La FSSPX non è mai stata fuori della Chiesa e non può considerarsi “scismatica”.

22 Agosto 2023 Pubblicato da 16 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, su segnalazione di un amico fedele del nostro sito offriamo alla vostra attenzione questo articolo apparso su Chiesa e Post-Concilio, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e diffusione.

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 La FSSPX non è mai stata fuori della Chiesa e non può considerarsi “scismatica”.

I recenti sorprendenti articoli de La Nuova Bussola Quotidiana contro la FSSPX stanno producendo due evidenti effetti: innanzitutto una straordinaria ondata di simpatia e di riconoscenza per Mons. Lefebvre; in secondo luogo uno straordinario susseguirsi di dissociazioni e critiche rispetto alla Bussola. Quanto a noi ne abbiamo già parlato a iosa; ma per essere in tema estraggo da una discussione la risposta di T. al commento di un lettore e, a seguire, riprendo un esaustivo articolo sulla questione pubblicato anni fa.

Un lettore scrive : “L’articolo della Bussola che sputa veleno sulla FSSPX non lo leggo..
Risponde T:

A quest’articolo ne è già seguito un altro. Non leggere, credo sia sbagliato. Bisogna documentarsi sulle arti del Nemico per potersi difendere e poter eventualmente replicare. Lo scopo di questi articoli sembra essere quello di mettere in crisi i fedeli che assistono alle Messe celebrate dai preti della FSSPX o comunque frequentano la suddetta Fraternità: un’impresa a dir poco subdola.
In questi due articoli si notano a occhio nudo alcune lacune sul piano informativo e concettuale. L’articolista sostiene che la remissione della scomunica non fa venir meno il carattere (supposto) scismatico della FSSPX. Dimentica che a suo tempo il cardinale Hojos affermò non potersi tale Fraternità considerare scismatica in senso proprio, non avendo mons. Lefebvre mai dimostrato l’animus del vero scismatico, che è di chi vuol creare una Chiesa parallela. Ha dato ai 4 vescovi solo la potestà d’ordine giustificandosi con lo stato di necessità, proprio per non creare uno scisma. Difficile credere, come afferma l’articolista, che Ben. XVI abbia rimesso le scomuniche per buon cuore pur considerando ancora “scismatici” i “lefebvriani”. La remissione dimostra che non credeva nel loro “scisma”. Risulta anche che all’epoca i 4 vescovi della Fraternità rinnovarono tutti assieme in udienza la loro fedeltà al Papa regnante e alla Cattedra – il Papa regnante viene sempre invocato nelle preghiere in ogni Messa della Fraternità.
Dimentica l’articolista anche l’esistenza di una tesina di laurea tenutasi in un’Università pontificia da parte di un sacerdote nordamericano, il quale sosteneva che, grazie al CIC del 1984, la scomunica non poteva esser in quel caso applicata, in quanto risultante l’ordinazione senza mandato da un errore di valutazione sullo stato di necessità fatto in buona fede dal colpevole. Si doveva applicare altra sanzione. La tesina fu approvata dalla Commissione di Laurea.
Non sappiamo quale rito segua l’articolista. Se assiste all’Ordo Vetus, dovrebbe sapere che tale rito sarebbe da tempo scomparso senza la felix culpa della “disobbedienza” di mons. Lefebvre e mons. Castro Mayer, brasiliano.
* * *
Ed ecco il testo di Paolo Pasqualucci chiarificatore della vulgata ostile alla Fraternità Sacerdotale San Pio X. E all’epoca non c’era ancora la Misericordia et misera (2016) dove una sorta di giurisdizione è formulata, peraltro totalmente ignorata dall’articolista de La Bussola…

La FSSPX non è mai stata fuori della Chiesa e non può considerarsi “scismatica”.

La natura perfettamente ortodossa della “Fraternità degli Apostoli di Gesù e Maria”, meglio nota secondo il titolo pubblico di “Fraternità Sacerdotale San Pio X”, viene ancora oggi ostinatamente negata da coloro che continuano del tutto erroneamente a dipingerla come “eretica”, “scismatica”, “illecita”, “illegittima”, “invalida”, “fuori della Chiesa”, “sedevacantista”,  e  chi più ne ha, più ne metta.  Un’ostilità dovuta in gran parte, io credo, alla scarsa conoscenza dei fatti o del loro autentico significato.
In precedenti interventi [qui – qui – qui] credo di aver efficacemente dimostrato quanto sia falsa l’accusa di eresia nei suoi confronti; accusa – teniamolo bene a mente – mai formulata da nessun organo della Santa Sede, a cominciare dal Sommo Pontefice.  Vorrei ora completare quell’intervento con alcune notazioni sull’assenza totale di un qualsiasi “scisma” da parte della Fraternità:  su come, pertanto, essa non possa assolutamente considerarsi “fuori della Chiesa”.  Il recente riconoscimento alla Fraternità della personalità giuridica da parte dello Stato argentino, quale “associazione di diritto diocesano”, in séguito a un’inaspettata istanza dell’Arcivescovo di Buenos Aires, S. Em. Mario Aurelio Poli, che per l’appunto chiedeva allo Stato di “considerarla, fino al momento in cui troverà il suo definitivo inquadramento giuridico all’interno della Chiesa Universale, un’Associazione di diritto diocesano, secondo quanto stabilito dal canone 298 del Codice di Diritto Canonico, sul punto di diventare una Società di Vita Apostolica” – pur concedendo alla suddetta un inquadramento produttivo di effetti giuridici solo dal punto di vista del diritto positivo argentino, conferma tuttavia che, per le autorità ecclesiastiche, la Fraternità  è cattolica, anche se non ancora inquadrata nella disciplina prevista dal Codice di diritto canonico vigente, promulgato nel 1983.  Essendo cattolica, non è fuori della Chiesa. Non essendo fuori della Chiesa, non può evidentemente esser ritenuta “scismatica”[1].

1. La FSSPX non può considerarsi “scismatica” in senso proprio o formale

L’ha detto nel 2005 il cardinale Castrillón Hoyos, al tempo Prefetto della Sacra Congregazione per il Clero e presidente della Pontificia Commissione ‘Ecclesia Dei’.  Ecco le sue dichiarazioni:

  1. “purtroppo mons. Lefebvre procedette con le consacrazioni e pertanto si è creata una situazione di separazione, anche se non si è trattato di uno scisma in senso formale”;
  2. “la FSSPX è un’istituzione ecclesiastica composta di sacerdoti validamente ordinati anche se in modo illegittimo”;
  3. “l’esistenza di gruppi di tradizionalisti che non riconoscono gli ultimi Papi, i cosiddetti “sedevacantisti”, è un’altra faccenda, che non riguarda la Fraternità”[2].
Tre mesi dopo, sempre rispondendo a domande, il porporato ribadì che:
  1. “la Fraternità non è eretica”;
  2. “nel senso stretto del termine, non si può dire che la Fraternità sia scismatica”.[3]
Nove anni prima, il cardinale Edward Cassidy, all’epoca Presidente del Consiglio Pontificio per l’Unità dei Cristiani, al fine di chiarire ricorrenti e malevoli equivoci, aveva dichiarato pubblicamente che:  “la Messa e i Sacramenti amministrati dai sacerdoti della Fraternità S. Pio X sono validi”.[4]
Che la FSSPX non possa considerarsi “scismatica” in senso “proprio o formale”, ciò è stato sostenuto in primo luogo dalla dottrina.  Poco prima delle celebri Consacrazioni del 29 giugno 1988, il prof. Rudolf Kaschewski, autorevole canonista tedesco, del tutto indipendente dall’ambiente “lefebvriano”, aveva dimostrato in un breve e magistrale articolo che, in base al Codice del 1983, una consacrazione episcopale senza mandato pontificio non poteva essere punita con la scomunica[5].  Nel 1995, i giuristi della Pontificia Università Urbaniana approvarono una “tesina di licenza” in diritto canonico del Padre statunitense Gerald Murray, tutt’altro che “lefebvriano”,  nella quale si sosteneva che la scomunica dichiarata a mons. Lefebvre e agli altri vescovi non poteva ritenersi valida in punto di stretto diritto canonico né lo poteva la connessa imputazione di scisma in senso formale[6].
Maggior autorità presso i fedeli possiede tuttavia il dictum di un cardinale.  C’è dunque stata una “separazione”, sottolinea il card.Castrillón Hoyos, ma non uno “scisma in senso proprio”.  Cerchiamo di capire la differenza.  Una situazione di “separazione” costituisce di per sé uno scisma? No, evidentemente.  La “separazione” derivante da una disubbidienza sanzionata non è a ben vedere una “separazione” dalla Chiesa militante poiché la disubbidienza non configura una situazione che possa considerarsi come tale scismatica, altrimenti bisognerebbe affermare che ogni disubbidienza costituisce scisma, il che ovviamente non è.  Perché si abbia uno scisma non basta una disubbidienza, occorrono altri elementi e ben più incisivi, che nel nostro caso non ci sono mai stati e non ci sono.
1.1  La normativa vigente. La disubbidienza rappresentata da una consacrazione episcopale senza mandato del Papa, cioè senza la sua autorizzazione, veniva punita dal Codex Iuris Canonici del 1917 con la suspensio a divinis ipso iure, cioè per il solo fatto di aver perpetrato la violazione (c. 2370).  Si trattava di una pena meno grave della scomunica e tuttavia grave.  Esistevano nove tipi di “sospensioni”.  Quella “a divinis” vietava al sacerdote: “ogni atto della potestà d’ordine, ricevuta che l’avesse [la potestà] dalla sacra ordinazione o per privilegio” (c. 2279, § 2.2).  Dopo consacrazioni di vescovi senza mandato avvenute  nel 1951 nella Cina comunista, sotto il controllo del Partito, con Decreto del S. Uffizio del 9 agosto di quell’anno la sospensione a divinis fu sostituita dalla pena della excommunicatio latae sententiae, riservata alla Santa Sede quanto alla sua remissione.  Ciò significa che solo il Papa può revocarla (“rimetterla”).  Anche qui la pena (la “censura”) si applica automaticamente al verificarsi del fatto stesso, che porta in sé la sua sanzione.  Senza bisogno di istruire un processo, l’autorità competente si limita a dichiararla, con efficacia ex tunc, ossia dal momento del verificarsi della violazione. (Se si istruisce un processo, l’eventuale scomunica si denomina: excommunicatio ferendae sententiae).
L’attuale Codice di diritto canonico, del 1983, ha accolto la normativa introdotta nel 1951.  Al c. 1382 esso prevede pertanto la scomunica latae sententiae  per i colpevoli (consacrante e consacrato).  Sono però applicabili le circostanze attenuanti ed esimenti elencate ai cc. 1323 e 1324.  Tra di esse si annovera anche l’esistenza e persino la semplice convinzione (ancorché errata) dell’esistenza dello stato di necessità. Il Legislatore stabilisce che, per ciò che riguarda lo stato di necessità, quando la violazione della norma è avvenuta con un’azione intrinsecamente cattiva o dannosa per le anime, si ha una circostanza solo attenuante, sufficiente però ad escludere l’applicazione della scomunica, che deve esser sostituita da un’altra pena o da una penitenza.  Se la violazione, invece, è avvenuta con un atto né intrinsecamente cattivo né dannoso per le anime (e una consacrazione senza mandato ma fatta senza animus scismaticus non è certamente cosa cattiva o dannosa per le anime), allora l’imputabilità addirittura non sussiste e non si può irrogare né pena né altra forma di sanzione.  Se però il soggetto, per errore colpevole (per errorem, ex sua tamen culpa) ha ritenuto di essere costretto ad agire in stato di necessità, senza che la sua azione costituisse qualcosa di malvagio in sé o di dannoso per la salute delle anime, allora ha diritto alle sole attenuanti.  Ma anche in questo caso, se merita la scomunica, quest’ultima non può esser dichiarata:  deve esser sostituita da un’altra pena o penitenza.  Va poi ricordato che quando l’errore di valutazione di cui sopra ha luogo senza colpa da parte del soggetto agente, allora, invece dell’attenuante, il medesimo ha diritto all’esimente, non è cioè “passibile di alcuna pena”[7].
1.2  I fatti provano che non c’è mai stata volontà di scisma.  A norma di legge, la disobbedienza del cosiddetto “vescovo ribelle” non avrebbe dovuto esser punita con la scomunica.  Per questo mons. Lefebvre e la Fraternità, forti della loro buona fede e della convinzione che lo stato di necessità esistesse oggettivamente, hanno sempre sostenuto che la scomunica doveva considerarsi invalida e lo scisma inesistente. Ma lo scisma non c’è mai stato non solo a causa dell’invalidità della scomunica ma anche perché né mons. Lefebvre né i quattro vescovi da lui consacrati hanno mai avuto né dimostrato di avere alcuna volontà scismatica. Tant’è vero che mons. Lefebvre (e ciò prova a mio avviso la sua buona fede) non ha conferito a questi ultimi il potere di giurisdizione, che implica una base territoriale, organizzata in vere e proprie diocesi.
Perché mons. Lefebvre voleva consacrare dei vescovi?  Sin dal 1983, a 78 anni, egli si era dovuto porre il problema di avere dei successori che garantissero alla “Fraternità Sacerdotale” la sua impostazione, volta specificamente alla formazione di sacerdoti secondo il Seminario “tridentino” e alla conservazione della Messa VO.  Ma il Papa avrebbe concesso l’autorizzazione, il “mandato”?  Se avesse dovuto procedere senza di esso, disse pubblicamente mons. Lefebvre nel 1986, egli sarebbe stato comunque ben attento a non provocare alcuno scisma.  I vescovi da lui eventualmente consacrati, precisò, “sarebbero stati miei ausiliari, senza alcuna giurisdizione e solamente per cresimare fedeli, ordinare sacerdoti…sarebbero stati al servizio della Fraternità, che viene dalla Chiesa, che è stata approvata dalla Chiesa.  Non se ne parla di fare una “Chiesa parallela”, nel modo più assoluto.  Lo scopo è semplicemente quello di continuare la Fraternità…La Fraternità è opera di Dio, voluta da Dio”.
Alle tradizionali ordinazioni sacerdotali del 29 giugno di ogni anno a Écône, sede del seminario originario della Fraternità, nel 1987 egli annunciò che avrebbe consacrato dei vescovi.  Cominciarono allora trattative complesse e difficili con Roma, non prive di colpi di scena, che si trascinarono per un anno, condotte per ragione d’ufficio dall’allora cardinale Ratzinger. La trattativa ad un certo punto si arenò:  dopo lungo battagliare, Roma concedeva sì un vescovo “tradizionalista”, ma non era soddisfatta della rosa di candidati inviata da mons. Lefebvre e non si decideva ad accettare una data, tra quelle proposte dall’anziano presule, che aveva ormai 83 anni e cominciava a sentire il peso della lunga battaglia per salvare la “Tradizione della Chiesa” dalla scomparsa nei gorghi delle “riforme” scaturite dal Vaticano II.  Sarebbe morto il 25 marzo 1991, meno di tre anni dopo queste agitate vicende.  Così, alla fine, nonostante le ripetute esortazioni ad aspettare ancora e gli ammonimenti provenienti da Roma, egli ruppe gli indugi e procedette alla consacrazione di ben quattro vescovi, con la presenza dell’anziano vescovo brasiliano mons. de Castro Mayer, compagno di tante battaglie, venuto a testimoniare il suo appoggio morale.
La vera volontà scismatica risulta, in genere, da espresse dichiarazioni di coloro che si separano (come nel caso di Lutero o di Enrico VIII re d’Inghilterra, che dissero apertamente di non riconoscere più l’autorità del Papa come capo della Chiesa universale, considerandolo nell’ipotesi più benigna un semplice “vescovo di Roma”) e comunque da un comportamento che mostra la creazione effettiva di una nuova chiesa, una “chiesa parallela”, come si suol dire.  Un’organizzazione ecclesiasistica nuova, autocefala, che non riconosce l’autorità del Papa ed anzi le è ostile.  Così hanno fatto Lutero e tutti i Protestanti, e prima di loro i cristiani di rito greco denominati “ortodossi”, dal momento che la cosiddetta “Chiesa ortodossa” o “greca”, piaccia o meno, è in realtà oggettivamente una setta scismatica.  Viene chiamata “chiesa” solo in omaggio a un uso antico.
Al contrario, la Fraternità ha sempre riconosciuto e riconosce l’autorità del Papa e dei vescovi. Durante la celebrazione della S. Messa prega sempre per il Papa regnante e per l’Ordinario locale. Non si è mai organizzata in parrocchie e diocesi, parallele a quelle ufficiali della Santa Chiesa, ma solo in “distretti”, che sono delle realtà geografiche e non amministrative, dato che combaciano con le nazioni o addirittura con i continenti (distretto di Francia, d’Italia, d’Asia etc.).  Costituiscono spazi nell’ambito dei quali i vescovi esercitano una “giurisdizione supplita” su base personale e non territoriale, cioè il solo potere d’ordine (impartire ed amministrare i Sacramenti), potere che si applica a seconda delle necessità prodotte dalle circostanze, rappresentate dalle richieste concrete delle anime, in modo simile a quanto fanno i vescovi in terra di missione.  E difatti il cardinale Castrillón Hoyos, sempre nella citata intervista a 30giorni, poté affermare che la Fraternità è  una “associazione non riconosciuta i cui vescovi si dichiarano ausiliari”.  Si intende, “non riconosciuta” a causa della scomunica gravante sui vescovi, al tempo non ancora rimessa, che impediva l’inquadramento della Fraternità nelle nuove figure previste dal CIC del 1983 per le congregazioni di vita in comune senza voti, quale era (ed è) la Fraternità.  Il “non riconosciuta” non va, tuttavia, inteso come se si riferisse a un ente esistente solo di fatto perché non regolarmente eretto:  la Fraternità era stata costituita in modo perfettamente regolare dall’Ordinario locale, mons. François Charrière, “vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo”, secondo tutti  i crismi del diritto canonico, il 1° novembre 1970.  Né nel senso che la scomunica avesse colpito la Fraternità in quanto tale, collettivamente, come persona giuridica e in tutti i suoi membri, come alcuni sembrano credere ancor oggi.  Le sospensioni a divinis e le scomuniche colpiscono soltanto le persone singole.  Non si applicano agli enti collettivi.  Questo è sempre stato un principio fondamentale del diritto penale della Chiesa, puntualmente recepito sia nel Codice del 1917 che in quello del 1983 e ribadito da Benedetto XVI (vedi infra).
Ausiliari, dunque, i vescovi della Fraternità.  Non avendo diocesi alcuna, non esercitando pertanto il potere di giurisdizione, non governando insomma un’organizzazione parallela a quella della Chiesa ufficiale, essi esercitano il potere d’ordine nella forma della “giurisdizione supplita” di cui sopra, vale a dire applicandolo  unicamente secondo il caso concreto che via via si presenti, ad personam, per il bene delle anime.  Giusta appare, pertanto, l’osservazione del cardinale Castrillón Hoyos, secondo la quale abbiamo qui una “separazione”  ma non uno scisma in senso proprio.  Del resto, se non c’è vero e autentico scisma, come fa ad esserci autentica separazione dalla comunione con la Chiesa? Esisteva una separazione di fatto, provocata dalla scomunica subíta dai vescovi della Fraternità, che impediva l’inquadramento della stessa nelle nuove figure del Codice di diritto canonico. Ma a questa separazione di fatto non corrispondeva una separazione reale, sostanziale, dal momento che la cosiddetta, scismatica “nuova chiesa lefebvriana”  non è mai esistita, né nei fatti né nelle intenzioni.

2. I vescovi e i sacerdoti della Fraternità sono tutti validamente ordinati, anche se “illegittimamente” ossia in violazione di una norma di carattere disciplinare, che non coinvolge in alcun modo i fedeli.

L’altro punto importante da ribadire concerne la validità delle consacrazioni dei vescovi e delle ordinazioni sacerdotali della Fraternità, cosa che comporta la validità dei Sacramenti da loro amministrati, nonostante l’illiceità delle consacrazioni e ordinazioni.  A prima vista, sembrerebbe di trovarsi di fronte ad una contraddizione insanabile:  se le ordinazioni sono state “illecite” come possono esser nello stesso tempo “valide”?  Ed esser “validi” i Sacramenti amministrati dai “lefebvriani”?
In realtà non v’è alcuna contraddizione.  Possiamo spiegare la cosa nel modo che segue.  La legittimità riguarda una qualità esterna dell’atto, quando è  prevista dalla legge: l’esser cioè stato autorizzato o meno da un’autorità competente, di grado superiore (qui, il Papa) al soggetto che pone in essere l’atto stesso (qui, il vescovo consacrante).  La validità è invece la qualità interna dell’atto, vale a dire, l’esser stato posto in essere da un soggetto competente (qui, il vescovo) rispettando le forme e procedure, stabilite dal diritto, indispensabili per la sua stessa esistenza di atto.  Una consacrazione legittima perché debitamente autorizzata dal Papa, può risultare invalida se fatta senza rispettare gli indispensabili requisiti di materia e forma.  Si comprende, quindi, come una consacrazione episcopale attuata senza l’autorizzazione del Papa risulti “illegittima” sul piano disciplinare, di per sé estraneo all’atto della consacrazione, e di contro perfettamente “valida” in quanto tale, se posta in essere secondo i requisiti prescritti.
Pertanto, nel caso della Fraternità san Pio X ci troviamo di fronte a consacrazioni episcopali perfettamente valide nonostante siano avvenute illegittimamente a causa del divieto pontificio di effettuarle, manifestato  all’epoca dall’autorità competente.  Lo stesso deve dirsi per le ordinazioni sacerdotali effettuate da mons. Lefebvre, a cominciare da quelle del 1975, immediatamente successive all’ingiunzione di chiudere il Seminario di Écône, e dai quattro vescovi “ausiliari” da lui ordinati.  “Illegittime” le prime perché effettuate da un vescovo diffidato dal farle in mancanza del permesso dell’Ordinario locale (le cosiddette lettere dimissoriali) che non l’avrebbe ovviamente concesso, essendo stata appena soppressa la Fraternità stessa, e tuttavia perfettamente valide.  Mons. Lefebvre si rifiutò coraggiosamente di chiudere il Seminario e smobilitare la Fraternità illegittimamente soppressa dall’Ordinario locale nel 1975. Illegittimamente, perché l’Ordinario territorialmente competente, mons. Pierre Mamie, non aveva di per sé il potere (che appartiene esclusivamente al Papa) di sopprimere una congregazione di vita in comune senza voti, quale era la Fraternità.  Occorreva un’espressa e documentata autorizzazione pontificia ad hoc (detta in forma specifica) che non è mai stata prodotta.  Qui il carattere illegittimo del provvedimento, motivato tra l’altro con l’avversione di mons. Lefebvre alle “riforme” del Vaticano II, cosa che riguardava comunque la sua persona e non l’istituzione da lui creata, è tale da renderlo invalido in modo insanabile ovvero nullo in radice e a tutti gli effetti.  Mons. Lefebvre si appellò immediatamente al Tribunale della Segnatura Apostolica contro l’iniqua misura ma il suo ricorso non fu accettato con la motivazione che la procedura era stata approvata dal Papa “in forma specifica”, cosa che la rendeva inattaccabile.  Ma di questa famosa “approvazione in forma specifica” non è mai stata fornita la prova, come richiesto dal diritto.
All’atto pratico, cosa implica l’illegittimità tuttora attribuita alle consacrazioni e alle ordinazioni effettuatesi nella Fraternità?  Che il soggetto ecclesiale che ha posto in essere l’atto e quello che ne ha beneficiato (il sacerdote ordinato) sono passibili di una sanzione (di tipo disciplinare, come le penitenze) da parte dell’autorità legittima, avendo quest’ultima a suo tempo proibito di compiere l’atto stesso, attuatosi perciò senza il suo consenso.  Si tratta quindi di un risvolto meramente disciplinare tra i vescovi ed i sacerdoti della Fraternità da un lato e la Prima Sedes dall’altro; una questione interna alla Gerarchia ecclesiastica, che non riguarda per niente i fedeli, dal momento che non incide affatto né sulla validità  di quelle ordinazioni né sulla validità degli atti successivamente posti in essere da quelle persone ordinate, nell’esercizio legittimo dei poteri (non di giurisdizione) derivanti dall’ordinazione stessa (celebrare la S. Messa, battezzare, cresimare, confessare etc.).
Se poi si riconosce l’esistenza obiettiva dello stato di necessità, sempre invocata da mons. Lefebvre e dai suoi successori, allora quelle ordinazioni non sono nemmeno punibili, dal momento che lo stato di necessità, come si è visto, fa venir meno l’imputabilità. Cadrebbe, quindi, la nota dell’illegittimità ancora attribuita alle ordinazioni stesse.  A riconoscere pienamente lo stato di necessità invocato a suo tempo da mons. Lefebvre, la Santa Sede, a quanto sembra, non è tuttavia ancora preparata.

3.  Le dichiarazioni del 2009 di Benedetto XVI confermano l’inesistenza di uno scisma

Anche dopo la remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità (oggi ridotti a tre) ad opera di Benedetto XVI, si continua tuttavia a dire che la suddetta sarebbe comunque rimasta in qualche modo “scismatica”, e quindi “fuori della Chiesa”, sinché non venga inquadrata nel nuovo Codice di diritto canonico.  Ma valga il vero:  Benedetto XVI, nella Lettera Apostolica del 10 marzo 2009 ai vescovi, nella quale illustrava i motivi della remissione della scomunica, mai aveva parlato dell’esistenza di un effettivo scisma[9].  Il Papa non diceva che “i ministri della Fraternità” erano esclusi dalla comunione con la Chiesa. Diceva una cosa del tutto diversa: semplicemente, che il loro stato canonico ancora non c’era. E sappiamo perché: perché non si era trovato l’accordo sulle questioni dottrinali, preliminare al loro inquadramento in una società di vita apostolica, discendente diretta delle congregazioni di vita in comune senza voti.
Ma ciò non significava che essi fossero esclusi dalla comunione con la Chiesa:  significava, invece, che essi erano da ritenere “non in piena comunione” con la Chiesa (cardinale Castrillón Hoyos) e comunque in nessun caso da ritenersi un’altra chiesa, una setta, una “comunità ecclesiale” del tutto separata.  L’atto scismatico delle consacrazioni episcopali di Écône del giugno 1998 (giusta la definizione che ne diede Giovanni Paolo II), restò un atto solo potenzialmente scismatico, dal momento che non diede vita ad alcun vero scisma.  Mons. Lefebvre tenne fede a quanto aveva detto, paventando consacrazioni senza mandato, col non conferire alcun potere di giurisdizione ai consacrati, concepiti come vescovi “ausiliari”.  E la Fraternità è stata sempre fedele all’impostazione del fondatore, essendosi data un’organizzazione e avendo tenuto un atteggiamento verso le autorità romane, che mostravano e mostrano chiaramente l’assenza dell’animus dello scismatico.
In ogni caso, dopo la remissione delle scomuniche, non si può continuare a dire che i “lefebvriani” siano in qualche modo ancora degli “scismatici” perché non hanno ancora un inquadramento nel diritto canonico attuale.
Infatti, se le Consacrazioni del 1988 erano un “atto scismatico” punito con la scomunica latae sententiae, la revoca della scomunica, cancellando la punizione, rappresentata dall’esclusione dalla Chiesa militante, non ha fatto venir meno l’esclusione stessa, onde i “lefebvriani” perdonati devono considerarsi riammessi ipso facto nella Chiesa?  E se sono stati riammessi nella Chiesa, come fanno essi a trovarsi ancora fuori di essa, come è proprio degli scismatici?  Lo scismatico, infatti, è colui che si è separato, si è “scisso” dalla comunità e quindi ne sta fuori. Oppure è stato “scisso” dall’autorità. La scomunica, possiamo equipararla ad una sanzione che si attua nella forma di un decreto con il quale l’autorità legittima caccia un credente, sacerdote o laico, dalla comunità costituita dalla Chiesa. Una volta revocato questo decreto dall’autorità che l’ha promulgato, la vittima del provvedimento è riammessa per ciò stesso nella comunità.  Non si capisce come la si possa considerare ancora fuori.  Il 21 gennaio 2009, il Decreto di remissione della “censura di scomunica”, dichiarava “privo di effetti giuridici il Decreto a quel tempo emanato”, cioè la scomunica del 1° luglio 1988[10].  E lo “star fuori della Chiesa” non era forse l’effetto giuridico specifico di quel Decreto?
Che “l’atto scismatico” delle Consacrazioni del 1988 non abbia mai dato luogo ad un vero scisma, lo fa nettamente capire, come si è detto, anche la ricordata Lettera Apostolica del 10 marzo 2009.  Dopo aver rammentato che i vescovi della Fraternità “sono ordinati validamente ma illegittimamente”, sono cioè vescovi a tutti gli effetti nonostante l’illegittimità (sul piano disciplinare) della loro ordinazione, Benedetto XVI aggiunse: “la scomunica colpisce persone, non istituzioni. Un’Ordinazione episcopale senza il mandato pontificio significa il pericolo di uno scisma, perché mette in questione l’unità del collegio episcopale con il Papa. Perciò la Chiesa deve reagire con la punizione più dura, la scomunica, al fine di richiamare le persone punite in questo modo al pentimento e al ritorno all’unità”[11].  Si noti che il Papa parlava di “pericolo di uno scisma” per le Consacrazioni del 1988, non di uno scisma effettivamente consumato.  Il Papa non accusava mons. Lefebvre di aver dato vita ad uno scisma bensì di aver compiuto un atto (di disubbidienza) che avrebbe potuto farlo nascere.  Lo scisma “dei lefebvriani” restava quindi del tutto potenziale.  Nei fatti non era mai avvenuto, come aveva fatto notare il cardinale Castrillón Hoyos.
Il solo pericolo era tuttavia sufficiente, secondo il Papa, per dichiarare la scomunica latae sententiae, prevista dalla legge.  Scomunica che non colpiva certamente “le istituzioni”, e quindi la Fraternità in quanto tale, ma unicamente le persone.  Ma perché la remissione?  Perché, continuava la Lettera Apostolica, con la remissione si invitavano “ancora una volta” i quattro vescovi della Fraternità al ritorno.  E su che base?  “Questo gesto era possibile dopo che gli interessati avevano espresso il loro riconoscimento in linea di principio del Papa e della sua potestà di Pastore, anche se con delle riserve in materia di obbedienza alla sua autorità dottrinale e a quella del Concilio”[12].
I quattro vescovi, com’è noto, avevano collegialmente rinnovato al Papa la loro fedeltà alla Cattedra di Pietro.  Ma questa professione di fedeltà conteneva forse delle “riserve” per quanto riguardava “l’autorità dottrinale” del Papa? Sembrerebbe di sì, da come si esprime qui Benedetto XVI.  Non risulta, però, che mons. Lefebvre o i vescovi “ausiliari” da lui consacrati abbiano mai fatto in linea di principio delle “riserve” sull’autorità dottrinale del Papa in quanto tale.  Ritengo che qui Benedetto XVI volesse riferirsi a riserve dei quattro vescovi nei confronti dell’accettazione del Concilio, nel senso che l’autorità dottrinale del Papa non poteva esser tale da imporre l’obbedienza a un Concilio solo pastorale quale il Vaticano II, come se si trattasse di un Concilio dogmatico.  La manifestazione di queste “riserve” non ha impedito a Benedetto XVI di accettare la loro rinnovata manifestazione di fedeltà:  ciò dimostra che le “riserve” dovevano concernere solo l’obbedienza al Concilio (e in più dimostra, a mio avviso, che nemmeno il Papa riteneva dogmatico il Vaticano II, altrimenti non avrebbe lasciato passare le “riserve” menzionate).
Ma restava il problema dell’inquadramento della Fraternità nelle nuove figure create dal Codice del 1983. E qui si passava dall’ambito disciplinare della scomunica a quello dottrinale, precisò il Pontefice.  “Il fatto che la Fraternità S. Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali.  Finché la Fraternità non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa”[13].
Cosa dunque comporta il mancato risolvimento delle questioni dottrinali, forse l’esclusione dei vescovi della Fraternità dalla Chiesa, il loro trovarsi ancora in una situazione di cosiddetto “scisma”? Si noti che il Papa si preoccupava di precisare che la scomunica colpisce le persone non le istituzioni. La scomunica dichiarata a suo tempo non ha pertanto “scomunicato” tutti gli altri appartenenti alla Fraternità, e ancor meno (ovviamente) coloro che ne frequentano le funzioni ed attività religiose, ma unicamente i cinque ecclesiastici contro i quali era stata dichiarata.  Quale, allora, la situazione di questi ultimi?  Questa: che il loro ministero si svolge nella Chiesa ma in modo illegittimo.  Illegittimo anche se sempre valido. Non illegittimo perché i ministri della Fraternità si trovino fuori della Chiesa, cosa impossibile dopo la remissione delle scomuniche. (E, a ben vedere, impossibile anche prima, visto che la scomunica non si sarebbe dovuta dichiarare, a causa dello stato di necessità in cui aveva agito e ritenuto di agire mons. Lefebvre).
Dunque “illegittimo” perché, a causa delle questioni dottrinali pendenti, tali ministri non sono stati ancora inquadrati canonicamente ovvero secondo le norme del Codice del 1983.  Ne consegue che “i ministri della Fraternità” si troverebbero fuori del Codice del 1983, non della Chiesa.  Fuori del Codice del 1983 e ancora dentro quello del 1917, vigente al tempo della fondazione della Fraternità.  Anzi, per esser più precisi, fuori della parte III del Libro II, dedicato al “Popolo di Dio”, del Codice del 1983; parte III la cui titolazione recita:  “Gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica”.  Infatti, il Codice del 1917 è stato abrogato dal vigente al c. 6 § 1, 1°.  Tuttavia, vale sempre il c. 102 § 1 del Codice del 1917, secondo il quale la “persona giuridica”(persona moralis) regolarmente istituita “per sua natura è perpetua”.  Vale perché espressamente mantenuto dal Codice del 1983, al c. 120 § 1:  “La persona giuridica per sua natura è perpetua; si estingue tuttavia se viene legittimamente soppressa dalla competente autorità o se ha cessato di agire per lo spazio di cent’anni”.  Poiché la soppressione della Fraternità nel 1975 è stata del tutto illegittima e la Fraternità non ha mai cessato di esistere ed operare in conformità ai propri statuti, essa deve considerarsi tuttora regolarmente istituita secondo il Codice del 1917 e quindi dotata “in perpetuo” di quella “personalità morale “ o “giuridica” che è riconosciuta “in perpetuo” anche dal nuovo Codice di diritto canonico.  Ciò le consente non solo una vita autonoma a fianco delle nuove figure create dal Codice vigente  ma anche di esistere in conformità a tale codice.
“Illegittima” questa vita (dal punto di vista disciplinare) ma perfettamente valida quanto agli atti dei suoi ministri.  “Illegittima”, è ovvio, per chi ritiene legittima la soppressione illegale di Écône, l’abuso di potere perpetrato dall’Ordinario del tempo.

____________________________

1. Per il riconoscimento argentino, vedi l’ampia documentazione pubblicata in: Chiesa e postconcilio.blog, in data 15 aprile 2015 [qui].

2. Intervista al cardinale apparsa sul n. 9/2005 della rivista 30giorni.
3.  Intervista a Canale 5, trasmessa domenica 13 novembre 2005, alle 9 del mattino.
4. Dichiarazione riportata da:  D.I.C.I., 11.1.2014, p. 2 di 6.  È l’Agenzia ufficiale della FSSPX.

5. Vedi: Una Voce – Korrespondenz 18/2, marzo-aprile 1988.  È interamente riportato in italiano da ‘sì sì no no’ dell’agosto 1988 (XIV) 14, pp. 4-6, unitamente alla definizione dello “stato di necessità” di un altro eminente canonista tedesco, il prof. Georg May.
6. Questa “tesina” non è mai stata pubblicata e il P. Murray un anno dopo ne fece una ritrattazione parziale. Ne apparve un riassunto abbastanza chiaro, con larga citazione di passi, nella rivista americana The Latin Mass, numero di autunno del 1995.
7. Sugli aspetti teologici e canonistici delle Consacrazioni  effettuate da mons. Marcel Lefebvre nel 1988, vedi i due dettagliati studi a suo tempo apparsi in ‘sì sì no no’, dal n. 1 al n. 9 dell’anno 1999 (XXV).  Il periodico è reperibile in rete.
8. B. Tissier de Mallerais, Marcel Lefebvre.  Une vie, Clovis, Paris, 2002, p. 573.  I particolari della vicenda delle consacrazioni del 1988 si trovano nel cap. XIX dell’opera:  pp. 557-595.

9. D.I.C.I., 11 gennaio 2014, p. 2/6.

10. Congregazione per i vescovi.  Decreto di Remissione della scomunica latae sententiae ai vescovi della FSSPX, del 21 gennaio 2009 – www.vatican.va/roman-curia etc. [Documentazione anche qui]

11. S. S. Benedetto XVI, Ad Episcopos Ecclesiae Catholicae, AAS 2009 (CI) 4, pp. 270-276; p. 272.
13. Op. cit., ivi.

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16 commenti

  • Gabriela ha detto:

    https://youtu.be/RN1EfrprXOk?si=DhDj7OYHzJGDrhu0
    Da ascoltare sopratutto dal min. 6,25 al min. 9,47  dal min. 10, 29 al 12,18
    ◾Benedetto XVI il 28 gennaio ha tolto ogni ambiguità, parlando esplicitamente del Vaticano II:
    “In adempimento di questo servizio all’unità che qualifica in modo specifico il mio ministero ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi quattro vescovi ordinati nel 1988 da Mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Ho compiuto questo atto di paterna misericordia perché ripetutamente questi presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare.

    ◾Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere *gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, TESTIMONIANDO COSÌ VERA FEDELTÀ E VERO RICONOSCIMENTO DEL MAGISTERO E DELL’AUTORITÀ DEL PAPA E DEL CONCILIO VATICANO II”.

    (E ANCHE PAPA PIO XII, CONFERMA CHE CHI GIUDICA INVALIDO IL C.V.II GIUDICA LO STESSO GESÙ CRISTO CHE LO HA CONFERMATO ) :👇

    Mystici Corporis Christi Papa Pio XII:
    .. Gesù Cristo infonde nei fedeli il lume della fede; *Egli arricchisce in maniera divina i Pastori e i Dottori, e specialmente il suo Vicario in terra, dei doni soprannaturali della scienza, dell’intelletto e della sapienza affinché custodiscano con fedeltà il tesoro della fede* , lo difendano con coraggio, e piamente lo spieghino e diligentemente lo ravvivino;
    🔥EGLI (CRISTO ) infine, sebbene non visto, PRESIEDE E GUIDA I CONCILII DELLA CHIESA!
    (cfr. Cyr. Alex., Ep. 55 de Symb; Migne, PG, 77, 293).

    Purtoppo di fronte all’accorato appello all’unità del Santo Padre, la comunità s Pio X risponde con il suo ostinato rifiuto.
    10 marzo 2009:
    .. ” *Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità NON ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – NON ESERCITANO IN MODO LEGITTIMO ALCUN MINISTERO NELLA CHIESA.*
    Alla luce di questa situazione è mia intenzione di collegare in futuro *la Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” istituzione dal 1988* competente per quelle comunità e persone che, provenendo dalla *Fraternità San Pio X o da simili* raggruppamenti, vogliono tornare nella PIENA COMUNIONE COL PAPA – con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Con ciò viene chiarito che i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente *DOTTRINALE e riguardano soprattutto L’ACCETTAZIONE DEL CONCILIO VATICANO II e DEL MAGISTERO POST-CONCILIARE DEI PAPI …

    https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2009/documents/hf_ben-xvi_let_20090310_remissione-scomunica.html

  • Cristiana Cattolica ha detto:

    Se per la Dottrina Cristiana di S Pio X *gli SCISMATICI sono i cristiani che si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai LEGITTIMI PASTORI* …. ne consegue che La comunità S. Pio X et simili, è SCISMATICA perché non riconosce i legittimi pastori concilio e post concilio, e adesso, che è palese a tutti che JMB è l’antipapa eretico massone, si ostina a riconoscerlo come loro capo, rendendosi così responsabile, non solo del grave peccato di SCISMA, ma anche delle sue opere diaboliche.

    Ma PAPA BENEDETTO XVI nell’udienza in Piazza San Pietro- Mercoledì, 6 giugno 2007,
    confermava queste tremende affermazioni di San Cipriano sul peccato di SCISMA:

    S. Cipriano… afferma con forza che LA CHIESA È UNA SOLA, FONDATA SU PIETRO.
    Non si stanca di ripetere che «CHI ABBANDONA LA CATTEDRA DI PIETRO, SU CUI È FONDATA LA CHIESA, SI ILLUDE DI RESTARE NELLA CHIESA» (L’unità della Chiesa cattolica 4).
    Cipriano è convinto, e lo ha formulato con parole forti, che «fuori della Chiesa non c’è salvezza» (Epistola 4,4 e 73,21), e che «NON PUÒ AVERE DIO COME PADRE CHI NON HA LA CHIESA COME MADRE» perché chi s’allontana dalla Chiesa per UNIRSI A UNA SETTA ERETICA, non ha diritto alle promesse della Chiesa.
    Chi l’abbandona, non potrà avere il premio promesso da Cristo. Perchè diventa uno straniero, uno SCONSACRATO, UN NEMICO DI CRISTO.
    Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre.

    Continua San Cipriano:
    … Che razza di “SACRIFICI” credono di celebrare quelli che sono soltanto dei rivali del sacerdozio?
    🔴 CREDONO FORSE CHE CRISTO SIA PRESENTE ALLE LORO ADUNANZE QUANDO SI RACCOLGONO FUORI E CONTRO LA CHIESA DI CRISTO❓
    14 — Questa macchia — lo SCISMA — non si lava neppure col sangue, anche se gli scismatici si facessero uccidere per la professione della fede cristiana. Neppure col martirio si può espiare l’inespiabile e grave peccato dello SCISMA. Perchè non si può essere martire senza appartenere alla Chiesa;

    https://cooperatores-veritatis.org/2017/07/28/san-cipriano-origine-delle-eresie-e-degli-scismi-testo-originale/

  • piero laporta ha detto:

    Scisma? È già operante da parte di chi si è genuflesso alle parti avverse. Con Nostro Signore e la Fede nel cuore andiamo avanti. La NBQ non cambia nulla nel Venerdì Santo c he la Santa Chiesa sta vivendo. Chi parteciperà alla Pasqua lo sa Nostro Signore. Cristo Vince

  • Mara ha detto:

    Io conosco vari presbiteri della comunità di San Pio X. Sorvolo sul loro livello culturale, che è sopra la norma (c’è chi parla latino come una seconda lingua) e mi soffermo sulla loro posizione: c’è un punto focale che tutti stanno dimenticando: nel codice di diritto canonico non c’è una distinzione tra MUNUS e MINISTERIUM, quindi tutti gli arzigogoli mentali di Andrea Cionci, che sto provando a seguire senza preconcetti, decadono. Ed è lì la questione: se distinzione non c’è, allora Benedetto XVI ha realmente abdicato e l’argentino, ahinoi, è pontefice. Poi, diciamocelo in franchezza: ma non è meglio lottare per contrastare la deriva anziché elucubrare un giorno sì e l’altro pure? Perdiamo solo tempo. Come e dove lottare? Dall’interno della Chiesa, non dalla tua setta esterna. Con tanti mal di pancia, discussioni accese, moniti ignorati, soprattutto da chi veste l’abito talare. Il periodo è questo, signori, come è scritto nell’Apocalisse ed è stato prefigurato da Padre Pio. Facciamocene una ragione e, nel nostro piccolo, mettiamoci la faccia dal di dentro dell’istituzione Chiesa. “A noi la battaglia, a Dio la vittoria” (Santa Giovanna D’Arco)

    • gladio ha detto:

      Dunque Mara, sorvoli pure sul”livello culturale sopra la norma” di costoro (I presbiteri della FSSPX ) che sanno il latino e, suppongo, tante altre cose che noi umani manco ci sognamo ma prenda atto che non sempre un prestigioso curriculum accademico o una grande cultura conferiscono automaticamente il patentino della saggezza…
      Guardi i vari Cascioli, Aldo Maria Valli, prof. Zenone ecc, ecc…
      Hanno più titoli accademici di Pico de’ Paperis e poi non riescono a vedere un elefante bianco dipinto a strisce rosse che gli passa a un millimetro dal loro naso.
      Che dire poi della ridicola ( si fa per dire perchè c’ è poco da ridere ) querelle fra ” Bussola Quotidiana” e quegli altri
      ” fenomeni ” della FSSPX ( che tra l’ altro, nonostante si atteggino a “Guardiani della tradizione e a salvatori della Chiesa”, riconoscono un abusivo anticristico come Papa) ?
      E poi ,signora Mara,è proprio sicura che non esista differenza fra Munus e Ministerium? chi glielo ha suggerito? qualcuno degli ” zucconi” ( nel senso che hanno il cervello capiente ) della FSSPP?
      Signora Mara …affronti la questione , anche con approccio critico alle tesi del dott.Cionci, con serietà e onestà intellettuale ; troppo comodo liquidare come ” arzigogoli mentali ” il lavoro di un ottimo giornalista senza entrare nel merito.

  • Valeria Fusetti ha detto:

    La dotta dottoressa alcuni anni fa attaccò la fsspx con gli stessi argomenti, le fu risposto da un altrettanto, o forse di più, dotto teologo della Fraternità e, per il momento almeno, la questione sembrò chiarita. Ora è ripartita l’aggressione e con maggior livore e determinazione e mi sono chiesta “perché” ? La risposta che me ne sono data – e magari sbaglio – è che la sensazione che le cose stiano precipitando e uno scisma molto vicino, si fa sempre più forte. La “fazione” descritta in modo colorito dal prof. Veglione, è notoriamente determinata ad offrire un “porto sicuro” ai cattolici in fuga ( o già fuggiti), un porto che persegua, senza se e senza ma, la strategia ecclesiastica della continuità di Benedetto XVI. Una continuità in cui il CVII venga “purificato” da ogni seme di eresia e modernismo e nella quale ogni critica ai papi del dopo Concilio, sino a Benedetto XVI, non sia possibile. Soprattutto se si tratta di Benedetto XVI. Lo deduco da alcuni saggi usciti da questa area e sui quali ho molto riflettuto in questi anni. Che la devozione a Benedetto XVI sia comprensibile, almeno per me lo è dato che senza il suo “Gesù di Nazaret” difficilmente avrei pensato che vi erano molte valide ragioni per tornare nella Chiesa, ma che questa devozione sia scivolata in una forma di papolatria e di scomunica comminata da un gruppo di laici, per quanto intellettualmente qualificati, è sconcertante. Per chi volesse chiarirsi un poco le idee consiglierei la lettura di “La vera obbedienza nella Chiesa” di Peter Kwasniewski. A me è stato molto utile come regola generale a cui attenersi, e si può trovare un’ottima presentazione su Stilum Curiae di metà marzo 2022.

  • Enrico Nippo ha detto:

    I CAVILLI: sembra che non se ne possa fare a meno.

  • Carlo ha detto:

    La Fsspx di oggi è una caricatura di cattivo gusto della gloriosa istituzione creata dal grande Marcel Lefebvre. Mgr. Lefebvre era un uomo di fede e coraggio, che non aveva paura di affrontare il male dentro la Chiesa, anche nei più alti livelli. Mai acconsentirebbe di legittimare con la propria autorità il golpe dell’apostata argentino, come fanno quelli di oggi, traditori.

    • Valeria Fusetti ha detto:

      Alcune stupefacenti affermazioni, senza uno straccio di argomentazione : insomma pura e semplice calunnia. Complimenti ma mi dica, e sia sincero, è il caldo ?

  • Franco ha detto:

    Mi dispiace che Cascioli (che stimavo) si sia imbarcato in un’ operazione tanto subdola che porta sconcerto e disorientamento in tanti fedeli. La Fsspx ( questa è la mia esperienza) è porto sicuro di fede e spiritualità nel pieno rispetto della Tradizione bimillenaria della Chiesa .Nessuno si permetta di lanciare affermazioni diffamatorie false e dannose oltre l’immaginabile

    • Gianfranco ha detto:

      Risulta calzante a mio avviso questa dotta riflessione di Massimo Viglione, con la sua solita veemenza polemica:
      ———————————————-
      Ringraziamo Dio perché ieri, tramite un articolo – primo di una serie – edito su La Nuova Bussola Quotidiana, ci ha concesso una prova magnificamente solare del ruolo dei conservatori e della loro utilità al male.
      Mentre il clero odierno è travolto dalla completa dirompente apostasia non solo teologica, ma anzitutto umana e per certi versi perfino già post-umana quando non direttamente satanica, loro ci ammaestrano, codici alla mano, la via della lettera che uccide lo spirito.
      La via dell’accusa, in nome della legalità del male, a chi ha salvato il bene.
      Ci istruiscono su quanto si sporcano e puzzano quelli che combattono il male. Qual è il problema che oggi il conservatore sente primario nella Chiesa? Ma ovvio! Mons. Lefebvre, chi altri?
      Perché i conservatori sono stati, sono e saranno sempre lo sgabello più utile della Rivoluzione gnostica, liberale ed egualitaria: quello che quasi nessuno si aspetta e capisce, perché loro sono “buoni” e “seri”. Loro non sono mai sporchi, perché non si sporcano con chi combatte e crede.
      Sono sempre lo sgabello dei foglianti, ovvero di coloro che danno il via al 1789 e poi si tirano indietro rimpiangendo amaramente i bei tempi andati, scandalizzandosi però al contempo dei controrivoluzionari e dei vandeani che lottano e muoiono per difendere ciò che viene distrutto proprio da quanto loro hanno giustificato per decenni.
      Chi combatte il male, muove guerra al male, e di conseguenza ferisce e viene ferito, uccide e viene ucciso, si sporca e sporca, suda, urla, vince se stesso, i propri interessi personali e la propria paura.
      Ma loro sono e saranno sempre al servizio della dissoluzione: ma ovviamente in maniera seria, scientifica e moderata, s’intende.
      Note, fonti e codici alla mano. <<<<<<<<<<<<
      Alla 1789! Mica alla 1793…
      Solamente un poco… poi basta.
      In giacca a cravatta: o nel senso metaforico (gradiscono sovente anche i maglioncini a girocollo), o, a volte, anche nel senso letterale.
      Rimarranno sempre i feroci nemici del 1793 (Terrore, giacobinismo e dissoluzione) in nome del 14 luglio 1789 (Rivoluzione sì, ma entro certi limiti).
      In tutti i casi, uniti ai rivoluzionari di ogni risma nel disprezzo e odio per i controrivoluzionari sporchi, feriti e sudati.
      E come si può essere più utili alla Rivoluzione di così?
      Loro ne sono il profumo accattivante. (MV)
      ———————–
      Guardiamo alla sostanza delle cose, secondo gli insegnamenti del Maestro!
      La Fraternità custodisce fedelmente il depositum fidei?
      Crede alla reale presenza del Signore nell'Ostia consacrata?
      Amministra con cura liturgica i Sacramenti?
      Mostra sollecitudine nella cura delle anime?
      Insegna l'osservanza dei Santi Comandamenti di Dio?
      QUESTE SONO LE COSE CHE CONTANO!
      Alle stesse domande certo non si può rispondere affermativamente quando si parla della pseudochiesa di Bergoglio: dunque è ESSA che ha apostatato e deviato!
      Lasciamo i vani discorsi da leguleio ai tanti Cavillieri, più o meno di Gran Croce…

    • gladio ha detto:

      Caro Franco non abbia tutti questi riguardi verso la FSSPX :
      sia costoro che quelli del ” Team Cascioli”, ad ogni levar del sole denunciano scandalizzati le balordaggini di Bergoglio continuando però imperterriti a legittimarlo come Papa.
      Lasciamo dunque, caro Franco , che questi salami si pestino ben bene le ossa tra loro fino a conciarsi per il dì delle feste…
      Chissà che allora non sia la volta buona che rinsaviscano e che,rinunciando ad un po’ della loro suppenenza e recuperando un po’ di umiltà non accettino di sedersi attorno ad un tavolo per esaminare questa benedetta ” Magna Questio” , che sarebbe la mossa risolutiva per uscire da questo pantano.

  • Gianfranco ha detto:

    Eh, cavilli, cavilli e ancora cavilli.
    Nessuno mai si chiede se Cristo ci abbia mai insegnato a… cavillare di più e meglio!
    Qui ci vengono a spiegare perché, secondo le norme canoniche la FSPX non è scismatica: non è mai stata dichiarata tale dal papa.
    Ma Atanasio fu addirittura scomunicato. E allora? Forse che furono in colpa quelli che seguirono Atanasio invece del papa eretico? (E certamente meno eretico di Bergoglio, senz’altro!)
    E allora, se Bergoglio facesse un motu proprio per dichiarare che la Fraternità è eretica e scismatica, che facciamo???

  • Fulvia ha detto:

    Grazie per questi importanti e necessari chiarimenti.

  • Fra Giovanni Maria ha detto:

    Grazie del lavoro fatto. Mi dispiace questa guerra contro chi in coscienza resiste a dei abusi di un sistema abusato e in mano di nemici della tradizione. La chiesa cattolica per essenza è tradizione. Chi si scaglia contro la tradizione ha perso il sentire con la chiesa. Il nemico è astuto, è vero, ma ai fedeli non è permesso di essere ingenui. Grazie di nuovo.

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