Sul Modo Virtuoso di Comunicarsi. Tra il “Prendere” e il “Ricevere”. Alleati dell’Eucatestia e del Vangelo.

9 Maggio 2024 Pubblicato da 6 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo pubblicato sul sito degli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo, che ringraziamo per la cortesia. Il primo articolo lo trovate qui. Buona lettura e condivisione.

§§§

 

SUL MODO VIRTUOSO DI RICEVERE L’EUCARESTIA.
TRA IL “PRENDERE” E IL “RICEVERE”.

Principali Istruzioni Ecclesiali. (parte seconda)

a cura di
Veronica Cireneo e Mauro Bonaita

A parte la primitiva e la modernissima usanza di afferrare l’ Ostia Santa con le mani, per tutta la storia della Chiesa, che conta ad oggi giusto un paio di millenni, l’Ostia è stata ricevuta dai fedeli in bocca, a mani giunte e in ginocchio.
C’è una vasta letteratura di documenti ecclesiali e una schiera di santi, di papi e di papi santi vecchi e nuovi, che hanno testimoniato con la loro vita che l’atteggiamento più appropriato da assumere dinnanzi al nostro Dio è l’inginocchiarsi e ogni pastorale testimoniata con l’esempio eclissa ogni parola, perché la parola rispetto ad esso risulta sempre molto superflua e minimalista.

E se si accetta con la ragione e l’intelletto che Pastorale e Dottrina battano all’unisono, così come è giusto che sia, prendiamo a modello la Pastorale e la Dottrina testimoniate dai Santi Padri della Chiesa e non certo quelle di pastori che minimizzano un così Inestimabile Dono.

In questa seconda parte della trilogia sul modo virtuoso di ricevere l’Eucarestia, il nostro Ruggero riprende la questione girando intorno al valore del verbo “PRENDETE”.

La voce del verbo “prendere” è la traduzione italiana del verbo latino “ACCIPITE” , che come riportato in foto viene usato anche in riferimento alla Spirito Santo.

A meno che non ci sia qualcuno che possa afferrare lo Spirito Santo ed i Suoi doni, con le mani, “prendete” non significa afferrare, bensì ricevere, accettare, acconsentire.

Buona lettura….

* * *

Sebbene la moderna Conferenza Episcopale Italiana sostenga che: «particolarmente appropriato appare oggi l’uso di accedere processionalmente all’altare ricevendo in piedi, con un gesto di riverenza, le specie eucaristiche, professando con l’Amen la fede nella presenza sacramentale di Cristo» (Enchiridion CEI 4/1859), tuttavia essa non ne fa obbligo, né può imporlo, però molti sacerdoti ed anche fedeli si mostrano spesso ostili nei confronti di chi si inginocchia.

Ma cosa c’è di sbagliato ad inginocchiarsi nel momento in cui si riceve l’Eucaristia?

Dal momento che a contare è lo Spirito non bisogna discettare esclusivamente della lettera; tuttavia anche la “lettera” c’è.

Nel 1980, molti anni dopo l’entrata in vigore del nuovo rito, la Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino, sotto il pontificato di un Papa fatto Santo, emanava l’Istruzione “Inaestimabile Donum”.

Al paragrafo 11 si può leggere che «la Chiesa ha sempre richiesto ai fedeli rispetto e riverenza verso l’Eucaristia, nel momento in cui la ricevono.

Quanto al modo di accostarsi alla Comunione, questa può essere ricevuta dai fedeli sia in ginocchio che in piedi, secondo le norme stabilite dalla Conferenza episcopale.

L’Istruzione precisa che l’atto di inginocchiarsi «esprime adorazione» (riconoscimento grato e umile che il Signore ci vuole bene…) e perciò non è richiesto nessun «altro segno di riverenza verso il santissimo Sacramento». Mentre a quanti la ricevono in piedi, viene richiesto «un atto di riverenza prima di ricevere il Sacramento».

Il problema non è limitato al ricevente, ma coinvolge anche chi, e il modo di farlo, distribuisce il Corpo di Cristo.

A tutt’oggi però gli abusi liturgici purtroppo non si contano… mentre i gesti di riverenza sono diventati delle rarità.

Ricordiamo che la CEI ha caldeggiato pastoralmente la santa Comunione in piedi, ma non l’ha imposta (e non ha nemmeno il potere di farlo).

Nel 1989 la XXXI Assemblea Generale Ordinaria della CEI emanò un’Istruzione sulla Comunione Eucaristica (delibera n. 56), nella quale non si proibisce di ricevere la Comunione in ginocchio, ma si norma la modalità di ricevere la Comunione in piedi, sulla lingua o sulle mani.

Va anche notato che si usa sempre il verbo “ricevere” e mai “prendere”.

Sbaglia chi traduce linguisticamente e materialmente il verbo accipite con prendete.

Nei testi sacri lo stesso verbo è usato prima del complemento oggetto di Spirito Santo.

Chi puo’ prendere lo Spirito Santo con le proprie mani? Nessuno.

È evidentemente quindi che Accipite significa RICEVETE.

Il XXI volume dell’Enchiridion Vaticano ha pubblicato una lettera (“This Congregation”) della Congregazione per la fede datata 1/7/2002 dove si legge:

 «Pur avendo la Congregazione approvato la legislazione che stabilisce per la Santa Comunione la postura eretta, in accordo con gli adattamenti permessi dalle Conferenze dei vescovi per mezzo della Istitutio generalis Missalis Romani, n. 160, par. 2, lo ha fatto chiarendo che i comunicandi che scelgono di inginocchiarsi non devono per questo motivo subire un rifiuto» (EV 21/665).

«La Congregazione… ritiene che qualsiasi rifiuto della Santa Comunione ad un fedele sulla base del suo modo di presentarsi sia una grave violazione di uno dei più fondamentali diritti del fedele cristiano […]».

Era richiamato il canone 841 e veniva chiarito che «anche ove la Congregazione abbia approvato norme sulla posizione del fedele durante la Santa Comunione, in accordo con gli adeguamenti ammessi alla Conferenza Episcopale dall’Institutio Generalis Missalis Romani 160 comma 2, ciò è stato fatto con la clausola per cui su tale base non si potrà negare la Santa Comunione ai comunicandi che sceglieranno di inginocchiarsi».

Anche l’Istruzione della Congregazione per il culto divino Redemptionis Sacramentum del 25/3/2004 recita:

«Non è lecito negare a un fedele la Santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio o in piedi» (RS, 91).

Infine, oltre alla secolare tradizione di questo gesto e alla normativa, il cardinal Sarah suggeriva di guardare alla pedagogia liturgica dell’Angelo di Fatima, che insegnava ai bambini a prostrarsi a terra dinanzi all’Eucaristia.

Ricevere la Santa Comunione in ginocchio o in piedi non è a discrezione del sacerdote, ma dei fedeli e nessuna Conferenza Episcopale può proibire al fedele di inginocchiarsi per ricevere l’Eucaristia.

È cosa buona ed giusta che ciascuno tenga presente la consapevolezza che inginocchiarsi davanti all’Ostia non solo è lecito, bensì è il modo più virtuoso di accostarsi all’Altissimo. Sempre sia lodato.

Ruggero S.

Giovedì 9 maggio 2024

Unisciti al canale telegram degli Alleati dell’Eucarestia e del Vangelo

§§§

Aiutate Stilum Curiae

IBAN: IT79N0200805319000400690898

BIC/SWIFT: UNCRITM1E35

§§§

 

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , ,

Categoria:

6 commenti

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    Niente di più vero, giusto e sentito, da chi scrive e -si spera- da chi si appresta a leggere.
    Amare l’Eucaristia è innanzitutto riconoscere in Essa Dio e comportarsi di conseguenza donando amore e vivendo con timore un momento divino, partecipandovi con la postura e con il cuore.

    Certo, sempre per quell’amore che un uomo sa e vuole dimostrare a Dio che non vede (se non col cuore) ecco che nasce spontanea la domanda: come dar valore a quelle ginocchia piegate, cioè convincere Gesù del nostro amore, quel “Ti amo” sussurrato, se intorno a noi c’e un prossimo che vediamo e per di più che vediamo soffrire?
    Ci interessiamo alle persone alle quali manca l’Eucaristia valida e lecita?
    Sappiamo che il loro digiuno eucaristico dura a volte molti mesi, prima di incontrare un sacerdote che non offici cum Bergoglio, falso e immondo papa?

    Va bene che gli alleati si battano per il Cristo, e invidio la loro fede e il loro impegno, ma mi piacerebbe sapere se quella fede è vera e io so, e tutti i cristiani sanno, che ciò può esserlo solo se corrisponde ad una espressione concreta d’amore per il prossimo. E su questo non ci sono nè se e nè ma.

    Ognuno è libero di trovare il modo e l’occasione di amare i fratelli in base alle contingenze ma si sappia che tanti, troppi fratelli, subiscono privazioni di Messe, sacramenti e assistenza spirituale, anche in punto di morte.
    Che si faccia una campagna d’amore invitando i sacerdoti ad abbandonare la falsa chiesa e a servire Iddio nelle persone in spirito e verità.
    Non occorre seguire necessariamente don Minutella, ma bisogna imitarne il coraggio perchè occorre servire la Verità nelle nostre città, nelle nostre case, cortili e scantinati: lì dove c’è il popolo di Dio, ci deve essere il ministro di Dio.
    La conversione dei sacerdoti chiede certo innanzitutto preghiere e sacrifici, ma anche atti di convincimento, di sostegno anche economico e molta pubblicità mediatica, ma su questo gli Alleati ci sanno fare.

  • Gabriele ha detto:

    Il fatto che nel versetto dello Spirito Santo il verbo làbete sia traducibile con ricevete, non vuol dire in automatico che debba essere così anche nel versetto dell’Eucaristia. (Tra parentesi: nel testo greco di Gv 20,22 non c’è scritto “lo Spirito Santo”, ma semplicemente “spirito santo”, non ci sono le maiuscole né l’articolo determinativo; “lo Spirito” dovrebbe essere “to Pneùma”, con l’articolo. Quando l’articolo determinativo non c’è, sebbene volendo fare una traduzione libera non sia sbagliato inserirlo in italiano, a voler fare una traduzione letterale sarebbe sbagliato, perché la regola è che se in greco manca l’articolo determinativo si mette in italiano l’indeterminativo : “uno spirito”. Ed infatti il biblista Roberto Vignolo, per la Bibbia Einaudi traduce “ricevete uno Spirito santo”). Il verbo lambano (da cui làbete) ha una molteplicità di significati (come spesso in greco), tra cui prendere, ricevere, capire, comprendere, e dipende dal contesto, dall’autore e dall’epoca scegliere come debba essere tradotto; qui abbiamo due vangeli diversi, quindi a maggior ragione vale il discorso che il significato attribuito da un evangelista ad un verbo non debba per forza essere lo stesso attribuitogli dall’altro. È possibile che “ricevete” sia la resa più adatta: Luigi D’Ayala Valva per la Bibbia Einaudi traduce “ricevete, mangiate” (la congiunzione “e” nel testo greco non compare) e nota che “l’uso dell’imperativo sottolinea l’autorità di chi dona in modo gratuito e unilaterale e perciò pone i destinatari in posizione di pura ricezione e accoglienza” (e cita Gv 20,22). Tuttavia “ricevete” non implica affatto che voglia dire “ricevete in bocca”, si può benissimo ricevere in mano (e lo Spirito è vero che non viene ricevuto in mano, ma nemmeno è ricevuto in bocca): infatti, il fedele non prende di sua iniziativa l’ostia dalla pisside, ma la riceve dal ministro che gliela pone sulla mano.

    • La Signora di tutti i popoli ha detto:

      Molto interessante e mi sembra corretta la precisazione sull’importanza degli articoli in greco e la loro trasposizione in una corretta traduzione letterale.
      Ma come si sa, la tradizione letterale non corrisponde sempre ad una traduzione corretta poichè il senso del contesto periodale dirige e designa il vero significato alla frase. Daltronde se l’art. det. manca in un contesto di poche parole un buon traduttore si adopera nel tradurre “uno spirito santo” ma se i due vocaboli appaiono in un frase più ampia o che si ricollega ad un senso, persone e cose pregressi, allora la lingua italiana, che ha altre regole e altri modi di esprimersi, richiede la traduzione col determinativo… daltronde non siamo parlando di Dio e dell’unico Santo Spirito… o stiamo parlando di uno Spirito Angelico del paradiso? Sarà il contesto della frase ad imporre una traduzione con il determinativo o altro e non certo la regola grammaticale generale.
      Non dimentichiamo che la traduzione letterale non è Parola di Dio, se non è approvata da chi compete anche se è purtroppo vero che ci sono tante approvazioni per tante differenti traduzioni. Ma questo è un altro discorso.

      • Cetty ha detto:

        Non è ASSOLUTAMENTE necessario tutto il vostro sapere per sentire barra capire che l’Ostia Santa va eminentemente rispettata.
        E oggigiorno è invece eminentemente profanata,appunto con le mani bon sacerdotali.

      • Balqis ha detto:

        Gentile Signora, se al liceo avessi ragionato in questo modo mi avrebbero bocciata in greco.

    • Amparo ha detto:

      La Santa Iglesia Católica, inspirada por el Espíritu Santo, considera la antigua traducción latina llamada Vulgata como exenta de todo error doctrinal. Y, en efecto, entre todas las antiguas traducciones latinas es la mejor y más excelente. El Padre Jose Maria Bover S.J., consultor de la Pontificia Comisión Bíblica, que tradujo, con el profesor Cantera, la Biblia desde las lenguas originales, hebreo y griego, al español en 1947, decía en el Prólogo que tenía “en altísimo aprecio la Vulgata”.
      Hoy la Iglesia Católica usa en la Sagrada Liturgia latina la Neo Vulgata, promulgada por el Papa Juan Pablo II con la Const. Ap. Scripturarum Thesaurus y recomienda que las traducciones litúrgicas en lengua vernácula se hagan a partir de esta edición oficial, que en el Nuevo Testamento es idéntica a la Vulgata Clementina, salvo levísimos retoques. Sentire cum Ecclesia!

Lascia un commento