Il Bacio d’Amore è Muto. Il Matto.

4 Marzo 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum curiae, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste meditazioni su un gesto d’amore comune ed eccezionale. Buona lettura e condivisione.

§§§

 

IL BACIO D’AMORE È MUTO

Ma poi che cos’è un bacio?
Un giuramento fatto un poco più da presso,
un più preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo roseo messo tra le parole t’amo;
un segreto detto sulla bocca,
un istante d’infinito che ha il fruscio di un’ape tra le piante,
una comunione che ha gusto di fiore,
un mezzo di potersi respirare un po’ il cuore
e assaporarsi l’anima … a fior di labbra!

Cyrano di Bergerac (in Rostand)

Cyrano: E quando a sera entrerò in quel di Dio, spazzerà il mio saluto l’azzurro sfavillìo e offrirò, con l’orgoglio che mai macchiai né macchio, l’indomita purezza del …

Rossana: del?

Cyrano: … mio pennacchio!

* * *

«CONOSCERE: composto di CO/CON = CUM indicante mezzo, strumento dell’azione, e gnoscere conoscere» (etimo.it). CUM/CON dice INSIEME, UNIONE. Il soggetto CONOSCE l’oggetto in quanto SI UNISCE ad esso, OLTRE l’individuale e separante barriera psico-fisica.

Conoscere in senso biblico (yada o jadac in ebraico, salvo errore dello scrivente inesperto di lingue) significa entrare in una relazione personale, amare, UNIRSI. Si tratta di un’intimità profonda, non meramente cerebro-intellettuale, ovvero, di un INTUS LEGERE: leggere, vedere DENTRO, dunque PENETRARE e UNIRSI, lo si ripete, oltre il condizionamento psico-fisico, quest’ultimo comprendente la cultura, la quale suscita, inevitabilmente, le innumerevoli forme mentis, ciascuna delle quali costruisce, alla lettera, la propria soggettiva visione della vita e del mondo, quindi lo SBARRAMENTO fra se e ciò che è, scambiandola per un traguardo realizzato, o almeno (e peggio) un punto fermo e indiscutibile.

In Genesi 4 si legge che “Adamo SI UNÌ a Eva”. La versione latina recita “Adam COGNOVIT Eva”, ove cognovit corrisponde all’ebraico yada o jadac (greco gignosko, salvo errore dello scrivente), confermandosi così che CONOSCENZA significa UNIONE, quindi un’esperienza INTEGRALE e perciò, giova ribadirlo, non solo cerebro-intellettuale-culturale.

«SPIEGARE: dal latino explicare, composto da ex  fuori e plicare piegare. Aprire completamente qualcosa; far capire, rendere chiaro. È una parola facile, di pronto uso, che scivola continuamente nei nostri discorsi; ma la sua immagine etimologica merita una riflessione più profonda. Spiegare significa aprire qualcosa di piegato su sé stesso: si possono spiegare vele, teli da mare, giornali. Ma è nel suo senso figurato che questa parola mostra il suo significato più pregnante: quell’azione viene estesa all’apertura di un sapere. Si tratta della prima fase della trasmissione della conoscenza, in cui questa viene dipanata e resa palese, chiara, fruibile (poi capirla è un altro paio di maniche)». (unaparolaalgiorno.it).

Si noti: «spiegare significa aprire qualcosa di piegato su sé stesso». Ora,  ogni singola parola è “piegata su se stessa”, cioè nella sua unicità che non si presenta come una vela, un telo da mare, un giornale e quant’altro, ossia non può essere davvero spiegata, aperta, distesa, e ciò che se ne può spiegare … attraverso altre parole, rimane esterno ad essa, intorno ad essa, un dire allusivo, analitico, cioè moltiplicato, che mai può coglierne la sub-stantia, il senso nucleare, il significato primo e ultimo che sta sotto/dentro essa.

Quindi la COPULA, il reciproco ANDARE DENTRO (INTUS), è la conditio sine qua non per CONOSCERE, cioè per ESSERE. Per conoscere cos’è un albero occorre essere albero: occorre che il soggetto osservatore entri nell’albero non meno che l’albero entri nel soggetto osservatore. Così, occorre che l’ascoltatore diventi l’ascoltato e viceversa, il gustatore diventi il gustato e viceversa, il toccatore diventi il toccato e viceversa, l’annusatore diventi l’annusato e viceversa e … l’Adoratore diventi l’Adorato e viceversa, se al fondo adorare: ad oris, bocca a bocca,    significa baciare, di cui splendidamente nel “Cantico dei cantici”:

«Mi baci con i baci della sua bocca».

Heinrich Heine:

«È dolce quello che tu mi dici, ma più dolce è il bacio che ho rubato alla tua bocca».

Jalal al-Din Rumi:

«Ho scelto di baciarti nel vento,

poiché il vento è più delicato delle mie labbra.

Sono tuo … non restituirmi a me stesso».

Davvero la Poesia giunge come acqua pura da fonti celesti sconosciute dalla ragione che ne può soltanto balbettare e … dalla stessa Poesia!

Jorge Luis Borges:

«Ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere».

La dolcezza del bacio è più della dolcezza del dire. Nel bacio, chi bacia e chi è baciato stanno in silenzio: IL BACIO D’AMORE È MUTO – «un apostrofo roseo messo TRA le parole t’amo», dice Cyrano – ed anzi il silenzio già precede il bacio, si direbbe quasi a prepararlo, come magistralmente mostra Canova in “Amore e Psiche”.

Si tratta insomma di una inosculazione, «dal latino osculari, baciare, der. di osculum, bacio, dim. di os oris, bocca» (treccani.it).

Siamo in piena UNIONE CONTEMPLATIVA: immediato, silente conoscere, oltre il cogito e la loquela.

 

Si ribadisce: Unione Contemplativa per compenetrazione reciproca:

 

«Dimmi, folle d’amore, cos’è più visibile: l’Amato nell’Amante o l’Amante nell’Amato?» (Raimondo Lullo, “Libro dell’Amante e dell’Amato”).

A proposito del “Cyrano di Bergerac”, ne è possibile una lettura cavalleresco-mistico-platonica. Cyrano ama una donna che si chiama Rossana, persiano Raushana che significa “Splendente” o anche “Alba”. Lo spadaccino poeta ama dunque la Luce d’Amore, e l’amore intenso con cui l’ama è segno che tale Luce brilla già in lui, che ne vede in Rossana (la sua Eva!) la manifestazione esteriore. Si tratta di un Amore puro, del tutto libero dall’attrazione carnale, che infatti, date le circostanze evidentemente non casuali, non avrà soddisfacimento, e proprio per questo assurge alla Perfezione Spirituale.

E che dire dello stupendo finale, che vede Cyrano offrire a Dio «l’indomita purezza» del suo «pennacchio»? Il pennacchio puro, la piuma bianca, l’anima pura pervasa d’angelico androgino Amore!

* * * * * * *

E qui, da appassionato praticante della Nipponicità, mi permetto un inciso per accennare alla più che interessante, omologa «esperienza pura» (junsui keiken) di Nishida Kitaro, nella quale soggetto (shu) e oggetto (kyaku) si uniscono. Scrive Nishida in “Uno studio sul bene”:

«Fare esperienza significa conoscere il reale così com’è. È conoscere in conformità al reale tralasciando completamente ogni intromissione da parte nostra. Puro è in senso proprio lo stato dell’esperienza così com’è, senza nessuna aggiunta del discernimento riflessivo, dato che di solito a ciò che si dice esperienza si mescola in realtà qualche pensiero. Per questo l’esperienza pura è identica all’esperienza immediata […] nell’istante della sua attuazione l’esperienza pura è sempre un reale unico e semplice».

Dice: «COSÌ COM’È»: quindi SENZA MESCOLAMENTO COL PENSIERO.

«Si tratta di un’esperienza universale: la vive il bambino […], il mistico e l’artista, […] lo scienziato […]. È un’esperienza meta-fisica nel senso che essa trascende la fisica e libera il soggetto dalla fissazione egocentrica. Ecco la ragione del titolo: “Studio sul bene”. Il bene coincide col processo che libera da un’esistenza aggiogata alla materia e incentrata sull’io, e questo bene lo si raggiunge con un atto di volontà: esso tende alla restaurazione dell’unità originaria (G. Vianello, M. Cestari, Y. Kenjiro, “La scuola di Kyoto”).

Esperienza che vive il bambino, forse in maniera sublime soprattutto il bambino, in sintonia con Schopenhauer:

«Ogni genio rimane un po’ bambino; guarda il mondo come qualcosa di strano, uno spettacolo incantevole, con interesse puramente oggettivo».

E, ovviamente, con il Vangelo:

«se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli».

Dunque: «ATTO DI VOLONTÀ CHE TENDE ALLA RESTAURAZIONE DELL’UNITÀ ORIGINARIA»: un atto, cioè una PRASSI sorretta da un’indefettibile INTENZIONE APOFATICA: negazione dell’entropico Molteplice in direzione del sintropico e magnetico Uno. Ritorno all’INNOCENZA dell’Infanzia Originaria, allo STATO INTERIORE DI NON BELLIGERANZA, per poi … tornare adulti, secondo che recita il maestro zen:

«Prima di praticare per trent’anni lo Zen vedevo le montagne come montagne e le acque come acque. Quando giunsi a una sapienza più profonda, vidi che le montagne non sono montagne e le acque non sono acque. Ora che ho raggiunto l’essenza della sapienza sono in pace, perché vedo le montagne come montagne e le acque come acque».

Al riguardo, può risutare utile anche quanto espone P. A. Florenskji in “La venerazione del nome come presupposto teologico”:

«Nell’atto della conoscenza il soggetto non può essere separato dal suo oggetto: la conoscenza è contemporaneamente l’una e l’altra cosa insieme; più precisamente, è conoscenza dell’oggetto attraverso il soggetto, un’unità in cui si può distinguere l’uno dall’altro soltanto nell’astrazione, mentre attraverso tale unità l’oggetto non viene distrutto nel soggetto, né il soggetto si dissolve nell’oggetto della conoscenza che esiste al di fuori di esso. Unendosi, essi non si fagocitano a vicenda, sebbene, pur mantenendo la loro autonomia, non rimangano neppure separati. La formula teologica «non mescolati e non separati», adottata nel Concilio di Calcedonia, è pienamente applicabile alla correlazione gnoseologica di soggetto e oggetto, così come è stata ed è tuttora intesa dall’umanità».

«I due (NON MESCOLATI E NON SEPARATI) saranno una sola carne».

A proposito di Nipponicità, vale la pena di notare come Cyrano, non per nulla spadaccino e poeta, mostri (senza che ciò debba destare meraviglia dato che l’Ispirazione è universale)) la medesima gentilezza d’animo del Bushi, la cui precarietà di vita, com’è noto, è simboleggiata dalla delicata bellezza del fior di ciliegio (sakura), che dopo la sua effimera fioritura primaverile si stacca dal ramo e si lascia trasportare dal vento.  Recita infatti l’antico adagio:

«Hana wa sakura gi / hito wa bushi: tra i fiori i ciliegio / tra gli uomini il guerriero».

E Cyrano (seppur non in primavera ma in autunno):

«Cadono le foglie. Come vengono giù dolcemente! Nel loro breve viaggio dal ramo alla terra pare che vogliano creare un ultimo attimo di bellezza, e pure nel terrore di marcire al suolo danno alla loro caduta leggera la grazia del volo».

* * * * * * *

D’altro canto, oltre che simboli, le parole sono semi, e seminarne molteplici per spiegarne una è ingenuo prima che impossibile. Ricordiamo che la spiegazione resta fatalmente all’esterno di ciò che vuol spiegare e a cui non può che riferirsi indugiandovi intorno. Lo stesso per una combinazione di parole: centinaia di raffinate esegesi e corpose conferenze, per esempio, sul «Regno dei cieli», non faranno INTUS IRE in esso, non lo faranno conoscere.

Ora, occorre notare che il conoscere è supplito dal credere: si crede ciò che si ignora, e che, posto quanto osservato sopra, nessuna spiegazione può far conoscere, bensì soltanto alludervi. Anzi, proprio la necessità di spiegazione, pur utile come orientamento (ma l’orientarsi non è il giungere), testimonia il non conoscere e perciò la preclusione dell’unitivo Bacio d’Amore. Non si conosce il Regno dei cieli, lo si crede. Il divario radicale fra conoscere e credere, incolmabile da ogni spiegazione per quanto profonda e peraltro anch’essa esercitantesi nell’ambito del creduto e non del conosciuto, dovrebbe suscitare nel credente, che in quanto tale non è trasfigurato dal Bacio d’Amore, una decisa prudenza nel tranciare giudizi. Il credente non conosce la Verità, bensì la crede, non è coinvolto nella muta realtà del Bacio d’Amore, cioè nell’Eros celeste, ed il credere, dunque l’ignorare, non può vantare alcun diritto di giudizio. L’ignorare e il giudicare sono incompatibili.

Il Bacio d’Amore e la Morte sono indissociabili: il Silenzio che prepara e accompagna il Bacio è mortale, felicemente mortale, come testimonia Giovanni della Croce con versi apofatici e comprensibilmente ostici per chi, legittimamente, fa del credere-pensare-parlare la propria vita, mentre chi muore è libero proprio perché non crede, non pensa e non parla più e vive di Vita pura:

«Felice morte, felice sepoltura

di quell’amante assorto nell’amore

che più non vede né Grazia né Natura

ma solo l’abisso in cui oramai è caduto».

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52 commenti

  • Rolando ha detto:

    Tutta la dottrina cristiana cattolica romana non vale questi due limpidi, inconfutabili insegnamenti di Gesù, anche non fossero proprio suoi, ma messi in bocca a lui da altro/i.
    1) Siate perfetti come è perfetto il Padre che è nei Cieli.
    2) SOLO DIO È BUONO. Così al giovane che si rivolse a Gesù maestro, qualificandolo “buono”.
    E questo Dio dell’insegnamento di Gesù è forse un Dio cattolico-romano-cristiano e basta?
    Questo il mio Dio.

  • il Matto ha detto:

    Caro ROLANDO:

    1 + 2 = 3 (vita)
    1 + 1 = 0 (morte)
    2 + 2 = 0 (morte)

    Dici :“Non c’è alcun contro Natura che Natura non contempli e renda possibile in sé”?
    Bene, allora il cancro è secondo Natura, quindi perché … “emarginarlo” e curarlo?

    La Natura prevede terremoti, perché emarginare i terremoti ed impedirne i danni con costruzioni antisismiche?

    Dici: “Sicuramente il Peccato è creato dalla Legge”: no, la Legge è prima del Peccato che la infrange, e non è una differenza di poco conto.

    La “””benedizione”””” (fra sei virgolette) delle coppie di invertit* non ha alcun collegamento con il sacramento (sacra-mento!) del matrimonio fra maschio e femmina.
    Dici: “I gay Dio stesso li ha creati per primi e soli e poi disse anche che era “cosa buona”. Un’interpretazione davvero fantasiosa. Ma, cedendo pr un attimo alla tua fantasia, tu stesso dici che i ha creati “soli” e “solo” significa solo, non con relativa omometà.

    La metà dell’uomo è la donna e della donna l’uomo. Non si scappa.

    • Rolando ha detto:

      Bene. Una volta in una conferenza di un noto scienziato, a Monaco di Baviera, gli posi la domanda: “Ma è vero che la cellula meiosica, come sostengono alcuni, è una cellula immortale?” Risposta: “Sì, ma anche quella cancerogena!”.
      Tutto è secondo Natura. Anche l’ordine. Ma le leggi umane conoscono quest’ordine?
      Serva ordinem et ordo servabitur te. Una questione singolarmente unica.
      La mitologia intuisce più di qualsiasi dottrina di fede.
      La legge dell’ordine è in te. In ogni tu. Movimento.

      • Rolando ha detto:

        Caro il mio Matto, quanto poi a questa tua apodittica affermazione:
        “La metà dell’uomo è la donna e della donna l’uomo. Non si scappa.”
        A me pare, tuttavia, (anche) in logica contraddizione con certe affermazioni di Gesù ed a tanta gnosi cristiana. Almeno nei cieli mitici della vita eterna, dove esisterebbe la “vera” realtà. Realtà che una certa beata Giuliana, e non solo sicuramente!, ha perfino visto in visione estatica, dove il pene dei beati maschi era trasformato in un secondo naso. E lo scrisse. Lascio a te la curiosità per le beate femmine.
        Direi che la “metà” non sta nell’uomo e nella donna come forme della materia vivente, ed immagini-pensiero del processo neurale del corpo umano, ma nelle infinite cellule meiosiche. In una sola emissione il maschio ne espelle a miliardi. La femmina fin dalla nascita ne possiede circa 40.000 su per giù che poi prepara ed espelle parsimoniosamente poche al mese lunare per gli anni dalla fecondità alla menopausa. Anche questo è un “divino” per noi mistero.
        Quanto al calcolo matematico con quei simboli numerici, ti posso assicurare che la Natura non li conosce, o meglio forse, non “calcola” con queste immagini-pensiero.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Rolando,
          la beata Giuliana- nelle sue mistiche visioni- deve aver, in qualche modo, anticipato le trasformazioni “prodigiose” del Ken umano in Jessica…Non per niente egli/ella afferma di sentirsi, finalmente, in uno stato paradisiaco!
          ( P.S.: però col rischio, affrontato più volte, di perdere il naso “del Nord”, dopo aver perduto quello “del Sud” ).
          Su cosa vanno a “sfruculiare” certe pulzelle nel loro devotissimo pulzellaggio???

    • Rolando ha detto:

      E poi ancora, tu sempre meno il MATTO, tu scrivi: ” il sacramento (sacra-mento!) del matrimonio fra maschio e femmina. ”
      Lascia stare sacra-mento, che non è certo stato istituito da Dio, né da Gesù che si rifà a “In Principio” affinché nessuna Legge dittatoriale venga a separare legalmente due che si amano secondo le buone leggi della Natura e neppure due che non amandosi più ognuno liberamente decide di andare a moltiplicarsi amando per altra via!. Dio -io penso- ha creato la realtà dell’accoppiamento per la riproduzione della specie. Ad unire amore ed accoppiamento è la natura umana come Lui l’ha vuole mentre crea. Ma quando non c’è più amore, non c’è niente da fare. Non si può imporre una galera come amore. Altro invece insegnano le parole matrimonio e patrimonio. L’una il dono della madre che ti spinge alla luce a tempo debito e ti allatta; l’altra il dono del padre, ciò il patrimonio. In comune i due termini sottendono la genitorialità, che niente e nessuno può e potrà mai togliere. Neppure quella di Dio Creatore, Padre dell’Universo verso il suo creato. FACTUM INFECTUM FIERI NEQUIT. Sacra-mento poi è solo una trovata perché Tutto è sacro e poi si scioglie con la morte, ma l’amore no!
      Fede e speranza passeranno, ma l’amore resta.
      E se uno ha amato veramente lo può dire solo al traguardo della vita terrena! Ma in queste cose sarebbe meglio bruciare ogni dottrina e fermarsi socialmente a stabilire civilmente, umanamente gli obblighi che comporta la genitorialità fino alla morte.
      Non ho mai capito e mai capirò il comandamento che comanda l’amore. L’amore è croce e delizia al cuor e non sopporta intrusi. Ama et fac quod vis. Chi ama non fa mai all’altro ciò che vorrebbe che l’altro non facesse a lui mai. Facile dictu. Ma io così la penso. Chi comanda ai fiori, chi agli uccelli del cielo?

  • Rolando ha detto:

    Forse può far riflettere:
    Per Terence Deacon, autore di La specie simbolica, la chiave di tutto non sta nel “linguaggio” o nella “cultura”: per capire che cosa fa di noi degli esseri distintamente umani, degli esseri radicalmente diversi da tutti gli altri animali, occorre guardare al “comune miracolo quotidiano del significato e del riferimento verbale”.
    L’autore cerca di illustrare il problema anomalo del riferimento simbolico.
    Spiegare come è avvenuto questo nuovo straordinario fenomeno è il problema più interessante e complesso di tutta la biologia.
    Ma si potrebbe forse anche non essere toccati dal problema in questo modo: ridersi addosso dopo aver parlato o scritto e continuar ad amare.
    Bere un bicchiere di vino spumeggiante come il riso dell’amante.

  • Rolando ha detto:

    Matto.
    Non lui e basta! Pure tu ed io e….molti sono i Matti. La moltitudine.
    Nella consumazione del bacio c’è la morte che con impeto dà la vita: VITAM NOVAM DEVICTA MORTE RESERASTI cantava in latino il sacerdote cattolico nel giorno di Pasqua. Haec dies quam fecit Dominus!
    Ma la grazia, la χάρις pindarica di Bellezza-Piacere e Piacere-Bellezza stanno nell’impeto, nell’entusiasmo, ai confini dell’anima e ψυχῆς πείρατα ἰὼν οὐκ ἂν ἐξεύροιο πᾶσαν έπιπορευόμενος ὀδόν, cioè e per quanto tu cammini per ogni via, i confini dell’anima non li troverai (Fr 45 D.K. Eraclito).
    E non vale barare sul termine italiano “anima” secondo la dottrina cattolica romana!
    Nel Fedro, 265 ac, Platone tratta della pazzia e dei suoi due aspetti, il primo prodotto da malattia umana, l’altro che deriva da “divino straniamento”. E scrive che tale pazzia è “un bel male”, e “la follia d’amore da Afrodite e da Eros” dice “essere la migliore”.
    Ed il grande Lucrezio Caro ha una pagina bellissima su questa pazzia d’amore che io mi son tradotta così:
    “All’adolescente smegmatoso cui fluisce a sorpresa la prima liquida, solleticante e piacevole gettata spermatica, e quando poi diverrà più densa e matura, si presenteranno incessantemente svariati corpi quali solleciti richiami a rinturgidir il pene, dato l’abbondante seme.
    Così che spesso, anche inconsapevolmente, erutta ad intermittenza copiosi fiotti di sborra da imbrattare le mutande e perfino i pantaloni.
    Infiammabile è nell’uomo questo liquido, come la benzina, e mette in moto tutto il corpo.
    Ma se differenti cause turbano e stimolano oggetti diversi, solo il fascino d’un essere umano fa sgorgare il seme dal corpo umano.
    Generati dalle orchidee, gli spermatozoi si accumulano ad ondate nelle vescicole seminali dello scroto, pronti a comandar al cervello d’indurir col sangue il silente pene ed a pavonar a trionfo il suo glande fumante.
    Allora s’appunta la brama amorosa e sfrecciante s’indirizza verso quel corpo voluttuoso dal quale è stato ferito d’amore.
    Solitamente tutti cadono da quella parte dove sono stati feriti ed il sangue sprizza su chi ha menato il colpo se è vicino: il getto vermiglio lo irrora.
    Similmente colui che riceve la piaga dai dardi sessuali della Natura divina.
    Sia che li saetti un forte maschione o una bellissima femmina, non fa altro che protendersi cadendo su chi l’ha ferito, cercando di avvinghiarlo col bacio della morte e della vita.
    E la muta brama gli fa pregustare la grazia di piacere e bellezza.
    Come, dunque, non capire che niente altro la Natura ci abbaia che quest’unica reale verità: che il corpo sia sempre esente da ogni dolore fisico e, nello stesso tempo, il pensiero sia sgombro da ogni preoccupazione. Una pazzia divina.
    [Mia traduzione libera, ma fedele, dal De rerum Natura di Lucrezio Caro (94 a.C.- 15.10.50 a. C.)
    del canto IV versi 1030-1053 e canto II versi 14-19].

    • lL MATTO ha detto:

      1 il seme + 2 la terra = 3 il frutto. Questa la Legge d’Amore nel visibile e nell’invisibile. Nell’invisibile il processo è analogo (non identico) a quello nel visibile, quest’ultimo essendo simbolo del primo . In entrambi i processi, pertanto, è esclusa la dispersione del seme, in palese infrazione della Legge d’Amore. C’è una dissipazione esteriore e c’è una dissipazione interiore, e ciascuna delle due ha immancabili effetti sull’altra, o, si dovrebbe dire, ciascuna è causa dell’altra.

      • Rolando ha detto:

        Un Matto risponde ad un altro Matto che si definisce col determinativo.
        Ho individuato nel tuo intervento una parola dolosa. È l’aggettivo “analogo” riferito a processo nell’invisibile.
        Forse che l’amore “vede” qualcosa di invisibile? Proprio no! Qui l’inganno. E quando si chiudono gli occhi nella consumazione del bacio, è allora che essi vedono al di là delle lunghezze d’onda dello spettro loro proprio. Vedono nella scala scientifica delle misure, ciò che non colgono ad occhi aperti: da zero fino all’11mo grado e dal 39 al 43mo grado. Vedono non l’inesistente, ma l’infitamente piccolo e l’ifinitamente grande senza confini.

        • il Matto ha detto:

          Non menare il can per l’aia. “Analogo” sta di guardia al grandissimo equivoco dell’atto sessuale inteso da certi “spiritualisti” come mezzo di deificazione. A suo tempo ne conobbi alcuni che erano tanto fuori di testa quanto convinti “praticanti” schiavi della libidine. Senza il sigillo divino del Sacramento l’atto sessuale è (im)puro libertinismo. (Di questi tempi meglio precisare: atto sessuale fra uomo e donna).

          • Rolando ha detto:

            Entri in un campo dove l’equivoco s’insinua come la serpe tra i fiori (in ipsis floribus anguit. Ovidio).
            Tuttavia Gesù avrebbe detto che se il grano di frumento non marcisce e non muore, non può portare frutto.
            Mi sembra che tu, qui, voglia farmi dire che esiste il Peccato e nella fattispecie soprattutto quello contro Natura [ non c’è alcun contro Natura che Natura non contempli e renda possibile in sé] o bestiale, come anche sembra ammettere Adamo quando dice a Dio che non aveva trovato niente in Natura che lo avesse soddisfatto. Allora Dio gli prepara l’altra metà. Sembra proprio che sia Dio che vuole tutto ciò che è possibile nei segreti della Natura ( ed alcuni sapienti ebrei lo ammettono ). Ma inventare il Peccato è “anche” operazione economica, scienza finanziaria. Come autodafè dimostrano. Ma peggio: emarginazione e razzismo. Così pare ad un Matto.

          • Rolando ha detto:

            Ed allora, caro il MATTO, sigilliamolo col divino sacramento, di cui la benedizione di Papa Francesco potrebbe costituire un saggio prodomo!
            Riporto di nuovo quanto accennato sotto:
            “Έρωτήσεις Μαρίας, opera gnostica del II secolo d.C., conosciuta da Epifanio, documenta di un uso alquanto spinto nell’uso più sfrenato del bacio per significare, simboleggiare nella liturgia cristiana (?) il desiderio di essere “l’altro”.”. Ma c’è testimonianza di molto, molto di più del bacio, c’è di mezzo perfino la “materia” del sacramento! E molto prima di Costantino.
            Con ciò non voglio dire assolutamente niente oltre la banale “informazione”. Ma sicuramente il Peccato è creato dalla Legge. È la legge che mi convince di Peccato, come insegna San Paolo. Ed è inutile sostenere che ciò riguarda il Vecchio Testamento, perché Paolo, nonostante scriva che la lettera uccide, tale disgrazia l’ha rimpiantata, da retrogrado politico, nel Nuovo Testamento.
            Mi sa che io sono più Matto di te.

          • Rolando ha detto:

            E dato che citare Paolo equivale mettere il dito sulla piaga, citare il punto dolens, aggiungo quanto segue.
            Paolo, ebreo e cittadino romano a quanto pare dalla nascita o comperata con i soldi delle offerte che deteneva da Felice Porcio Festo in una ben nota circostanza, NON SEMBRA PENSARE O SOTTOVALUTA che il titolo di Signore,”kyrios”, è un affronto al monoteismo ebraico ( e quindi a Gesù stesso come ebreo nazireo, cioè fedele al Patto). In Rm sembra chiamarlo addirittura Dio, “Theos”, ma questa lettura è incerta e non accettata dalla stragrande maggioranza degli studiosi in funzione del fatto che in tutto il corpus delle sue lettere ritenute autentiche Paolo stesso tende sempre a distinguere il Cristo come Kyrios, Signore, da Dio, Theos.
            LXX: KYPIOC = YHWH della bibbia ebraica.
            Per Paolo, Theos = ELOHIM (o EL) e IC (Jesus) è KYRIOS cioè XC (Christòs).
            Difficile confutare: o si ragiona o si ha fiducia che nonostante tutto le cose non sono come appaiono. Il che vale per “questa” Realtà.

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Matto,
            lascia gli “ilici” a loro stessi…da loro non farti fuorviare…neppure se “spiritualisti”…son coperture.
            Un poeta che dovrebbe piacerti:
            ” Io non ho filosofia: ho sensi./ Se parlo della Natura non è perchè sappia ciò che è,/ ma perchè l’amo, e l’amo per questo/ perchè chi ama non sa mai quello che ama,/ non sa perchè ama, né cosa sia amore…/ Amore è l’eterna innocenza,/ e l’unica innocenza è non pensare.”
            ( Ferdinando Pessoa ).

      • Rolando ha detto:

        Nell’articolo in tema, ad un certo punto, si afferma:
        “Ora, occorre notare che il conoscere è supplito dal credere: si crede ciò che si ignora, e che, posto quanto osservato sopra, nessuna spiegazione può far conoscere, bensì soltanto alludervi.”
        L’amore, quindi, è la conoscenza perfetta perché tutto copre, tutto crede, tutto spera e tutto osa.
        La sua energia è perfetta follìa, cioè una pazzia perfetta, portata a termine, dal latino perficio, pèrficis, perfeci, perfectum, perfìcere. Quindi non ha bisogno di conoscere con la mente, con le immagini del pensiero, né di farsi supplire dal credere perché l’amore è la forma di conoscenza perfetta. Forse è una fede, una fiducia in se stesso, che trova nella “relazione” se stesso.
        Tanmeno ha bisogno del discorso analogico, anzi lo supera, vince l’implicito inganno, supera la stessa poesia. È lui questa poesia! Insomma l’amore è una pazzia senza speranza di illusoria e fallace analogia col “mentare” razionale e logico. Insegna che non si arriva al Dio conoscendo, credendo, ma amando follemente da “idioti”.

        • il Matto ha detto:

          Levami una curiosità: tu sei un “idiota”?

          • Rolando ha detto:

            Un folle di Dio, come l’Idiota di Musorgskij nel suo Boris Godunov, che lo zar chiama “blazennyj”: termine a doppio senso, che significa “beato”, ma anche stolto, folle, pazzo, matto.
            E lo zar Boris gli chiede: “Prega per me, blazennyj”. E lui, all’apice della pazzia, risponde al Potente che lo può stimolare con un solo cenno dell’occhio: “No, Boris, no; non si può pregare per lo zar Erode, la Madonna non lo permette”.
            Ma è un pazzo, soltanto un pazzo, un posseduto dalla malattia del Dio: “Scorrete lacrime; piangi, anima, perché l’iniquo si avvicina!”.
            Ab homine iniquo et doloso erue me! recita il salmo.
            Il dolore di ogni singola madre col figlio morto e stritolato in braccio dal Potere si fa sofferenza cosmica, ancestrale e ineludibile. La fissità lamentosa del corno sintetizza questo strazio senza speranza e senza domani. Senza Dio. Dio È PAZZIA D’AMORE.
            Io voglio essere questo Matto. Anche e soprattutto se non “comprendo” un altro Matto.😏😊

          • Rolando ha detto:

            Corrige: stritolare non stimolare. La pazzia coinvolge anche l’IA?

          • Rolando ha detto:

            E poi… in ciò che si ignora non si crede, ma si impegna la fiducia personale. Passa differenza tra l’aver fiducia e credere, e se non erro anche l’apostolo Paolo coglie questa sostanziale differenza. Perché l’amore copre, crede, spera, osa tutto, compreso ogni dottrina? Perché ne esiste una superiore: il Patto, alias la Fiducia.
            Abbiate fiducia, non temete: a Dio tutto è possibile!

    • Adriana 1 ha detto:

      benzina?

      • Rolando ha detto:

        Fa tu, cara Adriana. Quanto a me , penso proprio che il maschio umano sia l’essere più “stupido” che esista, non perché non sia superiore a tutto il resto, ma perché è un gradino più sotto della donna quanto ad “intuizione” amorosa!
        “La mare del fògo!”, diceva sempre mio padre!
        La madre del fuoco.
        Se l’uomo maschio, come insegna la bibbia, è venuto nel tempo prima della DONNA, è venuto solo per sé stesso. Non può essere che il Gran Fattore abbia commesso tanto errore! E poi, i pii credenti, hanno orrore dei gay, quando Dio stesso li ha creati per primi e soli e poi disse anche che era “cosa buona”.
        “Ma va là, ghe n’era uno solo!”. “Peso ancora!”.
        Se la forza è amore la donna vince e vincerà sempre!

      • Rolando ha detto:

        Fa tu, cara Adriana. Quanto a me , penso proprio che il maschio umano sia l’essere più “stupido” che esista, non perché non sia superiore a tutto il resto, ma perché è un gradino più sotto della donna quanto ad “intuizione” amorosa!
        “La mare del fògo!”, diceva sempre mio padre!
        La madre del fuoco.
        Se l’uomo maschio, come insegna la bibbia, è venuto nel tempo prima della DONNA, è venuto solo per sé stesso. Non può essere che il Gran Fattore abbia commesso tanto errore! E poi, i pii credenti, hanno orrore dei gay, quando Dio stesso li ha creati per primi e soli e poi disse anche che era “cosa buona”.
        “Ma va là, ghe n’era uno solo!”. “Peso ancora!”.
        Se la forza è amore la donna vince e vincerà sempre!

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Rolando,
          spesso ho pensato che tale inferiorità fosse inevitabile…dopotutto Adamo era solo il primo tentativo, il primo abbozzo, la brutta copia di Eva 😅.

  • Rolando ha detto:

    Il bacio d’amore è muto. Il Matto.
    E leggi e rileggi e una fola di pensieri; e niente va in porto!
    Il bacio è rappresentato non nella consumazione, ma nell’impeto che lo precede, nell’energia che lo prepara, lo spinge e lo trattiene, sconfiggendo ogni volontà contrastante.
    Qui, in questi brevi secondi, ci è dato di sperimentare l’energia della Bellezza e del Piacere. Non nella saturazione della conoscenza. Impossibile alle forze ed alla mente umane.
    Scriveva Cicerone: Post coitum omnia animalia tristia sunt.
    L’apice del bacio collassa con l’impeto dell’emissione delle cellule meiosiche. E tutto diventa tranquillamente angelico.
    L’impeto d’amore è come la memoria: alte si agitano le onde dei pensieri come le onde dell’oceano in tempesta ed improvvisamente tutto s’acquieta.
    Conservare la purezza di quest’energia che culmina nel bacio significa “servire” la vita.
    In questo senso (il sospettato) Origene non tergiversa nell’uso inequivocabile dei termini greci ἒρως, ἐρωτιϰῶς, επιτεῖναι τὸν ἕρωτα, per commentare il Cantico dei Cantici.
    E la testimonianza ci viene dai pochi frammenti eloquenti rimastici del testo greco in cui scrisse l’opera. Termini usati da Origene con riferimento alle passioni del corpo, alle tensioni che significano e sono la piacevole bellezza del bacio.
    Questa la grazia più bella, direi lo scopo della condizione umana per amore della vita il cui Principio Assoluto è il Dio Uno, sempre diverso tra l’impeto delle onde dell’Universo e sempre Uno e Medesimo.
    Έρωτήσεις Μαρίας, opera gnostica del II secolo d.C., conosciuta da Epifanio, documenta di un uso alquanto spinto nell’uso più sfrenato del bacio per significare, simboleggiare nella liturgia cristiana (?) il desiderio di essere “l’altro”.
    Il desiderio, impossibile?, della conoscenza del Dio Uno e Tutto.
    Tuttavia noi umani gustiamo la grazia ineffabile del BACIO ognuno secondo il proprio impeto. Ridicolo “stabilire” dottrine. Solo la poesia è il suo balbettante linguaggio! La musica del silenzio ed il silenzio della musica.
    Comunque l’Apocalisse ci assicura tutti indistintamente: “Dio vomita i tiepidi”.
    Il Dio che atterra e suscita…
    Entusiasmo: che bacio la sua semantica!

    • il Matto ha detto:

      “E leggi e rileggi e una fola di pensieri; e niente va in porto!”

      Posso chiedere una delucidazione?

      • Rolando ha detto:

        Caro il mio Matto, la delucidazione l’hai data tu:
        “Il Bacio d’Amore e la Morte sono indissociabili: il Silenzio che prepara e accompagna il Bacio è…” ….assenza di ragioni!

      • Adriana 1 ha detto:

        En-theos = ispirato da (un) dio.
        ” Ma la forza d’Amore è più forte della forza della Morte”
        (O.W.)

        • Rolando ha detto:

          “Omero grazie alla natura entusiasta (physeos entheazoùses) che ebbe in sorte…” ( Democrito fr21 D.K.).
          Empedocle prega gli dei di “stornare la pazzia (manìen)”.
          Quindi entusiasmo: pazzia del Dio dentro?

  • Rolando ha detto:

    Affascinato dalla “prisca theologia” dei sei sommi teologi: Zoroastro, Trismegisto, Orfeo, Aglaofemo, Pitagora, Platone, un certo grecista e pensatore cristiano, Matteo Tafuri, in pieno Rinascimento cantò il dramma di Orfeo ed Euridice quale dramma d’Amore dell’anima cristiana.
    Il suo pensiero è tramandato e contenuto nel codice greco Vaticano 2264.
    “I credi sono tanti, la preghiera è unica, comune”.
    L’ essenza del divino, secondo il Tafuri, si rivela nel bacio dell’ Eros, tanto da vedere in Priapo la mente del Dio in quanto produttrice e generatrice e quindi in Gesù Cristo colui che “per Orpheum tuum, qui hodierna die nobis vitam novam deviata morte reserasti”. Secondo il dogma di Orfeo romano “descendit ad Inferos”.
    Parla dell’uomo “nato dall’uovo” secondo quella che era l’opinione di Orfeo, il quale riteneva che Dio “ha formato dalla terra un uovo” da cui derivò Adamo che era femmina e maschio (VI.Profumo di Protogono mirra). Lo zigote umano fino al 27-29 giorno è sessualmente indifferenziato. Tanto che lo scienziato oggi osa dire che si nasce tutti femmina!
    Siamo nella prima metà del Cinquecento e nessuno potè condannare per eresia Matteo Tafuri, perché era protetto da quei papi che tanto credevano in un “equivoco” d’amore!
    Un bacio che li teneva prigionieri, lontano da Trento.
    Intanto si incominciava la demolizione della basilica petrina costantiniana per iniziare l’attuale, dove pontifica – more desueto – il sublime papa Francesco che si guarda bene dal parlare della natura d’Amore del Dio come fece – poco felicemente, anzi tragicamente – papa Ratzinger. Eppure anche papa Ratzinger, dopo aver chiesto scusa per la sua ardita lectio magistralis, nella omelia del suo ultimo Natale da papa regnante, disse, non smentendo che le dottrine di divina rivelazione siano fonte di violenza, che non bisogna stancarsi di cercare e capire che la natura di Dio è Amore.

    • Rolando ha detto:

      Il cell. IA non conoscono il latino ed io non ho abbastanza occhi… “devicta morte”, non …..

    • il Matto ha detto:

      Tafuri fece incidere sull’architrave della sua abitazione:

      HUMILE SO ET HUMILTA’ ME BASTA. DRAGON DIVENTARO’ SE ALCUN ME TASTA

      Molto, molto interessante! Che pure lui fosse … matto?

  • Haijin ha detto:

    Ma figliuolo, conta bene le sillabe! I tre versicoli dello haiku devono averne rispettivamente 5 -7 -5, mentre il tuo componimento ne ha 7 – 4 – 5. Prova così, con un bell’enjambement:

    Sotto diversi
    celi vivacchia Amore:
    qua e là svolazza

    Se poi, come richiede la canonica dello haiku, vuoi inserire anche il richiamo stagionale, potresti correggere:

    Sotto diversi
    fiori vivacchia Amore:
    qua e là svolazza

    I fiori, s’intende, sono quelli di ciliegio, che sono un kigo (parola indicante la stagione) proprio della primavera. Amore vivacchia perché ha sul groppone molti secoli e svolazza perché non è più agile come quand’era un puerino.

    Comunque non demordere: componi a volontà, prova e riprova e vedrai che alla fine ce la farai!

    • il Matto ha detto:

      Ma padre, se aguzzi lo sguardo, e lo liberi dal sonno del sarcasticheggiare, ti accorgerai che “haiku” è tra virgolette. Dovrò dubitare che ce la farai a capire il perché?

      • P. Haijin ha detto:

        Non impermalirti, figliuolo, l’intento non era sarcastico, ma umoristicamente didattico. Senza contare che gli haiku in idiomi occidentali sono inevitabilmente “haiku” fra virgolette a causa dell’enorme disparità linguistica che corre fra tali idiomi e il giapponese, e questo dà piena facoltà di svariare a piacimento. Col che t’impartisco una benedizione quaresimale 😇

  • Marco Matteucci ha detto:

    Io che ho una cultura molto più banale mi limito a citare Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, in arte Trilussa.

    ER CECO
    Su l’archetto ar cantone de la piazza,
    ar posto der lampione che c’è adesso,
    ce stava un Cristo e un Angelo de gesso
    che reggeva un lumino in una tazza.

    Più c’era un quadro, indove una regazza
    veniva libberata da un’ossesso:
    ricordo d’un miracolo successo,
    sbiadito da la pioggia e da la guazza.

    Ma una bella matina er propietario
    levò l’archetto e tutto quer che c’era,
    pè dallo a Spizzichino l’antiquario.

    Er Cristo agnede in Francia, e l’Angeletto
    lo prese una signora forestiera
    che ce guarnì la cammera da letto.

    E adesso l’Angeletto fa er gaudente
    in una bella cammeretta rosa,
    sculetta e ride nella stessa posa
    coll’ale aperte, spensieratamente.

    Nun vede più la gente bisognosa
    che je passava avanti anticamente,
    dar vecchio stroppio ar povero pezzente
    che je chiedeva sempre quarche cosa!

    Nemmanco j’aritorna a la memoria
    quer ceco c’ogni giorno, a la stess’ora,
    je recitava la giaculatoria:

    nemmeno quello! L’Angeletto antico
    adesso regge er lume a la signora
    e assiste a certe cose che nun dico!

    (La parte finale chiedetela al Direttore, la dovrebbe conoscere bene!)

    • il Matto ha detto:

      Caro Matteucci,

      ma la poesia non poteva citarla tutta col suo primo intervento?

      E poi chi sarebbe questo “Direttore”?

      E come mai dice di chiedere a questo Direttore la parte finale quando l’ha già pubblicata lei col primo intervento?

      E che senso ha quel (riferito al Direttore) “la dovrebbe conoscere bene!” col punto esclamativo?

    • Adriana 1 ha detto:

      Nessun autentico poeta è banale. Grazie.

  • il Matto ha detto:

    Il tuo commento mi ha ispirato questo “haiku”

    Sotto diversi cieli
    vive Amore
    ovunque vola

    😍

    • Rolando ha detto:

      O felix hominum genus
      Si vestros animos amor
      Quo coelitum regitur
      Regat
      (Severino Boezio)
      O felice stirpe umana
      Se l’amore che governa l’universo
      Governasse anche i vostri
      Cuori!

  • Marco Matteucci ha detto:

    Er ceco camminava accosto ar muro pè nun pijà de petto a le persone, cercanno cò la punta der bastone ch’er passo fusse libbero e sicuro.

    Nun ce vedeva, poveraccio, eppuro, quanno sentiva de svortà er cantone ciancicava la solita orazzione coll’occhi smorti in quell’archetto scuro.

    Perché, s’aricordava, da cratura la madre je diceva: – Lì c’è un Cristo, preghelo sempre e nun avè paura…

    E lui, ne li momenti de bisogno, lo rivedeva, senza avello visto, come una cosa che riluce in sogno…

    Da cinque mesi, ar posto der lumino che s’accenneva pe’ l’avemmaria, cianno schiaffato un lume d’osteria cor trasparente che c’è scritto: VINO.

    Ma er ceco crede sempre che ce sia er Cristo, l’Angeletto e l’artarino, e ner passà se ferma, fa un inchino, recita un paternostro e rivà via…

    L’ostessa, che spessissimo ce ride, je vorebbe avvisà che nun c’è gnente, ma quanno è ar dunque nun se sa decide.

    – In fonno, – pensa – quann’un omo prega Iddio lo pò sentì direttamente senza guardà la mostra de bottega.
    (tratto da Er Ceco di Carlo Alberto Camillo Salustri in arte Trilussa)

  • Rolando ha detto:

    Heinrich Heine:
    «È dolce quello che tu mi dici, ma più dolce è il bacio che ho rubato alla tua bocca».
    Stupenda citazione!
    Nihil cogitatur dulcius.

    • Adriana 1 ha detto:

      Un’eco soave del Cantico dei Cantici, trasmessoci da un degno erede di quella poetica cultura.

  • Adriana 1 ha detto:

    Avvincente silloge di come l’Amore viva sotto diversi cieli.
    L’ellenico dio d’Amore, Fanete ( il rivelatore ), concepito dalla Notte e dal Vento, vola da per tutto sulle ali del Vento. Per gli Orfici egli era il vero Sole spirituale che illuminava gli animi nobili.

      • Adriana 1 ha detto:

        Figura che riassume Eros e Anteros ( il fratellino che giudica e punisce chi non risponde all’amore o chi lo tradisce ).
        Quanto all’Amore/Sole che illumina gli spiriti nobili sarebbe anche da citare la Canzone di Guido Ginizzelli:
        “Al cor gentil rempaira sempre Amore, come l’ausello in selva a la verzura; né fe’ Amor anti che gentil core, né
        gentil cor anti ch’Amor natura….”,( dove, a distanza di spazi e di tempi, vien riproposta l’identità tra il Sole e l’Amore.) Bello il tuo Haiku.

        • Adriana 1 ha detto:

          e.c. Guido

          • Rolando ha detto:

            Pensa Adriana che ho quattro nipoti da parte della figlia ed uno da parte del figlio.
            Eros il nome di uno ed Anteros l’altro più giovane suo fratello. Ma sai che Anteros mi sembra più sveglio e più furbo di Eros?

          • Adriana 1 ha detto:

            🤗non mi meraviglia! Correggio ha dipinto una incantevole scena dove Afrodite sculaccia (dolcemente)
            il piccolo Eros per le sue “marachelle”, mentre Anteros, nascosto dietro ad una spalla di lei, osserva soddisfatto per non essere, lui, il punito. Complimenti alla dotta famiglia ( e a te per aver ricordato Tafuri ).

          • Rolando ha detto:

            Adriana1 cara, mi conforta e mi sostiene sempre questo pensiero: ogni umano è unico. E la grazia, cioè la “karis” pindarica di Bellezza e Piacere, emerge proprio dalle relazioni umane che accrescono conoscenza d’amorosi sensi.