SAMARITANUS BONUS, RIFORMISTA, CAPPATO. SI VA ALLA GUERRA?

26 Settembre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, abbiamo ricevuto, e condividiamo con voi, questa riflessione di un amico di Stilum Curiae sulla Samaritanus Bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede e delle reazioni che ha provocato nel Partito della Morte. È una riflessione rivolta a tutti, e in particolare ai credenti. Buona lettura. 

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SAMARITANUS BONUS – RIFORMISTA – CAPPATO – SI VA ALLA GUERRA?

Pochi giorni dopo la presentazione di “Samaritanus Bonus”, che chiarisce nuovamente gli insegnamenti della Chiesa sul fine vita, Marco Cappato, l’ha commentata sulle pagine de “Il Riformista” (https://www.ilriformista.it/eutanasia-cosi-il-vaticano-nega-i-diritti-del-malato-162319/) scrivendo che, “ … fornisce, con l’approvazione del Papa un contributo alla violazione delle leggi dello Stato italiano e alla negazione del diritto all’autodeterminazione dei malati”.

Cappato attacca la Santa Sede dicendo anche “afferma che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana, ed arriva a definire “complici” non solo coloro che aiutano i malati a interrompere la propria vita, ma anche i Parlamentari che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito” ed arrivando perfino a “spaventare i malati terminali sostenendo che “una persona che sia registrata in un’associazione per ricevere l’eutanasia deve mostrare il proposito di annullare tale iscrizione prima di ricevere i sacramenti”.

Il discorso si sarebbe anche potuto chiudere qui. Cosa vuoi commentare a fronte di simili affermazioni? Lasci perdere e vai oltre.

Ma il giorno dopo, 25 settembre, lo stesso giornale affida ad un Tommaso d’Aquino Jr il compito di affrontare gli aspetti più teologici e sociologici citando male l’immancabile Concilio Vaticano II (Gaudium e Spes) e malissimo il Catechismo della Chiesa Cattolica (Cfr. par 1789) (https://www.ilriformista.it/samaritanus-bonus-quel-documento-vaticano-senza-misericordia-162911/?refresh_ce).

Andando a cercare  si vede che il discorso parte da molto più lontano e già il 19 novembre dello scorso anno era stato arruolato il padre gesuita Francesco Occhetta S.J. che commentava (https://www.ilriformista.it/diritto-a-morire-quando-si-muore-chi-muore-15903/) il “Diritto a morire: quando si muore, chi muore?”.

Il commento era a seguito della sentenza dei giudici costituzionali che già nel settembre 2018 si erano pronunciati in materia di fine vita, anche alla luce dell’entrata in vigore del cosiddetto “testamento biologico”. Questa sentenza, in pratica,  introduceva nell’art. 580 del Codice Penale la scriminante che giudica “non punibile”, a certe condizioni, chi agevola qualcuno che decide di togliersi la vita quando “l’aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Vedremo dopo perché abbiamo ricordato e riportato questo passo della sentenza.

Siamo certi di poche cose, visto l’andazzo attuale, ma  siamo quasi sicuri che Cappato  e le sue schiere abbiano letto, a differenza di tanti cattolici, “Rivoluzione e contro-rivoluzione” del compianto Plinio Correa de Oliveira, quindi temono che qualcuno inizi a pensare che sarebbe ora di mettere qualche puntino su qualche “i”, e corrono ai ripari.

I “piccoli passi” che sinora hanno caratterizzato l’agire di lor signori devono subire una accelerata che potrebbe anche portare a qualche uscita di strada.

I “piccoli passi” e gli “appelli opportunistici” che sempre hanno caratterizzato le azioni radicali hanno portato, purtroppo, all’attuale assuefazione delle coscienze ed a far digerire, il concetto che ormai e si possono solo limitare i danni. Che ci sia la voglia, da parte di qualcuno, di combattere e non lasciare le barricate, non era in programma. Questo crea scompiglio e reazioni disordinate, come questi articoli dimostrano.

Si potrebbe ricordare l’utilizzo della tragedia della diossina di Seveso sfruttata cinicamente per far approvare la Legge sull’aborto. Il terrore, istillato goccia a goccia, nel cuore di tutte le madri, di partorire figli deformi o con malattie incurabili da scontare per tutta una vita derelitta e penosa. Niente di tutto questo è mai accaduto e tutti i bambini abortiti a seguito di questa onda ignobile e vergognosa erano risultati sani e senza alcun problema palese  ne occulto. Ma la Legge è passata ed ha fatto milioni di morti.

I “piccoli passi” sono stati sempre usati quando l’obiettivo grosso non era alla portata dei rivoluzionari di turno. Si crea un piccolo avamposto, che poi si consolida e da li si parte per ulteriori piccoli blitz creando nuovi avamposti. Il nemico può anche reagire, ma non in modo convinto. Cosa vuoi che sia un piccolo blitz? Una puntura di spillo ad un elefante. I bambini giocano e fanno rumore. Lasciamoli giocare, così non rompono di più le scatole.

Gli esempi sono davanti a tutti noi. Tutti, o quasi, di basso profilo, per non impressionare troppo. Dalle azioni della Cirinnà al testamento biologico, alle unioni civili sino ad arrivare ai disegni di Legge Zan & C. dopo i falliti blitz dei vari Scalfarotti di turno. Anche gli slogan sono quasi sempre analoghi, anche se cucinati con salse diverse. “A te che male fa?”. Mai una volta che sia posta la domanda corretta “Che bene fa?”. Mai che si pensi che se una cosa è sbagliata per me dovrebbe essere sbagliata anche per gli altri. Mai che si pensi che in nessun caso il male può portare al bene.

Per riflettere correttamente sul caso DJ Fabo, che nel 2017 è servito a riaprire questo nuovo fronte, dopo che il caso Welby, e prima ancora il caso Englaro, non erano riusciti a creare delle brecce significative, occorre capire come stanno conducendo l’attacco all’obiettivo vero. Da vecchie volpi hanno aggiunto una nuova strategia alla vecchia autodenuncia.

Crearsi alibi precostituiti per poi arrivare ad assoluzioni plateali da pubblicizzare fuori dal contesto reale. Mi spiego meglio.

Cappato accompagna DJ Fabo (al secolo Fabiano Antoniani), con grande pompa mediatica, in Svizzera per la “buona morte”. Ricordo perfettamente il momento del rientro in Italia (di Cappato, perché DJ Fabo non c’era più): Ero in auto e dalla radio ascoltavo il resoconto, in diretta o registrato da poco. Cappato diceva che lui si era limitato ad accompagnare DJ Fabo in Svizzra. Non era intervenuto “in nulla”, non aveva schiacciato alcun bottone. Concludeva dicendo: “Andrò ad autodenunciarmi ai carabinieri. Voglio vedere se è un reato accompagnare in auto una persona”. Infatti così fu. Al processo riuscirono, secondo i loro sistemi ben oliati, ad ottenere due risultati: continuare a far parlare nel tempo della triste vicenda del suicidio assistito del povero ex DJ ed ottenere l’assoluzione per gli atti “non compiuti” dal Cappato, spacciandoli, con certificazione fornita dalla magistratura, come libertà di suicidio all’estero senza che questo comporti reato. L’effetto secondario, diventato poi fondamentale, è stato quello di coinvolgere così la Corte Costituzionale con le due sentenze sopra richiamate. La sentenza dei giudici del tribunale non era quella, ma “quella” fu la versione che venne divulgata. Oltretutto con un piccolo infortunio nella sentenza. L’assoluzione venne motivata con “perchè il fatto non sussiste”, mentre loro avrebbero voluto “perchè il fatto non costituisce reato”. Giuridicamente era la realtà. Cappato non aveva fatto niente di illegale, aveva solo accompagnato un tizio in Svizzera. Se l’assoluzione fosse stata “perchè il fatto non costituisce reato” sarebbe stata analogamente vera (aveva accompagnato una persona, non aveva neanche schiacciato alcun bottone), ma sarebbe stata sbandierata, “ufficialmente”, come se il “non reato” fosse stato il suicidio assistito.

L’hanno fatto ugualmente, ma falsamente.

Intanto era stato compiuto un altro passo, in attesa del successivo che arrivò come da programma.

L’assoluzione, nel processo per la morte di Davide Trentini, con una sentenza sciagurata dei giudici di Massa, di Marco Cappato e Mina Welby dall’accusa di aiuto al suicidio previsto dall’art. 580 del Codice Penale. Per inquadrare meglio il problema è bene ripercorrere alcuni degli ultimi passi del dibattimento, proprio perché, appunto, la “sentenza Trentini” è molto diversa dalla “sentenza DJ Fabo”.

Per Trentini, Cappato non si era mosso dall’Italia, ma si era “limitato” a raccogliere fondi. L’accompagnatrice era stata Mina Welby, insieme a delle infermiere perché, è bene precisarlo, Trentini non era collegato a macchinari salvavita particolari. Malato di sclerosi multipla sin dal 1993 Trentini, barista di Massa, in realtà aveva condotto una vita quasi normale con la necessità, negli ultimi anni di vita, di ricorrere a farmaci antidolorifici sino ad arrivare alla morfina per l’aggravarsi delle sue condizioni.

A causa di problemi alle attività intestinali e del successivo blocco, aveva dovuto ricorrere a pratiche infermieristiche prima che la madre si impratichisse operando direttamente in proprio.

Questo, che può sembrare secondario, è invece fondamentale perché la difesa di Cappato-Welby ha equiparato la presenza di farmaci e pratiche infermieristiche a quella delle macchine salvavita, per agganciarsi alla sentenza della Corte Costituzionale.

Quale malato cronico non abbia bisogno di farmaci e pratiche infermieristiche non è dato sapere, fatto sta che su questo si è sorvolato durante il processo  ascoltando solo un perito, il Dott. Mario Ricci, che ha riferito di colloqui telefonici con la madre di Trentini, quindi senza ascoltare alcuna testimonianza o registrazione diretta.

Che il Dott. Ricci,dirigente di anestesia dell’ospedale di Cremona sia anche componente del direttivo dell’associazione Luca Coscioni, non è risultato rilevante per i giudici.

Così come si è sorvolato sul cercare di capire in cosa consistessero le pratiche infermieristiche (massaggi, clisteri, altro) per aiutare Trentini ad evacuare visto il blocco intestinale.

In cosa consistessero i farmaci che assumeva e che potevano portare a depressione o ad una maggior facilità manipolativa di chi avesse interesse a farlo.

Fatto sta che il Pubblico Ministero, pur sollecitato da molti a guardare all’aspetto politico, da usare poi in parlamento, degli intenti degli imputati ha risposto:  ”Non mi sento di dire che c’è un disegno politico, io su queste cose non ci voglio neanche entrare”.

Tremenda invece, per quanto ci concerne, la dichiarazione di Mina Welby: «L’ho aiutato a morire da cattolica».

Fatto sta che neanche la madre e la fidanzata, che lo assistevano, sono state chiamate a testimoniare e quando il PM, alla fine, ha deciso di chiedere ulteriori approfondimenti, con nuove prove e testimonianze dirette, i giudici non hanno accolto le richieste e, in Camera di Consiglio hanno deciso in pochi minuti per l’assoluzione.

Prima di salutare i giudici che andavano a chiudersi in Camera di Consiglio, Cappato si era premurato di informarli con questa sua dichiarazione spontanea: “Alla corte vorrei ricordare che dalla morte di dj Fabo e Trentini altre decine di persone si sono recate in Svizzera per il suicidio assistito e le autorità italiane ne sono state informate da quelle elvetiche. Nessun procedimento penale però si è aperto. Quelle persone non hanno avuto bisogno di noi, perché avevano i soldi per farlo e chi li trasportava. Ma questo non può essere il discrimine tra malati che soffrono”.

Cioè il tutto ridotto ad una diatriba fra ricchi e poveri con loro, cuore d’oro, che forniscono ai poveri diseredati i mezzi di cui sono privi.

Questa, in estrema sintesi, la storia dell’assoluzione in quel di Massa spacciato come vittoria dell’eutanasia e come nuova sottolineatura del vuoto normativo che è urgente colmare con una apposita Legge da utilizzare, poi, per spostare i paletti ancora più in la secondo i canoni tipici della finestra di Everton.

Cosa ci insegna tutto questo e cosa dire a commento della battaglia che si sta scatenando ? Cosa dire degli attacchi di Cappato, del Riformista e di altri giornali ?

E’ evidente che la rivoluzione ha ripreso il suo galoppo e la pubblicazione di “Samaritanus Bonus” è solo un’altra tappa della eterna battaglia.

La “rivoluzione” non porta, mai, alcun miglioramento, ma aggiunge solo un passo verso una nuova tappa infernale.

Ci si avvicina sempre più a satana scendendo di girone in girone, di sovversione in sovversione ed al peggio non c’è mai limite.

Ci troviamo a camminare, come qualcuno ebbe a dire, sulla ruota di un mulino dove, per rimanere fermi, occorre andare in senso inverso mantenendo almeno la stessa velocità della ruota. Se vogliamo avanzare la nostra velocità deve essere più elevata. L’unico modo per contrastare la ruota è fermarla, cioè tornare alla situazione pre rivoluzionaria, cioè attuare la controrivoluzione che predicava Plinio Corre de Oliveira, anche se, proprio per la sua vista lunga ed acuta, non era molto amato neanche in campo cattolico.

La battaglia deve essere a 360 gradi perché a 360 gradi è l’attacco.

Editoria, pseudoscienza, potere giuridico, politica, cultura (cinema, letteratura, teatro, musica, ecc.), scuola, medicina, tutto deve essere presidiato e riconquistato, iniziando dalle Parrocchie, che pure dovrebbero essere il nostro baluardo, ma in troppi casi sono solo le quinte colonne del nemico.

E’ arduo? Si. E’ impossibile? No.

Se dodici pescatori ignoranti hanno cambiato il mondo, noi possiamo farcela.

Quello che occorre è solo la nostra conversione.

I presupposti sono l’unità di intenti e la cooperazione, l’annullamento del fuoco amico e soprattutto l’umiltà di comprendere che, ognuno nel proprio campo, può essere determinante portando il proprio mattoncino alla costruzione comune o anche solo facendo la guardia al classico bidone di benzina (controllando prima che non l’abbiano già svuotato).

Iniziamo a cambiare noi stessi ed il mondo cambierà, come diceva Madre Teresa di Calcutta. Dietro alla sua santità milioni di persone sono cambiate.

Possiamo cambiare anche noi, convertirci ed attivarci.

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21 commenti

  • Enricog ha detto:

    Tutto condivisibile, senza dubbio. Mi piace ricordare che la citata Santa Madre Teresa, prima di andare tra i poverissimi di Calcutta, si faceva due ore di Adorazione al Santissimo Sacramento e durante il giorno tanta preghiera.
    Le nostre vere armi per il cambiamento sono proprio queste, altre elucubrazioni e considerazioni, per quanto interessanti, rimangono solamente umane e dovrebbero, secondo me, arrivare alla conclusione che senza di Lui non possiamo fare nulla.
    Quale esempio più chiaro in San Pio da Pietrelcina che definiva “arma” il Santo Rosario?
    Per finire mi permetto di consigliare la Consacrazione di ognuno al Cuore Immacolato di Maria, unico rifugio sicuro in questi tempi di buio fitto.
    Laudetur Jesus Christus!

  • Enrico Nippo ha detto:

    Occorre ammettere che il progredire tecnologico in medicina rende sempre più labile il confine fra doverosa terapia e accanimento terapeutico.

    Quale sarebbe il criterio assoluto grazie al quale si può stabilire quando è giunto il momento di LASCIAR morire?

    Nella Samaritanus bonus si legge:

    «È ciò che l’esperienza conferma: “le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri”.[49] L’ammalato che si sente circondato dalla presenza amorevole umana e cristiana, supera ogni forma di depressione e non cade nell’angoscia di chi, invece, si sente solo ed abbandonato al suo destino di sofferenza e di morte.
    [49] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Iura et bona (5 maggio 1980), II: AAS 72 (1980), 546.

    Si tratta di una pura supposizione, poiché “l’esperienza” è quella del malato e non di chi, dall’esterno, suppone ciò che il malato pensa e sente di sé nella condizione in cui si trova. Si suppone che l’invocazione della morte da parte del malato sia una “richiesta angosciata di aiuto e affetto”, ma è anche possibilissimo che l’enormità della sofferenza non faccia vedere al malato altro che la soluzione della morte.

    A mio parere l’argomento è spinosissimo, e bisognerebbe andarci piano con le affermazioni fatte dall’esterno della condizione patologica. Altro è parlare di chi sta annegando e altro essere chi sta annegando.

    • IMMATURO IRRESPONSABILE ha detto:

      Sì Enrico, alcune circostanze sembrano sfuggire a un giudizio certo; e tuttavia dobbiamo sempre anteporre la ragione al sentimento. Per quanto riguarda l’ accanimento terapeutico il metodo per distinguerlo dal doveroso aiuto (quello che mai è lecito sospendere) c’è; è il fine dell’ atto. Quando rinuncio a operare un novantenne, lo faccio per evitargli delle sofferenza; se quel paziente sopravvive anche senza l’ operazione, il fine della mia azione (risparmiare sofferenze) è comunque raggiunto.
      Se invece io decido di non intervenire (oppure intervenire privando il paziente dell’ alimentazione, o di un respiratore o di un farmaco), col fine di porre fine alla sua vita, il “successo” della mia azione coincide con la morte del paziente; e ciò fa corrispondere questa “astensione” a un omicidio, infatti la volontà è la medesima (s’ intende volontà che ha deliberato un’ azione, non un “desiderio” interiore che tutti possiamo avere, un sentimento direi quasi inevitabile e perciò involontario, che quel paziente cessi di soffrire, anche se ciò significasse la sua morte) .
      Su tali questioni ho rotto antiche amicizie. Capisco che di fronte al dolore, il teorizzare può causare una reazione di rifiuto, ma l’ alternativa (già pienamente in atto, per altro) è quella di girarsi dall’ altra parte e delegare ai medici ogni decisione.
      P.s. Vogliamo esprimere un plauso e un incoraggiamento al S. Uffizio? PARDON, mi è sfuggito… il silenzio dei media non potrà durare a lungo, certamente presto partirà, come dice l’ articolo, una potentissima offensiva che, temo, punterà anche a dividere Ladaria dal Papa.

      • Enrico Nippo ha detto:

        “Il fine dell’atto”: prendo … atto!😊

        “Anteporre la ragione al sentimento”: prendo ancora atto, ma non mi convince del tutto che la ragione debba in ogni caso prevalere sul sentimento, posto che l’essere umano è dotato e di ragione e di sentimento.

        Ragione significa misura, calcolo, e, almeno a me, risulta difficile considerare la vita umana una questione prevalentemente razionale, cioè misurata, calcolata, in quanto ciò, sempre a mio parere, ci allontana dall’umano (e dalla poesia!) e ci avvicina, anzi ci assimila alla macchina.

        Così, non mi sembra che la decisione di vita o di morte, debba ridursi ad una scelta esclusivamente razionale, misurata, calcolata.

        Per di più la cosiddetta “morte naturale” è diventato qualcosa di indecifrabile grazie ai progressi tecnologici che consentono di mantenere l’essere umano in vita grazie, appunto, ad artifici tecnologici che con la natura hanno poco o niente a che fare.

        Mi fermo qui poiché l’argomento, come già detto, è spinosissimo.

  • Iginio ha detto:

    Cappato è un cialtrone e non sarà certo il plinianesimo con la sua retorica bolsa a confutarlo.
    Cappato vada piuttosto a leggersi quello che ha scritto Michel Houellebecq – non certo un prete – a proposito della sentenza che autorizzava a far fuori un malato in Francia.
    E sempre Cappato ci spieghi perché una vita degna di essere vissuta sarebbe quella di un deficiente che fa il dj, si ubriaca o droga e corre a rotta di collo con la macchina di notte fino a scontrarsi.

  • Adriana 1 ha detto:

    Se l’analisi delle astuzie politico/giuridiche cui sono ricorsi i Radicali può esser apprezzabile ,non lo è l’indifferenza sui temi del dolore “tremendo” umano che qui somiglia troppo a quella dei Radicali , nonchè a quella della tabuizzata Madre Teresa di Calcutta .

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Due anni fa una giovane e bravissima cardiologa mi disse che l’ecocardiogramma che mi aveva appena fatto evidenziava (oltre ad altre cose) un aneurisma dell’aorta toracica ascendente del diametro di 4,6 cm. Poi soggiunse : – prima che raggiunga le dimensioni che necessitano un intervento passeranno alcuni anni… ma poi, alla sua età, chi è che la opera? –
    Questa è la mentalità che serpeggia fra i giovani medici!!

    • Anonimo verace ha detto:

      Allora è un miracolo che lei sia ancora con noi.
      Evidentemente il suo angelo custode è da dieci e lode.

  • FABIO TORREMBINI ha detto:

    finestra di OVERTON…..

  • Enrico Nippo ha detto:

    “Se dodici pescatori ignoranti …”: espressione infelice.

    • DON ETTORE BARBIERI ha detto:

      I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo, che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio. Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,25). Questa frase è chiaramente divina. Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? Che fossero paurosi e pusillanimi l’afferma chiaramente chi scrisse la loro vita senza dissimulare nulla e senza nascondere i loro difetti, ciò che costituisce la miglior garanzia di veridicità di quanto asserisce. (S. Giovanni Crisostomo).

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Eh sì.
      Intanto non erano dodici ma undici perchè uno ha tradito. E degli undici rimasti, due, Matteo e Giovanni, sicuramente non erano pescatori.
      Pazienza!

      • Don Pietro Paolo ha detto:

        Gli apostoli erano 12 e non 11; Mattia aveva preso il posto di Giuda (cfr At 1, 15-26). Se 12 personaggi “ignoranti”, così come li chiama S. Giovanni Crisostomo, hanno cambiato il mondo, lo si deve solo alla “Potenza” che fu data loro dall’Alto della Quale furono rivestiti il giorno di Pentecoste. Gesù aveva già avvertito gli apostoli che si era scelto: ” Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24, 48-49). Purtroppo molti battezzati non sanno che solo “quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8, 14). Si illudono di essere cristiani magari solo perché hanno provato l’ebbrezza di una pentecoste artificiale, ma poi tutto è cambiato. L’arrivismo ha conquistato il loro cuore anche se a volte accompagnato da un attivismo ma sempre solo dettato dalla ricerca di se stessi, dal successo e dalla gloria. E questi personaggi si trovano ovunque, soprattutto nella politica e nella Chiesa. L’apostolo già allora si lamentava che sono pochi quelli che fanno gli interessi di Cristo ( cfr Fil 2, 21). La Chiesa, che dovrebbe vivere una perenne Pentecoste, oggi purtroppo langue. Sembra che lo Spirito sia spento. Si può e si deve pregare perché il Signore illumini i potenti del mondo e la gente che li voterà, ma credo che è più impellente pregare incessantemente per la Santa Chiesa perché lo Spirito ritorni ad essere la sua legge, il suo dinamismo, la sua forza e la sua Guida e perché susciti oggi uomini, consacrati e laici di “fuoco” che, come gli apostoli di ieri, impavidi travolgano le potenze del male infiltrate ormai ovunque e pronte a dare il colpo finale al popolo di Dio. Allora: Vieni, Spirito Santo, ritorna alla tua Chiesa.

        • Enrico Nippo ha detto:

          Stando a Cristo, il Cattolicesimo non sembra essere una religione di massa: molti (non tutti) i chiamati, pochi gli eletti; la porta stretta sono pochi quelli che la trovano. Non sembrerebbe che gli “ignoranti” abbiano qualche possibilità di farcela. E sono i più. I molti. E molto grassi, dacché attraverso la porta stretta non ci passano.

          Lei che ne dice?

          • Iginio ha detto:

            Io dico che è ora di finirla con questa disgustosa (e blasfema) strumentalizzazione della Parola di Dio. Pochi gli eletti ma molti i chiamati: sta a noi rispondere e starà a Dio giudicare. Punto. Niente a che vedere con sparate da samurai, capitanul, evolate, pliniate, superomismi ridicoli e via farneticando.

        • stilumcuriale emerito ha detto:

          Allora aggiungiamoci Paolo (2 Cor 1,1) e così diventano 13.
          Ma Mattia e Paolo non erano pescatori. Ma è possibile che i preti vogliano sempre avere ragione?

          • Don Pietro Paolo ha detto:

            Potremmo aggiungere anche Barnaba e tanti altri, ma i 12 erano i 12. Se crediamo al testo evangelico, anche Giovanni, l’apostolo, era pescatoreeee insieme a suo fratello Giacomo, soci di Pietro e del fratello Andrea. Ma l’intento del mio intervento non era questa specificazione quanto il sottolineare il bisogno della Chiesa di avere, non importa se dotti o ignoranti secondo il mondo, non chiacchieroni capaci solo di piangersi addosso, ma figli pieni di Spirito Santo capaci con la potenza che viene data loro dall’altro di confondere e abbattere tutte le potenze del mondo e debellare il pensiero infernale che sorregge una cultura di morte e che oggi ci viene offerto e imposto sotto le falsi vesti di “umanesimo”

          • stilumcuriale emerito ha detto:

            Per favore Reverendo don Pietro Paolo, le cose le racconti giuste.
            L’apostolo Giovanni, autore del quarto Vangelo, di tre Lettere e dell’Apocalisse non ha mai asserito di essere stato pescatore.
            I sinottici dicono che Giovanni – fratello di Giacomo e figlio di Zebedeo- stava rassettando le reti sulla barca di proprietà del padre quando Gesù lo chiamò. Invece di Pietro è detto espressamente che era pescatore.
            Giusto per la verità.

          • Enrico Nippo ha detto:

            Insomma, don Pietro Paolo, la Chiesa non ha origini proletarie. Come il cattocomunismo vorrebbe che fosse.

  • Ezechiele ha detto:

    Per tornare alla situazione pre rivoluzionaria come indicato dal dottor Plinio, bisogna ritornare a prima del Rinascimento. Buon lavoro!