Papato Monarchico ed Episcopato Subordinato. Don Curzio Nitoglia, Cinzia Notaro.
12 Luglio 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Cinzia Notaro, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione la terza parte dell’intervista sulla collegialità episcopale realizzata con don Curzio Nitoglia. Buona lettura e condivisione. A questi collegamenti trovate la prima e la seconda parte.
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L’insegnamento del Ballerini su Papato monarchico ed Episcopato subordinato
Procedendo con la terza parte dell’intervista a don Curzio Nitoglia sacerdote romano, studioso del tomismo e autore di eccellenti saggi , cerchiamo di capire bene l’insegnamento di don Pietro Ballerini sul “Papato Monarchico e l ‘Episcopato Subordinato”.
Ricordiamo che il famoso teologo veronese Pietro Ballerini (7 settembre 1698 – 28 marzo 1769, cfr. C. Testore, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1949, vol. II, coll. 751-752, voce Ballerini Pietro) nelle sue opere oramai classiche di ecclesiologia De Potestate ecclesiastica summorum Pontificum et Conciliorum generalium (Verona, 1765) e De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum (Verona, 1766) ha trattato in generale la questione dogmatica della natura della Chiesa di Cristo, e, specialmente contro l’errore conciliarista approfondendo la disputa del Primato della monarchia papale sull’Episcopato subordinato ad essa (Cfr. T. Facchini, Il Papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona, Padova, Il Messaggero di S. Antonio, 1950, cap. IV, pp.67-89). Quest’ultima diatriba è tornata alla ribalta con il problema della Collegialità episcopale nel Concilio Vaticano II (Lumen gentium, n. 22, anno 1965).
D. Lo studio classico dell’ ecclesiologo veronese è stato utile per fare chiarezza?
R. Certamente utile per capire ancor meglio l’opposizione di contraddizione, che intercorre tra la dottrina cattolica tradizionale sui rapporti che sussistono tra il subordinante e il subordinato, ossia tra il Papa e l’Episcopato e la Collegialità episcopale, che riduce alquanto la natura dell’Episcopato monarchico del Papa e sopravvaluta l’Episcopato subordinato del Corpo dei Vescovi, diminuendo notevolmente la loro diseguaglianza sostanziale per divina Istituzione, senza arrivare al conciliarismo, ma favorendolo.
D. Cosa insegna in merito don Pietro Ballerini ?
R. 1°) Pietro ebbe direttamente da Gesù il Primato sugli altri Apostoli, il quale poi passò ai Romani Pontefici suoi successori e Vicari visibili in terra di Cristo asceso in Cielo;
2°) il Primato di San Pietro e dei Romani Pontefici non è solo di onore, ma soprattutto di governo o di giurisdizione;
3°) questo Primato di giurisdizione è personale, ossia riguarda la persona di Pietro e del Papa regnante, e non è della Chiesa che lo trasmette al Papa, anzi esso passa dal Papa alla Chiesa universale che viene da lui governata, come dal Capo alle membra;
4°) esso è di diritto divino, per cui nessuno, neppure il Papa, può mutarlo sostanzialmente, annacquarlo e rinunziarvi (cfr. Paolo VI, Lumen gentium, n. 22, 1965; Paolo VI, Vescovo emerito, 1966; Benedetto XVI, Papa emerito, 2013).
D. Ci può descrivere in che consiste la potestà ecclesiale?
R. È bene specificare che la potestà ecclesiastica si divide in potere d’Ordine, immediatamente ordinato a santificare le anime mediante i Sacramenti e specialmente il S. Sacrificio della Messa e potere di Giurisdizione, immediatamente diretto a governare i fedeli e condurli al loro fine ultimo. La Giurisdizione si suddivide in Magistero, che insegna autorevolmente le verità Rivelate e in Giurisdizione o Governo in senso stretto, che promulga le leggi (potere legislativo), giudica i sudditi (potere giudiziale) ed infine applica le sanzioni penali contro coloro che trasgrediscono le leggi (potere esecutivo o coattivo).
D. Invece il Sacerdozio o potere d’Ordine ?
R. Alcuni autori, per comodità, parlano di tre poteri: Sacerdotium, Magisterium e Imperium, ma praticamente il significato è lo stesso. Quindi la gerarchia di Giurisdizione comprende il potere d ‘insegnare e di governare: i suoi gradini sono, per diritto divino, l’Episcopato e il Papato. Si compone, sempre per diritto divino, di tre gradini: il Diaconato, il Presbiterato e l’Episcopato. Il Sacerdozio o potere d’Ordine e la Giurisdizione (Magistero e Governo) sono distinti realmente tra di loro, ma sono stretti da una mutua relazione: il Sacerdozio è ordinato non solo a santificare direttamente, ma anche ad insegnare e governare indirettamente, e, la Giurisdizione non solo è finalizzata direttamente al governo e all’insegnamento, ma anche indirettamente alla santificazione delle anime. L’Ordine sacro viene conferito con l’apposito Sacramento, mentre la Giurisdizione viene concessa immediatamente da Dio al Papa per diritto divino e per missione canonica dal Papa ai Vescovi e dai Vescovi ai Parroci. La Giurisdizione suppone l’Ordine sacro e viceversa l’esercizio dell’Ordine è diretto dalla Giurisdizione. La Chiesa ha nel suo seno superiori e inferiori, per diritto divino, quindi è una società gerarchica o ineguale, in cui i chierici (clèros = scelti) fanno parte del duplice potere di Sacerdozio ed eventualmente di Governo; tutti gli altri sono i laici (laòs = popolo) ossia i fedeli. Quindi nella Chiesa vi è chi comanda e chi obbedisce e non tutti i suoi membri hanno eguali diritti e doveri (cfr. S. Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 39, a. 3; L. Billot, De Ecclesia Christi, Roma, 1927, vol. I, Theses 15-24; A. Ottaviani, Institutiones Juris Publici Ecclesiastici, Roma, 1936, vol. I; A. M. Vellico, De Ecclesia Christi, Roma, 1940, pp. 549-603).
D. La dottrina pastorale della Collegialità episcopale del Concilio Vaticano II è in contraddizione con la dottrina dogmatica contenuta nella S. Scrittura ?
R. Si ed anche con la Tradizione apostolica trasmessaci dai Padri ecclesiastici, dai Dottori della prima, seconda e terza scolastica e insegnata autorevolmente dal Magistero costante, e quindi infallibile (cfr. Pio IX, Enciclica Tuas libenter, 1863) della Chiesa, che è stato contraddetto da quello non dogmatico, non definitorio e non obbligante per la salvezza dell’anima, e quindi non infallibile, del Vaticano II.
D. Quale la prerogativa principale della Chiesa di Cristo?
R. L’Unità che per divina volontà deve essere una (ossia indivisa in sé e distinta dalle altre chiese e religioni) ed unica. Infatti il Credo niceno/costantinopolitano la pone in primo luogo tra le quattro note della Chiesa: “Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”.
San Giovanni Crisostomo la pone come elemento essenziale per definire la Chiesa, la quale “significa unione e armonia, accordo o consonanza e non spazio o luogo in cui ci si riunisce” (I hom. in Epist. ad Cor.).
Gesù ha fondato una sola Chiesa e non molte chiesuole ed è morto “per unire i figli di Dio dispersi, in una sola cosa” (Gv., XVII, 20-27), ossia in una sola Chiesa. San Paolo lo conferma: “Cristo è la nostra pace, Egli da due (Ebrei e Pagani) fece una sola cosa” (Efes., II, 14) e prima di morire Cristo raccomandò al Padre, tra le sue ultime volontà, l’unità della Chiesa: “Padre santo, conserva quelli che mi desti affinché siano una sola cosa come Noi (ut sint unum)” (Gv., XVII, 11). “In questo versetto Gesù non prega solo per gli Apostoli, ma assieme a loro anche per i discepoli e per tutti i fedeli che avrebbero creduto il Lui in futuro, ossia per tutta la Chiesa” (Cornelio a Lapide, Commentarius in Sancti Johannis Evangelium, Venezia, 1717).
D. Siccome la Chiesa è esterna e visibile, anche l’unità deve esserlo ?
R. Altrimenti “non ci sarebbe nessuna sicurezza di unità” (S. Aug., In Parmen., lib. III, n. 28).
L’ unità della Chiesa è prodotta soprattutto dall’unica fede e dal vincolo della carità o della comunione tra le membra della Chiesa e delle membra con i Pastori e soprattutto col Pastore dei Pastori, il Romano Pontefice. Per cui i vari fedeli, pur essendo sparsi in tutto il mondo, se professano la stessa fede e se comunicano vicendevolmente aderendo e obbedendo ai legittimi Pastori, formano un solo corpo, una sola società, ossia una sola ed unica Chiesa, che è quella di Cristo (cfr. P. Ballerini, De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum, cap. X, n. 1).
La Chiesa è una soprattutto per l’unica fede insegnata e professata perché questa è il suo fondamento. Ogni edificio può avere un solo fondamento. Perciò Gesù pregando per l’unità della Chiesa disse che pregava non solo per i Dodici Apostoli, ma per tutti quelli che tutti i giorni sino alla fine del mondo avrebbero creduto in Lui, formando con questa unica fede una sola Chiesa (S. Ambrogio, De Incar., lib. I, cap. 5).
D. Scismi ed eresie minacciano l’unità di comunione essenziale perché ci sia l’unità di fede?
R. L’unità di fede, che è la più importante, precede e comporta l’unità di comunione o di carità, che ne è una conseguenza necessaria. Infatti ove ci sono divisioni e scismi, ivi subentrano le varietà di opinioni o le eresie. San Paolo lo rivela: “Vi scongiuro, fratelli, di professare le stessa fede e che non sorgano scismi in mezzo a voi, ma siate uniti nella stessa dottrina e nella stessa carità” (I Cor., I, 10). Come si vede senza unione di fede non vi è unione di carità o di comunione e lo scisma segue immancabilmente l’eresia e viceversa dallo scisma nasce prima o poi l’eresia. Di modo che il fine dell’unione di carità è l’unione di fede. La prima è necessaria e ordinata alla seconda. Esse sono talmente necessarie che se manca l’una o l’altra si cessa di appartenere al corpo della Chiesa di Cristo. Quindi l’eresia e lo scisma escludono dalla Chiesa. Infatti l’eresia toglie l’unità di fede e lo scisma distrugge l’unità di comunione o di carità (cfr. P. Ballerini, De vi ac ratione primatus…, cap. X, nn. 2-5; cap. XI, n. 1).
D. Quale il fine del Primato del Papa?
R. L’unità di fede e di comunione della Chiesa universale. Certamente anche i Vescovi son preposti alle chiese particolari o diocesi per governarle e mantenerle nell’unità, ma il Pontefice Romano, ha ricevuto il Primato su tutta la Chiesa ed è stato investito da Cristo del compito di mantenere l’unità della Chiesa universale e di ogni diocesi, la quale deve rispondere tramite il suo Vescovo al Papa (De vi ac ratione primatus…, cap. VIII, n. 3). Quindi il fine per cui Gesù ha istituito il Primato dei Papi è l’unità di fede e di comunione di tutta la Chiesa. Anzi la divina Istituzione del Primato pontificio è non solo utile, ma assolutamente necessaria per conservare l’unità di fede e di carità in tutta la Chiesa (cfr. Catechismo del Concilio di Trento, parte I, art. IX, § 12, n. 112, tr. it., a cura di p. Tito S. Centi, Siena, Cantagalli, 1981, pp. 129-132). In breve l’unità della Chiesa dipende soprattutto dall’unico Capo visibile di essa, il Papa, e come l’unità è essenziale alla Chiesa così il Papa è essenziale ad essa di modo che senza Papa non sussisterebbe l’unità e quindi la Chiesa.La ragione teologica di questo principio data dal Ballerini (De vi ac ratione…, cap. VIII, nn. 5-7) è la seguente: chi vuole il fine vuole anche i mezzi.
D. Perché era necessario che, dopo l’Ascensione di Cristo in Cielo, vi fosse un Capo vicario di Cristo, visibile in terra e principio dell’unità della Chiesa ?
R. La Chiesa è stata voluta da Cristo essenzialmente una e Gesù non la può abbandonare quanto alle cose necessarie alla sua sussistenza.Quindi la deve fornire dei mezzi atti a mantenersi nell’unità, e specialmente per premunirsi contro le eresie, che minacciano l’unità di fede e gli scismi, che attaccano l’unità di comunione. Siccome questi mezzi son destinati a mantenere l’unità visibile nella Chiesa visibile, anch’essi debbono essere visibili. Ma ogni società si mantiene unita mediante un Capo cui tutti i sudditi convergono come i raggi di un cerchio al suo centro.
Gli Apostoli fondarono le varie chiese particolari o diocesi, ponendo a loro capo un Vescovo che le governasse e ne custodisse l’unità, che si ottiene mediante l’adesione dei singoli fedeli di ogni diocesi al loro Pastore particolare, ossia al Vescovo del luogo. Ma queste unità particolari delle singole diocesi non sono sufficienti: esse sono ordinate, come mezzi al fine, all’unità della Chiesa universale. Affinché la Chiesa universale sia una di fede e di comunione è necessario che tutti, fedeli e Pastori, siano uniti al Capo unico e supremo che Gesù ha preposto a tutta la Chiesa nella persona di Pietro e dei suoi successori. Perciò il Primato papale è di diritto divino e non ecclesiastico.
D. Se il Primato fosse solo di onore e non di giurisdizione sarebbe sufficiente ad ottenere il suo fine ovvero la reale unità di fede e di comunione della Chiesa universale ?
R. Assolutamente no. Per questo Dio ha dato a Pietro e ai Papi l’autorità sufficiente (legislativa, giudiziaria e coattiva) e necessaria per mantenere l’unità (De vi ac ratione…, cap. II, n. 1; cap. IX, n. 1 e 2).
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Tag: collegiuialità, nitoglia, notaro, terza parte
Categoria: Generale
Ante tanta erudición responderé con el siervo de Dios Padre Felice Maria Cappello, jesuíta: ¿Para qué sirve todo esto si tenemos la Epístola Encíclica SATIS COGNITUM (29 de junio de 1896) del Papa León XIII, que además de resumir admirablemente toda la Doctrina Católica, es Magisterio de la Iglesia? Por cierto, el Papa Paulo VI recomendaba frecuentemente la lectura de ésta Encíclica, que es una síntesis magisterial sobre la esencia y unidad de la verdadera Iglesia de Cristo y su Constitución jerárquica. Todo lo demás es “fastidium doctrinae”.