GIOVANNI FORMICOLA: I “DIRITTI” SI FONDANO SUL DIRITTO.

1 Ottobre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, con grande piacere rilanciamo un articolo molto interessante apparso sul sito dell’Osservatorio Internazionale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, scritto dall’avvocato Giovanni Formicola. Buona lettura. 

 

 

 

Tavolo di Lavoro sulla Commissione Glendon

 

I diritti si fondano sul diritto

di Giovanni Formicola

 

Con un articolo introduttivo di Don Samuele Cecotti abbiamo lanciato la proposta di una riflessione a partire dalle conclusioni della Commissione Glendon sui veri diritti umani.

Il diritto, secondo la lezione di Paolo Grossi, preesiste alla legge positiva – che tutt’al più lo riflette, lo recepisce, lo esplicita, lo «mette in chiaro», lo munisce di sanzione in caso di trasgressione –, allo stesso modo in cui la società precede quello che i moderni chiamano Stato. Prima, infatti, vi sono gli uomini, le famiglie, i gruppi, e la loro fitta trama di relazioni – tra loro e con la realtà materiale (anzitutto il suolo sul quale vivono, che ne costituisce patria e territorio), ma anche con la Divinità –, che istituiscono appunto una società. Poi, le forme organizzative e la sovranità che essa si dà, e con le quali s’instaura un’altra specie di relazione, i cui soggetti sono la società (non solo nel suo insieme, ma anche nelle sue componenti particolari, fino agl’individui) e tale struttura organizzativa e sovrana, che culmina in quello che oggi si chiama stato, che è dotato di un articolato apparato di funzionamento, detto anche burocratico, dalle proporzioni ormai mostruose.

 

Ognuna di queste relazioni ha una sua misura, una sua fisionomia, naturale, e storicamente determinata, che costituisce l’ordine giuridico fondamentale.

 

La legge, il diritto positivo, trova in tale misura ed in tale ordine un prius, un diritto vivente – ch’è anzitutto res, una realtà –, che ordinariamente deve riconoscere e tutelare, e che ne è condizione di legittimità. Solo straordinariamente i decreti dei sovrani, per quanto attiene alla dimensione storica di tale fisionomia e mai a quella naturale, e solo nei casi di assoluta necessità, possono intervenire su di essa, e comunque sempre e solo in vista del bene comune.

 

Prima del diritto positivo, dunque, vi sono un diritto naturale (la misura conforme alla natura umana e del reale), e un diritto storico o consuetudinario – che il legislatore deve rispettare e talvolta esplicitare recependoli in norme ed istituti giuridici –, e che costituiscono il criterio di «giustizia» della legge (cfr. l’eterna invettiva di Antigone nei confronti di Creonte). La norma positiva non crea il diritto, altrimenti non potrebbe mai dirsi la legge giusta o ingiusta, ma tutt’al più valida o invalida.

 

Dell’ordine giuridico fondamentale fanno parte, fra gli altri, il diritto alla vita dell’innocente – il cui riconoscimento è dovuto ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, senza che il legislatore possa stabilire se, quando e come si sia pienamente uomini –; i diritti di libertà – da quella economica a quella all’educazione dei propri figli, a quella religiosa –; il diritto della famiglia ad essere riconosciuta e tutelata in quanto tale se fondata sul matrimonio come legame tra un maschio ed una femmina, senza avere la pretesa di riscriverne la natura volontaristicamente. «Si esprimono, in questi valori, norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore e neppure dal consenso che gli Stati possono ad esse prestare. Sono infatti norme che precedono qualsiasi legge umana: come tali, non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno.

 

La legge naturale è la sorgente da cui scaturiscono, […] [i] diritti fondamentali […] che è doveroso onorare. Nell’attuale etica e filosofia del Diritto, sono largamente diffusi i postulati del positivismo giuridico. La conseguenza è che la legislazione diventa spesso solo un compromesso tra diversi interessi: si cerca di trasformare in diritti interessi privati o desideri che stridono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale. In questa situazione è opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. […]

 

La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica» (Benedetto XVI).

 

Si tratta precisamente di questo: proteggere la società e l’uomo dagli arbitri del potere – anche quello di un’assemblea legislativa democraticamente e legalmente eletta – che non voglia o non sappia rispettarne i diritti e la natura propri, che non voglia o non sappia riconoscere quel suum che loro spetta e senza la cui attribuzione non v’è giustizia, e quindi non v’è tutela del bene comune. Solo il riconoscimento del diritto naturale e quindi di un superiore criterio di legittimità universalmente valido, che vada oltre la mera legalità della legge, può aiutare a proteggersi da simili rischi.

 

Né si dica che il criterio è vago. Esso fu invocato ed applicato a Norimberga per condannare crimini che erano tali per la coscienza umana rettamente formata, ma non per la legge vigente dove e quando venivano commessi. La grande tradizione umanistica occidentale e cristiana assicura la conoscibilità dei principi fondamentali della legge naturale, ancorché sempre in agguato rimanga l’errore nella loro decifrazione ed applicazione al caso concreto. Infatti, «La conoscenza della norma […] naturale non è preclusa all’uomo che rientra in se stesso e, ponendosi di fronte al proprio destino, si interroga circa la logica interna delle più profonde inclinazioni presenti nel suo essere. Pur con perplessità e incertezze, egli può giungere a scoprire, almeno nelle sue linee essenziali, questa legge […] comune che, al di là delle differenze culturali, permette agli esseri umani di capirsi tra loro circa gli aspetti più importanti del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto. È indispensabile risalire a questa legge fondamentale impegnando in questa ricerca le nostre migliori energie intellettuali, senza lasciarci scoraggiare da equivoci e fraintendimenti» (Benedetto XVI).

 

L’alternativa è, per i diritti umani autentici, il «rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica» (Benedetto XVI), che li renderebbe fragili com’è fragile tutto ciò che dipende dal consenso di qualcuno e non stia di suo. «[…] se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto. La storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla Ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa Fonte della nostra razionalità» (Benedetto XVI). È perciò indispensabile che i diritti umani siano considerati «come aventi fondamento non semplicemente nella decisione dell’assemblea che li ha approvati, ma nella natura stessa dell’uomo e nella sua inalienabile dignità di persona creata da Dio» (Benedetto XVI). Ed in quanto fondati sulla natura umana, essi sono una «grammatica universale» e perciò pacificatrice.

 

La natura della persona umana, fondamento della sua dignità e dei suoi diritti, è poi decifrabile e conoscibile nella sua realtà propria ed oggettiva. L’approccio soggettivistico e relativistico al concetto di persona, infatti, la renderebbe esposta ad ogni manipolazione e riduzione. Se nel novecento non furono considerati persone, a seconda dei sistemi totalitari in cui vivevano, gli ebrei o i borghesi, i credenti o gli zingari, sembra proprio che a partire dalla sua seconda metà questa negazione stia colpendo i concepiti non ancora nati, i deformi, i geneticamente imperfetti, i malati gravi, e tutti coloro cui venga diagnosticata una pessima qualità della vita. E come non persone si ritiene legale la loro soppressione o manipolazione.

 

Né potrebbe andare diversamente: «Se […] [i] diritti si fondano su una concezione debole della persona, come non ne risulteranno anch’essi indeboliti? Si rende qui evidente la profonda insufficienza di una concezione relativistica della persona, quando si tratta di giustificarne e difenderne i diritti. L’aporia in tal caso è palese: i diritti vengono proposti come assoluti, ma il fondamento che per essi si adduce è solo relativo. […] Solo se radicati in oggettive istanze della natura donata all’uomo dal Creatore, i diritti a lui attribuiti possono essere affermati senza timore di smentita. […] È solo facendo chiarezza su questi presupposti di fondo che i diritti umani, oggi sottoposti a continui attacchi, possono essere adeguatamente difesi. Senza tale chiarezza, si finisce per utilizzare la stessa espressione, “diritti umani” appunto, sottintendendo soggetti assai diversi fra loro: per alcuni, la persona umana contraddistinta da dignità permanente e da diritti validi sempre, dovunque e per chiunque; per altri, una persona dalla dignità cangiante e dai diritti sempre negoziabili: nei contenuti, nel tempo e nello spazio» (Benedetto XVI).

 

Senza il Creatore svanisce la creatura e, con la creatura, cioè con la sua natura immutabile metafisicamente intesa, non può che sparire anche il diritto. Rimane solo l’arbitrio del legislatore onnipotente e dell’esecutore dei suoi comandi. Infatti, secondo il positivismo giuridico, «l’umanità, o la società, o di fatto la maggioranza dei cittadini, diventa la fonte ultima della legge civile. Il problema che si pone non è quindi la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia» (Benedetto XVI).

 

Giovanni Formicola

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22 commenti

  • Iginio ha detto:

    Dire che l’apparato dello Stato si è esteso troppo è opinabile anche da un punto di vista cristiano.
    Gaetano De Sanctis, cattolico esemplare (anche se sconosciuto ai pliniani e certo non inquadrabile nei loro schemi, come buona parte del cattolicesimo italiano otto-novecentesco), cento anni fa diceva che proprio per un concetto di fraternità cristiana era inevitabile che lo Stato estendesse il proprio raggio d’azione.
    Non è che l’uomo singolo, la famiglia, la comunità locale possano fare tutto. A maggior ragione nel mondo di oggi, ormai globalizzato.

    • Giovanni Formicola ha detto:

      Gentile Signor Iginio,
      premesso che dell’insigne senatore professor De Sanctis non ho nulla da dire, se non che ha avuto genitori esemplari, che dopo Porta Pia non giurarono fedeltà allo stato unitario, si appartarono da esso e proseguirono la loro vita da “non italiani”, non senza pagarne un cospicuo prezzo; premesso che non ho mai né detto, né pensato che “individui, famiglie, etc. possano far da soli”; premesso che se l’espansione dello stato moderno a lei possa non dispiacere, non so che farci (molti milioni di persone guardano la De Filippi: de gustibus…); tanto premesso, le dico che la secolarizzazione e socializzazione della fraternità cristiana in fraternité è stata, ed è, causa di spargimenti di sangue mai prima conosciuti dalla storia.
      Per il resto, mi può chiarire se si riferisce al Vecchio o al Giovane?
      Grazie e saluti
      Giovanni Formicola

      • Iginio ha detto:

        Trovo fuori luogo il suo spirito di patata. Indice della vanità di chi vuole la ribalta tutta per sé e si irrita quando qualcuno gli muove obiezioni..
        Gaetano De Sanctis ebbe genitori esemplari perché fedeli al Papa nel 1870: e allora? Il tempo scorre e i figli fanno il loro percorso. Quindi si vada a leggere le memorie di De Sanctis e scopra quali scelte di vita fece.
        Oppure dica che chi è fedele a papa Francesco senza se e senza ma è esemplare. Perché non lo dice? Papa Francesco non è Papa?
        Concludo replicandole che farebbe meglio a smetterla di intestarsi l'”opzione Benedetto”, espressione di Rod Dreher che si riferisce a tutt’altro.

      • Iginio ha detto:

        Dimenticavo: non solo non ho detto che l'”espansione dello Stato moderno” mi piaccia (ho detto che è una necessità inevitabile per diversi aspetti dati i tempi e che può essere letta in modi diversi), ma non colgo proprio il nesso con la De Filippi e il suo pubblico di babbei.
        Non è che, siccome preferisco i sentieri di campagna, dobbiamo abolire le automobili. Cerchi di mantenere un filo logico e una proporzione nei paragoni. Non siamo in tribunale a impressionare la gente con le arringhe.
        A proposito: sono funzionario statale, sono colpevole di servire uno Stato usurpatore? Lei che fa, non va in tribunale a fare l’avvocato perché non le garba lo Stato usurpatore e eccessivo e quindi non ne riconosce i poteri?
        E ai suoi figli che fa, proibisce di vedere la tv per paura che guardino la De Filippi? 🙂

  • Enrico Nippo ha detto:

    Nel 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò’ e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

    Chissà cosa verrebbe fuori se se si approvasse e proclamasse una Dichiarazione Universale dei Doveri Umani.

  • Non Metuens Verbum ha detto:

    Sintetizzerei sulle orme di Vittorio Mathieu : Non è il Diritto strumentale allo Stato, ma anzi lo Stato è strumentale al Diritto. Ma aggiungo un completamento necessario: il Diritto non è la somma dei diritti, ma è la compresenza dei diritti e dei Doveri, anzi dirò di più, il Dovere è antecedente e superiore al Diritto, né esiste alcun diritto se non corrisponde a un più alto e necessario Dovere.

  • Gabriele ha detto:

    In realtà vera legge è la corretta ragione in accordo con la natura, diffusa in tutti, costante, sempiterna, che eventualmente richiami al dovere ordinando, vietando allontani dal delitto. E tuttavia non ordina o vieta invano agli onesti, e non smuove i disonesti ordinando o vietando. Per questa legge non è lecito essere abrqogata, né si può derogare qualcosa da questa, né può essere interamente cassata, nemmeno possiamo essere liberati da questa legge per (decreto del) senato o del popolo, né bisogna cercare un Sesto Elio come commentatore o interprete, né ci sarà una legge a Roma,un’altra ad Atene, una ora, un’altra in futuro, ma una sola legge sempiterna e immutabile terrà a freno tutti i popoli in ogni tempo, e uno solo sarà dio comune, quasi un maestro o un comandante: quello l’inventore di questa legge, colui che l’ha meditata, emanata; e chi non gli obbedirà, si fuggirà da solo e, rinnegata a lui stesso la natura di uomo, espierà pene grandissime, anche se sarà sfuggito agli altri supplizi, che tali sono ritenuti dagli uomini.
    (Cicerone, De Re publica III, fr 6)

    Unico infatti è il diritto dal quale è unita la società umana, ed unica la legge che lo fonda, legge che corrisponde alla retta norma del comandare e del vietare. Colui che la ignora, è ingiusto, sia essa quella scritta in qualche testo oppure no. Infatti se la giustizia consistesse nell’ottemperanza alle leggi scritte ed ai costumi dei popoli, e se, come dicono sempre quei medesimi dotti citati, tutto dovesse misurarsi in base all’utilità,ignorerà quelle leggi e le infrangerà, se gli sarà possibile, colui il quale
    giudicherà una tale situazione vantaggiosa per lui. Ne consegue così che non sussiste affatto giustizia, ove essa non sussista per natura; e quella che viene costituita a scopo di utilità, dall’utilità essa viene completamente sradicata. E se la natura non fosse pronta a dar forza al diritto, tutti i valori sarebbero
    annullati. Dove infatti potrebbe ancora esistere la generosità, l’amor di patria, la pietà, dove il desiderio di rendersi benemerito verso qualcuno o di dimostrare gratitudine? E’ chiaro che questi sentimenti nascono dal fatto che siamo naturalmente inclini ad amare gli uomini, e questo costituisce il fondamento del
    diritto. E non soltanto si eliminerebbe il rispetto verso gli uomini, ma anche il culto ed i riti verso gli dèi, che penso debbano essere conservati non già per timore, ma per quel legame che unisce l’uomo alla divinità. Se infatti il diritto fosse costituito sulla base dei decreti del popolo, degli editti dei prìncipi, delle sentenze dei giudici, sarebbe un diritto il rubare, commettere adulterio, falsificare testamenti, ove tali azioni venissero approvate
    dal voto o dal decreto della massa. Se tanto grande è il potere delle decisioni e degli ordini degli incompetenti, da sovvertire la natura stessa con i loro voti, perché non sanciscono che
    vengano ritenute per buone e salutari quelle cose che sono cattive e dannose? O perché, mentre la legge può trasformare in diritto l’ingiustizia, non potrebbe essa stessa trasformare il male in bene? Purtroppo noi non possiamo distinguere la legge buona dalla cattiva secondo nessuna altra norma se non quella di natura; e la natura non discrimina soltanto ciò che è giusto dall’ingiusto, ma in generale tutto quanto è onesto e disonesto.
    (Cicerone, De legibus I,16)

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Avv. Formicola, non prenda come critica o come tentativo di banalizzare il suo intervento, che è senza dubbio di altissimo profilo, questa mia domanda: è, secondo lei, affermabile che tutto quanto riguarda i diritti umani è, in positivo, contenuto nella Regola d’oro (Matteo 7,12)? “”Quanto dunque desiderate che gli uomini vi facciano,fatelo anche voi ad essi. Questa è infatti la Legge e i profeti””.
    Come dire:ricordati che tutto quanto tu ritieni essere tuo diritto è parimenti diritto di tutti gli altri uomini.

    • Giovanni Formicola ha detto:

      Certo che si può dire anche nel modo che lei suggerisce. Bisogna tuttavia tener conto che questa Parola di Gesù, come tutte le altre in materia di “diritti”, trascende e supera il mero – ancorché temporalmente indispensabile – concetto di diritto. Quando Gesù suggerisce di lasciare anche il mantello a chi voglia toglierci la tunica (Mt 5,40), non sta certo fondando una norma per la quale il giudice debba togliere anche il mantello a chi legittimamente resista per difendere la propria tunica. Chi all’ingiusto pretensore (se fosse giusto, il problema neanche si porrebbe) della tunica lasci anche il mantello, s’erge al di sopra del diritto, ma certo non lo nega, così come il digiuno ascetico non nega né la nutrizione, né la delizia del creato, per cui i discepoli in presenza dello sposo mangiavano e bevevano (cfr. a Cana).
      Grazie per l’osservazione e scusi il ritardo della risposta.
      Giovanni Formicola

  • Virro ha detto:

    Avv. Formicola, Dott. Cafazzo
    in pratica ci avete mostrato l’intelligenza dell’uomo:
    Benedetto XVI, uomo di Dio, afferma che la dignità della persona è fondata sulla “grammatica universale” e perciò pacificatrice.
    Il filmatino, invece, mostra l’intelligenza (pericolosa) che si auto compiace

    Comunque grazie per la vostra intelligenza.

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Il tema dei diritti non è rientrato fra quelli affrontati durante l’ incontro di 45 minuti – che i media ci hanno informato essersi svolto in un clima disteso – fra la delegazione americana e quella vaticana. Non come è stato riferito fra i soli segretari di Stato e non è stato diffuso alcun comunicato in merito, come da prassi.
    https://www.huffingtonpost.it/entry/grande-freddo-tra-vaticano-e-usa-neanche-un-faccia-a-faccia-parolinpompeo_it_5f75edffc5b6374c558a4e35

  • Antonio Cafazzo ha detto:

    Fratelli tutti.

    Chiedo scusa al Dr. Tosatti per scombussolare il suo laborioso piano di pubblicazioni (e a Formicola) per postare ora qualcosa sulla questione di ieri (mascherine e covid).
    Ieri ho divagato su un problema di Alta Teologia (trascendenza, immanenza, panteismo, sabellismo..) e non ho avuto tempo di postare questo video sulla disumanizzazione in atto.

    Il MIT (Istituto di Tecnologia del Massachusetts) ha approntato un Robot-Dog che pattuglierà parchi e strade per EDUCARCI alla distanza sociale e SALVARCI dal covid.
    Una sua versione in collaborazione con il Brigham e Women’s Hospital sarebbe in grado anche di misurano la temperatura della pelle, la frequenza respiratoria e la saturazione dell’ossigeno nel sangue da una distanza di 2 metri.
    Verrà utilizzato anche nei luoghi di culto per evitare i suoi frequentatissimi assembramenti?
    Buon divertimento.

    • Adriana 1 ha detto:

      Era roba da Fantascienza…ora ce l ‘hanno fatta !
      (Alcuni films : 1984 (1984) , Nemico dello Stato (1988) ,
      Rapporto di minoranza (2002) , Eyeborgs (2009 ) ecc…,ecc….)
      Nei films vincono ” i nostri ” , ma non sempre …

  • pg ha detto:

    bravo Formicola

  • Adriana 1 ha detto:

    Mi permetto di segnalare sul Giornale di oggi l’articolo intervista di Francesco Boezi ( rubrica Insideover) a Mons. Viganò .
    https://www.ilgiornale.it/indideover.com/religioni/vigano-intervista-una-voce-tremare-chiesa.html?utm_source/
    Se il link è inesatto , confido in qualche anima cortese per correggerlo .