FERRO CANALE. APPUNTI SULLA QUESTIONE DEL PAPA SCISMATICO.

10 Ottobre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, Guido Ferro Canale, un amico del nostro blog che ormai avete imparato a conoscere, ci ha inviato questa riflessione ricca e documentata che di sicuro aprirà una discussione nel nostro mondo. Buona lettura. 

Appunti sulla questione del Papa scismatico

 

Mentre è piuttosto nota l’ipotesi che la Sede Apostolica divenga vacante perché il Pontefice pro tempore cade in eresia (sia o non sia necessaria una sentenza, e a quali effetti, poco importa in questa sede), si parla molto meno della possibilità che egli commetta il delitto di scisma. Tuttavia, contro Paolo VI e le sue riforme, l’ha prospettata – all’esito di un travagliato percorso intellettuale che suscita riflessioni fin troppo attuali – il rev. Georges de Nantes nel suo Liber accusationis in Paulum VI;[1] e la questione è stata ripresa più di una volta nell’ambito delle polemiche suscitate dalla riforma liturgica. Non certo in modo peregrino: specialmente le considerazioni di Mons. Klaus Gamber, da poco riproposte all’attenzione generale, meritano senz’altro un attento esame.

Esame che, a mio avviso, richiede sia la rilettura accurata degli autori che hanno trattato il tema, sia un’altrettanto accurata verifica dell’applicabilità della/e loro ipotesi alle vicende della Liturgia romana negli anni Sessanta e Settanta.

 

Torquemada, Gaetano e Suárez: tre versioni di un’ipotesi

Anzitutto, mi sembra necessario risalire dal testo di Suárez – su cui si basano tanto Gamber quanto  de Nantes – ai precedenti in esso richiamati, i Cardinali Gaetano e Torquemada, ma prima ancora al retroterra inespresso del loro pensiero. Questi autori, infatti, avevano una ragione ben precisa per porsi lo specifico problema se il Papa potesse divenire scismatico, separarsi dalla Chiesa e perdere l’ufficio, vuoi in automatico vuoi per sentenza: il caso si era effettivamente dato a Costanza, che per loro, oltre ad essere storia recente, restava un Concilio di bruciante attualità, bruciante quanto l’eresia conciliarista e, prima ancora, il Grande Scisma d’Occidente.

Il momento decisivo per la soluzione della contesa fra i tre pretendenti alla Cattedra di Pietro, infatti, storicamente è stata la deposizione dell’ultimo rimasto, Pedro Martinez de Luna y Gotor alias Benedetto XIII, motivata dal Concilio di Costanza proprio con il suo ostinato rifiuto di rinunciare alla carica e ogni diritto sulla stessa: in quelle particolari circostanze, dato che a giudizio dei più il problema della legittimità dei contendenti era considerato insolubile, ostinarsi nelle proprie pretese equivaleva a voler mantenere la Chiesa divisa, quindi a volere lo scisma, quindi ad essere scismatico.[2] E, per buona misura, anche eretico, per negazione dell’articolo di fede secondo cui la Chiesa deve essere Una.

Ben lungi dall’accettare la sentenza di un’assise che reputava illegittima perché non convocata da lui, Pedro de Luna si asserragliò nell’imprendibile roccaforte di Peñíscola, presso Valencia, proclamando che quella era l’arca di Noè in cui aveva trovato rifugio la vera Chiesa e che tutto il resto del mondo cristiano, avendo scelto di aderire a Martino V (il Papa uscito dal Concilio), era scismatico e scomunicato. Perciò, quando leggiamo il Gaetano o Torquemada ipotizzare che il Papa scomunichi la Chiesa intera, dobbiamo rievocare la vivida immagine del vegliardo indomabile che ogni Giovedì Santo, fino alla morte,[3] ha fatto esattamente questo, promulgando la tradizionale bolla In Coena Domini, dove fulminava scomuniche su tutti i seguaci dell’intruso nel Papato.

Da un lato, quindi, per i due insigni Cardinali e per tutti gli autori del tempo, la sentenza di Costanza era un precedente indiscutibile, fondamento necessario della legittimità di Martino V e dei suoi successori, e si trattava semmai di trovarne la giustificazione teologica; dall’altro, una volta ammessa in linea di principio la possibilità del Papa scismatico, era finanche doveroso chiarire se potesse darsi in altri casi oltre a quello sancito a Costanza. E non va dimenticato che sia Torquemada sia il Gaetano, pur appartenendo a generazioni diverse, hanno dovuto scrivere contro il Concilio di Basilea, come dire contro un altro scisma di Papi, sebbene originato da un inaudito scisma di Concili.

Va notato, peraltro, che ciascuno dei nostri tre autori sviluppa il tema secondo una prospettiva diversa, sebbene non necessariamente contraddittoria rispetto alle altre.

Torquemada, il primo in ordine cronologico, scrive a sostegno di Eugenio IV e deve, quindi, evitargli l’accusa di scisma per inosservanza del decreto Frequens, ossia per aver trasferito il Concilio di Basilea contro la volontà della maggioranza. Di qui la sua considerazione che il Papa può bensì commettere scisma violando il diritto umano (se violasse quello divino si rientrerebbe nel caso dell’eresia), ma solo se si tratti di norme che la Chiesa intera osserva per tradizione fin dai tempo degli Apostoli o che sono state stabilite dai concili universali o dalla Santa Sede per l’utilità universale, soprattutto in materia di culto divino. Secondo la teologia del tempo, infatti, doveva ascriversi alla tradizione apostolica[4] qualsiasi consuetudine di cui non fosse possibile rintracciare l’autore, e che tuttavia si riscontrava osservata ab immemorabili dai cristiani del mondo intero; e gli esempi addotti riguardavano per lo più proprio l’ambito liturgico. Per contro, subordinando il carattere vincolante delle leggi universali emanate dai Concili o dai Papi precedenti al fine da loro perseguito, l’utilità generale, egli poneva le premesse per il ragionamento di Eugenio, secondo cui proprio l’utilità generale imponeva, nel caso concreto, di dar torto alla maggioranza e ragione alla minoranza, trasferendo il Concilio a Ferrara, unica sede dove potessero realisticamente convenire i Greci per tentare di comporre l’antico scisma.

Così, in concreto e anche per evidenti ragioni di opportunità, il Porporato ha trattato il problema del Papa scismatico principalmente come ipotesi di inosservanza personale di leggi liturgiche antichissime che non ci può essere ragione di non osservare, ad es. se “non volesse celebrare in paramenti sacri o in luoghi consacrati, o con le candele, o [non volesse] farsi il segno della Croce come fa il resto del collegio dei Vescovi, e simili”.[5]

Diverse, invece, le condizioni del tempo in cui scrive il Gaetano, e quindi anche le considerazioni svolte: il suo commento alla seconda parte della Summa è stato terminato il 26 febbraio 1517, dunque pochi anni dopo lo scontro con il conciliabolo di Pisa, che – è importante notarlo – non aveva portato ad un nuovo scisma di Papi; in compenso, nella sua coscienza sensibile alle esigenze della riforma, si agitava l’inquietudine suscitata da Pontefici come Alessandro V, Giulio II, fors’anche Leone X. Non a caso, dunque, il “suo” Papa scismatico è soprattutto un Papa che si disinteressa totalmente degli affari ecclesiastici e vuole vivere come semplice sovrano temporale: scismatico in quanto si separa dai doveri del proprio ufficio. Anzi, egli scrive che è oggetto di costatazione il fatto che la persona del Papa può cadere in peccati del genere.[6]

Dal canto suo, sebbene si richiami a entrambi, in realtà Suárez elabora una linea propria, nel senso che, trattando dello scisma come rifiuto di communicatio in sacris, vi ricomprende sia il caso del Papa che vuole scomunicare tutta la Chiesa, sia quello in cui egli non si limita all’inosservanza personale delle leggi liturgiche, ma assume un ruolo attivo nel promuovere la distruzione di qualcosa che esiste bensì iure humano – altrimenti rientrerebbe nella più nota discussione sul Papa eretico – ma che non ha senso eliminare. Infatti, il Papa non può separarsi da sé stesso come Capo della Chiesa, però potrebbe separarsi dal Corpo, “se non volesse mantenere la debita unione e congiunzione con l’intero corpo della Chiesa, come se tentasse di scomunicare la Chiesa intera, o se volesse sovvertire tutte le cerimonie ecclesiastiche confermate dalla tradizione apostolica”.[7] Poiché il Papa deve qui separarsi dalla totalità della Chiesa, si tratta probabilmente degli stessi usi universalissimi cui pensava Torquemada; non si vede spazio, invece, per la figura del Pontefice assorbito dalle cure temporali, che sembra anzi implicitamente esclusa nel momento in cui si nega la separazione del Papa da sé stesso, quindi anche della persona dai doveri dell’ufficio.

Fin qui il pensiero degli autori più importanti in materia, cui i secoli successivi, per quanto ne so, non hanno apportato aggiunte significative.

 

Gli anni Settanta: un caso di scisma liturgico?

Passando a trattare in concreto la questione sollevata da Mons. Gamber, ritengo importante sottolineare che, sebbene vi sia un consenso generale sulla possibilità che il Papa cada in scisma, lo stesso non si può dire per le esemplificazioni a sostegno dell’ipotesi, con l’unica presumibile eccezione della scomunica alla Chiesa intera; e siccome il diritto canonico, nel silenzio della legge positiva, richiede l’unanimità dei dottori affinché una loro tesi acquisti forza di legge, le altre posizioni espresse da Torquemada, dal Gaetano e da Suarez restano al rango di semplici opinioni probabili.

Ciò posto, dirò subito che, a mio parere, la prospettiva del Papa politico, evocate dall’esperienza concreta del Gaetano, oggi è uscita dal novero delle curiosità accademiche e assomiglia davvero un po’ troppo alla realtà che viviamo: bastino a testimoniarlo le prime reazioni alla recentissima enciclica “Fratelli tutti”.

Sul fronte propriamente liturgico, invece, mi sembra che uno scisma ci sia stato (ben prima che scoppiasse il “caso Léfebvre”), che duri tuttora e che i tradizionalisti, lungi dall’esserne gli artefici, vi hanno semmai reagito.

Sempre a parer mio, però, non si è trattato semplicemente della soppressione de facto del Messale Romano precedente… e le azioni di Paolo VI non consentono di considerarlo l’autore dello scisma stesso.

In primo luogo, infatti, bisogna considerare che l’ipotesi del Torquemada, e verosimilmente anche di Suárez, non riguarda la modifica di un rito particolare, sia pure il più diffuso nel mondo, ma la tentata soppressione in tutta la Chiesa di cerimonie universalmente osservate in tutti quanti i riti; e il termine “cerimonie” va inteso nel senso tecnico di “gesti rituali”, come – negli esempi del Torquemada – il segno della Croce o l’uso delle candele.

Aggiungerei altresì che Mons. Gamber sembra aver dimenticato che, in realtà, un precedente storico in cui un Papa ha completamente soppresso un rito plurisecolare e tradizionale esiste: S. Gregorio vii lo ha fatto con il rito mozarabico. La legittimità del gesto mi risulta indiscussa pure in ambito tradizionalista, anche se, per quanto ne so, la principale ragione addotta era la filiazione storica della Chiesa di Spagna da quella di Roma, donde egli traeva la conseguenza che l’una dovesse, filialmente, conformarsi alla Liturgia dell’altra:[8] motivazione che, almeno oggi e alle mie orecchie, non suona esattamente persuasiva.

Infine, quanto all’introduzione di un rito nuovo, più o meno scambiato o gabellato per una versione migliorata del vecchio, essa pone certamente problemi di rispondenza al bene comune, non però di carenza di potere in astratto; e non si può considerare di per sé un atto scismatico, specialmente in quanto – a ben vedere – il Messale di S. Pio V non è mai stato né giuridicamente abrogato né del tutto proibito, sebbene il suo uso legittimo fosse stato circoscritto ai Sacerdoti anziani e malati. Tuttavia, il caso del c.d. “indulto di Agatha Christie”, la cui concessione è stata voluta da Paolo VI in persona, a mio avviso basta a dimostrare come egli fosse alieno dal rigetto in linea di principio del Messale anteriore; la questione Léfebvre, per lui, aveva piuttosto carattere dottrinale (e su questo credo che nessuno gli dia torto) e non sarebbe stato contrario a concessioni sul fronte liturgico, una volta risolto il problema dell’assenso al Concilio.

Se poi passiamo a considerare il contenuto della riforma liturgica, a parte l’ovvio rilievo che già in astratto essa non corrisponde all’ipotesi suareziana del Papa eversore almeno perché limitata ad un rito solo, vediamo che la disciplina cerimoniale è stata semplificata molto – forse troppo – e i gesti di riverenza sono stati ridotti e spesso resi facoltativi, ma con tutto questo si è rimasti ben lontani da una loro abolizione generalizzata: insomma, parliamo senz’altro di scelte discutibili, direi anche deleterie, non però di atti scismatici.

Questi ultimi, in compenso, sono stati per così dire il pane quotidiano degli anni ’60 e ’70: oggi, se riprendiamo gli esempi di Torquemada e pensiamo a Messe celebrate senza candele, segni di Croce o paramenti, ricordiamo subito una ridda di sgradevolissime esperienze di quel tipo.

In altre parole: ciò che la riforma liturgica non ha fatto – abolire e disprezzare le cerimonie ecclesiastiche sancite dalla tradizione – è divenuto sentire comune e prassi generale, già prima che il nuovo Messale venisse approvato (l’istruzione relativa alla Comunione sulla mano, per esempio, lo precede di qualche mese); né la maggior flessibilità rubricale del Ritus Modernus, come lo ha battezzato Mons. Gamber, ha ricondotto nell’alveo i trasgressori. Gli stessi soggetti che vituperavano il Messale di S. Pio V facevano ogni giorno strame di quello di Paolo VI.

Ho detto “facevano”… ma in realtà dovrei usare il tempo presente, perché questo scisma liturgico non è mai stato ricomposto. Non dal “Summorum Pontificum”, che semmai lo ha reso conclamato, e tantomeno dalle grida manzoniane che costellano i decenni di vita della Messa riformata, dall’annuncio della fine degli esperimenti alla “Redemptionis Sacramentum”.

Qui sì, mi sembra lecito e addirittura doveroso prospettare una responsabilità almeno morale – ma non per questo meno grave – della Santa Sede e dei Vescovi, che non si sono opposti con sufficiente fermezza allo scisma liturgico dilagante, quando pure non ne hanno assecondato in modo attivo certe istanze sconsiderate. Ma già S. Caterina da Siena osservava che l’origine di tutti i problemi nella Chiesa stava nella scarsa o nulla volontà dei Superiori di correggere gli inferiori… nihil sub sole novi, purtroppo.

Chiaramente, coloro che si sono visti imporre la riforma si sono visti imporre la prassi, non certo il libro liturgico così come stava; e avendo visto, alla prova dei fatti, che i tentativi di pretendere dalle Autorità ecclesiastiche interventi concreti per assicurare il rispetto della disciplina riformata non portavano mai – o quasi mai – a nulla, si sono trovati di fronte ad una scelta tragica: combattere una battaglia da ultimi giapponesi isolati nella giungla, in vista di una celebrazione degna del Novus Ordo, oppure rifiutarlo completamente, tenersi saldi al rito anteriore e fare tutto il possibile per tenerlo in vita. Gli uni e gli altri sono stati osteggiati in modo feroce, i secondi certamente in maniera più visibile; ma se oggi il rito antico sembra aver recuperato un proprio spazio, per quanto precario, chi vorrebbe salvare la nuova Messa dallo sfacelo totale si trova più isolato che mai, soprattutto dopo la rinuncia di Benedetto XVI. Del resto, questo non può sorprendere affatto: piaccia o non piaccia, è tutto un peana alla “Nuova Chiesa di Papa Francesco”, tutto un contrapporre la Chiesa di ieri alla Chiesa di oggi… che è poi l’essenza dello scisma dei nostri tempi, anche quando non si accompagni all’eresia formale.

Vale però anche, e forse soprattutto, in questo caso il monito di S. Gerolamo secondo cui l’eresia conduce allo scisma e lo scisma all’eresia. Il disprezzo per la “Chiesa di prima” sfocia, anche soltanto per via di successive enfatizzazioni dialettiche, nella negazione dell’identità della Fede, mentre la perdita del senso del dogma, magari già prima di diventare negazione consapevole, porta alla contestazione in linea di principio di leggi e autorità il cui valore non è più compreso. Tutto questo si vede benissimo nel caso della Comunione sulla mano: da un punto di vista storico, riceverLa in bocca e in ginocchio corrisponde ad un’usanza degli ultimi secoli, non già apostolica… ma essa è scaturita dall’accresciuto rispetto per la Presenza Reale, caratteristico della pietà controriformista; il preteso ritorno all’antico, nato forse come questione disciplinare e non dottrinale (anche se il dubbio sembra lecito…), ha portato di fatto ad una perdita generalizzata del senso del dogma, della genuina fede eucaristica, ed è avvenuto nel plateale contrasto con la disciplina in vigore, proprio perché questa era sentita e presentata come un relitto della “Chiesa di prima”.

Torna dunque assai a proposito il monito del Concilio di Costanza sulla negazione pratica del dogma che La vuole Una. E mi verrebbe da concludere che, fin quando gli spiriti non avranno rigettato l’errore che li porta a ritenere ammissibile una contrapposizione del genere tra ieri e oggi, lo scisma non potrà essere ricomposto, né in ambito liturgico né altrove.

 

Genova, 7 ottobre 2020

N.S. del Rosario

Guido Ferro Canale

***

[1]   Almeno un passaggio merita di essere riportato per esteso: “Les hypothèses des théologiens concernant le cas du ‘pape schismatique’ sont ici totalement dépassées. Ils ont imaginé que le Pape pourrait négliger les affaires ecclésiastiques pour s’adonner aux affaires temporelles, à la manière d’un Jules II, entreprendre de grands desseins politiques, faire la guerre, au point de ne plus du tout gouverner l’Église. Il y aurait schisme par rupture de l’ ‘unité de direction‘. Le Pasteur occupé ailleurs et d’autre chose que de son Troupeau, les brebis seraient dispersées. Ce cas n’est pas le Vôtre. Vous avez souvent déclaré, il est vrai, n’avoir aucun intérêt matériel, ne poursuivre aucune ambition temporelle, et Vous aimez rappeler que Vous n’êtes Chef d’État que d’apparence et de convention. Mais votre cas est beaucoup plus grave. Ce grand dessein que j’appelle MASDU, la formation d’un nouveau et gigantesque ‘Mouvement d’Animation Spirituelle de la Démocratie Universelle’, Vous crée un centre d’intérêt politique, si abstrait et chimérique que soit ce centre, et une ambition temporelle d’autant plus forte qu’elle n’est plus locale mais planétaire. Or, voilà l’inédit, ce projet englobe l’Église comme l’un de ses éléments. Il implique, non pas que Vous vous désintéressiez de l’Église, ce qui serait en somme un schisme mineur, mais que Vous asservissiez l’Église au Monde dont vous rêvez d’être Prince, Prince de la paix, et donc, pour tout dire en un mot, que Vous ‘ne discerniez plus le Corps du Seigneur’, selon le mot de Saint Paul”.

[2]
                  [2] Non sembra inutile aggiungere che ciascuno dei contendenti, all’atto dell’elezione, si era impegnato con giuramento a rinunciare, se questo fosse parso il modo più adatto, oppure l’unico (le formule variavano) per ristabilire l’unità.

[3]
                  [3] O fino all’ultima malattia, se era ancora vivo il Giovedì Santo del 1423: è discusso, infatti, se sia morto a Pentecoste di quell’anno oppure nell’autunno del 1422, ma negli atti del suo pontificato manca la bolla per il 1423.

[4]
Si rammenti che non tutto ciò che risale al tempo degli Apostoli è automaticamente di diritto divino, quindi immutabile: si suol distinguere, infatti, fra una Tradizione divino-apostolica ed una umano-apostolica.

[5]   J. de Torquemada, Summa de Ecclesia, Lib. IV, Cap. XI (Venezia 1560, fol. 369): “Papa potest separare se sine aliqua rationabili causa, sed pura voluntate sua a corpore Ecclesiae & collegio sacerdotum per non observantam eorum quae universalis Ecclesia ex traditione Apostolorum observat […] aut per non observantiam eorum quae per universalia Concilia aut Apostolicae Sedis auctoritatem sunt universaliter ordinata maxime ad cultum divinum, utputa nolendo observare in se ea quae universalem statum Ecclesiae aut universale ritum cultus ecclesiastici concernunt, ut q[uia] nollet celebrare in vestibus sacris aut locis sacratis aut cum luminaribus aut signare se signo crucis sicut residuum sacerdotum collegium facit & similia quae ad perpetuam generaliter ordinata videntur utilitatem”.

[6]   Cfr. Tommaso de Vio, Commento alla II-II, qu. 39 a. 1, §VI (nella Editio Leonina di S. Tommaso, t. VIII, Roma 1895, pag. 308): “Contingeret autem hoc [schisma] in animo quidem Papae, si nollet communicare cum Ecclesia ut pars illius, ut caput illius in spiritualibus; sed se habere tantum ut dominum temporalem. In opere vero, si facto hoc faceret; vel si excommunicare praesumeret Ecclesiam. Constat namque quod in huiusmodi mala posset persona Papae incidere: ac per hoc vere schismaticus esset. Ad primum autem in oppositum dicitur, quod persona Papae potest renuere subesse officio Papae, quod per accidens est pro tunc in ipso. Et si hoc in animo pertinaciter gereret, esset schismaticus per separationem sui ab unitate capitis. Ligatur siquidem persona sua legibus officii sui quoad Deum, ut in praecedenti Libro declaratum est. Ad secundum dicitur quod Ecclesia est in Papa quando ipse se habet ut Papa, ut caput Ecclesiae. Quando autem ipse nollet se habere ut caput eius, neque Ecclesia in ipso, neque ipse in Ecclesia esset.

[7]   “Secundus modus [schismatis] est, si ita se separet quis a reliquo corpore Ecclesiae, ut nolit cum illo communicare in Sacramentorum participationem […] Et hoc secundo modo posset Papa esse schismaticus, si nollet tenere cum toto Ecclesiae corpore unionem et conjunctionem, quam debet, ut si tentaret totam Ecclesiam excommunicare, aut si vellet omnes ecclesiasticas caeremonias apostolica traditione firmatas evertere, quod notavit Cajetanus, 2.2 qu. 39; et Turrecrem[ata] latius, lib. 4, cap. 11”. F. Suárez, De fide spe et caritate disputationes, tract. III, disp. XII, sec. I, n. 2 (Opera omnia vol. XII, Parigi 1858, pagg. 733-4).

[8]   Cfr. P. Guéranger, Institutions liturgiques, vol. I, Parigi-Bruxelles 1878, pagg. 268-80 e 315-9.

§§§




STILUM CURIAE HA UN CANALE SU TELEGRAM

 @marcotosatti

(su TELEGRAM c’è anche un gruppo Stilum Curiae…)

E ANCHE SU VK.COM

stilumcuriae

SU FACEBOOK C’È LA PAGINA

stilumcuriae




SE PENSATE CHE

 STILUM CURIAE SIA UTILE

SE PENSATE CHE

SENZA STILUM CURIAE 

 L’INFORMAZIONE NON SAREBBE LA STESSA

 AIUTATE STILUM CURIAE!

ANDATE ALLA HOME PAGE

SOTTO LA BIOGRAFIA

OPPURE CLICKATE QUI 




Questo blog è il seguito naturale di San Pietro e Dintorni, presente su “La Stampa” fino a quando non fu troppo molesto.  Per chi fosse interessato al lavoro già svolto, ecco il link a San Pietro e Dintorni.

Se volete ricevere i nuovi articoli del blog, scrivete la vostra mail nella finestra a fianco.

L’articolo vi ha interessato? Condividetelo, se volete, sui social network, usando gli strumenti qui sotto.

Se invece volete aiutare sacerdoti “scomodi” in difficoltà, qui trovate il sito della Società di San Martino di Tours e di San Pio di Pietrelcina

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , ,

Categoria:

56 commenti

  • Enrico Nippo ha detto:

    Caro NEWMAN,

    il suo è un PENSIERO circa la “tragedia del PENSIERO religioso orientale”. E’ un PENSIERO che PENSA intorno ad un altro PENSIERO. Tutto qui. Ed è un processo (assai limitante) che riguarda tutti, non solo lei.

    Ora, il PENSIERO è impossibilitato, per definizione, ad esprimere una CONCLUSIONE, a meno che non sia espresso da una MENTE che ha VISTO ciò che PENSA, e che è OLTRE IL PENSIERO.
    “L’eternità felice del cristianesimo” lei l’ha VISTA, o ne parla soltanto PENSANDOLA perché ci CREDE?

    L’argomento che stiamo trattando è molto complesso (nella sua … semplicità!) ed è impossibile continuare a trattarlo (PENSARLO) in questa sede.
    Perciò concludo con un verso (difficile) di Ramana Maharshi che però può far riflettere:

    “Senza vedere il Sé, la visione di Dio è un’immagine mentale. Vedere il Sé è vedere Dio, si dice. Perdere completamente l’ego e vedere il Sé, è trovare Dio; poiché il Sé non è altro che Dio”.

    La saluto cordialmente.

    Caro MARIO,

    lasciami dire che la tua ironia (la “combutta” fra me e Stefano Raimondo) è un tantino fuori luogo, visto che sei caduto nella trappola che ti ho teso dicendo “scegli”. Hai scelto di aggrapparti al corno bianco confermando che la tua mente è divisa e quindi in CONFLITTO con tutto ciò che non è bianco, o CREDI sia bianco. Se continui così confliggerai di continuo con quelli del corno nero, nella dimenticanza che la testa del cervo (non del diavolo) è incolore.

    Sayonara

  • G.gervasi ha detto:

    @ NEWMAN

    Amico Newman stai un po’ confondendo la plebaglia con la storia di Paolo IV e della bolla “Com ex apostolatus officio”.
    Informa i plebei – spiegandoglielo bene – che qui il caso riguarda colui che PRIMA di essere eletto Papa sia riconosciuto colpevole di eresia, il che non è utile per convincere la plebe circa la possibilità di defenestrare Francesco nullificandone gli atti, in forza di presunte eresie successive all’elezione.
    Per favore, chiarisci tu le idee al volgo perché i miei modi sarebbero poco garbati. Grazie.

    • Vox Populi ha detto:

      Se questo è lo spirito ne facciamo anche a meno, grazie.
      F.to “La plebaglia”

    • newman ha detto:

      @G.Gervasi (11.10./14:23 pm)
      Cara amica,
      vorrei tanto poterLa consolare… Ma ogni qualvolta
      tento di introdurre un barlume di speranza per i bergoglianti, insistendo che il Bergoglio sia diventato eretico forse solo DOPO essere assurto al Soglio pontificio e non prima, l’amico Bellarmino insiste perché pubblichi anche la sua opinione sulla ‘quaestio disputata’, essendo tale opinione la seguente:
      ” Un papa chiaramente eretico cesserebbe d’essere sia papa che testa della Chiesa, proprio come egli cesserebbe d’essere Cristiano e membro della Chiesa.
      Questo é l’insegnamento di tutti gli antichi Padri, i quali
      istruiscono che gli ERETICI MANIFESTI PERDONO IMMEDIATAMENTE OGNI GIURISDIZIONE” [e.d.s.] (De Romano Pontifice II,30).
      E allora, cara amica Gervasi, che senso avrebbe l’insistere presso i gentili lettori che la cosa cambierebbe se il papa fosse stato eretico PRIMA di essere eletto papa, e non dopo essere stato eletto papa, cioé indipendentemente da questo dettaglio? Come vedi, la cosa non cambia affatto. E che speranza potrei indurre nel lettore di fede bergogliosa se gli atti, nomine, accordi, magistero etc. di un papa eretico sono nulli sia nell’un caso che nell’altro e applicassi questo insegnamento comune sia di Paolo IV che del Bellarmino all’attuale Regnante?
      Cordialitá

      • G.gervasi ha detto:

        Cambia eccome amico Newman e tu lo sai: altro è il decreto di un Papa, altra l’ipotesi di un teologo (che al “papa eretico” nemmeno ci credeva). La prima rileva, la seconda è utile come i famosi dieci piani di morbidezza.
        Purtroppo stai illudendo la plebe.

        • newman ha detto:

          @ G.Gervasi (11.10./23:08 pm)
          Carissima amica, ti avevo consigliato di non prendere la tua insonnia sottogamba e di consigliarti con la tua dottoressa. Scrivi ad ore quando tu, considerando la tua etá e gli acciacchi, dovresti essere nel tuo confortevole lettino e sognare cose belle.
          Allora dici che c’é una differenza …. Certo, la differenza c’é, considerando l’origine delle due sentenze, e – con il “prima” l’aggiunta della nullitá della nomina, non solo degli atti, a causa dell’eresia. La differenza scompare se consideriamo le due sentenze dal punto di vista degli effetti dell’eresia tout court, cioé il “privare di ogni forza” gli atti di tutti i depositari di autoritá – siano essi “vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori” che fossero incorsi [sic et simpliciter] in errori di fede o nello scisma. Cosí si esprime il pontefice anche riguardo a colui che fosse assurto al Soglio da eretico, essendo tale assunzione “nulla, invalida e senza effetto”. Non sembra logico e plausibile, in vista dell’estensione da parte di Paolo IV degli effetti dell’eresia o dello scisma a tutte le altre categorie di “depositari di autoritá”, assumere che il “prima” venga usato nella Bolla in senso esclusivo e non semplicemente assertivo. Il “prima” aggiunge, a mio parere, agli altri effetti dell’eresia, cioé la perdita immediata di ogni giurisdizione, l’invaliditá della nomina.
          Riguardo al teologo Bellarmino, non dimentichiamo, cara amica, che egli espone non solo la sua opinione, ma si riferisce esplicitamente all’ “insegnamento di tutti gli antichi Padri, [e si aggiunga pure, di Paolo IV] i quali istruiscono che gli eretici manifesti perdono immediatamente ogni giurisdizione.”
          Cordialitá

  • IMMATURO IRRESPONSABILE ha detto:

    Scusate, ma io interpreto l’ intervento di Ferro Canale come un invito (anche) a distogliere l’ attenzione da Santa Marta, e puntarlo su atenei pontifici, istituti di studi religiosi, e sopratutto su ciò che avviene in campo liturgico ogni giorno nelle chiese, e in campo catechistico nei corsi di preparazione ai vari sacramenti nonchè durante le ore scolastiche dell’ IRC. Pur nella mia ignoranza teologica e, massime, canonistica, mi sento di appoggiare tale proposta. Avete assistito, negli ultimi anni, a qualche Prima Comunione? Frequentate qualche messa NO? la devastazione liturgica progredisce a larghi passi, assieme, dobbiamo dirlo, all’ abbandono dei fedeli.
    Se l’ ipotesi di Ferro Canale è vera, com’ è più che probabile, i colpi alla liturgia hanno effetto nefasto sul dogma; e i colpi al dogma (vigliaccamente spesso spacciati per “ricerca” , “chiarimento”, “legittimo sviluppo” ec.) si rovesciano sempre di più sulla prassi del rito, corrompendone la realtà simbolica, se non la validità stessa ( ma la questione, grottesca, troppo poco discussa mi pare, dei battesimi invalidi non ci lascia tranquilli). Lo dico un po’ come provocazione: nessuno destituirà il Papa, il quale concluderà i suoi giorni sulla cattedra di Pietro, ma nel frattempo, in giro per il mondo, il significato della messa come Sacrificio, e la Transustanziazione continueranno a essere attaccati dai modernisti, in chiese sempre più vuote…..

  • Miki ha detto:

    Benedetto XIII non c’entra proprio nulla. Fu scomunicato dal Concilio perché non era Papa: era stato eletto da una parte dei cardinali, dunque era illegittimo il collegio elettorale che non aveva alcun diritto di eleggere un Papa. Costanza non dichiarò un Papa decaduto dalla sua carica per scisma, scomunicò un cardinale che si dichiarava Papa. Nessun Concilio (convocato da chi?) potrebbe scomunicare un Papa eletto dai 2/3 dei cardinali. “Annate a faticà, va”! 😃

    • Francesco ha detto:

      Avignone era la luce: Benedetto XIII era l’unico papa legittimo, così lo reputò la Cristianità che contava, Francia e Spagna nonché i grandi San Vincenzo Ferrer e Santa Coletta di Corbie. Il papa di Roma era falso come Bergoglio. Pedro de Luna era anche l’unico cardinale ad essere stato eletto da papa Gregorio XI.

      • Miki ha detto:

        Per fortuna non sei tu a decidere chi è stato Papa, ma la Chiesa Cattolica. E Benedetto XIII De Luna non compare nella lista dei Papi. Chi è Papa non lo decide la Francia o la Spagna o questo o quel santo, ma la Chiesa e De Luna secondo la Chiesa non è mai stato Papa☺ Poi forse solo Dio sa davvero chi di quei tre fosse Papa davvero, ma finché siamo qui l’unica parola che conta in merito è quella della Chiesa, e per essa è sempre stato così: il Papa Benedetto XIII è l’Orsini del Settecento. Comunque se il criterio per stabilire se un Papa è legittimo è che sia riconosciuto dalla “cristianità che conta”, Bergoglio è tranquillo perché è riconosciuto da tutto il mondo, a meno che per “cristianità che conta” non si intenda il blog di Tosatti e i sedevacantisti di don Ricossa☺

  • Michel Berthoud ha detto:

    La domanda da porsi e se ci potrà essere uno scisma alla luce della situazione attuale.

    La Chiesa cattolica si trova oggi in una via di mezzo. Il rischio del pontificato di Bergoglio, molto più subdolo, è quello di uno scisma informale, non dichiarato, silenzioso. Questo scisma silenzioso è duplice, e in realtà già ben avviato: da un lato, la massa di cattolici che chiedono riforme e di fatto già non regolano più il loro comportamento secondo le regole della Chiesa, siano esse riguardanti la pratica religiosa o la morale sessuale.

    D’altra parte, un’altra frangia della Chiesa, anch’essa poco praticante e osservante, ma in disaccordo con la posizione politica di Bergoglio, ritiene che non difenda più l’identità cristiana, quindi che il Papa non li rappresenta più, e le autorità della Chiesa in generale abbiano abbandonato i cristiani.

    Poi c’è una minoranza molto militante e coscienziosa, i tradizionalisti filolefebvriani fino al midollo. Questi laici, di cui io faccio orgogliosamente parte, riconoscono nella catechesi di Bergoglio, apostasia ed eresie dottrinali.

    Onestamente, da notare che da entrambe le parti, la visione della Chiesa si trova politicizzata.

    In verità, non c’è quindi un’opposizione unificata a Bergoglio, ma degli atteggiamenti che vanno dalla manifestazione di riserva su alcune azioni del Papa alla considerazione radicale che sia un intruso illegittimo.

    Non posso che invitare tutti a una speciale e intensa preghiera per le sorti della nostra Madre Chiesa.

  • newman ha detto:

    Paolo IV nella bolla “Com ex apostolatus officio” (1559)
    afferma tra l’altro: “Se mai, in qualunque epoca, avvenga che […] il Romano Pontefice abbia deviato dalla Fede Cattolica o sia caduto in qualche eresia prima di assumere il papato, tale assunzione, anche compiuta con l’unanime consenso di tutti i cardinali, é nulla, invalida e senza effetto; né puó dirsi divenire valida, o essere tenuta per legittima in qualsivoglia modo, o essere ritenuta dare a costoro alcun potere di amministrare delle materie sia spirituali che temporali; MA QUALSIASI COSA SIA DETTA; FATTA O STABILITA DA COSTORO É PRIVA DI OGNI FORZA E NON CONFERISCE ASSOLUTAMENTE ALCUNA AUTORITÁ O DIRITTO A CHICHESSIA; e costoro per il fatto stesso (eo ipso) e senza che sia richiesta alcuna dichiarazione siano privato di ogni dignitá, posto, onore, titolo, autoritá, ufficio e potere.”

    • Antonella ha detto:

      Ha centrato in pieno. È questo il punto cruciale, pertanto nullo ogni suo atto e dichiarazione, ma credo ne sia così consapevole da inscenare anche uno scisma pur di continuare ad esercitare ancora il controllo di un potere accordatogli dalla gran parte della gerarchia, riformulando il credo della nuova chiesa storicizzandone il corso. Tutto può far brodo, dai protestanti a Pachamama, purché l’archetipo serva alla progressione della visione massonica compiuta nelle promesse del nuovo umanesimo.
      Solo che la Chiesa in cui si avventurano è già finita, mentre ignorano quella di Cristo ed il suo Tempo.

  • Roberto Donati ha detto:

    La prova dei brogli è data anche, a posteriori, dalla qualità della persona J. M. B., ampiamente conosciuta in questi quasi 8 anni. Poi ci sarebbe la prova che ne hanno avuto, e che conservano, i cardinali che non lo hanno votato. Finché vive Sua Santità Benedetto XVI, che dovette rinunziare proprio per evitare uno scisma, nessuno parlerà. Nessuno vuole che Benedetto sia crocifisso due volte. E fintanto che vive la Sede non è vacante. Dopo Iddio provvederà.

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Lasciando a chi ha specifiche competenze in materie lontanissime dalle mie capacità il compito di chiarire punti controversi di questioni teologiche e liturgiche attuali, anche alla luce di riferimenti storici cui rimandano le considerazioni esposte, la mia attenzione è stata catturata dal virgolettato già riproposto da Gaetano2 (alle 14,47), che evito di ricopiare.
    Aggiungo solo un tassello al rischio di una scissione (o scisma, che dir si voglia) correlato all’ «ostinarsi nelle proprie pretese» che – in linea generale – genera sempre divisione e tensione.

  • Enrico Nippo ha detto:

    Certo che, astraendo dall’opinione personale, ci si trova davanti, riguardo alla figura di papa Bergoglio, a due prospettive diametralmente opposte.

    Quello che esce dalla trasmissione tv “A sua immagine” è una papa santamente sorprendente di cui tutti i partecipanti, a partire dalla presentatrice, parlano con un entusiasmo straripante (ad ogni trasmissione).

    Su questo blog blog, invece, in un modo o nell’altro, se ne dicono peste e corna avanzando addirittura le ipotesi di papa scismatico e di nullità di conclave.

    La cosa fa riflettere.

    • Adriana 1 ha detto:

      Forse non siamo pagati dai media , che , a loro volta…Lo sa che tutti quelli che vanno a esprimere critiche sulla bacheca f.b. di Giuseppi o di Giggino vengono automaticamente conteggiati tra i
      ” sostenitori ” ?

    • MARIO ha detto:

      Enrico,
      “La cosa fa riflettere.”… nel senso che sei indeciso su quale posizione preferire?
      Buon segno. Vuol dire che per te c’è ancora qualche speranza…

      • Enrico Nippo ha detto:

        Non vorrei essere frainteso (per mia sbrigativa e insufficiente esposizione).

        La premessa era: “astraendo dall’opinione personale”, che, per quanto mi riguarda, credo sia abbastanza conosciuta su questo blog, visti i miei non pochi riferimenti a mons. Lefebvre e alla Liturgia tradizionale pre-conciliare e pre-montiniana. Vi sono poi i miei convinti riferimenti a tradizioni, diciamo così, extra-cattoliche, la qualcosa, agli occhi degli altri appare – e posso capirlo – come una contraddizione, forse per il pregiudizio che vede nel “lefebvriano” un integralista con il paraocchi (e senza considerare che in fatto di integralismo anche i “non lefebvriani” non scherzano).

        Astrarre significa svuotarsi, più precisamente svuotare la mente da ciò che la occupa e che costituisce un’identità. Soltanto dis-identificandosi si possono individuare con chiarezza le varie identità, così come l’occhio, non avendo in sé alcun colore, può distinguere i vari colori.

        Quindi, quando scrivevo “la cosa fa riflettere”, quel “riflettere” si riferiva al constatare come la mente umana sia capace di assumere molteplici aspetti grazie ai molteplici contenuti con i quali può identificarsi, ciò che la induce – se non ha consapevolezza di ciò – alla contraddizione. E questo è come se l’occhio, invece della consapevolezza della propria “incolorità” si identificasse di volta in volta con il colore che vede ed escludendo sistematicamente gli altri colori.

        Molteplici contenuti, molteplici identità, molteplici fedi, molteplici occhi: è una realtà non necessariamente soltanto satanica. La varietà dei colori che l’occhio vede perché in se stesso incolore non rende irreali i colori bensì diversi fra loro (e relativamente reali rispetto alla realtà assoluta dell’incolore). E come l’incolore è la fonte dei colori, così la mente è la fonte della molteplicità dei pensieri, delle fedi, delle identità.

        Il discorso non finirebbe qui, ma ritengo di averne detto a sufficienza.

        • stefano raimondo ha detto:

          “…svuotare la mente…”

          Only the one who has made his mind die is truly born. (Sri Ramana Maharshi)

          • Enrico Nippo ha detto:

            Perché citi in inglese? 😊

          • MARIO ha detto:

            Enrico, te lo traduco io:
            “Solo colui che ha fatto morire la sua mente è veramente nato. (Sri Ramana Maharshi)”.
            Che sia vero o no, Dio solo lo sa… Confido comunque in un tuo caloroso ringraziamento per l’assistenza prestata… :-))

          • Enrico Nippo ha detto:

            Mario, ti ringrazio. Soltanto che mi reputi troppo ignorante. Effettivamente lo sono, non conoscendo il latino, però avresti potuto accreditarmi almeno il conoscere, grosso modo, l’inglese.

            Ma ora, spero vorrai permettermi un’osservazione.

            Che solo Dio sappia se quel che dice Ramana Maharshi sia vero o no … non è vero. Lo può scoprire l’uomo attraverso la disciplina di sé.

            Una piccola dritta: rifletti (se ti va) alla PERFETTA corrispondenza fra la mente e il chicco di grano.

            Dalla mente che muore si ha la vera nascita, dal chicco di grano che muore si ha molto frutto.

            Tutto sta (si fa per dire) nell’accettare e realizzare la morte come l’unica medicina e agire di conseguenza.

            Ciao 😊

          • MARIO ha detto:

            Enrico,
            sì, però distinguerei tra nascita e nascita… (o meglio ri-nascita).
            Una è puramente umana (operata dalla mente, attraverso la “disciplina di sé”), tipica delle religioni orientali.
            L’altra è di origine divina (operata dallo Spirito), caratteristica della religione cristiana.
            C’è una differenza abissale: una presuppone che l’uomo possa “salvarsi da solo”, l’altra che la salvezza venga solo dall’alto, da Dio.

            Gesù dice a Nicodemo:
            ” In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può VEDERE il regno di Dio.” (Gv 3, 3)
            “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può ENTRARE nel regno di Dio.” (Gv 3, 4)

            Buona giornata.

          • stefano raimondo ha detto:

            Ciao Enrico. La maggior parte delle citazioni di Maharshi sono in inglese, ho voluto lasciare l’originale, l’inglese lo conosciamo tutti.

            Interessante la discussione tra te e Mario. La mia formazione è occidentale, quindi sostanzialmente binaria
            (bello/brutto, buono/cattivo, sanità/malattia), ma mi piace fare escursioni in altri territori, mi metto sempre in discussione e pertanto posso anche trovare condivisibili alcuni concetti di natura orientale.

            Al momento, anche studiando Guénon, trovo logiche alcune sue deduzioni riguardo la non-dualità, ma soltanto a livello metafisico, a livelli più “bassi” per ora resto ancorato alla metodologia occidentale.

            NB – Uso “occidentale” e “orientale” per capirci, ma è chiaramente una dicotomia troppo netta e impropria.

        • MARIO ha detto:

          Enrico,

          questa volta sei partito per la tangente verso costellazioni inesplorate, abitate dai tuoi santoni…
          Ma sull’onda (=frequenza) delle tuoi pensieri astrali , vorrei proporti un’altra analogia, un po’ più scientifica, tra RIFLESSIONI e COLORI.

          Il COLORE, così come percepito dal nostro occhio, è la frequenza nello spettro del visibile che un oggetto RIFLETTE, cioè non assorbe, cioè non accetta.
          In parole povere, il colore di un oggetto è proprio quel colore che quell’oggetto rifiuta, con cui non vuole identificarsi.

          Allora, per analogia, si potrebbe dire che se uno vede il Papa di colore eretico o scismatico, significa che il Papa è impermeabile all’eresia e allo scisma, e anzi riflette tali colori (prossimi all’infrarosso degli abissi infernali) nell’occhio malintenzionato di chi lo guarda con sospetto, il quale occhio li assorbe senza nemmeno accorgersi.

          Ecco spiegata la grande CONTRADDIZIONE:
          – se uno vede il Papa come un eretico e/o scismatico, è perché egli stesso è eretico e/o scismatico;
          – se uno vede il Papa come un santo, è perché egli stesso è santo.

          Queste non sono frottole… sono principi fisici che regolano l’universo e la specie umana.

          Bye bye :-))

          • Enrico Nippo ha detto:

            A parte il fatto che non ho parlato di oggetti colorati bensì di colori e quindi proprio delle “frequenze nello spettro del visibile” che l’occhio può percepire perché in sé non ha nessun colore, similmente c’è un “luogo” in cui non vi sono né eresia e/o scisma né santità proprio come nell’occhio non c’è nessun colore.

            La mente umana è (in)naturalmente abituata a procedere per dualismi, e concepisce tutto e il contrario di tutto: il bianco non è nero, il nero non è bianco. Sennonché, per affermare questo, la mente non può essere né bianca né nera. Il tragico è che non lo sa e si perde nei conflitti che essa stessa genera.

            E questa non è una frottola … la storia insegna.

          • MARIO ha detto:

            Se la mente dicesse (seguendo il tuo ragionamento): “Il bianco non è nero, il nero non è bianco”, non sarebbe affatto contraddittoria, come tu vorresti.
            Per essere contraddittoria la mente dovrebbe dire: “Il bianco è anche nero, il nero è anche bianco.”
            Mi sembra…

          • Newton ha detto:

            Mario,
            … quindi per come lei si appoggia per analogia alle leggi fisiche,
            nell’esempio dei colori, se Francesco incrociasse nei
            Giardino Vaticani Benedetto XVI e gli dicesse “tu non sei papa”,
            lui (Francesco) non sarebbe papa…

          • Enrico Nippo ha detto:

            Mario,

            ho detto DUALISMO, ovvero, come stiamo dimostrando ampiamente noi due (e come dimostrano i dibattiti che piovono per ogniddove) la mente concepisce il bianco che ESCLUDE il nero ed il nero che ESCLUDE il bianco.

            Scegli tu cosa sei: se sei bianco io sono nero, se sei nero io sono bianco. E’ il destino del “dia-logo”, parola che somiglia maledettamente a “dia-volo”: il DIVISORE.

            PENSANDO, la mente si aggrappa a uno dei due corni, o bianco o nero, dimenticando che il cervo ha UNA SOLA testa … incolore.

            Sayonara

          • newman ha detto:

            @ Mario (11.10./23:19 p.m.)
            Dev’essere l’ora notturna che le fa dire delle grandi sciocchezze.
            Come prima cosa, faccia la cortesia di definire ció che Sir Ramana Maharshi intende per “mind”. Si tratta dell’attivitá teoretico-pratica dell’uomo o si tratta della sua individualitá, com’é da supporre in base ad una conoscenza elementare della filosofia indiana?
            Sia nella teoria che nell’ascetica indiana l’uomo deve liberarsi della sua individualitá per poter “sciogliersi” nel tutto, quindi senza mai poter ottenere, come individuo, coé come se stesso, la felicitá. Nel tutto, peró, l’individuo non “rinasce”, perché il rinascere come individuo sarebbe null’altro che ricostituire l’individualitá, un nuovo separarsi dal tutto originario, in cui consiste il “peccato” ontologico e l’ “infelicitá” ontologica, dal punto di vista delle religioni orientali.
            Il fine dell’uomo é, in tali religioni, tramite esercizi ascetici, quello di sciogliersi come individuo e riunirsi in tal modo al tutto originario, al “nirvana”.
            Paragonando questa visione dell’uomo a quella cristiana si notano a primo acchito due cose fondamentali: (1) nel cristianesimo la salvezza concerne l’individuo, dotato per atto creativo diretto di Dio, di un anima spirituale ed immortale. Chi godrá eventualmente un’eternitá felice é, nel cristianesimo, il singolo individuo, la felicitá non é un atto difficilmente definibile del tutto, bensí un atto dell’individuo, che anzi attiene, nel cristianesimo, una volta purificato, il massimo della sua “attualitá”.
            Anche nel cristianesimo esiste un’ascetica. Ma questa non consiste nello spogliarsi della propria individualitá, bensí nel purificarla con l’aiuto della grazia divina per ottenere il bene eterno che é la visione diretta di Dio -Persona e l’intima unione con Lui – ambedue realtá che vengono concesse all’individuo umano, a me, a te, senza fine. Nel “nirvana” non posso essere felice per la semplice ragione che io come “io” ho cessato d’esisere.
            (2) Il processo di purificazione suppone nel cristianesimo, un continuo donarsi di Dio all’individuo umano, aiuto “essenziale” di Dio, della cui vita noi, tramite il battesimo, diveniamo addirittura partecipi. L’attenere Dio non é quindi frutto di esercizi ascetici puramente umani. Qui vale il “sine me nihil potestis facere.” In sintesi, nel cristianesimo Dio-Persona si dona all’uomo-persona giá in questa vita terrena e coopera con lui per donarsigli in maniera diretta – faccia a faccia – dopo la morte, nell’infinito presente che é l’eternitá.
            “Tutto é grazia!” é la frase definitiva e del tutto riassuntiva del sacerdote nel famoso romanzo di Bernanos, che caratterizza l’esistenza dell’individuo-persona cristiano e l’azione di Dio nei suoi riguardi.
            Di biologico, come si nota, in questa visione non c’é nulla. Qui non valgono le leggi della vita biologica, ma quelle della vita spirituale, che con le prime non hanno assolutamente nulla in comune, se non come presupposto materiale in questa vita.. “Morte” e “rinascita” nel cristianesimo e nelle filosofie orientali in genere, oltre il nome, non hanno nulla in comune.
            Del tutto assurda, dal punto di vista della stessa concezione orientale, é quindi l’asserzione di Sri Ramana Maharshi che la “mind”, cioé l’uomo nella sua individualitá, negandosi, “rinasce”. Si ricompatta il tutto, ma non rinasce nulla, perché l’individuo si é autodistrutto. Non esiste piú un “io” che possa essere felice. E’ questa la tragedia del pensiero religioso orientale.

          • MARIO ha detto:

            Enrico,
            menomale che si tratta di corni di cervo, e non di diavolo.
            Cosa combinano a volte le associazioni per analogia…
            Comunque sia, visto che mi fai scegliere, io preferisco essere il corno bianco (del cervo naturalmente).

          • MARIO ha detto:

            @ NEWMAN (13.10/19:52 p.m.)

            Forse lei ha sbagliato indirizzo. Sinteticamente:
            1) La teoria del “mind” l’ha tirata in ballo Stefano Raimondo, in combutta con Enrico Nippo.
            2) Anche le culture e religioni orientali sono una passione specifica di Enrico, cui anch’io, sulla falsa riga di quanto dice lei (anche se più sinteticamente) ho risposto sopra (vedi il mio commento – 12.10/11:57 a.m.).
            3) Il mio commento da lei citato (11.10/23:19 p.m.) sulla presunta analogia RIFLESSIONI/COLORI non è altro che una risposta ironica allo stesso Enrico. Si capisce a un km di distanza…

            Per il resto, concordo sostanzialmente con lei. E mi dispiace di averle fatto perder tempo…

  • Gaetano2 ha detto:

    “… la prospettiva del Papa politico, evocate dall’esperienza concreta del Gaetano, oggi è uscita dal novero delle curiosità accademiche e assomiglia davvero un po’ troppo alla realtà che viviamo…”

    Però il (grande) Gaetano si riferiva pur sempre ad un papa, vero.
    Attualmente abbiamo un don Ciccio, idolatra di pachamame e altre divinità sataniche, piazzato “dai suoi fratelli” della nota “mafia di San Gallo”.
    Quindi non si ha che fare né con un papa, né con un antipapa ma solamente con una impostura che solo dopo la creazione dei neocattolici, da parte del conciliovaticanosecondo, si è potuto mettere in atto.

  • Rafael Brotero ha detto:

    anche quando non si accompagni all’eresia formale.

    Divertente. Come se non esistesse la condanna del modernismo di San Pio X, che si caratterizza proprio per l’assenza di forma.
    Così si vede che quel grande Papa, l’ ultimo canonizzato legittimamente, stava anni luce al di sopra del burocratismo canonico traditional chic delle monsignorine supplicanti.

  • Rafael Brotero ha detto:

    L’abbé de Nantes fu l’ ultimo moicano della gloriosa Francia cattolica, fille aînée de l’Église, oggi purtroppo morta.

  • Cesare Baronio ha detto:

    Qualcuno si rende conto che con la dichiarazione di decadenza dal Papato per eresia o per scisma, tutti gli atti, le nomine, gli accordi, le Encicliche di Bergoglio rimarrebbero validi, ivi compresi i nuovi Cardinali del Sacro Collegio? Questo creerebbe un disastro canonico incalcolabile, che viceversa non si porrebbe laddove emergesse la prova dei brogli al Conclave del 2013. In quel caso Bergoglio non sarebbe Papa e tutti i suoi atti nulli.

    • Gaetano2 ha detto:

      Osservazione non di poco conto!

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Fratello Cesare Baronio, lieto di risentirti (scusa il tu,ma siamo fratelli, no?) apprezzo il tuo commento, ma siamo in un ambito legale di cui credo ” Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall’alto il Signore”. (Sal 2,4). La “fede” è altra cosa.
      Per quanto riguarda il peon zapatero arrivato ad essere papa, a me basta una cosa sola: essere informato di quello che dice e che fa, ma in pratica ignorarlo completamente.

    • Adriana 1 ha detto:

      Caro Cesare Baronio ,
      perdoni le domande di un’inesperta , ma , se ho ben capito ,per eliminare le conseguenze di questo pontificato sarebbero indispensabili e imprescindibili esclusivamente la testimonianza pubblica di una gola profonda o l’indagine di un audace 007 capace di trovare i documenti relativi all’elezione?

      • Dubia ha detto:

        Si’ una gola profonda aprirebbe il vaso di pandora.
        Una gola che sia disponibile a disvelare gli accadimenti occorsi durante il conclave, sapendo che cosi’ facendo incorrerebbe
        nella scomunica.
        Si porrebbe allora una domanda interessante: puo’ essere davvero scomunicato un cardinale che viola il segreto, se il conclave stesso e’ nullo ? A mio modo di vedere no, proprio in
        forza della nullita’.

    • newman ha detto:

      Mi pare che la canonistica dai tempi del Bellarmino e di Paolo IV fino ad oggi dica che tutti gli atti di un papa eretico siano nulli.

      • Adriana 1 ha detto:

        E ,comunque , anche dopo il ” processo ” a papa Formoso ,i suoi atti e ordinazioni vennero ripristinati da Giovanni IX

        • newman ha detto:

          @Adriana1 (10.10./16:45)
          Se gli “atti e ordinazioni” di papa Formoso sono stati ripristinati, vuol dire che erano decaduti in quanto nulli dall’inizio.

          • Adriana 1 ha detto:

            newman ,
            perdoni , ma non mi è chiara l’osservazione . In quella storia-ccia il successore Stefano che volle il processo era stato ordinato vescovo da Formoso , quindi la medesima carica di vescovo di Stefano doveva esser considerata invalida , ciò doveva valere anche per le altre ordinazioni.
            Invece la Chiesa del tempo ” si aggiustò “.

      • Don Pietro Paolo ha detto:

        Argomento alquanto cavilloso e mai realizzabile.
        Esiste un’autorita’ tale che, dopo aver dichiarato un papa eretico (fra l’altro tutto da verificare), può dimetterlo dal suo ufficio? Forse in un romanzo…Non potrebbe farlo neanche un Concilio perché il papa è al di sopra dello stesso. L’unica soluzione può essere lo scisma, purtroppo latente in tante persone “scontente”, e fomentato per lo più da “cattolici” già fuori dalla comunione con Roma . Le persone che amano la Chiesa lottano, lavorano e soprattutto pregano perché questi strappi nella Chiesa non avvengano mai più.

        • newman ha detto:

          @ Don PP (10.10. / 17:11)
          Lei suppone ció che esplicitamente é dichiarato non essere necessario. Un papa eretico é “eo ipso” decaduto e tutti i suoi atti sono nulli.
          Nella sua bolla “Cum ex apostolatus officio” Paolo IV dichiara:” […] e costoro [cioé un Romano Pontefice che “abbia deviato dalla Fede Cattolica o sia caduto in qualche eresia”] per il fatto stesso (eo ipso) E SENZA CHE SIA RICHIESTA ALCUNA DICHIARAZIONE [e.d.c.] siano privati di ogni dignitá, posto, onore, titolo, autoritá, ufficio e potere”.
          Con l'”eo ipso” cade l’argomento “sedes apostolica a nullo iudicatur”. L’eresia del pontefice dev’essere pervicace e manifesta. Si tratta quindi di un dato evidente ed oggettivo per cui non occorre che sia dichiarato tale da alcuno.
          Bisogna davvero pregare perché la Chiesa non sia di nuovo messa alla prova con un altro Bergoglio.

        • Guglielmo da Baskerville ha detto:

          Don Pietro Paolo
          questa Autorita’ esiste ed e’ Gesu’ Cristo, che sicuramente
          non manchera’ di intervenire, a tempo debito, qualora
          sussista l’evenienza dell’eresia papale. Se e quando tale
          ipotesi si verificasse, l’astuzia del maligno raggiungerebbe il
          suo apice proprio nell’ingannare il popolo e i ministri al punto da credere che tutto sia irrisolvibile, facendoci scordare l’Onnipotenza di Dio.

          • newman ha detto:

            L’appello all’autoritá di N.S. Gesú Cristo dovrebbe specificare in che atto si concretizzerebbe tale autoritá nel caso del papa eretico. Nella deposizione del papa eretico? Ma come verrebbe a sapere il popolo cristiano che Nostro Signore – con un atto a noi necessariamente invisibile – ha deposto il capo visibile della Sua chiesa? O con la morte del papa eretico? Ció, naturalmente, risolverebbe il problema. Allora l’ invocazione quaresimale “et pro papa nostro Francisco” assumerebbe un’intenzione del tutto opposta all’attuale!
            Ci dovremmo scusare con Guido Ferro Canale per il fatto che la discussione ha preso una piega del tutto diversa da quella indicata dal suo brillante articolo.

          • Guglielmo da Baskerville ha detto:

            @Newmann 11/10 8:28
            Non sono in grado si indicare con quale atto potrebbe concretizzarsi l’azione di N. S. Gesu’ Cristo riguardo ad un papa eretico, cosi’ come nessuno il 10.2.2013
            poteva immaginare che il giorno successivo Benedetto XVI (non in odore di eresia) avrebbe introdotto la figura del Papa Emerito, tant’e’ che siamo ancora qui spesso a parlarne.
            Come e’ stato inaspettato cio’ che e’ accaduto a Benedetto XVI, cosi’ puo’ esserlo quanto puo’ capitare ad un eventuale papa eretico. Proprio alla luce di questi fatti recenti occorsi nel 2013, io non ho inteso indicare come scenario possibile quello che lei ha indicato.

    • Silvano ha detto:

      Sei divertente Baronio: la tua preoccupazione non è trovare la verità, ma inventare una verità per ottenere il miglior risultato. Sei un genio perché lo scrivi pure!

    • newman ha detto:

      @Cesare Baronio (10.10./14:03)
      Sarebbe invece da gioire, eccellentissimo e caro Baronio, perché il decadere del papa eretico vorrebbe dire fare piazza pulita di un pontificato allucinante, di cui tutti gli atti, nomine, accordi, magistero etc. sarebbero nulli.
      Dicono che il Signore possieda un ottimo “sense of humour”. Se ció accadesse, si avrebbe da ridere nella Chiesa per diversi secoli.
      Quanto ai brogli del Conclave, mi pare siano provati per dichiarazione esplicita di certi suoi componenti.
      Il Cardinale Kasper si riferisce in un’intervista ad un “pre-conclave” dei signori cardinali. Tale pre-conclave non solo non é contemplato, bensí é espressamente proibito e sanzionato dalle disposizioni vigenti di Giovanni-Paolo II. Prendendo tali disposizioni alla lettera, diversi membri del conclave che ha eletto il Bergoglio, erano giá incorsi nella scomunica ‘latae sententiae’ comminata da Giovanni-Paolo II a chi ad esse non si fosse attenuto, Da scomunicati avevano perso il diritto di eleggere un papa. L’elezione del Bergoglio é avvenuta, allora, anche con i voti di coloro che avevano perso il diritto di votare in conclave.
      E allora perché non insorge il mondo cattolico in vista di tale aberrazione? Perché i signori Cardinali fanno finta che tutta sia stato regolare, invece di dichiarare sede vacante ed eleggere un nuovo pontefice secondo le norme canoniche vigenti? E chi potrebbe partecipare al conclave? Certo non i “cardinali” creati da un “papa” illegittimamente eletto.
      Con stima ed amicizia. N.

      • MARIO ha detto:

        Siete fuori di testa…
        La scomunica “latae sententiae” (secondo le disposizioni di Giovanni Paolo II) riguarda i casi di “costrizione”, non di “accordo”. Legga meglio.
        In tutti i conclavi ci sono accordi.

        • newman ha detto:

          “Universi Dominici Gregis”, Parte II, Cap. VI, 79 & 82 proibisce espressamente ai cardinali (1) “di contrattare, mentre il Pontefice é in vita e senza averlo consultato, circa l’elezione del suo Successore, o promettere voti, o prendere decisioni a questo riguardo in conventicole private” (79). (2) “Parimenti vieto ai Cardinali di fare, prima delle elezioni, capitolazioni, ossia di prendere impegni di comune accordo, obbligandosi ad attuarli nel caso che uno di loro sia elevato al Pontificato. Anche queste PROMESSE [e.d.s.], qualora in realtá fossero fatte, sia pure sotto giuramento, le dichiaro nulle e invalide” (82).
          Dalle dichiarazioni pubbliche del Cardinale Godfried Danneels, l’allora Primate del Belgio, circa il cosidd. “Circolo di San Gallo” e dalle dichiarazioni pubbliche di
          Francesco, che afferma di sentirsi obbligato ad attuare ció che tra lui e cardinali fu pattuito in caso della sua elezione al Pontificato, risulta che nel conclave in cui il Bergoglio fu eletto un numero di Cardinali elettori agí contro i divieti sopra citati.
          Il tutto, in dettaglio, in Austen Ivereigh, “The Great Reformer”.
          La “costrizione” riguarda solo UDG II,VI,81.

          • wisteria ha detto:

            Non possiamo certo pretendere che dei cardinali in gran parte complici del Papa o sue creature depongono il Papa stesso perché eretico o altro. Dovrebbero al contempo dimettersi anche loro.
            Dobbiamo dare forza e coraggio a quei pochi che non seguono Bergoglio e costituire un ampio movimento pacifico.
            Quando il Vaticano imploderà, noi saremo la maggoiranza. Noi scomunicheremo loro.