Il Nichilismo Tiepido e Indifferente dell’Umanità di Oggi. Giorgio Agamben.

20 Marzo 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni tratte dal blog di Giorgio Agamben, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e condivisione.

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Dio, uomo, animale

Quando Nietzsche, quasi centocinquant’anni fa, formulò la sua diagnosi sulla morte di Dio, pensava che questo evento inaudito avrebbe cambiato alla radice l’esistenza degli uomini sulla terra. «Dove ci muoviamo ora? – scriveva – Non è il nostro un continuo precipitare? […] Esistono ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando attraverso un infinito nulla?».

E Kirilov, il personaggio dei Demoni, le cui parole Nietzsche aveva attentamente meditato, pensava la morte di Dio con lo stesso pathos accorato e ne aveva tratto come necessaria conseguenza l’emancipazione di una volontà senza più limiti e, insieme, il non senso e il suicidio: «Se Dio c’è, io sono Dio… Se Dio c’è, tutta la volontà è sua e io non posso sottrarmi alla sua volontà. Se Dio non c’è, tutta la volontà è mia e sono costretto ad affermare il mio libero arbitrio… Sono obbligato a spararmi, perché l’espressione più piena del mio libero arbitrio è uccidere me stesso».
È un fatto sul quale non ci si dovrebbe stancare di riflettere che un secolo e mezzo dopo questo pathos sembra ora completamente sparito. Gli uomini sono placidamente sopravvissuti alla morte di Dio e continuano a vivere senza far storie, per così dire come se niente fosse. Come se niente – appunto – fosse.

Il nichilismo, che gli intellettuali europei avevano salutato all’inizio come il più inquietante degli ospiti, è diventato una condizione quotidiana tiepida e indifferente, con la quale, contrariamente a quanto pensavano Turgenev e Dostoevskij, Nietzsche e Heidegger, è possibile tranquillamente convivere, continuando a cercare soldi e lavoro, a sposarsi e a divorziare, a viaggiare e andare in vacanza.

L’uomo vaga oggi senza darsene pensiero in una terra di nessuno, al di là non solo del divino e dell’umano, ma anche (con buona pace di coloro che teorizzano cinicamente un ritorno degli uomini alla natura da cui provengono) dell’animale.
Certamente ciascuno converrà che tutto questo non ha senso, che senza il divino non sappiamo più come pensare l’umano e l’animale, ma questo significa semplicemente che tutto e niente sono ora possibili.

Niente: cioè che al limite non ci sia più il mondo, ma resti il linguaggio (questo è, a ben pensarci, il solo significato del termine «nulla» – che il linguaggio distrugga, come sta facendo, il mondo, credendo di potergli sopravvivere).

Tutto: forse anche – e questo è per noi decisivo – l’apparizione di una nuova figura – nuova, cioè arcaica e, insieme, vicinissima, così vicina che non riusciamo a vederla.

Di chi e di che cosa? Del divino, dell’umano, dell’animale?
Abbiamo sempre pensato il vivente all’interno di questa triade, insieme prestigiosa e malcerta, sempre giocandoli l’uno contro l’altro o l’uno con l’altro. Non è forse giunto il momento di ricordarci di quando il vivente non era ancora né un dio, né un uomo, né un animale, ma semplicemente un’anima, cioè una vita?

18 marzo 2024
Giorgio Agamben

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19 commenti

  • stefano raimondo ha detto:

    Il nichilismo è un ospite inquieto che ormai si aggira per la casa. Ma non serve metterlo alla porta. Il nichilismo va semmai accelerato nella prospettiva di superarlo.

    Ciò che cade non va trattenuto, ma aiutato a cadere. (Jünger)

    • Luca antonio ha detto:

      Ottima considerazione, ma storicista.
      E le anime perse nel frattempo ?.

  • Stilobate ha detto:

    Penso che l’analisi di Agamben non sia del tutto corretta. La tesi che potremmo chiamare del “nichilismo integrato”, cioè l’idea che il nichilismo e l’ateismo siano stati assorbiti senza particolari traumi dalla società e dagli individui che la compongono, mi pare infondata. L’apparentemente placida normalizzazione del nichilismo è un dato che riguarda solo la superficie della vita sociale e individuale, ed è resa possibile da un complesso aggregato di distrattori e di narcotici. È insomma mascherata da una sorta di edonismo catalettico, che impedisce all’oscuro sentimento del nulla di affiorare a coscienza. In profondità, però, il disagio rimane, più acuto e desolante che mai. E i suoi segni manifesti sono sotto gli occhi di tutti, se non si rifugga dal prenderne atto. No, caro Agamben, plutofilia e carrierismo, la bulimia di sesso, di cibo, di viaggi, e tutto il resto (p. es. quella forma di narcisismo esibizionistico che è il patologico life sharing via social), non sono che una forma di autoipnosi, se non di lobotomia, innescata da tanto voraginoso quanto inconsaputo horror vacui. Dietro un’apparente, amente e appariscente scorza di gaiezza, compie la sua devastante azione patologica un vertiginoso senso di vacuità, di inutilità, di assurdità. Il nichilismo non è mai indolore. Non può esserlo perché è in essenza errore, contraddizione: è anzi l’essenza dell’errore e della contraddizione, e come tale non può mancare di produrre tragici effetti (denaturazione, disumanizzazione, ecc.). *** P.S. Concordo con Adriana: la foto-ritratto ha un che di sinistro. Nei ritratti fotografici dei pensatori si cerca spesso di ostentare un sovraccarico di intensità ponzante, che a volte esprime, oltre a qualcosa di affettato, anche un che di inquietante.

    • luca antonio ha detto:

      Concordo, caro Stilobate.
      Quello che a mio avviso fa da velo ad Agamben, ma noto anche a moliti altri, è il superficiale benessere materiale che si tende a confondere per “tranquillità”, data da un progresso materiale che la miopia dell’immanenza fa poi credere illimitato.
      Succede spesso che le società opulente, narcotizzate dai sensi, non vedano l’abisso che si cela sotto i loro passi – “camminavamo ridendo sul tappeto di fiori che nascondeva l’abisso” disse un nobile francese -, Salviano di Marsiglia scrive nel De gubernatione Dei che gli abitanti di Treviri, appena passata la furia distruttrice dei barbari, chiesero per prima cosa al governatore la ricostruzione del circo, e che nella Cartagine assediata dai Vandali le grida di quanti morivano sugli spalti si confondevano con le grida di piacere delle orge.
      Oggi la proliferazione dei mezzi di distrazione e lo strabordare della tecnica copre ancora più efficacemente la decadenza, che tuttavia per chi ha occhi per vedere è chiara. La bruttezza dei paesaggi urbani, delle strade, delle persone – maschere incrudite -, l’involgarimento del linguaggio – ormai poco più di una serie di grugniti –, la decadenza allucinante del dibattito politico, sono dolorose evidenze.
      Si è così passati, grazie alla sovrabbondanza di possibilità, ad un nichilismo da “superfetazione” che riduce a nulla ogni esperienza sostituendola subito con un’altra senza che la prima abbia lasciato alcun frutto, con, sullo sfondo, inevitabile, l’ombra della morte.
      Consiglio a questo riguardo di ripensare in questa chiave Cento anni di solitudine, capolavoro assoluto della letteratura di ogni tempo, di Garcia Marquez; lì i personaggi compiono ogni sorta di azioni e avventure strabordanti, ma alla fine tutto si staglia sul nulla ed è proprio quella sovrabbondanza di vita ed “essere” che “nullifica” , riduce ad insignificanza ogni cosa – anche oggì è lunedì, come ieri, come l’altro ieri, lamenta il fondatore di Macondo prima di impazzire violentemente per poi piombare nello stato catatonico che attende anche questa civiltà senza Dio -.
      Altra lettura su questo tipo di nichilismo che consiglio assolutamente è l’ultima opera di Cormac McCarty divisa in due libri Il Passeggero e Stella Maris, da leggere invertiti a mio avviso, prima Stella Maris e poi il Passeggero. Capolavoro terminale della letteratura americana e cippo funerario della civiltà occidentale.

      • Stilobate ha detto:

        Bella riflessione, caro Luca Antonio. Assai opportunamente Lei chiama in causa lo “strabordare della tecnica”. Viviamo infatti in un’era di barbarie tecnologica, dove i sistemi, le reti sono state strutturate – e ora si strutturano da sé – come il sistema nervoso di un organismo artificiale sempre più in grado di esercitare un’azione diretta sul mondo naturale. L’aggressione al sostrato biologico (della quale le inoculazioni a tappeto di preparati ad elevato potere antropotropico rappresentano una particolare modalità) è parte fondamentale di questo processo. Siamo di fronte all’ennesimo piano babelico, l’ennesima scalata all’Olimpo, l’ennesima ribellione della simia Dei. Anche se a molti, forse ai più, l’attuale era di barbarie tecnologica appare l’antefatto dell’instaurazione di una sorta di paradiso in terra (è questa, in fondo, la fede dominante dell’Occidente terminale), la prospettiva che essa ci apparecchia è proprio quella cui Lei accenna, vale a dire una condizione di inebetimento catatonico. Chi o che cosa potrà riscuoterci da un simile stato? E in che modo? E quando? Sono questioni molto complesse, di non facile soluzione. Certo è però che tale stato incuba in sé i semi della propria dissoluzione, proprio perché è edificato sull’abisso siderale del nulla, sulla follia dell’autocontraddizione.

        • Adriana 1 ha detto:

          Caro Stilobate, applaudo.
          Io vi vedo i germi di una autodistruzione fatta passare mentitamente per una metamorfosi “titanica”.
          Gli artisti, spesso, hanno intuizioni preveggenti.
          Penso a Giger e ai suoi “Metamorfici”.

          • Stilobate ha detto:

            Sì, cara Adriana, questa autodissoluzione avverrà, e sfocerà – come nel mondo del divenire è inevitabile – in un diverso piano, più ampio e comprensivo. La dinamica che regola simili processi fu chiamata da qualcuno “Aufhebung” (e il gran rumore di panni che si stracciano all’evocazione di questa figura e del suo levatore filosofico non può cancellare la realtà della dinamica in essa compendiata). *** Come Lei scrive, i veri artisti spesso antevedono: la loro specialissima sensibilità li rende autentici profeti, anche se ardui e spesso cassandrini (non era, del resto, Cassandra sacredotessa del Musagete?). Personalmente trovo le loro preconizioni più acute e profonde, di quelle fornite dalla nutrita pattuglia dei veggenti e dei loro seguaci. E ho l’impressione che la violentissima offensiva scatenata ai danni dell’arte in epoca tardomoderna (p. es. le varie forme di avanguardia), con la scissione programmatica e/o fattuale dell’unità di arte e sacralità e con la progressiva devitalizzazione/adulterazione/obliterazione di questa e di quella, abbia tra i suoi moventi anche l’intento di tacitare la privilegiata forma di profetismo che l’autentica arte costituisce.

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Stilobate,
            non posso fare a meno di notare come nel vocabolo
            “aufhebung” si senta echeggiare il corno di battaglia del Ragnarock…
            Un paesaggio più ampio si apre ai nostri occhi: c’è da sperare che, come nel poema norreno, un sole di pace illumini i giovani combattenti sopravvissuti, memori dei padri.

    • Adriana 1 ha detto:

      Molto ben detto… quando non ci si limita a guardare, ma si “osserva”.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    E se capovolgessimo il discorso dicendo che non si può parlare del divino se prima non si comprende l’umano? Sul divino i cosiddetti pensatori (siamo tutti pensatori o no? per questo ho scritto cosiddetti) hanno detto e inventato di tutto buttandogli addosso tutti i pregi e i difetti dell’uomo, come se Dio fosse una specie di grandissimo omone in grado di abbracciare tutto l’Universo e niente di più.

    • Luca antonio ha detto:

      Caro stilum, ma e’ veramente lei?, mi sembra di sentire Rolando. Terminator 2 e’ un gran film!. 😂
      O forse Spinoza, con i suoi triangoli che ragionano da triangoli, e’ tornato e si e’ impossessato di lei?, anche l’ esorcista e’ un gran film ! 😉

      • stilumcuriale emerito ha detto:

        Sono l’ultranovantenne di professione “Pensionato che ha lavorato” presente ormai da anni in questo blog. Dei personaggi che lei nomina non conosco nemmeno l’esistenza. Ciò che scrivo è soltanto frutto della mia personale multiforme esperienza.

        • luca antonio ha detto:

          Mi scusi Stilum carissimo, scherzavo un poco.
          Comunque il partire dall’umano, da noi stessi, è inevitabile, ma poi la ragione scopre che l’umano senza il divino, semplicemente, non può “essere”.

  • Adriana 1 ha detto:

    Gentile Tosatti,
    perdoni, ma…non esiste una foto più “gradevole” di Agambèn? Visto così, mi fa paura.

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Cara Adry, anche le espressioni di un volto sono messaggi. Messaggi che a me non fanno paura, anzi sono positivi perchè sembrano dire: — Non fatevi fregare! Riflettete con la vostra testa.–

      • Adriana 1 ha detto:

        Talvolta si possono travisare, i messaggi. Quanti serial killer apparivano come brave persone…e viceversa.

        • stilumcuriale emerito ha detto:

          Adry, perdona se insisto. Non parlavo di lineamenti ma di espressioni del volto. A volte un aggrottare di ciglia, un sorriso, uno sguardo indagatore dicono molto di più di mille parole.

          • Adriana 1 ha detto:

            Caro Stilum,
            certo, hai ragione. Infatti questa è una foto che piacerebbe molto a Dario Argento.

  • Davide Scarano ha detto:

    Condivido le riflessioni di Agamben. Stante la forza e la pervasività del “pilota automatico” che condiziona in ogni ambito le nostre vite, rimane poco da fare, salvo fare del nostro meglio, cioè lottare ogni giorno per lasciare intorno a noi terra su cui innalzare “case solide come una roccia” e non terra franosa. Il resto, come direbbe Tolkien, non sta a noi stabilirlo.