Riflessioni a caldo sul voto in Sardegna. Vincenzo Fedele.

28 Febbraio 2024 Pubblicato da 11 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul recentissimo voto in Sardegna. Buona lettura e diffusione.

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Riflessioni a caldo sul voto in Sardegna

La Sardegna ha votato ed ha vinto. Queste elezioni andranno analizzate a fondo, e spero che i partiti lo facciano; qui si vuole solo analizzare a caldo i motivi del ribaltone che, ritengo, non sono replicabili su scala nazionale o su altre regioni. Gli errori invece, sì. Si possono sempre replicare soprattutto se non si comprendono.

Dunque ha vinto la Sardegna, non la Todde. Ha perso Truzzu perchè ha vinto la Sardegna. Ha vinto la Todde perchè ha perso la Meloni.

Il ribaltone era già nell’aria prima dello spoglio infinito e va oltre le poche migliaia di voti di scarto.

La Meloni ha voluto imporre al centrodestra un nome improbabile che già nella sua città, Cagliari, non aveva ben governato e non era amato. La differenza nella città dice tutto sul buon governo di Truzzu: oltre 50 % per Todde contro meno del 35 % per Truzzu. Meloni ha voluto la propria bandierina per contrastare Salvini, dimenticando che Solinas, il governatore uscente, veniva dal Partito Sardo d’Azione prima ancora che dalla Lega. Ha voluto ribadire chi è al comando dimenticando sia la magnanimità e l’equilibrio che deve avere un sovrano, sia gli insegnamenti di un certo Silvio Berlusconi che, proprio cedendo molte volte su questo punto, è riuscito a tenere insieme tante forze diverse e tanti interessi di bottega pur di aggregare, aggregare, aggregare.

Detto questo occorre sottolineare che la sconfitta ha valore più simbolico che pratico e, servisse come scossa al centrodestra, potrebbe anche rivelarsi salutare.

Ha valore simbolico perchè gli elettori coinvolti sono poco più di 700 mila su circa 1,5 milioni di cittadini. Meno della metà degli elettori di Milano città, anche se il voto ha consegnato una intera isola al centrosinistra.

Aver candidato un uomo imposto da Roma ha riacceso vecchie ruggini interne alla coalizione e, molto più importante, ha risvegliato il senso di autonomia del popolo sardo, sempre sensibile alla  custodia della propria identità.

Forse i sardi non si sono resi conto che, così facendo, hanno riaperto le porte alle forze dell’assistenzialismo che non potrà risolvere i problemi dell’isola, o forse sperano che le origini imprenditoriali della Todde riescano a convertire il M5S a politiche realistiche sul territorio che vadano oltre il reddito di cittadinanza.

Per tornare a vincere occorre prima capire perchè si è perso e penso che i motivi siano tanti.

Abbiamo già detto del dirigismo romano che ha fatto voltare le spalle al Partito Sardo d’Azione e a molti sardi.

Occorre aggiungere che non esiste alcun automatismo che trasferisca eventuali meriti internazionali (più propagandistici che reali), calandoli nelle realtà locali che hanno sempre le proprie specificità.

Occorre valutare bene gli equilibri interni, perchè un esercito compatto deve essere anche bilanciato e motivato. Nessuna frangia può essere emarginata o umiliata. Non esiste l’uomo solo al comando, soprattutto se si è accerchiati da un sistema mediatico avverso se non proprio ostile. Un leader che sia a caccia di medaglie da appuntare, a costo di dividere le truppe, può vincere qualche battaglia, ma non la guerra.

Non ha senso, per un leader, voler imporre da lontano un proprio uomo, che nulla aggiunge al carisma di leadership incontrastata,  invece di lasciare le briglie sciolte al carro vincente ed eventualmente rivendicare, dopo la vittoria, il maggior peso del suo partito negli assessorati e nei programmi da attuare.

La gente, inoltre, guarda ai risultati concreti. Solinas aveva vinto anche sull’onda della crisi idrica di 5 – 6 anni fa. La mancanza di irregimentazione delle acque che provocano frane e disastri in inverno e fanno mancare l’acqua in estate. Una serie di piccole dighe sui corsi d’acqua avrebbe portato, oltre che lavoro nella costruzione delle opere, anche effetti duraturi sull’agricoltura e la pastorizia, sull’energia ricavabile dalle mini dighe diffuse sul territorio evitando nel contempo disastri alluvionali a cui l’isola è quasi abbonata.

In questo, forse, la Todde potrà fare qualcosa, visto che è di mentalità “verde”, ma forse nel verso sbagliato. Fatto sta che Solinas, in questo settore strategico non ha fatto nulla. In altri ancora meno. Ammesso che si possa andare sotto zero nelle iniziative da attuare, la sanità sarda rientra trionfalmente tra queste. Serve poco, adesso, elencare le cose non fatte. Al massimo può servire per il futuro, ma devono pensarci i partiti.

Questo, comunque, non è che un riflesso della politica nazionale dove alle promesse quasi mai seguono i fatti.

Fratelli d’Italia protestava contro green pass, reclusioni domiciliari, vaccinazioni insensate ai bambini, adesso Schillaci fa rimpiangere Speranza, che è tutto dire. Protestava contro Lamorgese e le politiche di immigrazione e ora i numeri degli arrivi sono raddoppiati. Si puntava sulla pacificazione in Ucraina ed ora giuriamo eterna fedeltà al comico di Kiev contro l’aggressore russo. Si è cambiato nome al Ministero dell’agricoltura, per inserire la sovranità alimentare, e si finanziano gli agricoltori per lasciare incolti i terreni, si accettano le direttive europee che aprono le frontiere a prodotti non controllati che arrivano sulla nostra tavola a danno dei nostri agricoltori e così via. Serve a poco sentir dire, adesso, da Lollobrigica che il PAC (Politica Agricola Europea) è scritto male e occorre modificarlo. Bisognava opporsi quando è stato presentato e battagliarci sopra. Sull’energia siamo stati salvati dal mite inverno. Se fosse stato rigido saremmo rimasti al freddo e con i prezzi schizzati alle stelle, mentre le estrazioni in Basilicata sono ferme e le esplorazioni in Adriatico le lasciamo ai nostri dirimpettai. Ci fregiamo dei progetti del PNRR, ma di cantieri avviati, di innovazione e ricerca universitaria da incrementare, di sanità da ricostruire e di tanti altri progetti realizzabili, neanche l’ombra. Continuano a mancare sempre più medici e infermieri, ma i numeri chiusi all’università non si smuovono.

Questi sono solo alcuni dei nodi che verranno al pettine appena si diraderanno le nebbie della propaganda.

L’unica consolazione, per la maggioranza, può venire dalla constatazione che la sinistra non sta certo meglio.

In Sardegna hanno vinto per il combinato disposto degli errori della maggioranza, ma il futuro qual’è ?

Paradossalmente potremmo dire che queste elezioni serviranno a seppellire la sinistra.

L’eventuale alleanza tra PD e M5S è solo elettorale ed avere due galletti nel pollaio non favorisce.

Questo la Meloni lo ha capito da tempo e continua a giocare di sponda scegliendo di volta in volta, tra Conte e Schlein, l’avversario che è più consono ai suoi disegni. Per l’eventuale dibattito televisivo ha indicato la Schlein, emarginando Conte e sapendo che la dialettica della segretaria PD non può compete con la sua in libero contraddittorio. Oltre le veline prestampate la Schlein non riesce ad andare, oltre agli slogan non sa argomentare, quindi è molto probabile che dall’incontro sarà la Schlein ad uscire malconcia.

Come effetto collaterale ha ottenuto di declassare Conte a comprimario di una eventuale coalizione che avrebbe a capo la Schlein e non l’ex primer.

Nella storia del fax di DiMaio, inviato fuori tempo massimo e con il governo dimissionario per il MES è stato conte a rimanere con il fondo schiena scoperto ed ha dovuto chiedere l’annullamento del Giurì d’onore, abbandonato dalla Schlein e dal PD che non hanno voluto condividere la figuraccia.

Le elezioni sarde possono ringalluzzire Conte, e lo faranno di certo, alimentando il contenzioso tra i due promessi sposi che finora hanno fatto fatica anche a fidanzarsi, facendo esplodere le differenze, sia storiche che  programmatiche, che i due partiti hanno nel DNA.

Non c’è nulla che li unisca, a meno dei calcoli elettorali, e se anche riusciranno a formare una coalizione, il giorno dopo saranno con il coltello fra i denti paralizzando qualsiasi azione a vantaggio del Paese.

I PD vengono da una sinistra comunista, annacquata dopo la caduta del muro di Berlino ma mai ripudiata, e corroborata dai contributi della sinistra democristiana. Il M 5 S viene dai Vaffa di Grillo e dal lavorio sulle scatolette di tonno che non hanno saputo neanche aprire.

Il PD viene dalle istituzioni e dalle frequentazioni del potere, dalle sacre poltrone da mantenere anche se si perdono le elezioni, il M 5 S dal contrasto al potere ed al palazzo, anche se si sono convertiti in fretta appena hanno potuto sfiorare le poltrone che combattevano. Il PD si è convertito invece all’atlantismo, osteggiato dal vecchio PCI, e la lotta di classe è stata sostituita con i diritti civili predicati a Davos, quindi armi all’Ucraina, Biden come vate, LGTB come credo, frequentazioni industriali come substrato sociale. Il M 5 S ha abbracciato il pacifismo di facciata, quindi stop armi ed aiuti all’Ucraina, diffidenza verso la NATO, apertura alla Cina da cui il PD, seguendo Washington, rimane alla larga. Se aggiungiamo che non stiamo parlando di un “campo largo”, ma al massimo di un “campetto largo” visto che i vari Calenda, Renzi e sinistra estrema sono distinti e distanti da Conte, la problematicità di una simile unione è evidente.

E’ solo un piccolo elenco. Facciamo prima a dire che nulla li unisce se non, come detto, il calcolo elettorale.

L’elettorato è ben conscio di questo e sta alla larga dal concedere fiducia a simili accozzaglie acchiappavoti.

Se a tutto questo si somma che la contesa Schlein-Conte è  rinvigorita dalla vittoria della Todde in Sardegna il contenzioso perpetuo è garantito. Il M5S torna ad essere indispensabile e  deve essere anche la mosca cocchiera del convoglio. Inaccettabile da parte PD.

Forse si capisce che non sono un fan della Meloni, ma spero che la sconfitta odierna in Sardegna serva per una ricomposizione interna e per una revisione della strategia e degli obiettivi nazionali e delle alleanze internazionali, senza limitarsi a seguire gli ordini provenienti da Washington, Davos o altre decadenti località.

Vincenzo Fedele

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11 commenti

  • Giuseppe ha detto:

    Condivido le peculiarità degli appunti mossi al Governo centrale.Tanto valeva tenersi Conte o Draghi.Solo parole al vento e chiacchere elettorali.La Meloni?Non la voterò più.

  • Margotti ha detto:

    Vincenzo Fedele non tiene conto nella sua esaustiva disamina di due fattori:
    l’impossibilità del governo Meloni, come di qualunque governo della colonia italica, di deragliare dai binari atlantici (e, a tutt’oggi, meglio il binario atlantico del gulag cinese, ricordiamolo ai nostalgici di Mao)
    la necessità per un governo di centrodestra di confrontarsi con il potere forte per eccellenza in Italia, vale a dire la Magistratura (non tutta, ovviamente, ma in parte politicizzata a sinistra, di cui è da trent’anni stampella).

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Non essendo sardo e non essendo politico mi astengo dal commentare il commento. Da un punto di vista unicamente numerico mi sembra che parlare di vittoria per una differenza di 1/125 voto in più sia un po’ eccessivo.

  • giovanni ha detto:

    Spiace dirlo ma chiunque andra’ a governare seguira’ sempre le direttive che ricevera’, di volta in volta, dal centro dell’impero in kippah…… a meno che non crolli . In tale probabile caso vi e’ speranza di azzerare tutto e ripartire con regole diverse. Naturalmente si spera in una demolizone controllata, rispetto ad un crollo di schianto che porterebbe molti gravi problemi.

  • luca francesco persico ha detto:

    Non è vero che Fratelli di Italia e Meloni siano stati contrari a green-pass, lock-down e cosiddetti vaccini, è stato esattamente il contrario; Meloni è stata ferocemente intransigente nei confronti di coloro che hanno rifiutato di sottostare a questi ricatti, tanto è vero che ha anche dovuto correre ai ripari in campagna elettorale facendo “pulizia” dei suoi molti tweets che manifestavano queste sue posizioni, quando si è resa conto di avere disperatamente bisogno dei voti di coloro che sino al giorno prima disprezzava e combatteva con cattiveria; non ha fatto opposizione, ha fatto oppofinzione, appoggiando in molto, troppo, il Governo Draghi comprese le posizioni e le decisioni prese relativamente all’Ucraina sulla quale, rinnegando tutto quanto diceva e scriveva sino a non molto tempo prima, è stata chiarissima nel suo schierarsi incondizionato con USA, NATO e UE (in questo caso per aggiudicarsi anticipatamente, ai fini della conquista del premierato, il placet delle Potenze che ci soggiogano dandosi ai loro occhi una patente di affidabilità in rapporto alla garanzia di una continuità totale di governo rispetto ai Governi precedenti). Ciò che si potrebbe e dovrebbe dire di una simile persona non si può certo scrivere qui, ma va molto al di là di quanto detto da De Luca; rimane il mistero di come tanti, a fronte di tutti questi inganni palesi e noti, abbiano potuto fidarsi davvero di un simile “rottame” e le abbiano dato il voto convintamente dopo aver inghiottito da parte della suddetta disprezzo e odio in quantità industriali e come possano ora stupirsi di come si stia comportando.

  • Eusebio ha detto:

    Strane elezioni. La neo presidente ha ragranellato 40.000 voti in piu’ delle liste che l’appoggiavano. Tanti bei voti.
    Ma non sarebbe giusto che la governatrice governasse con il consiglio cosi’ come e’ uscito dalle urne ? Senza premio di maggioranza ? Cosi si potrebbe verificare ad ogni passo la concordanza tra la sua volonta’ e quellà degli elettori.

  • Paoletta ha detto:

    il vero nemico della Meloni e’ Giorgetti (difatti guarda caso voleva il MES).
    La Meloni prende ordini dagli USA (infatti va a nozze con il guitto ucraino) mentre Giorgetti li prende dai tedeschi (che vogliono i nostri soldi per ripianare i debiti delle loro banche).
    Nessuno fa gli interessi degli italiani, comunque meglio Meloni di Giorgetti.

  • Marco ha detto:

    Analisi lucidissima aggiungiamoci chi secondo me è rimasto deluso da politiche che sembrano seguire l’agenda Draghi(e su questo al contrario di ciò che dice lei)non vorrei ci fossero sorprese anche nelle prossime regionali.

    • Eusebio ha detto:

      Temo possibili smottamenti in Piemonte. La Provincia di Cuneo e’ rappresentata bene da Enrico Costa che e’ passato con Calenda. Se Calenda commette l’errore di allearsi con Conte e i democratici e Costa lo supporta il rischio per il centrodestra di perdere il Piemonte e’ evidente.

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