DE FELICE: CARO MIELI, LA CENSURA LIBERTICIDA NON È MAI CORRETTA.

16 Novembre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, qualche giorno fa mi sono imbattuto su Facebook in un commento dell’amico e collega Gianni De Felice, una firma storica del Corriere della Sera. Lo riporto adesso – in ritardo, lo so – perché comunque la sua critica a Paolo Mieli (a onor di cronaca successivamente Mieli ha ammesso  forse di essersi sbagliato; ma scripta manent…) è indicativa di qualche cosa che abbiamo sotto gli occhi. E cioè che da parte della grande stampa, internazionale e italiana, partigianeria e servilismo nei confronti di una ben precisa parte politica, economica e culturale hanno sostituito senza più pudori la spesso sottile vernice di correttezza che almeno serviva a placare i problemi di coscienza di alcuni. Ormai i problemi sono scomparsi. E possiamo assistere a quello che state per leggere, scritto da qualcuno che è stato direttore di giornali come La Stampa e il Corriere, e dovrebbe essere un maestro per le nuove generazioni di giornalisti. Povero mestiere, mai nobile, ma almeno – talvolta – dignitoso. Buona lettura. 

§§§

 

NO, CARO MIELI, LA CENSURA LIBERTICIDANON È MAI DEONTOLOGICAMENTE CORRETTA

“Impeccabile. Perfetta. Inappuntabile. La decisione di Brian Williams, Shepard Smith, Jake Tapper, Lester Holt anchorman di Nbc, Cbs, Abc, Cnn (e altre reti televisive) di togliere la parola a Donald Trump nel momento in cui si accingeva a denunciare non provati brogli elettorali, è stata corretta sotto il profilo deontologico”.

Lo scrive oggi sul Corriere della Sera Paolo Mieli, firma prestigiosa ma non nuova a disastrosi endorsements. Figlio di un famoso corrispondente dell’Unità da Mosca, Renato Mieli, l’ormai attempato Paolino deve aver subito una scarica genetica di censurite ereditaria. Forse nei suoi cromosomi si agitano ancora i geni del Kgb e della Tass, l’imprinting della Pravda, la sbrigatività brutale dei regimi.

Monsieur Arouet, in arte Voltaire, gli è rimasto sconosciuto, nonostante i ponderosi studi. Quel venerato campione della libertà di pensiero e di parola soleva dire: “Non condivido quello che affermi, ma mi batterò fino alla morte perché tu possa dirlo”. Quanta carica di cultura, civiltà, libertà c’era in questo illuminante impegno.

Purtroppo, dopo Voltaire è arrivato il sovietismo e ha lasciato pesanti impronte, che ora – in nome di una pericolosissima democrazia – violano e offendono anche il suolo di una Repubblica, quella degli Stati Uniti, che ha combattuto terribili guerre e lasciato sul suolo insanguinato centinaia di migliaia di suoi figli per difendere e affermare il sacro principio della libertà di opinione e di espressione.

Il Primo Emendamento della Costituzione americana testualmente reca: “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o della stampa.” Il professor Mieli è sicuro che imbavagliare proditoriamente e arbitrariamente il presidente degli USA ancora in carica, spegnendo i microfoni, non costituisca “limitazione alla libertà di parola, o della stampa”?

Mettendo il sasso in bocca al presidente degli Stati Uniti in carica, i liberticidi delle tv americane – osannati da Mieli fino alla apoteosi di “eroi”, mentre a me sembrano assimilabili a una banda di asserviti – hanno eseguito una sentenza senza  prova di colpevolezza. Erano fino allora senza prove anche i concetti e i sospetti che Trump voleva esprimere, ma chi aveva il potere di condannarli come menzogne e diffamazioni?

I paladini di una pelosissima democrazia hanno spento i microfoni “inaudita altera parte”, cioè senza sentire spiegazioni, motivazioni, giustificazioni. Partendo dall’arrogante presupposto di essere loro indiscutibilmente nel vero e gli altri sicuramente nel falso.

E questi sono gli “eroi” che Paolo Mieli celebra come campioni di giornalismo? Pure stimandolo come storico, devo a malincuore rilevare che oggi la firma principe del Corriere ha preso un devastante, clamoroso, intollerabile abbaglio.

Caro Mieli, nei Paesi che abbiamo faticosamente provato a rimettere in piedi dopo le cadute di Mussolini, di Hitler e di Stalin, le censure – che mal sopportiamo anche in Cina e in Nord Corea, in Brasile e in Bielorussia – non sono mai “corrette”. Né “sotto il profilo deontologico”, né sotto alcun altro profilo. Sono sempre la morte del giornalismo e della libertà.

Mi dispiace che il Corriere della Sera si sia macchiato di questo avventato rigurgito liberticida in un momento difficile per tutti. Lo considero il frutto avvelenato dell’odio dei dem per Trump e chiudo lì. Diciamo il solito bersaglio unico che in tutto il mondo e a qualsiasi livello la Sinistra deve inventarsi per sopravvivere.

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17 commenti

  • Woland ha detto:

    Paolo Mieli è il figlio di Renato Mieli (pseudonimo diventato poi nome italiano) cioè il personaggio che gli alleati nel 1945 misero a presiedere la censura sull’informazione italiana per quei tempi bellici e postbellici.
    Il figlio, seppur con mezzi diversi, non ha fatto altro che continuare l’opera del padre.

  • Enrico Nippo ha detto:

    La calma olimpica con cui Paolo Mieli imperversa in Tv la dice lunga. E’ in una botte di ferro. Intoccabile.

  • renato brandolese ha detto:

    Bravo il nostro Mieli !!! firma un manifesto in cui si accusa il commissario Luigi Calabresi di essere un “torturatore”, di avere una “responsabilità” nella morte – 15 dicembre 1969 – dell’anarchico Giuseppe Pinelli e se ne chiede, sulla base di una “ricusazione di coscienza”, l’allontanamento dagli uffici della Questura di Milano[
    L’anno successivo, 17 maggio 1972, il commissario Luigi Calabresi viene assassinato

  • Simona ha detto:

    Al di là del sacro, lasciar parlare i duellanti in lizza per le elezioni americane a me pare semplicemente doveroso. I giornalisti possono tranquillamente detestare Trump, ma le sue parole erano indirizzate non ai giornalisti, che sono solo semplicemente uno strumento, bensì agli elettori americani. Togliergli la parola è sembrato il gesto di un bulletto di periferia, capace di gonfiare il petto quando il contendentie annaspa, mentre prima ci pensava due volte prima di fare ii furbo.
    Tornando al giornalismo nostrano avete mai visto 8 e mezzo?Ci sono la gruber, scanzi ( tutti i giorni più uno!), più un altro ” giornalista” correttamentepensante, più il punto di Paolo Pagliaro a pontificare, mentre il poveretto che prova a fare un minimo di contraddittorio, si ritrova con le frasi tagliate a metà, con i risolini complici degli altri, con la spocchia della conduttrice che manda la pubblicità per evitare repliche.
    Siamo mal messi…

  • Silvio Esposito ha detto:

    L’albero si riconosce dai frutti. Mieli è un comunista, le sue trasmissioni non fanno altro che parlare solo dei mali del nazismo e fascismo e non dei mali del comunismo duro a morire. La Rai è la casa dei comunisti.

  • Paoletta ha detto:

    Cari “dem”, è inutile esibire la Segre sbandierando i valori della libertà se poi siete pronti a togliere la libertà di parola. Viste le origini di Mieli poi…vergogna.

  • : ha detto:

    Certamente lodevole nelle intenzioni la risposta a Mieli sul caso specifico, ma bisogna notare come purtroppo sia difficile smantellare quel cumulo di leggende nefaste intorno ai sacri mostri della dea ragione. O meglio, in realtà sono state smantellate, ma i cervelli dei nostri “intellettuali” (figuriamoci di chi pende dalle loro labbra – e “penne”), non riescono proprio a recepirle.

    E’ stato già detto, da tutti quelli che mi precedono, che la “tolleranza” di Voltaire non è stata da lui definita da quella frase, che fu inventata dall’Inglese Evelyn Beatrice Hall (1868-1919) che con lo pseudonimo di S.G. Tallentyre scrisse una biografia del “tollerante” Voltaire.

    Ma fuori dalle invenzioni, la “tolleranza” di Voltaire la si coglie considerando che nelle sue lettere poneva in calce come slogan: «Écrasez l’Infâme» (“Schiacciate l’infame”, essendo per lui l’ “infame” la Chiesa Cattolica. La si coglie considerando che avrebbe voluto «che si mandasse ciascun Gesuita nel fondo del mare con un Giansenista al collo (Lett. a Chabanon)» (da “MEMORIE PER LA STORIA DEL GIACOBINISMO scritte dall’Abate Barrouel”), al di là di eventuali battute considerando i Gesuiti di oggi. La si coglie considerando che si arricchiva con la tratta dei negri (come i suoi sostenitori di oggi).

    Ma nell’immaginario collettivo, come leggiamo anche qui, Voltaire fu il campione della tolleranza.

    e che pneva come postilla nelle sue l’ettere: , .

  • Antonio ha detto:

    I giornali (come le televisioni) sono mezzi di propaganda: a credere che siano mezzi di informazione forse è rimasta solo Cappuccetto Rosso, e infatti li legge solo lei. Non che non fossero mezzi di propaganda anche in passato, ma almeno non obbedivano a un unico padrone e un minimo di dialettica c’era. Certo togliere la parola di bocca a uno che sta parlando dicendo che a mio insindacabile giudizio è un cacciaballe non è un bel modo di fare propaganda, e non stupisce che a freddo se ne dimostrino pentiti.

  • Sherden ha detto:

    A parte la “citazione” della frase che Voltaire non ha mai pronunciato (e anzi era per “schiacciare gli infami”, ovvero i cristiani, non dissimilmente dai moderni giannizzeri del mainstream), l’articolo è eccellente. Per completezza, sarebbe interessante conoscere il “ripensamento” di Mieli.

    • cattolico ha detto:

      voltaire si confessò prima di morire.

      • Michele ha detto:

        Meglio per lui…se era sinceramente pentito.

      • Silvio Esposito ha detto:

        Se ben ricordo non ebbe il tempo di confessarsi: mandò il maggiordomo a chiamare un prete, ma non riuscì ad arrivare in tempo per colpa di una tempesta e il sacerdote lo trovò morto con in mano il vaso da notte usato per sedare l’arsura della febbre alta non potendo muoversi per abbeverarsi. Durante la sua vita aveva preso in giro la religione dicendo: “Prima di morire mi confesserò e così sarò salvo”, ma la dottrina cattolica ci insegna che non si prende in giro nostro Signore e si potrebbe anche morire senza avere il tempo di confessarsi.

  • GMZ ha detto:

    Mieli ha fatto retromarcia ai microfoni di Radio 24, il Corriere propala “rigurgiti liberticidi” – ancorché imbellettati – da quando Berta filava, Voltaire quella frase non l’ha mai neppure pensata (poiché gli interessavano solo le opinioni dei suoi amici… purché in linea con la sua – quel bel pezzo di progressista ante litteram).
    Ossequi!

  • Vinfe ha detto:

    Condivido in pieno il contenuto. Quello espresso e quello taciuto. Perchè per un Mieli messo pubblicamente allo scoperto, per non dire correttamente additato al pubblico ludibrio, ve ne sono altri mille di persone, conosciute come giornalisti, che in realtà si limitano a fare i camerieri del/dei potenti di turno o che fiutano l’aria in attesa del/dei prossimi, ma che non sono toccati dalla reprimenda. L’unico appunto è su quel tale (non voglio neanche nominarlo),che secondo il passa parola ormai dato per scontato, parlava della tolleranza dicendo che avrebbe dato la vita ecc. Quella frase non è mai stata detta da quel signore, che di professione faceva il negriero, anche se si ammantava del sacro furore pubblicizzato a torto. Anche travisare la storia per parteggiare sfacciatamente per gli illuministi, è tradire il giornalismo, soprattutto se si ironizza sulle conoscenze storiche di Mieli. La frase incriminata, del resto, ha molti altri concetti che, dal loro tasso tasso di veridicità (nullo assoluto = pura invenzione) allietano tanti discorsi forbiti: Dalle Brioches di Maria Antonietta (frase mai detta) al lugubre, ma famosissimo “uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi” detto per sterminare i Catari e, lungi dall’essere vero, è solo riportato in un pamphlet umoristico circa 100 anni dopo i fatti e, da quel momento diventato verità storica, anche se farlocca realmente.

  • Michele ha detto:

    Sottoscrivo ogni parola, vorrei solo precisare che Voltaire non ha mai detto la celeberrima frase a lui attribuita sulla libertà “…mi batterò fino alla morte perché tu possa dirlo”: è un’invenzione di una scrittrice inglese, credo di inizio novecento, per creare l’agiografia di un santino laico.

    La frase attribuita a Voltaire rimane condivisibile, soprattutto da chi, ritenendosi democratico e liberale, la ignora ipocritamente quando non giova alla sua temporanea battaglia ideologica.

  • Enrico Nippo ha detto:

    A parte il fatto che l’illuminista (e già partiamo male) Voltaire non ha mai detto “Non condivido quello che affermi, ma mi batterò fino alla morte perché tu possa dirlo”; mi sembra davvero esagerato enfatizzare “il sacro principio della libertà di opinione e di espressione”.

    Bisognerebbe andarci piano con l’uso disinvolto di certe parole, e “sacro” è una di queste. E infatti è proprio il sacro ad escludere la democratica libertà,
    invenzione rivoluzionaria di cui stiamo … gustando frutti.

    Non mi risulta che nelle Sacre Scritture ci sia il minimo cenno alla libertà di opinione ed espressione, e tantomeno alla loro “sacralità”.

    Oltretutto, a occhio e croce, al signor Gianni De Felice del sacro – come si dice – non gliene può fregare di meno.