Elogio del Complottista. Intervista all’Avvocato Francesco Carraro, di Cinzia Notaro.

2 Maggio 2024 Pubblicato da 1 Commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questa intervista realizzata da Cinzia Notaro, che ringraziamo di cuore, all’avvocato Francesco Carraro. Buona lettura e diffusione.

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Elogio del complottista. Ne parliamo con l’avv. Francesco Carraro

Chi è il complottista? Certamente rappresenta un grande nemico del potere, perché smaschera le vere intenzioni del sistema svelando le sue diaboliche trame.

Dai più viene definito paranoico, scettico, vittima del dubbio… In realtà pone domande scomode e di  sicuro ha una mente aperta che lo porta a stare fuori dal gregge, a non credere alla narrativa ufficiale e quindi  meritevole di ammirazione e stima!

Per sommi capi ce ne parla nel suo libro “Elogio del complottista” l’avvocato Francesco Carraro.

A quali rischi va incontro il complottista oggi?

Per rispondere bisogna preliminarmente intendersi sul significato della parola. Complottista, a termini di vocabolario, dovrebbe designare solo due categorie di persone: chi fa i complotti o chi pensa che, dietro un evento, ci sia un complotto. Questi sono quelli che io definisco complottisti in senso stretto. Oggi, purtroppo, i mass media hanno “allargato” moltissime le maglie semantiche della parola in questione, includendo anche altre due categorie di soggetti, diversissimi fra loro: da un lato chi concepisce, avalla e diffonde le teorie più azzardate e incredibili (io li definisco complottisti in senso assurdo); dall’altro, chi fa uso meditato e ragionevole del proprio pensiero critico e della propria ragione (io li definisco complottisti in senso critico). Il mio libro, e il mio elogio, sono destinati proprio a questi ultimi. Costoro oggi sono chiamati complottisti proprio per sottintendere che essi hanno le caratteristiche sia del complottista in senso stretto (ma paranoide: colui il quale pensa che dietro ad ogni evento ci sia un complotto) sia del complottista in senso assurdo (chi propala le teorie più incredibili). Insomma, la parola complottista è diventata un’arma lessicale, e semantica, per uccidere mediaticamente il dissenso.

Come mai è così difficile smontare il pensiero unico e far ragionare ognuno con la propria testa?

Perché il cosiddetto Pensiero Unico si avvale di un vero e proprio arsenale “atomico” di condizionamento delle masse e dei singoli. Mi riferisco al sistema mediatico mainstream: una pletora sconfinata di innumerevoli canali apparentemente “indipendenti” e “autonomi” che, in realtà, fanno quasi tutti capo a pochissime centraline: immensi gruppi editoriali privati o pubblici ai quali interessa solo fare il gioco dell’establishment. Se poi ci aggiungiamo che questi media “mainstream” si presentano e sono spesso percepiti come la “voce dell’autorità” (in quanto tali attendibili per definizione) il gioco è fatto.

Si può parlare di plagio mentale?

Certamente. Le tecniche di manipolazione delle coscienze non sono una invenzione del XXI secolo. Erano ben note, conosciute e divulgate già sul finire dell’800 e nella prima metà del ‘900. Basti pensare a scrittori come Gustave Le Bon (autore de “La psicologia delle folle” nel 1895) oppure a Edward Barneys, nipote di Sigmund Freud (autore del saggio “Propaganda” del 1928) o, ancora, a Vance Packard (autore de “I persuasori occulti” del 1958). Oggi l’enorme progresso della tecnologia, soprattutto informatica e digitale, e delle neuroscienze ha fatto fare ulteriori passi da gigante alla “scienza” della comunicazione e anche a quella della manipolazione. Basti considerare che cosa sono riusciti a fare il combinato disposto di establishment+mainstream nel recente biennio pandemico e della campagna vaccinale.

Quali gli aspetti salienti evidenziati nel suo saggio?

Si tratta di un percorso a vasto raggio con il quale ho inteso sia approfondire le origini linguistiche, etimologiche e la portata semantica di vocaboli come “complotto”, “complottismo” e “complottista” sia occuparmi dell’uso manipolatorio e distorsivo che, di tali termini, hanno fatto – e continuano a fare – l’establishment e il mainstream. Mi sono poi dedicato a smascherare alcune palesi menzogne: tipo quella secondo cui i complotti sarebbero pressoché impossibili in una società libera, liberale e democratica o quella secondo il complottismo fa rima con fake news. Infine, ho stilato un breve decalogo dei comandamenti del buon complottista in senso critico.

Il complottista è colui che ha capito che tutto quello che gli si racconta deve essere filtrato dalla sua intelligenza guidata da un spirito critico?

Costui è esattamente quello che io definisco come complottista in senso critico e a cui è destinato l’elogio del mio libro.

L’emarginazione e l’insulto sono purtroppo il prezzo da pagare per far venire a galla la verità?

L’emarginazione e l’insulto sono il prezzo che deve pagare oggi il complottista in senso critico perché, a dispetto delle apparenze, non viviamo affatto nel migliore dei mondi possibili; e tantomeno in una società “libera” e “democratica” come la vogliono far passare e come ce la dipingono ogni giorno i media di regime. Viviamo, invece, in un sistema altamente sofisticato di coercizione del comportamento individuale e di controllo del pensiero e di censura della libertà di espressione. L’uso astutamente artefatto del termine complottista ha proprio la funzione, come ho detto prima, di ghettizzare e “squalificare” in partenza il cittadino che si rifiuta di farsi intruppare nella Matrice e che ne rigetta i diktat e le imposizioni.

Tuttavia anche se la gente comune riconosce che sarebbe stato meglio non seguire il pensiero dominante dando ragione al complottista, perché nella maggior parte dei casi si beve tutto ciò che i mass media propinano?

Perché i mass media generalisti (soprattutto la televisione) esercitano un enorme potere incantatorio sull’uomo medio già di per sé indaffarato a portare avanti una vita quotidiana stressante e caotica e “stregato” dalle malìe seduttrici della società dei consumi. In un contesto dove la coscienza di sé è addormentata e il “sonno” della ragione regna sovrano, l’individuo non ha né tempo né voglia di mettersi a “studiare” come funziona la “fattoria” di cui lui – a tutti gli effetti e senza rendersene conto – è un animale d’allevamento. E così, alla fine della giornata, accende la tv e recepisce senza filtri tutto ciò che i media cosiddetti ufficiali e sedicenti affidabili gli dicono. L’homo credulus (come io l’ho soprannominato) non può credere che i pubblici poteri (o chi si nasconde dietro i medesimi) dicano delle menzogne. E, invece, se si sforzasse di andare oltre il paravento illusorio della narrazione che gli viene propinata a reti pressochè unificate si accorgerebbe che è esattamente ciò che succede.

Guerre, pandemie, cambiamenti climatici… sul web circolano diverse fake news che si spacciano per vere, difficile in questo caso capire se anche quella dei complottisti sia una vera informazione o una concorrente della disinformazione. Come poter discernere?

Alla fine del libro enuncio una sorta di decalogo per il complottista a cui io rivolgo l’ELOGIO che è poi il complottista in senso critico, cioè l’uomo intelligente e raziocinante che non si accontenta delle versioni di comodo, o addirittura di copertura, fornite dal mainstream. Uno dei consigli che dò è quello di controllare e verificare sempre qualsiasi notizia prima di crederci o, peggio ancora, di veicolarla. Verificarne la data, la provenienza, la fonte originaria, le eventuali adulterazioni intervenute in corso d’opera. Talvolta le informazioni “troppo belle per essere vere” – nel senso che confermano in toto certe nostre impressioni e sensazioni – non sono vere affatto.

Si guarda al complottismo come un mondo a parte che lancia al sistema una sfida che al sistema conviene accettare per qualche motivo preciso?

Il Sistema ha tutto l’interesse ad alimentare la “mitologia” nera del complottismo e dei complottisti perché trattasi di una formidabile arma dialettica e propagandistica per rinchiudere i liberi pensatori e i dissidenti all’interno di un recinto percepito dalla massa come negativo e squalificante.

Leggiamo: “Il complottista odierno è l’erede della tradizione di pensiero critico occidentale che fonda le proprie radici nella nascita della filosofia occidentale. Socrate, Platone, Aristotele e tutti gli altri grandi maestri”. Cosa li distingueva?

Il pensiero filosofico greco affonda le sue radici nella attività “investigativa”, di discernimento e approfondimento svolta dai fisici naturalisti della Ionia (attuale Turchia occidentale) e della Grecia. Essi cercavano la Verità, con la V maiuscola, oltre il velo delle apparenze e del MITO. Allo stesso modo, i complottisti in senso critico di oggi cercano la verità con la v minuscola aldilà della cortina di menzogne di cui si nutre il mainstream e dal quale, a sua volta, la massa è “nutrita”.

La logica del complottista si basa su certezze:  nulla è come sembra; niente accade per caso; tutto è connesso. E’ questo che lo rende vincente?

Non direi che si basa su certezze. Piuttosto, esattamente il contrario: su dubbi. Il famoso dubbio sistematico che costituiva la chiave di volta sia del metodo socratico sia del metodo cartesiano. Dubitare di tutto ciò di cui non abbiamo una granitica certezza e, massimamente, dubitare di ciò che ci viene raccontato da un sistema che ci ha dato molteplici dimostrazione di come e quanto esso sappia, e soprattutto voglia, mentire per ingannare.

Si potrebbe fare un profilo del complottista?

Direi che si tratta molto semplicemente dell’uomo dotato di tre qualità/attitudini: propensione al dubbio sistematico, attitudine a diffidare, capacità di articolare un pensiero critico.

Sappiamo che è universale la tendenza a credere nel complotto: perché a molti manca o scarseggia la capacità di analizzare e valutare la realtà? È questione di educazione o genetica? Come si può sviluppare questa importante abilità?

A nessuno è, in partenza, preclusa la possibilità di diventare un complottista in senso critico. Anzi, potremmo addirittura dire che l’uomo lo sarebbe naturalmente se non intervenisse il lavaggio del cervello (sul piano della manipolazione e della propaganda) effettuato dai media mainstream in primis, ma spesso (a monte) addirittura dalla scuola e dall’università. Quantomeno nella misura in cui queste istituzioni non si ispirano alla caratteristica cruciale di ogni vera ricerca (l’apertura della mente e la volontà di rifuggire ai pregiudizi e agli approcci dogmatici), ma semmai a istanze di segno contrario; e cioè a un sapere cloroformizzato, sclerotizzato, irregimentato da mere convenienze economiche o da precisi condizionamenti ideologici.

C’è un’altra faccia del complottismo ovvero quello che può essere usato come arma non convenzionale nei conflitti politici e nei rapporti tra Stati?

Il complottismo sano, vale a dire quello critico (come l’ho sopra descritto) può funzionare egregiamente alla stregua di una chiave di comprensione di qualsiasi realtà, quindi anche degli avvenimenti “macro” a livello economico e geopolitico.

Il complottista è un vero guerriero contro la “finestra di Overton”, lo schema di comunicazione di persuasione  delle masse, per mezzo del quale l’inaccettabile diventa accettabile, e addirittura conforme e legalizzato, vero?

Sicuramente un complottista in senso critico è perfettamente in grado di accorgersi quanto il meccanismo manipolativo da lei citato è in funzione.

Un equivalente della “Finestra di Overton” è sicuramente il “principio della rana bollita” ovvero la “strategia della gradualità” nel fare digerire le cose o anche il ripetere 100 volte una falsità affinché diventi verità.

Sono tutte articolazioni della medesima strategia, sia pure declinata con sfumature, o tempistiche o modalità diverse: introdurre cambiamenti, anche nefasti, all’insaputa dei destinatari o, addirittura, con il plauso dei medesimi.

Il complottista intravede la distorsione della realtà attraverso la manipolazione del linguaggio, il controllo mentale e l’abuso di potere (di cui parlano i libri di Orwell)? Si può così evitare l’instaurarsi di future dittature, dato che la democrazia è sempre in pericolo?

Il complottista “vede” e, non a caso, denuncia. C’era bisogno, a mio parere di un testo che spiegasse alle persone come e perché questa figura (quando designa l’uomo libero da condizionamenti e capace di ragionare con la sua testa) non sia affatto un nemico della democrazia, ma anzi l’unico in grado di salvarla. Quindi, la risposta è: sì, una comunità di complottisti in senso critico è l’unico antidoto contro l’avvento di un regime. Ma ce ne vuole un numero sufficiente…

Dopo “L’elogio del complottista” pensa di scriverne un altro basato su una critica costruttiva al sistema?

Anche l’Elogio contiene una pars costruens oltre a una pars destruens. In ogni caso, per il momento sono impegnato nella promozione e della diffusione dell’ultima “creatura”. A breve comincerò a concentrarmi su un nuovo progetto editoriale, ma non ho ancora certezze al riguardo.

Cinzia Notaro

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1 commento

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Elogio della sindrome di San Tommaso . 🙂
    50 anni fa il complottismo era anche detto “dietrologia” ma aveva una connotazione tra il sarcastico e lo spregiativo.

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