Musica Sacra, la Città Spopolata di Geremia…Porfiri.

3 Giugno 2023 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, qualche giorno fa, navigando su Internet, e in particolare su Instagram, mi sono imbattuto in un post del maestro Aurelio Porfiri, che trovate qui sopra. Gli ho suggerito di   porre in forma di articolo  le considerazioni – amare, mi sembra – contenute nel post e rapida è arrivata la gentile risposta. Buona lettura e condivisione.

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Memorare 

Circa 30 anni fa, quando ho cominciato a prendere coscienza della enorme crisi della musica sacra, ho cercato risposte da chi pensavo me le potesse dare. Perché non riuscivo a capire come si potesse essere arrivati ad un punto così basso nel culto dovuto a Dio. Dio! Non stiamo parlando di qualcuno che merita soltanto un po’ di rispetto, ma del Creatore e Padre. Quel Dio! Mi chiedevo: ma che sarà questo Dio se musica e liturgia per il suo culto sono così sciatti e per niente curati?

Mi dicevano che le riforme della liturgia richiedono tempo, il futuro sarebbe stato migliore. Il futuro…chi se lo immagina il futuro quando hai 20 anni. Magari aspetti 10 anni e vedi che le cose non migliorano ma anzi…allora facciamo 20 anni, forse qualcosa cambierà…ma quando mai; 30 anni, dopo 30 anni ci saranno segni di ripresa…

Oggi ho capito che io non abiterò quel futuro, anzi, forse nessuno lo abiterà. Perché si continua a spostare il confine per non ammettere un fallimento. Come ho detto, mi è capitato di parlare con persone che la riforma liturgica l’avevano fatta e quando interrogati in privato riconoscevano che gli sviluppi degli ultimi decenni non corrispondono a quanto avevamo immaginato.

Ho capito che la musica sacra ha ora tanti nomi – liturgica, rituale, cultuale – perché in realtà non ne ha nessuno. Alcuni ci dicono che la musica sacra non esiste, è stata solo una bella fantasia durata due millenni scarsi.

Essa è la città spopolata che solo Geremia potrebbe descrivere come si deve.

Alcuni osano ancora sperare, ma sembra di essere in quei tempi in cui la speranza rischia l’imprudenza.

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2 commenti

  • Massimo trevia ha detto:

    Ah,ma e’musjca che piace ai giovani,questa nuova musica liturgica! E i ggiovani ,quei giovani,non sono ormai piu’ ne FRESCHI ne’ BALDI….e manco sanno stare….
    A battuta!

  • Enrico Nippo ha detto:

    A PROPOSITO DELL’ORACOLO DI GEREMIA

    Cito da: Jean Louis Ska – ilregno.it/attualità/2021/20/ecologia:

    “[…]Un testo fra tanti altri che mette in risalto il legame forte fra umanità e natura, in modo particolarmente suggestivo, è l’oracolo di Geremia 4,23-28. In questo caso, la natura riflette la situazione deplorevole del popolo d’Israele in circostanze tragiche, quando il regno di Giuda fu invaso dall’esercito babilonese e Gerusalemme fu conquistata e incendiata nel 586 prima della nostra era. Ecco il testo:

    23 – Io guardo la terra, ed ecco è desolata e deserta (tohû wabohû); i cieli sono senza luce.
    24 – Guardo i monti, ed ecco tremano, tutti i colli sono agitati.
    25 – Guardo, ed ecco non c’è uomo; tutti gli uccelli del cielo sono volati via.
    26 – Guardo, ed ecco il Carmelo è un deserto; tutte le sue città sono abbattute davanti al Signore, davanti alla sua ira furente.
    27 – Infatti così parla il Signore: «Tutto il paese sarà desolato, ma io non lo finirò del tutto.
    28 – A causa di ciò, la terra è afflitta, e i cieli di sopra si oscurano; perché io l’ho detto, l’ho stabilito, e non me ne pento, e non ritratterò».

    La desolazione descritta nell’oracolo di Geremia è causata dal peccato del popolo e dagli errori dei suoi dirigenti, in particolare il suo ultimo re, Sedecia (2Re 24,18–25, 21 = Ger 52,1-27; cf. Ger 37-38). Il versetto che precede il passo appena citato ne fornisce una prima prova: «Veramente il mio popolo è stolto, non mi conosce; sono figli insensati, non hanno intelligenza; sono saggi per fare il male, ma il bene non lo sanno fare» (Ger 4,22).
    Assistiamo in questo oracolo a una vera e propria «de-creazione», a un ritorno al caos primordiale che precedeva l’azione creatrice di Dio in Genesi 1. Gen 1,2 e Ger 4,23 sono, in effetti, i soli testi ove appaiono insieme le due parole tohû wabohû, parole tradotte dagli aggettivi «desolato e deserto».
    La corrispondenza fra Ger 4,23 e Gen 1,2 è palese: «La terra era desolata e deserta, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque». Inoltre, il testo di Geremia ci dice che sparisce la luce creata da Dio in Gen 1,3 e torniamo quindi nelle tenebre che coprivano l’universo in Gen 1,2. Sparisce l’essere umano creato «a immagine e somiglianza di Dio» in Gen 1,26-28 e spariscono anche gli uccelli creati in Gen 1,20-21.
    L’oracolo di Geremia è selettivo poiché suggerisce una distruzione totale senza descriverla per filo e per segno. Come accade spesso, bastano alcuni accenni essenziali e il lettore è invitato a supplire quello che manca. Il profeta non parla degli alberi e delle piante, parla del Carmelo che designa nello stesso tempo il monte Carmelo, coperto di foreste, mentre il nome fa pensare ai vigneti: il nome Carmel contiene la radice kerem che significa «vigna», «vigneto», «vite», «vitigno». Non parla neanche degli animali, e parla della luce senza alludere agli astri”.

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    Che dire? Allegria!!! Tanto deve andare così. L’umanità è insipiente e l’oracolo non sbaglia:
    «A causa di ciò, la terra è afflitta, e i cieli di sopra si oscurano; perché io l’ho detto, l’ho stabilito, e non me ne pento, e non ritratterò».
    Siamo quindi davanti a un Dio ferreo, si direbbe spietato, che non fa sconti: un Dio che non si pente e non ritratta e che infine tappa le bocche: è così e non si discute.

    Però alcune domande possono sorgere: il Dio dell’oracolo di Geremia è il medesimo incarnatosi in Gesù Cristo? Il Dio incarnato non smentisce forse quel «non me ne pento, e non ritratterò»? Gesù Cristo non costituisce infatti una chance di redenzione data all’umanità? Il Dio dell’oracolo è il Padre del Figlio? Il Figlio smentisce il Padre oppure Questi si è pentito smentendo Se stesso?

    E poi, col solito beneficio d’inventario riguardo alle traduzioni, non ce lo vedo proprio Gesù Cristo che si esprime con un linguaggio così ostinato, insomma così “vetero”. Altrimenti di quale “Buona novella” si è andato fantasticando per venti secoli?

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