Le favolose avventure di Sinodino, o Amici miei? Mastro Titta.

20 Giugno 2023 Pubblicato da 6 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Mastro Titta offre alla vostra attenzione queste riflessioni sullo stato della Chiesa focalizzate sul Sinodo. Buona lettura e diffusione.

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MASTRO TITTA: LE FAVOLOSE AVVENTURE DI SINODINO, O AMICI MIEI?

«Più veloce di un chierichetto in processione! Più potente di un Alleluia pasquale! Capace di scavalcare i banchi della Cattedrale con un solo balzo! Guarda! Su nel cielo! È un uccello! È un aereo! No, è Sinodino!». In venti scenette teatrali ecco a voi le favolose avventure del piccolo battezzato, in missione per conto di Dio per ridare slancio al Sinodo sulla Sinodalità, svecchiare la Chiesa da clericalismi e ipocrisie, ridare voce e spazio al Popolo di Dio. Senza mai, però, prendersi troppo sul serio”.

Sinodino, fustigatore bonario dei cattolici “si è sempre fatto così”, è il piccolo protagonista di alcune favole pedagogiche scritte da tal Colagrande, persona immagino degnissima.

Non è mia abitudine recensire libri che non ho letto e non ho intenzione di leggere. L’idea di un bambino, non saprei se più Gianburrasca o Superman, chiamato Sinodino che in modo divertente si fa beffe di ciò che la Chiesa è sempre stata – prima della Chiesa “di Francesco” – e “ridà slancio” ad un Sinodo che suppongo arrancare (se le parole hanno ancora implicazioni semantiche) non mi appassiona.

Anche ammettendo di prendere una topica e il libro sia un piccolo capolavoro, rimane un punto che mi fa mal pensare: il carattere ideologico (vorrei dire propagandistico) dell’operazione.

C’è un punto riguardo il Sinodo sulla Sinodalità che mi pare poco esaminato. Da che mondo è mondo, nessuna autorità discute pubblicamente quelli che sono i metodi e le istituzioni che amministrano il potere. E il Sinodo, come la Sinodalità, sono strumento e metodo di governo.

Machiavellicamente, il popolo è minimamente interessato al metodo e massimamente coinvolto coi fini, altrimenti detti “risultati”. Questo non vuol dire che il discorso sul metodo sia irrilevante, ma certo è irrilevante che sia fatto pubblicamente.

Qualsiasi istituzione si auto-governa, ovvero decide endogenamente come agire esogenamente. E senza attardarsi a discutere con quelli al di fuori.

Quando qualcuno che vi comanda vuol farvi credere di volervi coinvolgere nel processo di comando, vi sta ingannando.

Prevengo un’obiezione: eh ma la democrazia… La democrazia legittima un gruppo di persone a governare (ovvero prendere decisioni, che non c’entra niente con la diarrea legislativa che stabilisce dove posso andare, a cavallo di cosa, senza starnutire e dicendo questo e non quello,  alla quale siamo assuefatti) per un intervallo di tempo stabilito. Al termine di questo tempo, il popolo revoca o rinnova il mandato a queste persone sulla base di come hanno agito.

Dall’operazione di propaganda circa il Sinodo, di cui Sinodino è un piccolo tassello, si valutino due possibilità: o la Chiesa, che attraversa una crisi violenta e sfaccettata, è in campagna elettorale permanente, oppure il gruppo che la governa è  incapace e la butta in caciara per distrarre la massa dei fedeli, impedendo loro di esaminare il risultato penoso di dieci anni e oltre di “rivoluzioni” e cambiamenti.

In entrambi i casi, il giudizio non può che essere netto e spietato: cari presbiteri di ogni ordine e grado, presi singolarmente sarete anche dei sant’uomini, ma nel mazzo siete buoni a nulla.

La questione ecclesiale è diventata assembleare: un briefing permanente. Tipicamente gli incapaci invece di lavorare saltano da una riunione all’altra, hanno le terga lucidate a specchio, levigate da sedute deliberative tese a rinviare all’infinito il lavoro da fare, la decisione da prendere.

Il sinodo permanente, la chiacchiera infinita al motto di “anche oggi facciamo qualcosa domani”, la pratica dell’epochè sui massimi sistemi (non so, non si sa, non possiamo dire: l’umiltà d’accatto sulle cause fondamentali della baracca), della sospensione del giudizio, salvo abbondare in battute ad mentula canis per danneggiare i quattro paria che osano chiedere spiegazioni o sollevare dubbi,  hanno l’insopportabile retrogusto di Brancaleone alle Crociate. Amici miei, questa è la Chiesa del Conte Mascetti e degli amici suoi, per restare in tema Monicelli.

Più che del Sinodo, è la Chiesa del Conclave permanente, dell’ora delle decisioni irrevocabili, della retorica più vuota e ingannevole.

Esattamente come accade negli Stati Uniti, nell’Unione Europea e nell’Italia degli ultimi trent’anni: un drappello di guitti sgangherati che si urlano addosso, strillano al lupo al lupo, all’emergenza, all’armi all’armi e maledetto il fato baro che impedisce loro di far vedere quanto sono bravi e capaci.

Parte di questa strategia manipolatoria è far credere che tutto ciò che si è fatto finora sia brutto, sbagliato e da buttare. Il discernimento stranamente si applica alle cose che sono sempre state così – magari funzionavano? – al contrario non si applica a chi le sostiene, le difende e le protegge, deridendoli e ghettizzandoli. Bisogna liberarsi di queste cose “vecchie”, occorre “cambiare”, “aggiornarsi”, “fare pulizia”. La solita minestra riscaldata. Da dieci anni, e anche più.

Questa e operazioni culturali del genere sono indottrinamento puro. Il tentativo di intorbidire le acque, dando a bere che avremo una Chiesa nuova, quando sarà semplicemente un’altra Chiesa. Forse nemmeno più tale.

Al popolo cattolico non interessa nulla di ciò che accade tra le sacre mura, se non in termini di pettegolezzo e storiacce da bordello che sono sempre state e sempre saranno un genere letterario a sé.

Ecco: il Grand Guignol dell’indegnità pastorale – vedi il caso Rupnik e innumerevoli altri – invece non manca mai. È la Chiesa che è sbagliata, secondo loro. Non le mandrie di porci che vi pascolano.

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6 commenti

  • Carmela ha detto:

    Mastro Titta, ha ragione da vender. Parole, parole, parole. E non preghiera, adorazione, rispetto dei comandamenti e della Parola di Dio. Ma Dio farà pulizia di tutto questo.

  • Alberto ha detto:

    Voi potete anche metterla in burla, ma il Sinodo è l”ultima occasione che è data alla Chiesa. O si cambia o si muore.

    • ex : ha detto:

      Veramente l’autore dell’articolo l’ha messa in tragedia. A metterla i burla pare essere l’autore di Sinodino.

  • Enrico ha detto:

    La chiesa Cattolica è diventata come la politica americana. Da una parte abbiamo i Democratici, che fanno le loro legge liberali (modernisti nel caso della chiesa) e i conservatori (pontefici, cardinali, vescovi tradizionalisti nel caso della chiesa) che non fanno altro che applicarli invece di eliminarli. A questo punto non importa più chi stà nella White House or the dog house or even who sits on the Chair of Peter. Una sistema corotto non pùo adgiustarsi da solo, ci penserà Dio ad adgiustare i nostri modi.
    Henry from BKLYN.

  • miserere mei ha detto:

    Fortissima l’immagine del branco di porci che pascolano nella Chiesa. Il maiale, pur simpatico e buono in molti modi al mio palato, è un animale paradigmatico per designare un individuo molto sporco, che non si lava mai o che mangia con ingordigia, di tutto. In parte vera e in parte stereotipa e caricaturale, la cattiva fama dipende anche dalla struttura fisica: il maiale costitutivamente non può alzare il collo per guardare il cielo. Il suo muso punta sempre verso terra. Anche il cinghiale, il cugino di campagna, sguazza nel fango e in più è maggiormente aggressivo e dannoso.
    Che cosa c’entra questa disquisizione etologica? C’entra con la constatazione dell’impurità diffusasi nel popolo di Dio, sempre meno presentabile per essere il Corpo di Cristo, la Sposa di Cristo, il tempio dello Spirito Santo.
    Eppure Dio la ama, smisuratamente. Lo stesso Dio che in Gesù si serve dei maiali per rimuovere la legione di demoni che infesta un’anima. O che, parlando di non sprecare le perle della grazia, indica nei porci i meno indicati per apprezzarle e valorizzarle.
    Allora la Chiesa dalla forte impronta suina è destinata ad una purificazione necessaria: per precipitare i demoni nel dirupo e per non dare più perle a chi non riesce nemmeno a distinguerle dalle ghiande. Il figlio che -prima di “rientrare in sé”- per sbarcare il lunario fa da guardia ai porci invidiando le carrube che dava loro da mangiare, una volta riaccolto in casa tutto questo lo capirà bene. Anche meglio di chi, già in casa, quasi quasi si rammarica per il suo ritorno.

  • Chedisastro ha detto:

    Sinodino: lì per lì pensavo fosse uno scherzo …

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