CALIARI: POVERA CHIESA, CORTIGIANA DEI PADRONI DEL CAOS

19 Ottobre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, Gian Pietro Caliari ci fa omaggio di una riflessione profonda e problematica sui frutti del Concilio Vaticano II, e sui tempi che stiamo vivendo nella Chiesa, con un riferimento particolare all’ultima enciclica di papa Bergoglio. Buona lettura. 

 

§§§

Homo et homo natus est in ea,

et ipse fundavit eam Altissimus

di Gian Pietro Caliari

 

Nel rileggere a 55 anni di distanza il Concilio Vaticano II e, non da ultimo gli accadimenti del post-concilio come quelli presenti, in una trascendente visione di Fede Cattolica, non può che risuonare l’affermazione del Salmo 86: “Si dirà di Sion: L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda”.

Nel breve componimento davidico, di solo 7 versetti, ricorre ben tre volte il verbo ebraico jullad al tempo perfetto, che andrebbe più correttamente tradotto in: “in essa sono stati partoriti”.

Il Salmo richiama espressamente la Roccia di Sion, יְרוּשָׁלַיִם Gerusalemme “fondata dalla stesso Altissimo”. E, così, i Padri della Chiesa e tutta la tradizione liturgica hanno sempre interconnesso  il significato dell’essere partorito, vale a dire l’essere figlio, e quello dell’essere fondata, cioè d’essere Madre.  

In tal senso si esprimeva Sant’Agostino d’Ippona: “Cristo si è fatto uomo in lei; mentre egli stesso l’ha fondata; non come uomo ma come Altissimo. Ha, insomma, fondato la città nella quale doveva nascere, così come ha creato la madre dalla quale doveva nascere. Che significa tutto questo, fratelli miei? Quali promesse, quante speranze abbiamo! Ecco, l’Altissimo, che ha fondato la città, dice per noi a tale città: Madre! E si è fatto uomo in lei, ed egli stesso, l’Altissimo, l’ha fondata.” (Enarratio in Psalmos 86, VII, 35).

Una retorica ideologico-giornalistica ha, al contrario, spesso parlato di una “Chiesa del Concilio”, Vaticano II ovviamente, in aperta contrapposizione a un’altra Chiesa, quella pre-conciliare ben inteso; e ai nostri giorni, anche certi dotti prelati e i loro accoliti, vagheggiano di una “Chiesa di Francesco”, quella di Bergoglio – ça va sans dire – altrettanto contrapposta a quella di tutti gli altri Pontefici precedenti.

Si tratta di una gretta visione immanentista che nulla ha a che vedere con il Vaticano II stesso, ma che è all’origine della devastazione dell’identità stessa della Chiesa Cattolica, sia nel post-concilio sia – e ancor più! – ai nostri giorni.

“Qui è l’origine di buona parte degli equivoci o dei veri e propri errori che insidiano sia la teologia sia l’opinione comune cattolica” – scriveva Joseph Ratzinger e osservava: “Molti non credono più che si tratti di una realtà voluta dal Signore stesso. Anche presso alcuni teologi, la Chiesa appare come una costruzione umana, uno strumento creato da noi e che quindi noi stessi possiamo riorganizzare liberamente a seconda delle esigenze del momento” (Rapporto sulla Fede, Roma, 1985, p.24).

Il Vaticano II, tuttavia, era ricorso proprio a quell’analogia ontologica e sapienziale del Salmo 86 e in un  suo cruciale passaggio per definire la duplice natura, divina e umana, della Chiesa: “Per una analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo. Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica” (Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 8).

In Lumen Gentium, poi, il Vaticano II ricorre a un’altra analogia ontologica per tracciare il rapporto fra il Regno di Dio e la Chiesa. Così come il Signore Gesù, con la sua predicazione e le sue opere ha segnato l’avvento del regno di Dio da secoli promesso nella Scrittura, così la Chiesa riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio” (Lumen Gentium 5).

Di più, sottolinea il Vaticano II: “La Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio, cresce visibilmente nel mondo” (Lumen Gentium 3).

Cristo e Chiesa, Figlio “partorito” e Madre “fondata”, così come Chiesa e Regno di Cristo, per analogia ontologica: “L’uno e l’altro in essa sono stati partoriti e lui, l’Altissimo, la mantiene salda”.

Senza questa visione ontologico-trascendente, come osservava ancora Ratzinger: “La stessa cristologia perde il suo riferimento con il Divino: a una struttura puramente umana finisce col corrispondere un progetto umano. Il Vangelo diventa il progetto-Gesù, il progetto liberazione-sociale, o altri progetti solo storici, immanenti, che possono sembrare anche religiosi in apparenza, ma sono ateistici nella sostanza” (Ibidem, p. 24).

E, significativamente, avvertiva: “Bisogna ricreare un clima autenticamentecattolico, ritrovare il senso della Chiesa come Chiesa del Signore, come spazio della reale presenza di Dio nel mondo. Quel mistero di cui parla il Vaticano II quando scrive quelle parole terribilmente impegnative e che pure corrispondono a tutta la tradizione cattolica: La Chiesa, cioè il regno di Cristo già presente in mistero” (Ibidem p. 25).

Lo stesso Paolo VI, a neppure tre anni dalla conclusione dell’Assise Conciliare, dovette prendere atto del tradimento della visione trascendentale che Lumen Gentium aveva voluto riaffermare.

A conclusione dell’Anno della Fede, nel suo celebre Credo del Popolo di Dio, il pontefice lombardo con minuzioso dettaglio fu costretto a solennemente ribadire: “Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria” (Credo del Popolo di Dio – Solenne Professione di Fede, 30 giugno 1968).

La crisi post-conciliare e quella ancor più drammatica dell’attuale Pontificato, che trasuda di aperta apostasia, ha proprio in questo snodo cruciale la sua causa prima: l’aver scisso l’inscindibile binomio Cristo e Chiesa Cattolica, Chiesa Cattolica e Regno di Cristo!

Alla Chiesa di Cristo si contrappone, in realtà, un’altra chiesa o apertamente un andare oltre la Chiesa che, in tutta evidenza, è in realtà andare oltre Cristo stesso e, dunque, oltre la Verità!

Nell’immanentismo sconcertante, che sostanzialmente informa l’attuale Pontificato e che deforma – Dio non voglia! irreparabilmente – l’essenza ontologica stessa della Chiesa Cattolica, l’attuale Pontefice vagheggia “di riassumere la dottrina sull’amore fraterno, nella sua dimensione universale, sulla sua apertura a tutti” e così di dare “un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole” (Fratelli tutti, 6).

Si tratta di un “sogno” immanentista che smentisce apertamente e si dissocia da quanto i Padri conciliari intendevano nel ribadire l’ontologia stessa e, conseguentemente, la missione della Chiesa Cattolica: “Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa” (Lumen Gentium 1).

L’ultima lettera enciclica, che riassume e segna la fine di questo Pontificato, in realtà, più che dal Vaticano II e ancor prima dalla proclamazione di Cristo quale “Lumen Gentium” è ispirata dal Rapporto del Gruppo di Alto Livello del 2005, istituto dall’allora Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan, che ha dato vita all’ennesima struttura onusiana, la UNAOC: l’Alleanza delle Civilizzazioni delle Nazioni Unite.

Basta scorrere velocemente i documenti prodotti in questi ultimi 15 anni per comprendere, e in anticipo, l’intero percorso ideologico dell’attuale Pontificato, le sue scelte e la sua narrativa, che pienamente emerge nell’ultimo documento papale.

“Io sono la vite, voi i tralci” – così il Divino Maestro ammoniva gli Apostoli – “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Giovanni 15, 5).

Così è stato nella Storia! Così è ancor più tragicamente nella cronaca attuale!

Come acutamente osservava, in tempi non sospetti, il filosofo veneziano Andrea Emo: “La Chiesa è stata per molti secoli la protagonista della storia, poi ha assunto la parte non meno gloriosa di antagonista della storia; oggi è soltanto la cortigiana della storia”.

Più che della Chiesa e della Storia, lo potremmo meglio dire dell’attuale Pontificato che, in tutta evidenza, non disdegna di essere “la cortigiana” dei Padroni del Caos di questa nostra sconsolante attualità.

§§§




STILUM CURIAE HA UN CANALE SU TELEGRAM

 @marcotosatti

(su TELEGRAM c’è anche un gruppo Stilum Curiae…)

E ANCHE SU VK.COM

stilumcuriae

SU FACEBOOK C’È LA PAGINA

stilumcuriae




SE PENSATE CHE

 STILUM CURIAE SIA UTILE

SE PENSATE CHE

SENZA STILUM CURIAE 

 L’INFORMAZIONE NON SAREBBE LA STESSA

 AIUTATE STILUM CURIAE!

ANDATE ALLA HOME PAGE

SOTTO LA BIOGRAFIA

OPPURE CLICKATE QUI 




Questo blog è il seguito naturale di San Pietro e Dintorni, presente su “La Stampa” fino a quando non fu troppo molesto.  Per chi fosse interessato al lavoro già svolto, ecco il link a San Pietro e Dintorni.

Se volete ricevere i nuovi articoli del blog, scrivete la vostra mail nella finestra a fianco.

L’articolo vi ha interessato? Condividetelo, se volete, sui social network, usando gli strumenti qui sotto.

Se invece volete aiutare sacerdoti “scomodi” in difficoltà, qui trovate il sito della Società di San Martino di Tours e di San Pio di Pietrelcina

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , , ,

Categoria:

10 commenti

  • Davide.S ha detto:

    Nell’ultima enciclica il papa parla di”amicizia sociale”,
    Ad Assisi, nella solennità di S. Francesco, il Presidente del Consiglio utilizza le medesime parole.
    Che si siano messi d’accordo? Ma sopratutto, quale modello sociale ed antropologico si cela dietro questo neologismo? Per parte mia continuo a vedere più differenze che analogie tra il contesto dell’amicizia e quello propriamente sociale. Azzardo un’interpretazione, con questa locuzione si intende conciliare la spontaneità e la libertà delle relazioni amicali con l’obbligatorietà di molti obblighi sociali?

  • Corrado Bassanese ha detto:

    Non ho letto la famigerata Enciclica (non me la sento di impegnare tanto tempo), ma leggendo stralci riportati dai più volenterosi, mi convinco sempre più che NON l’ha scritta Bergoglio: ci ha messo solo la firma.
    Non vedo nessuna coerenza con il personaggio che ogni domenica dalla finestra del palazzo in Vaticano parla con “buon giorno”, “buona sera”, “buon pranzo” o, in aereo dice che se gli tocchi la madre ti dà un pugno…

    • l'enciclicaro ha detto:

      I Papi non scrivono mai tutta una Enciclica, Normalmente stabiliscono il messaggio chiave, la modalità con cui strutturalo , Sempre tengono per se l’introduzione . ma quel che conta è che fino a ieri ( fino a Benedetto XVI) sceglievano con cura coloro che dovevano proporre le bozze ( che il papa avrebbe poi corretto e approvato) . Questa pseudo enciclica ha innumerevoli mani. Mi vien da pensare almeno 10-15 . Lo si intende dallo stile e dalla ideologia che ne ispira òa stesura. Se posso anch esprime una opinione ,tutte di mediocre qualità . Come chi li ha scelti . tralaltro almeno tre di questi estensori io li conosco . Benedetto XVI non li volle neppure per dare aiuto a Justitia et Pax , allora think..thank per i documenti pontifici .

      • Adriana 1 ha detto:

        Allora , come nei paesi della ” Religione di Pace “, a questi estensori si dovrebbe tagliare legittimamente le mani perchè colpevoli di furto doloso di Verità .

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Il refrain che ricorre in questi ultimi tempi con una frequenza costante e sempre più ravvicinata rispetto al passato è “Non praevalebunt”. Per alcuni una reiterata professione di fede, quasi a rafforzarla e restare aggrappati ad una promessa che aiuta a resistere, nella speranza di salvarsi dalla tempesta. Per altri, all’opposto, una convinzione che esonera dall’interrogarsi sulle proprie responsabilità di governo ed eventuali irresponsabilità nella guida del popolo di Dio; una specie di assicurazione a vita con annessa immunità. Per gli uni e per gli altri un placebo.
    Complice una narrazione celebrativa, indotta da un entusiasmo suscitato da parole e gesti che hanno alimentato l’una e l’altro, durante questo pontificato, si è finito col modellare la Chiesa sul predicatore, fino a confonderla con una “cosa” sua. Sugli effetti nefasti della cortigianeria che si è radicalizzata nei gangli della rete ecclesiale non sembra si possa nutrire ancora qualche dubbio.
    Pare, inoltre, si sia dimenticata la premessa alla promessa “e le porte degli inferi non prevarranno di essa”. Cioè quell’inequivocabile “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.
    Chiaro di chi sia la Chiesa!

  • Lucy ha detto:

    Non mi addentro nei reticoli del concilio vaticanoII , mi limito a un commento su “Fratelli tutti “. L’enciclica è un manifesto politico più che una riflessione teologica , un prontuario di tutto ciò che oggi è politicamente corretto travasato nei temi cari a Bergoglio e trattati ossessivamente , mai come questa volta , in modo ideologico con punte di pericolosa utopia come “….la necessità di un ordine mondiale con autorità dotate del potere di sanzionare ” .Per cui dopo aver letto una marea di commenti sull’enciclica ci pare che la sintesi migliore sia quella fatta da Camillo Langone sul Foglio del 10/10.
    ” Fratelli tutti è il manifesto di un’altra religione : c’è il deismo ,l’indifferentismo ,un pizzico di panteismo e un quintale di islam di fronte al quale ci si inginocchia .C’è di tutto meno che la divinità di Cristo “.

    • Hierro1973 ha detto:

      Langone è sempre un grande!

    • mM ha detto:

      lo ha scritto con diverso stile anche SE mons Schneider

      • Marco ha detto:

        Al convegno tenutosi a lonigo su
        Economia e vita
        Economia e famiglia
        Publicizzato su questo blog e ricordato dal dott tosatti con la pubblicazione della lectio magistralis di mons crepaldi
        Qualcuno dei relatori ha definito l enciclica del papa più che fratelli tutti “compagni tutti “.