Non si Prega per Ottenere, ma si Ottiene di Pregare…Il Mistero della Preghiera Cristiana. R.S.

9 Aprile 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro sito, R.S., offre alla vostra attenzione questi pensieri sulla preghiera. Buona lettura e meditazione.

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IL MISTERO DELLA PREGHIERA CRISTIANA 

 

L’avvertire almeno un po’ la luce, il calore, il sapore e il profumo di Cristo apre l’orizzonte umano a un’ineguagliabile partecipazione al trascendente divino. “In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all’umanità chi è” (Redemptoris missio). “È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete in lui parte alla sua pienezza” (Col 2,9‑10).

L’uomo ha sempre rivolto il proprio sguardo al cielo. In ogni cultura l’uomo si scopre precario e… perciò prega, sapendosi sospeso in una condizione incerta persino quando le cose vanno decisamente bene. In ogni religione l’uomo prega, ma solo in Cristo l’umanità ha ricevuto da Dio una rivelazione definitiva e superiore. Nel mistero di Gesù, Figlio di Dio incarnato, si dà la rivelazione della pienezza della verità divina. “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Questo spiega benissimo l’impegno missionario della Chiesa senza urtare la suscettibilità di qualcuno che -secondo certe teorie- verrebbe disturbato nel suo credo. 

La Pasqua offre l’occasione per interrogarci sull’al di là contemplando il velo del tempio squarciato al momento della morte del Signore e la Sua vittoria sulla morte, lasciando sgonfi i teli funebri nel sepolcro. L’eternità resta ancora velata, seppur rischiarata dalla luce della rivelazione cristiana: scorgiamo la bellezza di una beatitudine che non stancherà mai, sempre crescente nella sua meraviglia impossibile da esaurire.

Tutti questi pensieri sgorgano dal pregare entrando in un tempo e uno spazio di orazione e di contemplazione del mistero di Dio. Davanti al tabernacolo della Presenza Reale del Signore, presso gli altari di un luogo sacro, durante la liturgia o soli nel segreto della propria camera, la preghiera consapevole di quel che diciamo e a Chi, è un’occasione per vivere un’esperienza di Grazia. Pregare è un’esperienza che ci rende recipienti di Grazia, potenzialmente fino a quella pienezza che ha contraddistinto la beata vergine Maria. 

Se ogni religione eleva preghiere per chiedere qualcosa all’invisibile “dio” o idolo nel quale ripone fiducia, la relazione con Dio apertaci da Gesù è del tutto peculiare, così che possiamo dire che non si prega per ottenere, ma si ottiene di pregare.

E’ il senso ed è il tipo della preghiera insegnata da Gesù (Mt 6,7-8). “Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”.

Mediante Gesù Cristo i cristiani sono quelli che si rivolgono a Dio chiamandolo Padre, sapendo Dio il Creatore e il Redentore, coscienti che la gloria di Dio è il fine della creatura e del creato.

Dio mi crea (sta creandomi anche adesso), mi salva e mi vuol bene e io rendendoGli gloria non Gli do una ricompensa (Dio non ne ha bisogno), ma sto dandoGli la sua stessa Gloria.

Pregando abitiamo il mistero dell’inedito “scambio” che ci fa stare nella gloria di Dio quando ancora essa è invisibile, alimentato di una fede e di una speranza che fanno gustare la carità di Cristo nella comunione con Lui, specialmente quando la vita ci mette la croce sulle spalle.

La preghiera perciò inizia sempre dalla lode, ma non lo si fa “per ingraziarsi qualcuno da convincere a darmi qualcosa”. La preghiera non è questo tipo di scambio; infatti Gesù insegna a non pregare in questo modo, ma a ricevere la Grazia di ottenere di poter pregare rivolti al Padre.

Nella lode la creatura riconosce il Creatore e il salvato il suo Salvatore. L’uomo può così compiere la volontà di Dio sostenendo la prova, mantenendo il cuore puro liberato dal Maligno, ottenendo misericordia e diventando pronto a dispensarne, desideroso di tornare se si allontana dalla casa del Padre. Riconosce la Verità senza impugnarla, non si ostina nel peccato, non dispera la salvezza e non presume d’esser salvo senza pentimento. 

La preghiera è un bagno di umiltà che offre a Dio un sacrificio di lode anche nel tempo sfavorevole.

Dio non ci esaudisce in cambio della gloria che gli diamo, ma per la gloria Sua di cui partecipiamo diventando Suoi.

Uno splendido esempio di questo è l’Ave Maria, una triplice lode alla Madonna: dell’Angelo (piena di grazia, il Signore è con te), di Elisabetta (benedetta tu e il frutto del tuo seno) e della Chiesa (che la celebra santa e madre di Dio); un preludio al chiederle di pregare per noi, precari. 

Dando gloria a Maria celebriamo i misteri della salvezza consci che l’iniziativa da cui nasce la nostra supplica è preceduta dall’iniziativa di Dio! 

L’atto di fede coincide con l’atto di umiltà di restare al nostro posto; perciò non si prega per ottenere, ma si ottiene di pregare. La fede ottiene (salva) perché ci consegna al fine sperato, anticipandone l’esperienza di carità/amore.

Pregando a partire dalla lode attestiamo la fede che salva e Gesù unico e insostituibile redentore della creazione. Nel segno della croce diciamo:

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

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3 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    Sento di non condividere il titolo dell’articolo, in particolare l’espressione “non si prega per ottenere”. Ecco, se il verbo fosse stato utilizzato al condizionale, con un’affermazione del tipo: “non si dovrebbe pregare per ottenere” allora avrei accettato con più convinzione il ragionamento dell’autore. Se Dio è Padre e la Madonna è Madre cosa c’è di più naturale di dichiarare i nostri bisogni e le nostre necessità? Come in famiglia capita poi di essere talvolta ascoltati e in altre occasioni non ascoltati, però il fatto di aver già ricevuto crea la fiducia necessaria a “fare qualcosa in più”, quindi ad avvicinarci di più a Dio. Del resto se nei Vangeli sta scritto “chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”, chiedere non è così sbagliato. Inoltre, almeno a mio parere, chiedere è connaturato alla natura umana, che non ama, almeno in linea di principio, le prove e le sofferenze ma attraverso il dialogo con Dio, -la preghiera, appunto- trova una strada per affrontare ovvero per convivere con dette prove.

    • R.S. ha detto:

      Gentile Davide, non facciamone una questione di indicativo o di condizionale. E’ ovvio che pregando un precario chieda all’Assoluto un aiuto e un conforto. Siamo bisognosi.
      LO spirito dello scritto è però di far capire che Gesù ci ha insegnato a pregare da figli, cioè come chi è in casa, amato.
      Perciò non si prega per ottenere, ma si ottiene di pregare con questa confidenza, da amati, in casa. E questo è possibile soltanto in forza della rivelazione cristiana.

  • nuccioviglietti ha detto:

    Spero promitto iuro… con infinito futuro!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/