proprietà, la sua proprietà e distribuzione, il giusto posto dei beni materiali, il commercio internazionale, le questioni monetarie, e così via).

 

In ultima analisi, la DSC è l’articolazione di quella che deve essere la coerente testimonianza cristiana del Vangelo e l’azione sociale basata su di essa, con l’obiettivo di riformare l’ordine sociale secondo la verità cattolica. Essa riconosce che, senza la grazia, la vita delle società, come degli individui, è e non può che essere profondamente disordinata, priva di mutua armonia, di pace, di gioia, di festosità e di significato. Essa è una visione della realtà che emana da Cristo Re e che abbraccia tutta la realtà umana in comunione con la Ss. Trinità.

 

Chi ha inaugurato l’Insegnamento Sociale?

Alcuni vorrebbero affermare che la Chiesa non abbia avuto alcuna dottrina sociale prima degli ultimi recenti secoli. Altri, al massimo, si spingerebbero indietro di qualche secolo. Ma i Padri della Chiesa, come San Basilio Magno e San Giovanni Crisostomo, discutevano già nei primi secoli del cristianesimo le questioni sociali essenziali, e le facevano risalire a Nostro Signore, agli Apostoli, alla Legge e ai Profeti dell’Antico Testamento. Gli scolastici medievali come San Tommaso d’Aquino e l’ampia tradizione tomista, specialmente nella Spagna rinascimentale, dedicano molte importanti discussioni alle materie economiche e politiche. Anche teologi e filosofi cattolici del periodo moderno vi hanno contribuito in maniera sostanziale (ad es. Joseph de Maistre, Juan Donoso Cortés, Louis Billot).

 

La maggior parte dei documenti papali più celebri sulle questioni sociali sono del periodo “moderno”, che si potrebbe far partire dall’Illuminismo, il quale diede il via all’età delle rivoluzioni, realizzate o minacciate, contro l’autorità ecclesiastica e civile. Durante il XVIII secolo la Chiesa fu costretta, dagli attacchi che le venivano mossi e per il bene delle anime, a parlare contro errori nuovi, che precedentemente non erano mai stati presi in considerazione, come la totale derivazione dell’autorità politica dal “consenso dei governati” o “volontà popolare”, sviluppata nella teoria del contratto sociale, nelle sue diverse articolazioni.

 

Qui può essere utile un breve excursus storico. Per oltre mille anni, la realtà sociale di base del mondo, il fondamento dell’ordine sociale – compresi i suoi elementi politici -è stata la Chiesa Cattolica visibile: ciò che il cardinale Charles Journet ha definito la “Cristianità sacrale”: un insieme di popoli, città, stati, uniti in una federazione internazionale da una fede comune in Cristo e dalla obbedienza alla Chiesa gerarchica. Una rete enormemente complessa e diversificata di istituzioni “intermedie”, dotate di un autentico potere sociale e di un’autentica posizione sociale – corporazioni, ordini religiosi, principati, domini feudali e università – permetteva una vita civica e culturale densamente strutturata e su base locale, in cui l’individuo non si trovava isolato di fronte a uno stato onnipotente o alla mercé di un’economia dominata da gigantesche corporazioni. Era un mondo in cui essere cittadino ed essere cattolico erano, in pratica, la stessa cosa, anche se non necessariamente in teoria.

 

Poiché quest’ordine di cose fu sfidato o ripudiato nelle rivoluzioni della fine del XVIII secolo, e dai loro strascichi, troviamo un’ondata di interventi papali su eventi particolari, ma nulla che meriterebbe di essere definito una “risposta sistematica” alla teoria politica dell’Illuminismo fino alla prima parte del XIX secolo, circa 40 anni dopo la Rivoluzione francese, con l’enciclica Mirari Vos (1832) di papa Gregorio XVI. Potremmo datare il moderno Magistero sociale al regno di questo papa (1831-1846) per due ragioni: primo, tentò di fornire una confutazione, basata su argomenti dottrinali, di alcune tendenze del liberalismo moderno; secondo, le sue posizioni furono adottate e sviluppate dai papi successivi. In un messaggio per la Giornata della Famiglia dell’Azione Cattolica Italiana del 23 marzo 1952, Papa Pio XII si è espresso sui “nuovi bisogni” della modernità:

 

“[…] la divina assistenza, ordinata a preservare la Rivelazione da errori e da deformazioni, è stata promessa alla Chiesa, e non agli individui. Sapiente provvidenza anche questa, poiché la Chiesa, organismo vivente, può così, con sicurezza ed agilità, sia illuminare ed approfondire le verità anche morali, sia applicarle, mantenendone intatta la sostanza, alle condizioni variabili dei luoghi e dei tempi. Si pensi, per esempio, alla dottrina sociale della Chiesa, che, sorta per rispondere a nuovi bisogni, non è in fondo che l’applicazione della perenne morale cristiana alle presenti circostanze economiche e sociali”.

 

Papa Leone XIII gode di uno speciale posto d’onore all’interno della tradizione, poiché svetta tra tutti gli altri pontefici per l’ampiezza e la profondità dei suoi contributi alla dottrina sociale. Per questo le sue encicliche – ricche di saggezza, vigorose nell’analisi, scintillanti di intuizione, fluenti di unzione – meritano una menzione particolare. È considerato da molti il più grande maestro dei fondamenti dell’etica sociale. Segno di questo fatto è la frequenza con cui le sue encicliche vengono citate dai pontefici successivi. In Mater et Magistra (1961), Papa Giovanni XXIII riconosce le radici profonde dell’insegnamento sociale nonché la posizione speciale di Leone XIII come suo maestro:

 

“4. Nessuna meraviglia dunque che la Chiesa cattolica, ad imitazione di Cristo e secondo il suo mandato, per duemila anni, dalla costituzione cioè degli antichi diaconi fino ai nostri tempi, abbia costantemente tenuto alta la fiaccola della carità, non meno con i precetti che con gli esempi largamente dati; carità che, armonizzando insieme i precetti del mutuo amore e la loro pratica, realizza mirabilmente il comando di questo duplice dare, che compendia la dottrina e l’azione sociale della Chiesa.

 

  1. Orbene, insigne documento di tale dottrina ed azione, svolta lungo il corso dei secoli dalla Chiesa, è senza dubbio da ritenersi l’immortale enciclica Rerum novarum, promulgata settanta anni or sono dal nostro predecessore di v.m. Leone XIII. […] Raramente le parole di un Pontefice hanno riscosso un tale plauso universale. Nel peso e nella portata delle sue argomentazioni e nella forza della loro espressione, Papa Leone XIII può avere solo pochi rivali. Al di là di ogni ombra di dubbio, le sue direttive e i suoi appelli hanno stabilito per se stessi una posizione di così alta importanza che non cadranno mai, sicuramente, nell’oblio”.

 

Sfortunatamente, a parte la Rerum Novarum – e persino in quel caso, in maniera in un certo senso unilaterale – le direttive e gli appelli di Leone sono davvero caduti nell’oblio. È parte del nostro compito come fedeli cattolici all’inizio del terzo millennio recuperare il suo insegnamento, il quale, lungi dall’essere antiquato o irrilevante, è più attuale e urgente che mai.

 

Dove trovare l’Insegnamento Sociale Cattolico?

 

La DSC si trova principalmente concentrata nei documenti papali, specialmente in quel tipo di lettere universali chiamate encicliche. Per quanto questi documenti siano qua e là rinvenibili online, come insegnante ho notato che non è mai stato mai pubblicato un volume singolo contenente una selezione accorta, con un’enfasi sui documenti più risalenti e più forti. Per questo motivo, ne ho prodotto uno io stesso: A Reader in Catholic Social Teaching: From Syllabus Errorum to Deus Caritas Est (Tacoma, WA: Cluny Media, 2017), che contiene tutte le più grandi encicliche di Leone XIII, tra cui Diuturnum Illud (1881) sull’origine del potere civile, Immortale Dei (1885) sulla costituzione cristiana degli Stati, Libertas Praestantissimum (1888) sulla natura della libertà umana, Sapientiae Christianae (1890) sui doveri dei cristiani in quanto cittadini e Rerum Novarum (1891) sul capitale e il lavoro. Include anche la Quas Primas (1925) di Pio XI sulla Regalità Sociale di Cristo, la Casti Connubii (1930) sul matrimonio e la Quadragesimo Anno (1931) sulla ricostruzione dell’ordine sociale, e il discorso di Pio XII “Sulla tolleranza religiosa” [Ci Riesce] (1953), con alcuni dei migliori scritti di Giovanni Paolo II sulla teologia morale e la famiglia. (In un’intervista con P.J. Smith a First Things il 18 dicembre 2017, ho parlato del motivo per cui ho incluso alcune cose e ne ho escluse delle altre.)

 

Sono felice di poter dire che il libro è stato ripreso in corsi universitari, corsi di educazione cattolica per adulti e club librari. È abbastanza leggibile anche come lettura personale, per lo studio individuale, secondo il “programma del corso” fornito nella Prefazione. Prendete le encicliche una per una, e presto scoprirete che sono letture estremamente gratificanti, e forniscono molti spunti per la preghiera e l’azione. Solo la Chiesa cattolica ha presentato al mondo una visione cristiana coerente, completa e avvincente della società, dello stato e della cultura, radicata nella Sacra Scrittura e nella Sacra Tradizione, e raffinata da venti secoli di meditazione e impegno concreto. Se ignoriamo questo corpus di saggezza, lo facciamo a nostro rischio e pericolo.

 

(Traduzione a cura di Carlo Schena)

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1 commento

  • Federico ha detto:

    Grazie per aver messo a disposizione questo testo. Molto interessante soprattutto per l’ampio ricorso a fonti primarie, che potranno quindi essere lette da chi è interessato. Bisognerebbe riflettere più spesso su questo passo: “A differenza di quanto fa l’Illuminismo, i cattolici non biforcano l’uomo in un’anima privata religiosa e in un corpo pubblico laico. L’uomo è un’entità unificata, la cui vita sociale circonda e influisce sulla vita interiore, e la cui vita interiore cerca espressione e sostegno nelle relazioni e nelle istituzioni al di fuori di sé.”