SAN FRANCESCO E FRATE ELIA: OTTO SECOLI DI MENZOGNE.

4 Ottobre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, in occasione della festa di San Francesco l’amico Americo Mascarucci ci ha inviato questa riflessione estremamente interessante, che tenta di far giustizia della patina menzognera incollata nel corso del tempo sulla figura del santo di Assisi. Buona lettura. 

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San Francesco e Frate Elia: otto secoli di menzogne

Caro Tosatti

Chi scrive è un devotissimo della figura di San Francesco d’Assisi, il santo “più deformato della storia” come ha giustamente evidenziato la scrittrice Cristina Siccardi in uno dei suoi ultimi libri.

Deformato da una letteratura che, nel tentativo di esaltarne più gli aspetti umani e artificiosamente ideologici che quelli spirituali, ha finito appunto per deformarne la vera natura di “figlio della Chiesa”, la Chiesa del suo tempo, che invece molti storici di sinistra hanno tentato di contrapporgli. Facendo passare il messaggio che San Francesco fosse stato in realtà un “eretico” del suo tempo, uno che era quasi in antitesi alla Chiesa, alle sue istituzioni, nel nome della difesa di un “vangelo integrale” (vedremo più avanti come il papa emerito Benedetto XVI abbia smontato questa teoria).

Una letteratura che non ha risparmiato neanche le persone che gli sono state accanto, ad iniziare da quello che è stato considerato il principale “guastatore” del “francescanesimo puro”, Frate Elia da Cortona. Vittima in realtà di una dubbia letteratura francescana che ha risentito molto degli scontri e delle rivalità scoppiate fra i frati dopo la morte del fondatore.

I tanti pellegrini che quotidianamente affollano la basilica di San Francesco ignorano l’esistenza di Frate Elia o ne hanno un’opinione negativa come ho avuto modo di constatare io stesso, sia nell’ambito della mia attività giornalistica sia in veste di pellegrino.

Eppure frate Elia ha avuto un ruolo di primissimo piano nella storia e nell’evoluzione del francescanesimo. Come mai tanto disinteresse nei suoi confronti? E perché tanta disinformazione su di lui?

Nei Fioretti si racconta ad esempio che San Francesco, quando era ancora in vita, apprese direttamente dal Signore che Frate Elia era dannato e che sarebbe morto fuori dell’ordine. Solo i meriti del santo e le preghiere da questo rivolte al Signore perché avesse pietà di lui e della sua anima, avrebbero poi consentito a frate Elia di morire in grazia di Dio, in pace con la Chiesa e con l’ordine. I Fioretti non sono però fonti storiche, non riportano una cronaca fedele dei fatti e degli avvenimenti raccontati. Essi sono stati più volte riadattati nel corso dei secoli, mantenendo la fedeltà al racconto originario, ma senza evitare l’aggiunta di particolari ed elementi romanzati ritenuti utili a rafforzare l’attualità e la forza del messaggio francescano.

Altre fonti raccontano al contrario di un frate Elia amico e consigliere fidato di San Francesco. Anzi, c’è chi come Tommaso da Celano il primo biografo ufficiale del santo, lo descrive come il discepolo prediletto, il più amato, tanto che sul punto di morire Francesco lo avrebbe addirittura benedetto affidandogli in eredità la guida dei francescani considerandolo il più meritevole.

Frate Elia fu sicuramente fra i primi seguaci di Francesco e fu da questi molto stimato. Altrimenti come spiegare il fatto che dal 1221 al 1227 proprio lui sia stato chiamato a ricoprire l’incarico di vicario generale dell’ordine con San Francesco ancora vivente? (è morto infatti nel 1226) Se fosse stato vero quanto raccontato nei Fioretti, come avrebbe potuto Francesco affidare un incarico così prestigioso ad uno dei suoi frati che sapeva dannato e condannato a morire scomunicato? Frate Elia lascerà l’incarico di vicario generale esattamente un anno dopo la morte del fondatore. Questo starebbe a dimostrare come in realtà San Francesco non avesse mai dubitato della serietà del suo principale collaboratore al di là di possibili divergenze di vedute che possano essere sorte sulla conduzione delle prime comunità.

In realtà la “leggenda nera” su frate Elia nascerà successivamente, nel periodo compreso fra il 1232 ed il 1239 in cui fu successore di Francesco e dunque ministro generale dell’ordine. Indispensabile non tenere conto del contesto storico che si andò sviluppando in seguito alla scomparsa di Francesco. Inevitabili le dispute sulla conduzione dell’ordine e sullo stile di vita da adottare. Nel 1228, esattamente due anni dopo la morte di Francesco, il papa Gregorio IX volle procedere alla sua canonizzazione. Francesco, il poverello d’Assisi, era dunque diventato un santo della Chiesa. La devozione nei suoi confronti era cresciuta a dismisura e si rendeva dunque necessario un rafforzamento ed un maggiore sviluppo dell’ordine da lui fondato. Frate Elia era dell’idea di dover consolidare la presenza dei francescani attraverso la realizzazione di una vasta rete di conventi. Ma questa tesi trovava la forte opposizione dell’ala dei cosiddetti “intransigenti”, i frati cioè legati al rispetto assoluto e senza deroga della regola francescana, contrari a qualsiasi processo riformatore che potesse in qualche maniera allontanare la missione dei francescani dall’esigenza di vivere nella povertà più assoluta. E’ vero, San Francesco aveva scelto di vivere seguendo il Vangelo nella sua rigidità, ma era pur vero che l’ordine francescano in seguito alla sua canonizzazione, necessitava inevitabilmente di una ristrutturazione, che senza infrangere la regola di vita e di condotta imposta da Francesco ai suoi frati, consentisse un maggiore radicamento e sviluppo del francescanesimo. Di questo era convinto anche Gregorio IX che promosse la realizzazione di una nuova basilica dove poter custodire il corpo del santo. Nel 1228, il giorno successivo alla canonizzazione di San Francesco, lo stesso pontefice e frate Elia in qualità di rappresentante dell’ordine minoritico, posarono la prima pietra del redigendo edificio. La nuova basilica venne realizzata su un colle donato ai francescani da Simone di Pucciarello. Sembra che lo stesso Francesco, più volte, in vita, abbia espresso il desiderio di essere sepolto in quel luogo dove venivano solitamente seppelliti i corpi dei condannati a morte.

Diventato ministro generale dell’ordine nel 1232, Frate Elia decise di deviare dal progetto originario e di ampliare la struttura con la creazione di due basiliche sovrapposte, una inferiore e l’altra superiore, e di abbellirle entrambi con raffigurazioni sulla vita del fondatore. Lo scontro con gli intransigenti fu inevitabile. La basilica così come concepita fu considerata uno schiaffo alle regole imposte da Francesco che aveva raccomandato ai frati la realizzazione di chiese il più possibile compatibili con lo stile di vita dell’ordine. Contro Frate Elia iniziò quindi una dura lotta da parte dei cosiddetti rigoristi.

Il principale oppositore di Frate Elia all’interno della famiglia francescana fu l’inglese Aimone da Faversham che organizzò una vera e propria corrente di opposizione, scatenando contro il ministro generale una lotta senza esclusione di colpi con tanto di esposti al papa. A causa dei difficili rapporti fra il papato e l’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia grande estimatore di Elia, gli esposti di Aimone porteranno alla rimozione del francescano dal vertice dell’ordine ed alla sua scomunica.

Frate Elia era infatti molto stimato da Gregorio IX e al tempo stesso aveva discreti rapporti con Federico II. Da buon francescano si sentiva in dovere di pacificare le opposte fazioni, sfruttando proprio il suo ruolo di mediatore fra il papa e l’imperatore. Gregorio IX sul principio sembrò assecondare i desideri di Frate Elia autorizzandolo a tentare un approccio con Federico II per verificare la fattibilità di un incontro che potesse gettare le basi per una ritrovata armonia. E Frate Elia si mosse di conseguenza incontrando l’imperatore a Pisa nel 1239. Nel frattempo Elia continuava a seguire i lavori della basilica di Assisi e a scontrarsi con i rigoristi che denunciavano quello che consideravano “l’ingente sperpero di risorse e le presunte megalomanie del ministro generale”. In questo contesto ebbe buon gioco Aimone nel condurre la sua lotta ad Elia con l’intento di rimuoverlo dalla guida dell’ordine per sostituirlo con un francescano più vicino alle sue posizioni. Sta di fatto che, ad un certo punto, il papa iniziò a dubitare della fedeltà di Elia nei confronti della Chiesa e a sospettare che, nella disputa politica in corso, si fosse mosso più per favorire l’imperatore. Informato sul fatto che Elia si era incontrato con Federico II a sua  insaputa, Gregorio IX perse definitivamente la fiducia nell’attività di mediazione del francescano comminandogli la scomunica, senza retrocedere di un millimetro neanche di fronte alle spiegazioni che Elia prontamente fornì in sua difesa per smontare le accuse dei suoi detrattori e dimostrare la sua assoluta fedeltà al papato. Non gli restò che ripiegare sull’amicizia dell’imperatore che lo accolse nella sua corte e, consapevole delle sue capacità in campo politico e diplomatico, non mancò di affidargli prestigiosi incarichi.

Una storiografia avversa e pregiudizialmente ostile ha cercato di accreditare l’idea che Elia avesse intrattenuto realmente rapporti segreti con Federico II all’insaputa del papa tramando contro Gregorio IX. Peccato però che nessuna fonte sia stata giudicata attendibile al riguardo visto che, certe accuse, sono sempre arrivate da persone chiaramente animate da motivi di ostilità verso di lui.

Fra Salimbene de Adam esponente dell’ala spiritualistica dell’ordine ad esempio, è l’autore della Cronica, una raccolta di notizie e racconti sulle principali vicende del XIII secolo. Salimbene parla accuratamente dei rapporti fra Elia e l’imperatore avanzando l’ipotesi delle trame segrete antipapiste fra il frate e Federico II. Tuttavia le sue cronache al riguardo sono state giudicate poco attendibili ed ispirate da evidenti pregiudizi anti imperiali. Si dà infatti il caso che il padre di Salimbene fosse contrario all’ingresso del figlio nell’ordine francescano e abbia chiesto l’aiuto dell’imperatore per riaverlo in casa. Federico II si mosse presso frate Elia, allora ministro generale dell’ordine, pregandolo di esaudire la richiesta dell’uomo e di rimandare Salimbene a casa. Pare che il giovane non abbia affatto gradito l’intervento dell’imperatore, né tantomeno il fatto che frate Elia si sia intromesso nella disputa fra il giovane ed il padre. Nella Cronica Salimbene fa poi riferimento ad una lettera che Federico II avrebbe inviato ad Elia, anche questa utilizzata per screditare l’affidabilità del frate nei confronti del papa. Una lettera che in realtà, a detta di alcuni storici, spotrebbe addirittura assolvere Elia dalle accuse di connivenza con il nemico. Se per Salimbene infatti costituisce un’ulteriore prova dei rapporti pregressi fra il frate e l’imperatore, per altri invece altro non sarebbe che un tentativo dell’imperatore di ammorbidire le posizioni dei francescani troppo favorevoli al papa ed in parte ostili all’imperatore. Prendendo a pretesto l’anniversario della beatificazione di Elisabetta d’Ungheria, Federico II scrive a frate Elia esaltando la figura delle beata sua parente, evidenziando la sua continuità con San Francesco ed esprimendo ammirazione per l’ordine francescano. Un tentativo di ottenere benevolenza presso l’ordine stesso tutt’altro che favorevole alla sua politica antipapista.

Il perdono papale per Frate Elia arriverà poco prima della morte avvenuta a Cortona nel 1253, città dove scelse di ritirarsi dopo aver abbandonato la corte di Federico II e dove edificò la basilica di San Francesco.

Altro particolare da non sottovalutare riguarda il già citato Salimbene, autore della già citata Cronica. Questi infatti, oltre che pregiudizialmente ostile a Federico II, era un convinto sostenitore delle dottrine dell’abate Gioacchino da Fiore. A tale proposito vale la pena riportare qui quanto scritto dal papa emerito Benedetto XVI nel libro I maestri francescani e domenicani in cui Ratzinger, esponendo la teologia di San Bonaventura da Bagnoregio riferisce quanto segue:

«San Bonaventura, tra i vari meriti, ha avuto quello di interpretare autenticamente e fedelmente la figura di san Francesco d’Assisi, da lui venerato e studiato con grande amore. In particolar modo, ai tempi di san Bonaventura una corrente di Frati minori, detti “spirituali”, sosteneva che con san Francesco era stata inaugurata una fase totalmente nuova della storia, sarebbe apparso il “Vangelo eterno”, del quale parla l’Apocalisse, che sostituiva il Nuovo Testamento. Questo gruppo affermava che la Chiesa aveva ormai esaurito il proprio ruolo storico, e al suo posto subentrava una comunità carismatica di uomini liberi guidati interiormente dallo Spirito, cioè i “Francescani spirituali”. Alla base delle idee di tale gruppo vi erano gli scritti di un abate cistercense, Gioacchino da Fiore, morto nel 1202. Nelle sue opere, egli affermava un ritmo trinitario della storia. Considerava l’Antico Testamento come età del Padre, seguita dal tempo del Figlio, il tempo della Chiesa. Vi sarebbe stata ancora da aspettare la terza età, quella dello Spirito Santo. Tutta la storia andava così interpretata come una storia di progresso: dalla severità dell’Antico Testamento alla relativa libertà del tempo del Figlio, nella Chiesa, fino alla piena libertà dei Figli di Dio, nel periodo dello Spirito Santo, che sarebbe stato anche, finalmente, il periodo della pace tra gli uomini, della riconciliazione dei popoli e delle religioni. Gioacchino da Fiore aveva suscitato la speranza che l’inizio del nuovo tempo sarebbe venuto da un nuovo monachesimo. Così è comprensibile che un gruppo di Francescani pensasse di riconoscere in san Francesco d’Assisi l’iniziatore del tempo nuovo e nel suo Ordine la comunità del periodo nuovo, la comunità del tempo dello Spirito Santo, che lasciava dietro di sé la Chiesa gerarchica, per iniziare la nuova Chiesa dello Spirito, non più legata alle vecchie strutture. Vi era dunque il rischio di un gravissimo fraintendimento del messaggio di san Francesco, della sua umile fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, e tale equivoco comportava una visione erronea del Cristianesimo nel suo insieme».

«San Bonaventura, che nel 1257 divenne Ministro Generale dell’Ordine Francescano – scrive ancora Ratzinger – si trovò di fronte ad una grave tensione all’interno del suo stesso Ordine a causa appunto di chi sosteneva la menzionata corrente dei “Francescani spirituali”, che si rifaceva a Gioacchino da Fiore. Proprio per rispondere a questo gruppo e ridare unità all’Ordine, san Bonaventura studiò con cura gli scritti autentici di Gioacchino da Fiore e quelli a lui attribuiti e, tenendo conto della necessità di presentare correttamente la figura e il messaggio del suo amato san Francesco, volle esporre una giusta visione della teologia della storia. San Bonaventura affrontò il problema proprio nell’ultima sua opera, una raccolta di conferenze ai monaci dello studio parigino, rimasta incompiuta e giuntaci attraverso le trascrizioni degli uditori, intitolata Hexaëmeron, cioè una spiegazione allegorica dei sei giorni della creazione. I Padri della Chiesa consideravano i sei o sette giorni del racconto sulla creazione come profezia della storia del mondo, dell’umanità. I setti giorni rappresentavano per loro sette periodi della storia, più tardi interpretati anche come sette millenni. Con Cristo saremmo entrati nell’ultimo, cioè il sesto periodo della storia, al quale seguirebbe poi il grande sabato di Dio. San Bonaventura suppone questa interpretazione storica del rapporto dei giorni della creazione, ma in un modo molto libero ed innovativo. Per lui due fenomeni del suo tempo rendono necessaria una nuova interpretazione del corso della storia Il primo: la figura di san Francesco, l’uomo totalmente unito a Cristo fino alla comunione delle stimmate, quasi un alter Christus, e con san Francesco la nuova comunità da lui creata, diversa dal monachesimo finora conosciuto. Questo fenomeno esigeva una nuova interpretazione, come novità di Dio apparsa in quel momento. Il secondo: la posizione di Gioacchino da Fiore, che annunziava un nuovo monachesimo ed un periodo totalmente nuovo della storia, andando oltre la rivelazione del Nuovo Testamento, esigeva una risposta. Da Ministro Generale dell’Ordine dei Francescani, san Bonaventura aveva visto subito che con la concezione spiritualistica, ispirata da Gioacchino da Fiore, l’Ordine non era governabile, ma andava logicamente verso l’anarchia. Due erano per lui le conseguenze: La prima: la necessità pratica di strutture e di inserimento nella realtà della Chiesa gerarchica, della Chiesa reale, aveva bisogno di un fondamento teologico, anche perché gli altri, quelli che seguivano la concezione spiritualista, mostravano soltanto un apparente fondamento teologico. La seconda: pur tenendo conto del realismo necessario, non bisognava perdere la novità della figura di san Francesco».

Da quanto scrive Benedetto XVI appare chiaro, alla luce della teologia di san Bonaventura come le teorie degli spirituali fossero errate prendendo a pretesto ed in parte deformando le tesi di Gioacchino da Fiore. Appare quindi poco attendibile anche la Cronica di Salimbene De Adam che proprio in Gioacchino da Fiore trovava linfa per sostenere le sue convinzioni.

E’ doveroso a questo punto però presentare il personaggio di Frate Elia da Cortona nella giusta chiave d’interpretazione smentendo le calunnie che su di lui sono state costruite nel corso dei secoli e che, nemmeno i suoi diretti discendenti, ovvero i “francescani conventuali” custodi del sacro convento di Assisi hanno mai avvertito il bisogno di confutare. Frate Elia fu uno dei primi discepoli di San Francesco e questo è un dato di fatto. Era, se non il prediletto, uno dei più fidati amici e collaboratori di San Francesco e godeva della sua piena fiducia. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che nel 1221, quando San Francesco era ancora in vita, alla morte di Pietro Cattani, proprio a lui fu affidato l’incarico di vicario generale dell’ordine. A Frate Elia si deve la realizzazione della basilica di Assisi dove è custodito il corpo di san Francesco. Si può sostenere tranquillamente che la basilica rappresenti una vistosa deroga alle regole di vita e di condotta di San Francesco. Benissimo ma va tenuto conto del fatto che San Francesco non era più semplicemente il “poverello d’Assisi”, il fondatore di un ordine mendicante, ma un santo della Chiesa Cattolica la cui venerazione, anche grazie al miracolo delle stimmate, si stava espandendo a macchia d’olio in tutto il mondo conosciuto. Da ogni parte arrivava gente ad Assisi desiderosa di pregare sulla tomba del santo ed in più i francescani iniziavano ad essere richiesti ovunque. Una devozione quella per San Francesco che non poteva non coinvolgere anche il campo artistico; non esistendo all’epoca la possibilità di documentare tutto con fotografie o video, la pittura diventava, insieme alla scrittura, l’unico fondamentale strumento di diffusione della storia e di rappresentazione delle vicende legate alla vita del santo. Quanto alla scomunica papale fu comminata per ragioni prettamente politiche e non religiose, a causa del desiderio di pace che animava l’azione di Frate Elia, convinto di poter riportare armonia nei rapporti fra il papato e l’impero. Le tensioni del momento, cui vanno assommate le false notizie fatte arrivare al papa dai nemici di frate Elia, porteranno Gregorio IX a perdere la fiducia fino a quel momento coltivata nel francescano e a scomunicarlo per la sua troppa vicinanza all’imperatore. Tutto il resto, le trame con l’imperatore, la passione per l’alchimia e l’esoterismo, sono tutte notizie provenienti da fonti non attendibili, pregiudizialmente ostili al frate ed all’imperatore e diffuse ad arte per screditare l’uomo che, dopo la morte di San Francesco, aveva tentato seppur in maniera discutibile, di fare grande il suo ordine.

Americo Mascarucci – giornalista e scrittore

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24 commenti

  • Padre Fabiano ha detto:

    Sono un eremita francescano., vivo la Regola di San Francesco. Sono perplesso circa la valutazione di Frate Elia data da A. Mascarucci, Aprendo semplicemente l’indice dei nomi di persona delle “Fonti Francescane”, alla voce “Elia” trovo per es. queste parole: “tentativi (di Frate Elia) contro la Regola”…; “colpe di frate Elia”…; “(Frate Elia) turba l’Ordine”…, ecc. Consulto i documenti antichi, per es. la “Compilazione di Assisi” o lo “Specchio di perfezione”, e trovo scritto che Frate Elia , facendosi portavoce dei Ministri o Superiori del tempo, contesta San Francesco perché la Regola è troppo dura, ma viene a sua volta contraddetto da Gesù , il quale dice a S. Francesco: “Tutto ciò che è scritto nella Regola è mio. E voglio che sia osservata alla lettera”. Quanto ho affermato è solo una minima parte delle note negative sottolineate dagli storici dell’Ordine Francescano dei primi tempi. Ci sarebbe da dire molto di più. Bisogna studiare meglio le fonti ed essere più oggettivi. Pace e bene.

  • stefano raimondo ha detto:

    Pensando a certa informazione (“A sua immagine”) e a alla cultura che ne è lo sfondo, voglio riportare questa frase di Carmelo Bene:

    “Bisogna far fuori non solo l’informazione come nemica della cultura, ma bisogna poi far fuori la cultura come nemica dell’analfabetismo, che va recuperato.”

    Paradossalmente (e provocatoriamente) non è meglio l’analfabetismo dell’alfabetismo che oggi ci viene imposto? Forse sarebbe opportuno recuperare il senso profondo e antico del sapere non verbale, fondatore di civiltà.

    • Enrico Nippo ha detto:

      “Recuperare il senso profondo e antico del sapere non verbale”:

      finalmente qualcuno che intuisce la vera Via.

      I miei complimenti!

    • Massimo ha detto:

      Grazie per la citazione! Penso a Gesù Cristo: non ha lasciato libri, non ha composto musica, non ha dipinto immagini…Ha scritto una sola volta…parole sulla sabbia.

  • Enrico Nippo ha detto:

    Nella trasmissione su Rai1 “A sua immagine”di questa domenica mattina 4 ottobre, la conduttrice Lorena Bianchetti e i suoi ospiti magnificano l’enciclica “Fratelli tutti”. Poi, da Assisi, Orazio Coclite introduce la messa (di Lutero) con voce entusiasta e quasi estatica.

    Ecco cosa fanno i veri cattolici, impregnati dello spirito della fratellanza universale! Non come certi altri che stanno sempre a mugugnare e criticare! 🤩

    • Boanerghes ha detto:

      Quale sarebbe la Messa di Lutero?
      L’attuale celebrazione eucaristica?
      Ma quando imparerai a rispettare la chiesa Cattolica e la sua messa?
      Se non ti va, vattene alla tua e rispetta gli altri.
      Qualcuno ti dice qualcosa se partecipi ad un altro tipo di messa?
      Impara il rispetto.
      Il pane ed il vino diventano anche da noi il Corpo e il Sangue di Cristo.

      • Enrico Nippo ha detto:

        Si rilassi, Boanerghes.

        Nonostante la sua mente duale e quindi in conflitto: “la nostra messa”, la “vostra Messa”, l’ala protettrice di mons. Lefebvre è stesa dal Cielo anche su di lei.

        • Rossella Ferri ha detto:

          Mi sono accorta, facendone diretta esperienza, che è molto improbabile che i fedeli cresciuti all’ombra del venefico albero del CVII e della nuova Messa entrino nella comprensione degli errori contenuti nel nuovo rito. Occorrono mezzi critici forniti da una retta formazione; la ragione è stata accecata e desertificata da concrezioni di eresie ed errori cumulati nel tempo. Adesso è tardi per recuperare.

          • Lc 11,23 ha detto:

            tuttavia la speranza è grande e ferma. certo occorre pregare molto affinchè i pro conciliari sappiamo fare atto d’umiltà confessando la complicità al grande inganno .
            che il cvII sia distrutto e sia sparso sale sulle sue fondamenta per la gloria d’Altissimo. Che Maria Madonna di Pompei Beata Vergine Regina del Rosario benedica i Santi del Signore e faccia riuscire ogni loro opera.

          • Enrico Nippo ha detto:

            Esattissimamente!

          • Don Pietro Paolo ha detto:

            Farneticazioni. Se tutti quelli Che la pensano come voi sono i depositari della vera dottrina e sono come quelli che scrivono in questo blog, allora c’è veramente da mettersi le mani ai capelli e disperare. Ma che cattolici! Mancano dei più elementari principi del catechismo. L’unica cosa che sanno ripetere, come un mantra ossessivo, è parlare male del Concilio Vat II e dei papi da Giovanni XXIII in poi. Andate prima a leggere la Sacra Scrittura e, se vi è stato inculcato di non leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica recente, almeno il catechismo romano, anche se era per i sacerdoti, e poi fate un esame di coscienza.

          • newman ha detto:

            Si legga il memorandum presentato a Paolo VI dai cardinali Bacci ed Ottaviani sulle lacune ed errori del nuovo rito.
            All’iniziativa dei due cardinali Paolo VI reagí nel suo modo usuale in tali casi: lesse, forse un pó dispiaciuto, talvolta abbandonandosi al pianto … Peró … non mosse dito, lui, che avrebbe potuto farlo, per sanare la situazione, per correggere gli errori, per ristabilire enfasi ed armonie perdute, per colmare lacune teologiche di gran peso.
            E cosí abbiamo il Novus Ordo, un’ombra o uno scheletro rispetto a ció che é la messa di Pio V.

        • Boanerghes ha detto:

          Non ho dubbi, come tutte le anime purganti.
          Sante anime del purgatorio.
          Le prego ogni giorno

        • Don Pietro Paolo ha detto:

          Enrico Nippo,
          O lei non sa quello che dice o è semplicemente un provocatore. uno dei capisaldi su cui Lutero attaccava la Chiesa era proprio la S. Messa, cavallo di battaglia ancora dei cosiddetti evangelici nostrani e delle sette che ormai imperversano ovunque. Ora si ci mette anche lei a dare loro manforte.? Lutero non si sarebbe mai sognato di raccomandare o di celebrare una Messa da lui formulata. Difatti ha negato anche l’Ordine sacro. Allora, quale Messa di Lutero è stata fatta propria dalla Chiesa Cattolica? E lei, che vuole apparire così tollerante, come si permette di offendere chi giornalmente, come me, celebra e vive il Sacrifico della Croce sull’altare definendolo addirittura come qualcosa che ha inventato Lutero che, fra l’altro, negava e combatteva?

          • Enrico Nippo ha detto:

            Don P.P.,

            per sua informazione io con il Catechismo di san Pio X ci sono cresciuto. Ai miei tempi, da bambino e un po’ più grandino, ho avuto come maestri dei veri e santi sacerdoti che mi hanno cresciuto secondo la Liturgia ovviamente pre-conciliare quindi con la Messa ovviamente Tridentina o di san Pio V, che ho servito come chierichetto non so quante volte.
            Soltanto quelli della mia età o anche più anziani possono (se vogliono) CAPIRE la differenza abissale che c’è tra la Messa Cattolica e il novus ordo di cui non io ma eminenti cardinali definirono come un “impressionante allontanamento dalla teologia cattolica”.

            Presumo che lei sia molto più giovane di me e quindi essendo vissuto esclusivamente nel post-concilio e ordinato secondo l’ambigua liturgia post-conciliare, non possiede gli elementi di confronto che invece possiedo io e che mi mettono in grado di affermare quel che affermo.

            Chiaro quindi che per me mons. Lefebvre è, liturgicamente parlando, un saldo punto di riferimento. Si legga il libretto “La messa di Lutero” del medesimo monsignore e poi ne riparliamo.

            Sempre che abbia l’umiltà e il coraggio necessari.

          • Lc 11,23 ha detto:

            buonasera Padre,
            la prego si informi con cuore aperto e saprà tutto quello che c’è da sapere sul cvII e sulla liturgia riformata.
            e in breve anche Lei girerà le spalle al popolo e vestirà la Santa talare. La benedica Gesù il Santissimo.

          • Michel Berthoud ha detto:

            Lutero, nel gennaio 1526, fece stampare un nuovo rituale per le cerimonie della Messa, mantenne il nome di Messa con un po’ di ripugnanza. I paramenti sacri e i ceri furono ancora mantenuti provvisoriamente. Si cominciò con l’Introito in tedesco, poi il Kyrie, poi una Colletta cantata dal celebrante, rivolto ancora verso l’altare, non verso il popolo. Dopo l’Elevazione, che Lutero mantenne fino al 1542, veniva la Comunione nella mano, un’ultima orazione, la Colletta, terminava la Messa, come il Postcommunio dei cattolici. Può trovare informazioni più detagliate alla fonte: https://bit.ly/2GszdeV

          • Don Pietro Paolo ha detto:

            Caro Enrico Nippo,
            non sono così giovane come pensa. Anche io ho servito Messa in latino, anche se ho solo vaghi ricordi. Capisco il suo attaccamento affettivo a quello che ha plasmato la sua vita fin dall’infanzia. Ma io sono sacerdote, e la mia vita non è solo ricordo affettivo che vivo. Ho studiato anche teologia. Veda, se ha letto i miei interventi, non ce l’ho con le persone a cui piace la Messa tridentina. Anche se per me non devono esistere nè tradizionalisti nè progressisti, ma solo cattolici, rispetto quei “tradizionalisti” che non combattono la Chiesa e il Concilio e vivono in piena comunione con Roma. Quello che non posso accettare e mi irrita è sentire chiamare la S. Messa dI S. PAOLO VI, Messa luterana, CHE NON È VERO. Le ripeto, sarò mancante sicuramente in tanti campi, ma non sono uno sprovveduto in teologia. Mi invita a leggere il testo di Lefebvre, e Che cosa ci si può aspettare da un vescovo che avversava ogni innovazione? Quando fu intronizzata la Parola di Dio, qualcuno accusò la Chiesa di essersi protestantizzata, come se la Bibbia era esclusiva proprietà dei protestanti. Se c’è qualcuno che possa reclamare diritti sulla Parola di Dio è la Chiesa Cattolica e per questo ho sempre battagliato con i cosiddetti evangelici. Una cosa che depreco è la mancanza di quello che veniva chiamato il trattato di apologetica. Il vero ecumenismo non è fare proselitismo, ma neanche perdere i principi e la fisionomia dell’essere cattolico. La Chiesa vive della tradizione e anche nel progresso; come lo fu allora la Messa chiamata di S. Pio, stilata non solo sulla tradizione ma anche sulle innovazioni del tempo, così la Messa di S. Paolo VI.

          • MARIO ha detto:

            @ LC 11,23

            “anche Lei girerà le spalle al popolo…”
            come NON hanno mai fatto tutti i Papi pre e post CVII, celebrando Messa nella Basilica di S. Pietro.

            “e vestirà la Santa talare…”
            come NON ha mai fatto Gesù Cristo, che indossava il Santo abbigliamento della gente comune (Santo perché glielo confezionava sua Madre, e quindi a maggior ragione degno di rispetto).
            E a questo riguardo penso che anche S. Pietro abbia preferito imitare Gesù piuttosto che gli assassini del Tempio.

          • Enrico Nippo ha detto:

            Don P.P.,

            sono un convinto assertore della contradditorietà del pensiero che, certamente, non abbisogna di dimostrazioni, per cui la finisco qui, però non senza invitarla di nuovo a leggere attentamente “La messa di Lutero” di mons. Lefebvre.

            “Che cosa ci si può aspettare” è un alibi che crea la sua mente per non leggerlo a causa di una prevenzione oppure per un più o meno inconscio timore di trovarvi qualcosa che potrebbe far traballare le sue convinzioni.

            Dopo di che, Il Signore sia con lei.

          • Enrico Nippo ha detto:

            “Conversione ecologica”: invenzione bergogliana di cui Gesù NON ha mai parlato.

  • 👀 ha detto:

    Se frate Elia è stato accusato fino ad essere “dannato”,
    che dire dell’attuale superiore conventuale, come una “prima donna” parla in televisione RAI, solamente della pachamama-ecologica, mai del Vangelo, mai che Gesù è la salvezza.
    Ci si converte per il colore del vestito?
    Mica siamo tutti juventini!
    Forse è bene non entrare dentro le sacre mura per non uscirne sconvolti.