Coscienza, Giudizio, Sentire, Sensibilità, Paradiso. La Via della Croce. R.S.

10 Febbraio 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro sito, R.S., che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni. Buona lettura e condivisione.

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COSCIENZA e GIUDIZIO: SENTIRE, SENSIBILITA’, PIENEZZA, PARADISO
La coscienza è il sentimento fondamentale, o meglio il sentire fondamentale dell’essere umano.
Esaminarsela (fare l’esame di coscienza) significa valutare sperimentalmente il suo funzionamento.
L’esame va fatto sul positivo: con ciò “che è” e non con quel che “non è”.
Guardare la realtà per quello che è, è positivo: questo avviene nella profondità della ragione che osserva, traendo spunto da strumenti utili, tra cui i misteri del rosario che sono momenti della rivelazione cristiana.

L’insieme dei misteri muove dallo stupore (primo mistero gaudioso; l’annuncio dell’angelo a Maria: COME E’ POSSIBILE?) per giungere alla meraviglia, alla commozione, la pace e la serenità (quinto mistero glorioso; Maria regina del Cielo: COME E’ BELLO!).

La discesa dello Spirito Santo nell’anima è il SENTIRE, parola che contiene la radice “sen” di sentenza, direzione univoca, senso…
Ad esempio, il cercare di sentire il dolore altrui rende possibile darsi un giudizio dettato dal sentire.
Qui avviene il massimo coinvolgimento, l’antidoto alla tragica possibilità dell’impenitenza finale, vale a dire il morire senza essere stati penitenti (pentiti dei propri peccati).
In una tale possibilità di sentire -con lo Spirito Santo- risiede la facoltà di riceverne i doni e farli fruttificare.
Questo sentire non è banalmente un “percepire voci/suoni”: occorre, e c’è, un ascolto attento.
L’effetto di un sano sentire è la SENSIBILITA’, che prosegue il sentire nel ricordarsene e farne tesoro.
La sensibilità conduce il sentire (non scontato, essendo più dell’udire) oltre il mero registrare con attenzione un qualunque messaggio.
Solamente così con l’anima può essere assunto in Cielo (come è accaduto per Maria) anche il corpo (un corpo stupito di poter dare carne al Verbo).
Il corpo, con i suoi sensi, è il luogo della sensibilità.
Essa va temperata, ma mai al punto da essere o diventare degli insensibili.
La sensibilità va educata e va raffinata, ma non negata o repressa.

Al maggior tatto (un tatto calmo, caldo e raffinato) corrispondono una maggior nobiltà d’animo e anche una maggior perspicacia: ecco perché la sensibilità ha a che fare con il sentire sano e di lì con un esame di coscienza che possa verificarla ben funzionante.

Nell’uomo celebriamo la sensibilità dell’anima e del corpo: la loro pienezza è un riempirli di Grazia fino all’esaudimento di un desiderio ben coltivato, il che è diverso dal ricevere un miracolo inatteso…

La sensibilità concorre, con il sentire, al poter dare un giudizio nella data situazione: capacità di lettura, di memoria e ricordo, di congettura, ovvero di mettere insieme tutte le cose nel proprio cuore, in un modo più completo dalla sentenza/senso/direzione univoca, arricchita di questa sensibilità.

Il sentire con sensibilità illumina e custodisce il giudizio (non è il giudizio a spingere a sentire con sensibilità).
L’angelo custode, pur creatura priva di corpo, sa sostenere questo cammino di grazia fino a giungere -umanamente integro, intero, non disperso né frammentato nel corpo e nell’anima- alla commozione, alla consolazione e al Paradiso.
E’ una pace colma di serenità anche nel dolore: la beatitudine dei poveri in spirito, degli afflitti, degli affamati di giustizia…
Finalmente appagati pur attraversando la via della croce, per contemplare con gli angeli il Mistero.

Si passa da uno stupore iniziale, un po’ timoroso, senza capire tutto, alla meraviglia finale della commozione: ancora senza poter spiegare tutto e senza poter capire tutto, ma sapendo (il sapere ha a che fare con il sapore: il gusto sapiente delle “celesti cose”) che è proprio così!

Un sentirsi finalmente a casa, totalmente coinvolti e accolti nel Mistero che mi chiamava e nel quale sono entrato con tutto me stesso.

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3 commenti

  • Giampiero ha detto:

    Penso che in questa interessante disamina potrebbe essere di ausilio un grafico ideato da un grande psichiatra. Parlo di Roberto Assagioli e della sua creazione: la psicosintesi. Il grafico viene chiamato “ovoide assagioliano” e , a mio vedere e sentire, esprime al meglio le dinamiche coscienti, inconsce e trans personali entranti in gioco nei processi psico-fisici e pneumatici di ogni essere umano. Ovviamente qui non si tratta di costringere certe dinamiche in una griglia interpretativa ma di usarla come sistema di coordinate atto a fungere da modulo interpretativo per una antropologia teologica che pur avendo origine “dall’Alto”, dalla Rivelazione, ben si armonizzi con quello che la psicologia del profondo e trans-personale ha ben messo in luce. L’antropologia paolina ( soma ,psychè,pneuma) rappresenterebbe un ottimo punto di partenza.

  • R.S. ha detto:

    Lo Spirito Santo tuttavia non è nemmeno un concetto astratto da utilizzare per giustificare l’informe ( o il deforme): essendo assolutamente Dio (nella Trinità) è co-creatore di tutte le forme stabilite ab aeterno dalla Volontà divina che è Una ed eterna.

    La coscienza umana, creaturale e speciale per volontà di Dio, ha il bene supremo della libertà, ma trova pace solo unendosi a Dio (beatitudine celeste o Paradiso). Assumendo altre forme, perde non solo la strada, ma anche la felicità.

    Questo non significa che il dolore e le lacrime siano delle miserie senza senso: contengono il Mistero di essere guidati ad un incontro anche venendo da esperienze che paiono negarlo: tra il venerdì santo e la resurrezione passano solo due notti e la seconda neanche intera.

    Dio educa in ogni istante, perché per Lui non hanno senso il prima e il poi: sismo noi in una storia e il tempo può riempirsi di speranza o di disperazione.

  • il Matto ha detto:

    Articolo di estremo interesse. Ringrazio R.S.

    C’è un passaggio che ha attirato la mia attenzione:

    “La sensibilità va educata e va raffinata, ma non negata o repressa”.

    Passaggio molto delicato poiché l’educazione può sfociare nell’obbligo, quindi nella repressione, ciò dipendendo dalle idee motrici dell’educatore (ed alle quali l’educatore stesso fu educato).

    In altri termini l’educazione tende alla cosiddetta “formazione della coscienza”, ciò che presuppone la coscienza come informe, grezza, bisognosa appunto di “raffinazione”.

    Sennonché la coscienza è di pe sé interiore, invisibile, quindi senza limiti, e perciò senza forma piuttosto che informe, ragion per cui ci si può chiedere come si possa “formarla” con interventi dall’esteriore, attribuendo a tale formazione un valore superiore alla coscienza stessa, ovvero attribuendo alla forma una preminenza sul senza-forma.

    Il tutto senza dire della la conflittualità che s’instaura fra coscienze diversamente formate.

    Qualcuno direbbe che la coscienza già conosce la propria educazione, e quindi più che un impegno a darle una forma, quindi un limite, servirebbe un impegno al contrario, teso a liberarla da ogni forma, ciò che le permetterebbe di riconoscersi non solo in se stessa ma nella sua Origine.

    D’altro canto lo Spirito Santo è senza forma e la coscienza che aspira ad esserne (ri)assorbita ha da essere anch’essa senza forma.