I Camposanti, e la Fede Cristiana. Fra’ Bonaventura.

16 Marzo 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, fra’ Bonaventura, per il tramite di Susanna Boccacci e Sergio Russo, offre alla vostra attenzione queste riflessioni su l’ultima dimora delle nostre spoglie mortali. Buona lettura e condivisione.

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I CAMPOSANTI

   Due influenze opposte governano il mondo: l’influenza divina e l’influenza satanica. Vittorioso sull’uomo nel Paradiso terrestre, Satana inaugurò il suo culto e il suo regno sulla terra. Distorcendo tutte le nozioni di verità, creò il Paganesimo.

   Tuttavia la luce divina si diffuse sull’umanità fino ai confini della terra e le tenebre si dissiparono, ed è lì che apparve il Cristianesimo.

   Esistono quindi due paternità: quella della menzogna e quella della Verità. Alla Città della Verità e del Bene, cioè a quella del Creatore e Redentore dell’uomo decaduto, si contrappone la Città dell’errore e del male. Alla Via, alla Verità e alla Vita si contrappone la confusione, l’errore, la morte…

   Dunque, per questo e per altri motivi, ecco che l’insegnamento cristiano conduce verso il profondo rispetto del corpo dell’uomo e alla sepoltura in un luogo santo.

   Mentre l’insegnamento pagano, viceversa, sfocia nel disprezzo del corpo umano, attuando ciò che il profeta Geremia ha chiamato “la sepoltura dell’asino.” (cfr Ger 22,18-19).

   Ascoltiamo invece le parole di Tertulliano quando dice: «Il corpo dell’uomo è il capolavoro visibile del Creatore. Il suo modello è il corpo stesso del Verbo incarnato.» (De restaur. Carnis, c. VI). Ed è proprio per questo che Dio ha detto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza.” (Gen 1,26: al plurale, poiché è la Santissima Trinità che opera).

   Ecco perché non è senza motivo che, almeno in passato, i cimiteri si trovassero in prossimità delle chiese. La lontananza dei cimiteri infatti, ha fatto diminuire il sentimento di pietà filiale verso i defunti. Separare il cimitero dalla chiesa ha prodotto la rottura di una delle armonie più belle e salutari che la religione cristiana abbia saputo instaurare. In un piccolo spazio erano raccolte le tre Chiese: la Chiesa del Cielo, la Chiesa della Terra e la Chiesa del Purgatorio. Che toccante lezione di fratellanza… La pietà per i morti ci impedisce di dimenticare tutti i figli di Dio che ci hanno preceduto e, quanto è bello vegliare con compassione sulle tombe dei nostri defunti, come si veglia sulle culle. Non è quindi un caso che, durante la rivoluzione francese del 1789, vi siano state così tante profanazioni di tombe.

   Il cimitero cristiano predica quattro dogmi:

1) la nobiltà e la santità del corpo umano;

2) la grande legge della fraternità universale ed eterna;

3) l’immortalità dell’anima;

4) la risurrezione della carne.

   Che doveri abbiamo dunque nei confronti del camposanto? Il rispetto, innanzitutto, ma poi anche:

1) la cura del camposanto e della sua croce centrale;

2) il recinto del camposanto;

3) la visita ai defunti;

4) la prossimità del cimitero.

   Più nello specifico:

   1) La cura del camposanto, consacrato dalla Chiesa e destinato ad accogliere i corpi dei figli di Dio, fratelli del Verbo Incarnato: è un luogo santo, quasi come una chiesa, perché esso è il luogo di riposo dove i defunti attendono la resurrezione.

   Al suo centro è solitamente posta una grande Croce, che testimonia la fede dei cristiani che riposano nell’attesa.

   2) Il recinto del camposanto deve porsi a difesa di quegli uomini e di quelle donne, i quali ora, addormentati e indifesi, e che sono figli di Dio, fin dal loro battesimo, sono in attesa dell’eterno risveglio.

   3) Il camposanto è un libro vivo che parla agli occhi, alla mente e al cuore. A tutti quanti e a ciascuno dice: “Qui un giorno verrete. Quelli che siamo noi qui adesso, eravamo quello che sei tu oggi e, presto, anche tu sarai quello che noi siamo ora… Qui finiranno tutte le tue fatiche, tutte le tue premure, tutta la tua ansia di possedere i beni della terra e di procurarti i piaceri del tempo!” In tutte le nostre opere pertanto, ricordiamo le nostre finalità ultime…

   4) Nella sua materna sollecitudine, la Chiesa ci faceva attraversare ogni Domenica il camposanto, per avere davanti agli occhi il grande libro cimiteriale. Il culto degli antenati e la pietà filiale verso i defunti ci ricordano il senso della nostra vita terrena. Un popolo che dimentica i propri morti è un popolo ingrato. Quando dimentichiamo il ruolo del camposanto, noi stiamo affidando agli uomini la “sepoltura dell’asino e del cane…”

   I primitivi cimiteri erano le stesse case dei defunti e, secondo Virgilio: “In linea di principio tutti i morti venivano sepolti nella loro casa. Da lì venne il culto domestico dei Lari.” (Eneide, VI).

   Tra gli egiziani, i corpi, accuratamente imbalsamati, venivano conservati nelle case. Coloro che amavano i loro morti infatti, al punto da non potersi separare da loro, non credevano affatto di tenersi accanto a loro e di onorare, con amore filiale, un mucchio di fango in dissoluzione. Sempre e dovunque la fede tradizionale nell’immortalità dell’anima e, di conseguenza, nella resurrezione della carne, fu più forte delle negazioni dei sofisti.

   Pur tuttavia, spinto all’esagerazione, tale rispetto per i morti, diveniva una delle fonti dell’antica idolatria: come per esempio, il culto degli antenati in Cina (vedi la testimonianza di Tchang-kai-check sulla vita dei suoi genitori).

   Abbiamo poi altri esempi, presso certi popoli dell’Africa, che invocano i morti e ricevono in sogno indicazioni sulla loro condotta da tenere. Per tale motivo la Sacra Scrittura ordina che chiunque osi consultare i morti sia punito con la pena capitale (Dt 18,10-12: norme contro lo spiritismo).

   Le sepolture nelle case tuttavia, non assunsero mai carattere di universalità, o divennero durature, esse in seguito furono effettuate nei templi, secondo Eusebio, Lattanzio e Clemente Alessandrino (Eus. De Praep. Ev. L.11, c. VII; Lactan. De falsa Relig. L. 1; Clemente Alessandrino, Adhortar. Ad gentes).

   Per questo vigilavano con gelosa cura, affinché le tombe non venissero mai violate. La violazione di una tomba era punibile con la pena di morte, la condanna alle miniere, la fustigazione, l’amputazione di entrambe le mani (Lex VII apud Greg. Tholosam, Lib. 32, 27, n°29). E persino i pagani onoravano i loro morti, con splendide tombe (vedi il mausoleo di Adriano, la piramide di Cestio, la tomba di Cecilia Metella, le Piramidi egizie, il Ceramico di Atene, in gran parte dedicato ai soldati morti in guerra…).

   La pratica di bruciare i corpi, presso i Romani, cessò con l’avvento dell’imperatore Costantino (Minut. Feux, Octav.). E Cicerone ci ricorda che solo la sepoltura dà al sepolcro il suo carattere sacro: «Quando si getta la terra sulle tombe, il morto viene sepolto… è allora che gode di un gran numero di privilegi sacri.» (De legib., lib II). Orazio e Virgilio riportano la stessa convinzione: «Gettami tre volte la terra e vattene.» (Hor. Od., lib. I, Od. 28); «Getta terra sul mio corpo.» (Virg. Eneid., lib VI).

   Da dove proviene questa credenza di gettare la terra sul defunto?

   La prima fonte è il ricordo della vera sepoltura che Dio prescrisse, dopo che, col peccato originale, la morte entrò nel mondo (Gen 2,17; 3,17-19). La seconda fonte è la credenza, purtroppo superstiziosa, ma diffusissima tra i pagani, secondo cui quell’anima, che fosse stata privata di un luogo di sepoltura, era condannata a vagare per cento anni sulle rive dello Stige. A questa sorta di “purgatorio” le leggi pagane condannavano i parricidi, i matricidi, i suicidi… anzi, a questi ultimi si mozzava la mano del crimine e veniva gettata nella spazzatura!

   Perché allora è stata introdotta la cremazione?

   Plinio sosteneva che i morti venissero bruciati per preservarli da ogni profanazione. Altri sostenevano che i morti venivano bruciati per risparmiare loro i tristi misteri della decomposizione nella tomba. Tanto è vero che, tenendo con sé le ceneri del defunto, avevano l’impressione di conservare coloro che avevano amato.

   Molti ritengono invece che la cremazione sia d’ispirazione satanica, poiché ferisce crudelmente l’amicizia e la pietà filiale. La cremazione non è d’ispirazione divina, perché è contraria a questa (Gen 4,10-11). Dio ha detto infatti che il corpo dell’uomo ritornerà alla terra, da cui è stato tratto, e lì si trasformerà per risorgere immortale. Il diavolo, nemico di Dio, vuole farci dimenticare il dogma della risurrezione della carne, proclamando che non vi è nulla dopo la morte (cfr Tertulliano, de Resurec. car. C. 1).

   La Scrittura ci racconta che il patriarca Abramo acquistò per la sua famiglia la grotta di Macpela, nella valle di Mamre (Gen. 23,17-20). Lì seppellì Sara, sua moglie, e chiese ai suoi figli di seppellirlo accanto a lei (Gen 49,29-32). Gli Israeliti consideravano una felicità riunirsi, dopo la morte, ai propri padri.

   Dopo tre secoli di persecuzioni, la Chiesa degli inizi poté finalmente mostrarsi in pieno giorno, e così ebbe cimiteri al sole. Da allora è sempre stato così. Erano luoghi santi, proprietà della Chiesa, consacrati dalle sue benedizioni… È normale che una madre sia proprietaria del “dormitorio” in cui dormono i suoi figli!

    La Chiesa benedice i camposanti, fra gli altri motivi, per proclamare la sua fede nella santità del corpo umano e nel suo glorioso destino oltre la tomba.

   Ed ecco perché la Chiesa benedice i cimiteri:

   1) per sottrarre questi luoghi ad usi profani, e per tenere lontani gli spiriti delle tenebre, affidandoli alla cura degli spiriti beati;

   2) per testimoniare che i fedeli defunti sono morti in comunione con essa e che adesso fanno parte della “Chiesa sotterranea”, che attende la gloriosa risurrezione;

   3) la Chiesa benedice i cimiteri per manifestare la sua carità materna verso i suoi figli: segue l’esempio del pio Tobia ed imita le sante donne che onorarono la tomba del Salvatore;

   4) la Chiesa benedice i cimiteri per farne un luogo di preghiera, ad uso dei fedeli viventi, e per invitare tutti i cristiani a pregare per i fratelli defunti;

   5) il camposanto è l’eloquente predicatore della santità del corpo dell’uomo e, soprattutto, del cristiano.

   Dopo l’anima, nulla è più nobile, nulla è più santo della nostra carne. Poiché è stato Dio stesso a formare l’uomo a Sua immagine e somiglianza (Gen 1,26-28).

   E “Dio formò l’uomo dalla polvere della terra, soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.” (Gen 2,7).

   Siamo un’opera “speciale” di Dio ed il nostro corpo è formato sul modello del Verbo incarnato. Attraverso la carne l’anima possiede i cinque sensi e, sempre attraverso la carne, l’anima riceve l’influenza divina. Ed infatti, tutta la vita dell’anima dipende talmente dalla carne che, per l’anima, il morire significa separarsi dal proprio corpo, vale a dire, appunto, dalla carne.

   Come dice Tertulliano: «Guardando la carne come ministra e serva dell’anima, scopriamo che essa ne è compagna e coerede: se lo è dei beni del tempo, perché non lo può essere dei beni dell’eternità?» (Tertulliano, De resurec. carnis, cap. 7).

   Perciò tanto, il Creatore vuole che rispettiamo il capolavoro delle Sue mani, l’immagine di suo Figlio, il santuario dell’anima immortale.

   Purificata dalle acque del Battesimo, l’anima riceve una bellezza soprannaturale che si irradia persino sul corpo; e il corpo la conserva, finché… non la cancella con il peccato! Allo stesso modo, attraverso la Comunione, il corpo del cristiano diventa il tabernacolo di Dio stesso in persona. Per questo Tertulliano afferma che “il corpo è talmente il perno della salvezza eterna, che l’unione dell’anima con Dio si realizza soltanto mediante il corpo.” (De resurr. car., c. 8). E San Paolo non ha timore di dire: «Non sai che il tuo corpo è santuario dello Spirito Santo, che è in te, e che hai ricevuto da Dio? E che tu non appartieni a te stesso? Sei stato comprato a caro prezzo! Glorifica dunque Dio nel tuo corpo.” (1 Cor. 6,19). Si capisce allora il perché i cristiani prestino così tanta attenzione ai corpi dei defunti.

   La Chiesa benedice i campisanti per dimostrare il rispetto che ha per i corpi dei fedeli, per questi medesimi corpi che l’Apostolo chiama “templi dello Spirito Santo”, “membra di Gesù Cristo.”

   Con il Battesimo, con la santa Unzione, con la divina Eucaristia, queste membra sono state santificate e consacrate a Dio, ed è quindi conveniente che riposino in una terra santa, in attesa della gloriosa risurrezione e siano destinati ad ascendere un giorno al Cielo per godere della vista di Dio.

   Si noterà che San Clemente papa (terzo successore di San Pietro) ordinò di seppellire con cura i morti, di onorare i loro funerali, di pregare e di fare l’elemosina per essi. (Epist 1 ad Jacob. Fratr. Dom.). E Origene dice: «Abbiamo imparato ad onorare l’anima razionale e ad affidare con onore alla tomba il corpo che le serviva da organo.» (Colite. Cels., lib VI e VIII). San Girolamo aggiunge: «Non c’è da meravigliarsi se, secondo l’antica consuetudine, i funerali di Mosè e di Aronne furono celebrati con grande sfarzo.» (Epist. Ad Paulam, di Obitu Blesillae). Possiamo inoltre notare, anche negli Atti degli Apostoli, quanto si dice di santo Stefano: «Uomini pii seppellirono Stefano e fecero su di lui un grande lamento.» (At 8,2).

   Il corpo dell’imperatore Costantino fu portato al sepolcro al canto di inni sacri e alla luce delle torce. (Euseb. Vita Const., lib. 4, c. 63).

   I funerali di Saint Germain d’Auxerre furono un vero trionfo. Fu riportato da Ravenna ad Auxerre su un carro trainato da buoi, circondato da quattro vergini consacrate, e tutte le popolazioni andavano incontro al santo corpo con canti di inni (Surio, 31 luglio, T. 4).

   Tutte le preghiere della cerimonia funebre cantano l’immortalità dell’anima e sono di aiuto al defunto. La comunione dei santi è un grande segreto: c’è comunione tra le anime della Chiesa militante, sofferente e gloriosa.

   Coloro che sono morti in stato di grazia non hanno cessato di essere membri della Chiesa, così come non hanno cessato di vivere. Vincoli di fraternità indissolubile uniscono gli abitanti di questo triplice soggiorno, nella carità. I santi pregano per noi e noi preghiamo per le anime del purgatorio che, a loro volta, ci ripagano abbondantemente di ciò che facciamo per esse.

   Per concludere è bene citare la lettera di san Paolo ai Romani: «La creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. La creazione, infatti, è stata sottoposta alla vanità… eppure conserva la speranza, perché anche la creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione, in vista della gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che finora tutta la creazione geme insieme nelle doglie del parto.» (Rm 8,19-21).

Fra’ Bonaventura

 

(a cura di Sergio Russo e di Rosanna Maria Boccacci)

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8 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    In un libro della Emmerich curato da Marcello Stanzione si descrive la sorte delle anime purganti, anzi vengono narrati i duri sacrifici a cui la Santa si sottopose per il bene delle anime del purgatorio, e, di più, il dialogo e la confidenza tra tali anime e la Emmerich. L’articolo qui proposto è un invito a scoprire ovvero a riscoprire il rapporto di carità che ci lega ai propri defunti. Osservo però che la “distruzione creatrice” che ha accompagnato le nostre vite e la Chiesa tutta con maggior vigore a partire dagli anni settanta, ha favorito l’emergere di pratiche alternative per esprimere il legame tra il defunto ed i suoi cari. Ecco che le ceneri del defunto divengono un soprammobile da tenere in casa o addirittura un anello da indossare. Per parte mia mi limiterò a ricordare la bellezza di una tomba ben curata e, possibilmente, dotata di fiori freschi, che, meglio di ogni altro segno, raccontano la bellezza e la caducità della vita umana.

  • S.B. ha detto:

    La cremazione è permessa dallacChiesa.cattolica. Non dagli Ortodossi

  • Stilobate ha detto:

    Affermazioni come: “La credenza, purtroppo superstiziosa, ma diffusissima tra i pagani, secondo cui quell’anima, che fosse stata privata di un luogo di sepoltura, era condannata a vagare per cento anni sulle rive dello Stige” e “spinto all’esagerazione, tale rispetto per i morti, diveniva una delle fonti dell’antica idolatria: come per esempio, il culto degli antenati in Cina” sono poco fondate. Se credenze come quelle sopra riportate vengono tacciate di superstizione o, addirittura, di idolatria, non meno superstiziose e idolatre potrebbero apparire molte convinzioni e molte pratiche prettamente cristiane, come la credenza nelle anime purganti o quella nella resurrezione della carne. *** Quelli che irridono credenze come, che so, la trasmigrazione delle anime o la reincarnazione non possono poi pretendere che la resurrezione della carne venga presa sul serio. Chi si burla della concezione pagana dell’oltretomba, dell’idea, per esempio, che le anime degli insepolti fossero condannate a vagare senza pace, non può pensare di non esporre allo stesso moto di condiscendenza la concezione cattolica della vita ultraterrena. *** Attenzione: non si sta dicendo che le anime purganti o la resurrezione della carne siano superstizioni o bizzarrie di cui prendersi gioco. Si sta dicendo che non è cosa né appropriata né intelligente né caritatevole irridere o biasimare tout court le concezioni dell’oltretomba di altre tradizioni, persino di quelle più ingenue e primitive. A una mente non vincolata da una specifica fede e da una specifica speranza, infatti, anche la concezione cristiana della vita ultramondana ha molti elementi che possono destare perplessità, ilarità o ripugnanza. *** L’articolo contiene anche altri punti che a me paiono manchevoli. Ed è un peccato, perché lo spunto di fondo, l’idea cioè di rendere onore al culto dei morti e alla pratica cimiteriale cristiana, era ottimo. Diciamo, comunque, che ha il merito di invitare a riflettere sulla grande importanza della pietas verso i defunti, che, come ha scritto qualche commentatore, sta oggi dando segni di grave deterioramento.

  • CAGI41 ha detto:

    Questa è l’ennesima dimostrazione del fatto che chi non crede in Dio corre dietro a qualunque follia!

  • Giovanni ha detto:

    Ma adesso è di moda disperdere le ceneri. Che tempi!