Le Avventure di Gigino, Parte Prima. Benedetta De Vito.

4 Maggio 2023 Pubblicato da Lascia il tuo commento

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione la prima parte della Avventure di Gigino, un racconto di fantasia, che come spesso capita con BDV, tanto di fantasia non è….buona lettura e diffusione.

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Oh guardate un po’ chi si rivede? Ma certo, è il nostro Gigino! Nonono, non sparategli addosso lo sguardo, fate finta di nulla, firulì, firulà, e seguitelo con la coda dell’occhio, con gran circospezione e piccola prudenza Non lo trovate buffo? Io sì, ecco ora che è la bella stagione ha la magliettina a righe, sulla quale, lì dove copre appena il pancino, si pulisce la bocca (d’inverno, invece, usa le maniche della giacchetta), e guardate il ciuffetto sul capo, arricciolato alla showemann, davvero bellino: un monello dell’Ottocento fatto e finito, di quelli di cui s’occupava Collodi e che venivano raccolti da Don Bosco, il Santo. E non ha il tricellulare, per carità, in tasca ha una bella fionda e dei sassolini bianchi, i proiettili da scagliare contro la feroce banda delle cicatrici…

Allora riavvolgendo il nastro, ecco che cosa è successo: Gigino è stato liberato dai ceppi. Il Pepalto sa che la verità va ignorata, non martirizzata. Guai a creare una vittima da innalzar su bandiere e stendardi. Tacere, negare,  zitti zittissimi, negare fino all’evidenza, fino allo spasimo. Sono lezioni basilari del mondo alla rovescia e lui le ha imparate quando era, ragazzino, ancora a Rincorra. Far finta di nulla, ignorare, dai e dai, la menzogna ripetuta trionferà. Sicché, viaviavia, con il bimbetto e lasciatelo in libertà. Gigino, così, si è ritrovato senza mamma ad Amor e, calciando un sassetto, si è spinto per i viottoli e le straduzze del gran borgo, inseguendo l’uzzolo del momento. E la mamma? Oh, mica, gli bada, tutta presa com’è dalla “Recfel” che è un microchip, da infilare nell’orecchio destro, per tornare a vivere  in un mondo ordinato, nell’antico Cosmo, dono del Dio Trinitario di cui sapeva qualcosa anche lei, nata nei “Tempi strani” per averlo saputo dai nonni quando era ancora bambina… Acqua passata, però, roba da nonnovaxi, gli arcinemici di Malamotti. Guai a dar retta a quei pazzi furiosi, la mamma Ima se ne teneva ben lontana. E se non gli fosse toccato per figlio Gigino, oh quanto tranquilla avrebbe vissuto!

Invece Gigino le chiedeva sempre di suo padre e lei mica poteva dirgli che era una fiala di semini. Le chiedeva perché non aveva nonni paterni e lei: “Zitto, non dir quella parolaccia! Si dice progenitori uno e due!

Gigino voleva anche sapere di Gianguido, che si era fatto signorina e pretendeva che Gigino lo chiamasse Guidina. “Ma mamma, se ha i peli anche dietro la schiena, dai, è un maschio. Si chiama maschio, m-a-s-c-h-i-o”. La mamma gli turava la bocca con la mano, per carità, non vuoi mica tornare in ceppi dal Pepalto per queste eresie contro il gran bel mondo di Malamotti!

Quanti guai gli provocava quello sboccaccino! Ima aveva persino smesso di invitare gente in casa. Capirai, chissà che cosa gli usciva dal musetto a Gigino! Una volta a un avvocato che portava i tacchi a spillo e la gonna di tulle rosa,  robina di gran moda e più che naturale a Malamotti, Gigino aveva sputato nel piatto e poi si era smoccolato la candela, fregandosi le mani e ne aveva data una all’avvocato affinché la stringesse. Che razza di villanzone! E ora chissà dove era, sospirò la Ima, che, avvolta dalla carezza di un sole al tramonto, distesa su un prato fiorito, sorseggiando un finto cocktail, si godeva il mondo immaginario, mentre sul pavimento della mini-casa (tanto di moda a Malamotti) s’aggiravano bacarozzi neri, topi, in festa tra vetri, minuzzoli di cibo e barattoli.

Era  anche per questa bella compagnia cresciuta per via della pigrizia di sua madre  (ma a Malamotti la dipendenza de Recfel era celebrata come grande conquista dell’umanità) sempre pronta ad accendere il Recfel, ed è per questo che Gigino preferiva mille volte andarsene in giro solo soletto con la sua fionda. Il cibo poi, non ne parliamo nemmeno! Insalata di scarabei e fritto di grilli, tutto comperato con il dlv, cioè a recapito. Gigino a questo inconveniente non da poco aveva sopperito nutrendosi con il cibo sopraffino di Don Quirino Agoberto Secondo de Portentis… il cane della vicina di casa.

Oh dove sono finito si chiese Gigino trovandosi naso a naso con una gran guardia vestita di giallo e blu. “Bambino dove credi di andare? Alt! Di qui non si passa: è il regno del Pappero”, dove regina è la Pappamamma (che mangia i bambini) e re è Baaallone (che ne beve il sangue ancora caldo). Per tutta risposta, Gigino, che conosceva bene il Pappero per essere andato con la Ima a udirlo dir le sue sbombarde in piazza (delle quali non aveva capito un bel nulla tanto erano confuse e piene di ni e di so…) per tutta risposta,  tirò fuori dalla tasca la sua fionda e colpì sul naso la guardia e fu così che finì, questa volta, nelle tetre segrete del Pappero dove, per ora, lo lasciamo.

Le avventure di Gigino continuano.

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