Valore della Genuflessione: agli Inizi, Oggi, e Sempre! Fra’ Bonaventura.

16 Febbraio 2024 Pubblicato da 3 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni sul valore della genuflessione per i cristiani. Buona lettura e diffusione.

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Valore della genuflessione: agli inizi, oggi, e sempre!

   Prima di parlare della genuflessione vorrei leggere un testo molto bello di San Paolo a Timoteo: «La pietà è utile a tutto; ha la promessa della vita presente e della vita futura.» (1 Tim 4,8).

   Ma siamo sicuri di questo insegnamento del grande Apostolo delle Genti? Vorrei ora meditare con voi sul mistero e sul significato della genuflessione. La pietà è fedeltà religiosa al dovere e all’amore filiale di Colui che lo comanda. Come l’albero vive di linfa, la pietà vive di pratiche. Il culto interiore è sostenuto solo dal culto esteriore.

   Si conosce una legge dal perdurare dei suoi effetti. Quando vedo le stagioni succedersi con perfetta regolarità, dico che esiste una legge che governa la successione del tempo. Tuttavia, da quando è sulla terra, il genere umano ha sempre fatto la genuflessione. Esiste quindi una legge fondamentale di cui questo atto misterioso è l’espressione.

   Non essendosi fatto da sé, ma essendo una semplice creatura, l’uomo è un essere dipendente. Da qui, per lui, la necessità di riconoscere e venerare un essere superiore, il suo Creatore. L’uomo è stato quindi creato per adorare. Se l’uomo non adora il vero Dio, adora falsi dei (sport, carriera, onori, gloria, studi, ogni genere di cose transitorie). Adora Gesù Cristo o Belial. La legge del culto è la prima legge dell’umanità.

   La genuflessione è l’espressione invariabile di questa legge. Tutti i popoli, anche i più barbari, si inginocchiano. Per questo Ruperto di Deutz (1075-1129) dice che «con questo atteggiamento si supplica il Creatore di guardaci dal Cielo e di ricordarsi il modo in cui ci ha formati nel grembo delle nostre madri» (In Cant. Commento 1, VI, c VII). Così dice Giobbe: «Ricordati che mi hai fatto creta e che mi ridurrai in polvere» (X,9). La genuflessione colloca l’uomo e Dio nei loro rapporti naturali: umiltà e miseria profonda, da un lato; grandezza e bontà infinita, dall’altro: Dio in alto e l’uomo in basso. Sconvolto da cima a fondo dal peccato, l’ordine è ristabilito; chiuse dall’orgoglio, ecco riaperte le fonti della grazia: ecco la salvezza dell’uomo e del mondo.

   La genuflessione è la prima legge di tutta la Creazione. Tutti gli esseri sono creati per adorare il loro Creatore. Questa legge misteriosa regna nel Cielo tra gli Angeli, e nell’inferno tra i demoni, come ha detto Dio stesso: “Giuro su me stesso, dalla mia bocca esce una parola giusta, una parola che non sarà revocata; ogni ginocchio si piegherà davanti a me” (Isaia 45:23). L’atto di giustizia che Dio chiede a tutte le sue creature è che si genuflettano davanti a Lui: «Adorerai il Signore tuo Dio, a Lui solo renderai culto.» (Mt 4,10).

   Formulata dal Signore per il mondo antico, la legge della genuflessione è proclamata, per il mondo nuovo, dall’Apostolo delle Genti: «Io vedo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me» (Rm 14,11) e, rivolgendosi ai cristiani d’Oriente: «Ogni ginocchio si pieghi nel nome di Gesù, in Cielo, in terra e sotto terra» (Fil 2, 10).

   Questa genuflessione si traduce nell’accettazione di tutte le verità che Dio vuole rivelarci e nella rapida esecuzione dei suoi ordini. Tra gli angeli e i demoni la genuflessione, spogliata della sua forma sensibile, è una legge costantemente osservata.

   Nel primo momento della Creazione gli spiriti angelici dovevano giungere liberamente al loro fine: la visione beatifica. Per meritarselo, gli angeli dovettero sottoporsi ad una prova: l’accettazione di un dogma che superava la loro illuminazione naturale. Cioè il mistero dell’Incarnazione del Verbo; Il Figlio di Dio si univa personalmente con la natura umana; così che gli angeli sarebbero stati obbligati ad adorare un Dio-uomo. Gli angeli buoni si genuflettevano esclamando: “Chi è come Dio?” La loro ricompensa fu la conferma eterna nell’amicizia di Dio e il godimento della visione beatifica, con tutti i privilegi che ne derivano.

   A questa prima genuflessione ne seguirono un’infinità di altre. In tutti i secoli vediamo gli spiriti beati inginocchiarsi davanti a Dio; cioè, ricevono obbedientemente le comunicazioni del loro Re e compiono fedelmente le missioni che egli affida loro. Ad esempio, il passaggio del Mar Rosso (dove furono ritrovati proprio qualche anno fa i carri del faraone! v. Es 14,19-20); o ancora la storia del sant’uomo Tobia. La carità del padre e la docilità del figlio sono ricompensate da Dio che invia l’arcangelo Raffaele come protettore e compagno di viaggio del giovane Tobia. E alla fine l’arcangelo si fa conoscere: «Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che stanno davanti al Signore» (Tb 12,15 e ss), poi scompare come un lampo.

   San Paolo ci dice che tutti gli angeli si inginocchiano davanti a Nostro Signore Gesù Cristo. (Fil 2,10).

   Ma Nabucodonosor fingeva di credersi Dio e voleva essere adorato. Egli fece realizzare un’enorme statua d’oro a sua somiglianza e chiese a tutti di adorarla (Dn 3,12). E tutti dovevano fare la doppia genuflessione al suono degli strumenti musicali, prostrandosi con la fronte fino a terra, come si fa oggi davanti al Santissimo Sacramento esposto. Ma tre giovani ebrei rimasero in piedi, immobili. Per tale motivo Sidrach, Misach e Abdénago furono così gettati, legati mani e piedi, nella fornace ardente, perché avevano detto: «Il Dio che adoriamo è abbastanza potente da liberarci.» L’Onnipotente mandò loro un angelo per liberarli e proteggerli…

   Questa è l’immagine opposta di ciò che attende nell’eternità coloro che non vogliono adorare il Creatore e Salvatore.

   C’è anche il bellissimo esempio di Daniele che, dopo il decreto del re che vietava i culti diversi dal proprio, tre volte al giorno si inginocchiava invocando e lodando Dio. Daniele risponde quindi a Dario, che lo fece gettare nella fossa dei leoni: «Il mio Dio ha mandato il suo angelo ed egli ha chiuso la bocca dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché davanti a Lui sono stato trovato innocente…» (Dn 6,11-22). Daniele rimase silenzioso nella fossa dei leoni. Ecco un buon esempio per ogni cristiano. Questa testimonianza è già nell’Antico Testamento: «Dio ha detto: Ogni ginocchio si piegherà davanti a me.» (Is 45,23); ciò che San Paolo ripete ai Romani: «Vidi che, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me» (Rm 14,11 e Fil 2,10).

   È bene ricordare che la genuflessione angelica è l’atto con cui un angelo, riconoscendo il dominio sovrano di Dio, si mostra pronto ad eseguire i suoi ordini. San Paolo usa questo termine per avvicinarsi al nostro modo di parlare e per farci comprendere l’alto significato della genuflessione. Per questo il Salmo (103) dice: «Fa dei suoi angeli  i suoi messaggeri.» E san Paolo aggiunge: «Non sono forse tutti spiriti destinati a servire, inviati in missione a causa di coloro che devono ereditare la salvezza?» (Eb 1,14).

   Dio stesso invia l’arcangelo Gabriele (“missus a Deo”: Lc 1,26) a chiedere il consenso della Santissima Vergine: “Io sono la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua parola.» (Lc 1,38). Così si compì il grande evento salvifico atteso da tanti secoli, e la moltitudine degli angeli venne a lodare Dio (Lc 2,13). Questa è la seconda volta che l’esercito celeste viene ad adorare il Suo Signore. La prima volta alla Creazione e la seconda volta per cantare la missione del Figlio di Dio: “E di nuovo quando introduceva il Primogenito nel mondo, disse: lo adorino tutti i suoi angeli.” (Eb. 1,6).

   Sarebbe troppo lungo raccontare tutte le genuflessioni angeliche lungo il corso dei secoli cristiani. Nell’Apocalisse, questo libro divino, si trova la profezia del futuro. In questo tempo di persecuzione dell’Anticristo ci saranno molti crimini, punizioni, calamità, piaghe, ma gli angeli giocheranno un grande ruolo nel proteggere i veri fedeli. Per questo è detto: “E vidi e udii la voce di molti angeli che erano intorno al trono, dei Viventi e degli Anziani. E il loro numero era di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia.» (Ap 5,11-14).

   La genuflessione non è solo una legge dell’umanità, è una legge generale che si estende a tutta la Creazione, agli angeli, agli uomini e ai demoni. Durante la consacrazione del nuovo Tempio, Salomone poggia entrambe le ginocchia a terra e alza le mani al cielo dicendo: «Dobbiamo dunque pensare che Dio abita realmente sulla terra?… Ascolta la preghiera del tuo servo che ti supplica di tenere aperti gli occhi su questa dimora.» (2 Cr 6:13). È una solenne genuflessione davanti a Dio, che deve essere riferimento per ciascuno di noi. Che bella lezione di coraggio e di mancanza di rispetto umano!

   Di ritorno dalla prigionia babilonese, dimenticando la dura punizione da cui erano appena stati liberati, gli ebrei, tornando a casa, cominciarono di nuovo a violare i comandamenti di Dio, il loro liberatore. Esdra, devastato dal dolore “si strappò la veste e il mantello, si inginocchiò e stese le mani verso Dio.” (Esd 9:5). Il profeta non sa con quali mezzi potrà rimetterli sulla retta via, allora si inginocchia davanti a Dio in riparazione (cfr. preghiere dell’Angelo di Fatima) e incoraggia il popolo a camminare d’ora in poi fedelmente.

   È bene ricordare la testimonianza di san Luca durante l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi: «Giunto all’orto degli Ulivi, Gesù si allontanò dagli Apostoli e, giunto a un tiro di sasso, si inginocchiò, pregò.» (Lc 9,28 e ss). Possiamo vedere nel Vangelo molti casi di genuflessione. I poveri, gli sfortunati… che chiedono la grazia a Gesù cominciano con la genuflessione davanti al nostro Salvatore.

   Ai piedi del Tabor, subito dopo la Trasfigurazione, si fa avanti un povero padre, si inginocchia e dice: «Signore, abbi pietà di mio figlio, perché è epilettico.» (Mt 17,14). Gesù scacciò il demonio, e il bambino fu guarito. Dopo il Discorso della Montagna (Mt 5), il Signore confermò la sua dottrina guarendo un lebbroso che si era inginocchiato davanti a Lui, e questo lo fece con una semplice parola (Mt 8,1-4). Santo Stefano segue le orme del suo Maestro e, mentre veniva lapidato, «si inginocchiò e gridò a gran voce: Signore, non imputare loro questo peccato. E si addormentò nel Signore.» (At 7,59-60).

   C’è un episodio, riportato negli Atti degli Apostoli, che deve far riflettere: si tratta della risurrezione di Tabita da parte di san Pietro (At 9,40-41). “San Pietro si inginocchiò e pregò… disse «Tabita alzati.» Vediamo così la forza della preghiera per mezzo della genuflessione, motivo per cui san Girolamo aveva un callo sulle ginocchia, come la pelle di un cammello. Anche per questo san Paolo insiste e dice: «Per questo piego le ginocchia davanti al Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, dal quale proviene ogni paternità, nei cieli e sulla terra.» (Fil 3,13-14). Comprendiamo allora il testo dell’Apocalisse: «A queste parole i ventiquattro anziani scesero dai loro troni e si prostrarono davanti a Colui che sedeva sul trono.» (Ap 4,10).

   Le creature materiali sono opera di Dio e perciò gli devono sottomissione e adorazione, secondo la legge del loro essere. Sono quindi sempre in adorazione, o in genuflessione. Seguono in tutto l’ordine, le leggi della loro creazione. Per questo il Salmo dice: «Conta il numero delle stelle e le chiama tutte per nome.» (Sal 147,4). E tutte le stelle obbediscono a Dio: “Puoi forse mandare i fulmini e loro dicono «Eccoci»? (Gb 38,35). Alla presenza di Dio cantano le sue lodi e si genuflettono e, come il sole, attendono i suoi ordini (Gb 38,7). Ciascuno occupa il suo posto nel brillante esercito di Dio: avanza con maestosità nelle pianure del firmamento e produce la magnifica armonia che affascina i nostri occhi, sfida la sua conoscenza ed esaurisce la sua immaginazione. Questa armonia risulta dalla fedeltà con cui ogni stella adempie la sua missione. Tutte le creature materiali si genuflettono davanti a Dio, come dice il Salmo 148: «fuoco, grandine, neve, ghiaccio… eseguiscano i Suoi ordini… Lodino il nome di Dio, Lui solo, la Sua maestà domina il cielo e la terra.» Questa genuflessione del mare, della terra e del cielo, con tutto ciò che contengono, ci richiama all’adorazione del Creatore, meglio dei libri dei sapienti e di tanti sermoni. La genuflessione è la legge della Creazione, anche all’inferno!

   Lucifero e il suo popolo non hanno voluto piegarsi davanti al Verbo fatto uomo, di cui veniva loro rivelata la futura Incarnazione. Accecati dallo splendore, furono gettati dal cielo negli abissi dell’inferno per l’eternità. Per questo il profeta Isaia proclama come legge universale: «Ogni regno che rifiuterà di genuflettersi davanti a Te, perirà.» (Is 60,12). E il libro dei Proverbi precisa: «Non c’è né sapienza, né intelligenza, né consiglio davanti a Dio» (Pr 21,30). Dio, essendo saggezza infinita, non ha fatto nulla di inutile. Permette ai demoni di contribuire alla sua gloria tentando la virtù e punendo gli uomini (STth I p, q 64, a 4). San Paolo lo dice chiaramente: «Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.» (Ef 6,10-12). Il mondo pagano fu solo una lunga tentazione di Satana. L’Egitto ne è la prova, per questo Dio deve affidare a Mosè e ad Aronne il compito di liberare il popolo ebraico con un grande combattimento, che costringe il faraone e il suo popolo a genuflettersi davanti all’Onnipotente.

   Costretto a genuflettersi, il demonio si vendicò cercando di farsi adorare dagli uomini in mille modi (idoli e false religioni). Dopo il Suo Battesimo, anche a Gesù sarà chiesto dal diavolo di adorarlo (Mt 4,9; Lc 4,7). Il Figlio di Dio viene sulla terra per scacciare l’usurpatore e distruggere le sue opere. Le tre tentazioni del diavolo saranno respinte dal Verbo di Dio fatto Uomo: orgoglio, avidità e piacere. Nel corso dei secoli tutti gli uomini sono stati, sono e saranno tentati allo stesso modo. La città del male cerca sempre di dominare la Città del bene. Ciò è chiaramente illustrato da Cristo stesso che scaccia una legione di demoni che possiedono un pover’uomo e permette che vadano nei porci. (Mt 8,28-32; Mc 5,1-20; L8,26-39).

   Quando il Figlio di Dio discese in terra, tutta l’umanità era piegata sotto il giogo del demonio, che saziava il suo odio verso l’uomo, perché il Verbo eterno aveva preferito unirsi con la natura umana, anzichè con la natura angelica. Nostro Signore è venuto per scacciare il tiranno, riparare il male che aveva fatto e donarci la libertà. Ecco perché il Signore tante volte libera dalla possessione diabolica e lo fa in pubblico.

   Dopo la discesa dal monte Tabor, dove il Salvatore aveva lasciato scorgere ai suoi Apostoli alcuni raggi della sua divinità, liberò un bambino posseduto, su richiesta del padre (Mt 12,25; Mc 9,16; Lc 9,38). Come dice il Salmo: «Servivano i loro idoli, che divennero per loro un laccio; sacrificavano i loro figli e le loro figlie ai demoni; versavano sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie, che sacrificavano agli idoli di Canaan, e la terra fu contaminata di sangue.” (Sal 106,37-38). I discepoli (santi) del Signore continueranno quest’opera di liberazione: “… Ma liberaci dal Maligno!”

   Il divino Redentore ha il potere di far piegare le ginocchia anche al diavolo e affida questo potere ai suoi Apostoli e ai 72 Discepoli. Gli apostoli, di ritorno dalle loro missioni, dissero a Gesù: «Signore, anche i demoni ci sono sottomessi per mezzo del Tuo nome.» (Lc 10,17). Anche l’indovina, una serva posseduta da uno spirito di divinazione, lo proclama prima di essere esorcizzata: «Questi uomini sono gli schiavi del Dio Altissimo e vi annunciano una via di salvezza.» (At 16,17). Questo è ciò che Gesù annuncia: «Quelli che credono scacceranno i demoni… imporranno le mani ai malati e questi guariranno.» (Mc 16,17-18). È un’altra applicazione della frase di san Paolo: «Ogni ginocchio si pieghi nel nome di Gesù, nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Fil 2,10).

   È interessante rileggere ciò che disse il profeta Elia: «Sono consumato dallo zelo per il Signore degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato la vostra alleanza. Hanno rovesciato i vostri altari, hanno ucciso i profeti. Rimango solo: mi cercano per mettermi a morte… Lascerò in Israele settemila uomini, ogni ginocchio che non si sarà piegato davanti a Baal.» (1 Re 19,14-18 e Rm 11,4). Tra gli ebrei la genuflessione è sempre stata segno di culto. I Giudei pregavano in ginocchio, da qui la colpa che Nostro Signore infligge agli scribi e ai farisei che pregano in piedi. (Lc 18,9-14).

   Il capo della Chiesa, san Pietro, applica questo insegnamento a Giaffa, san Giacomo a Gerusalemme, san Paolo a Mileto e a Roma, san Giovanni a Pathmos… (At 9,40; 20,36; Ef 3,14; Ap 9,10 e 12,8). I Padri Apostolici continuano questo insegnamento: san Giustino, sant’Ireneo, Tertulliano… Durante i sei giorni della settimana pregavano in ginocchio e, dalla Domenica di Pasqua fino a Pentecoste, pregavano in piedi. In ginocchio, per ricordarci sempre della nostra caduta a causa del peccato, ma alla Domenica noi annunciamo la Risurrezione, con la quale Nostro Signore ci ha liberati dal peccato e dalla morte. Troviamo lo stesso insegnamento in sant’Agostino, san Massimo e sant’Isidoro.

   Quando l’esercito di Marco Aurelio si trova in difficoltà, la legione fulminante, composta da cristiani, cade in ginocchio. La loro preghiera sale al Cielo, la pioggia arriva per esaudirli e salvarli.

   L’abitudine di pregare con le mani tese è un’eredità dell’antico popolo di Dio. Vediamo Mosè (Es 17,8-16), Salomone (1 Re 8,22 e 54-55), Davide (2 Sam 7,18-29), pregare con le mani alzate verso il cielo, in particolare durante il sacrificio della sera, offerta in espiazione di tutti i peccati commessi fin dal mattino. (cfr Sal 141,2 e Sal 134,1-3).

   Non c’è da stupirsi che san Paolo affermi: «Voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le mani pure.» (1 Tm 2,8). Per questo gli ebrei erano soliti lavarsi le mani prima di pregare, ed in molte chiese antiche vi erano fontane o vasche, prima di entrare in chiesa, per potersi lavare le mani. Così dice il Salmo: «Laverò nell’innocenza le mie mani.» (Sal 26,6). Questo è anche ciò che fa il Sacerdote dopo l’offertorio. È bene notare che ebrei e cristiani si lavano le mani prima di pregare, ma i pagani fanno lo stesso: “La castità piace agli dei: vieni con abiti puri, e con mani pure prendi l’acqua dalla fonte.” (Tibullus Elegy lib I, eleg 2).

   L’abitudine di pregare con le ginocchia a terra è stata permanente tra ebrei e cristiani: la troviamo anche tra i pagani, perché essa è una legge di tutta la Creazione. Plinio il Vecchio (23 dC-79 dC) riferisce: “Esiste una sorta di culto per le ginocchia dell’uomo, che testimonia il rispetto che hanno per esse. Coloro che supplicano le toccano; verso di esse tendono le mani; le venerano come altari, senza dubbio perché vi è in esse il principio della vitalità.» (Hist. Lib II, c XLV).

   In occasione di un verso dell’Eneide, Servio (fine IV sec.), il più antico commentatore di Virgilio, riferisce: “I fisici insegnano che ogni parte del corpo è consacrata agli dei: l’orecchio alla Memoria, la fronte al Genio, la mano destra alla Fede, le ginocchia alla Misericordia.» (Enaide, 3). Così, sia pregando gli uomini, sia pregando gli dei, i pagani baciavano le loro ginocchia, sede della misericordia, per significare che ciò che avevano chiesto sarebbe stato loro concesso. Da qui l’usanza di rivestire di cera le ginocchia degli dei e di attaccarvicisi sopra delle tavolette, su cui erano scritte le richieste loro rivolte. Secondo Giovenale: “A questo scopo è lecito rivestire di cera le ginocchia degli dei.” (Satir. x).

   Principio di vitalità, sede della misericordia, le ginocchia sono il simbolo del vigore. In loro risiedono forza e movimento. E quindi, piegare le ginocchia, è un’ammissione di debolezza e di indigenza; non piegarle è segno di potere e di dignità.

   L’uomo è un essere creato per adorare. Non essendosi fatto da solo, deve adorare qualcuno o qualcosa che gli è superiore e al quale deve omaggio, sottomissione e riconoscimento. Questo vale per l’uomo, per gli angeli, per i demoni e per tutti gli esseri creati. L’adorazione è quindi la legge di tutta la Creazione. La genuflessione è l’atto esterno, il segno obbligatorio dell’adorazione, ed è praticato da tutti i popoli. Il culto è una legge universale, sacra, spietata.

   Se non lo facciamo davanti al vero Dio, lo faremo davanti ai falsi dei. Se non lo facciamo davanti al Dio Altissimo, lo faremo davanti agli dei, cioè davanti a tutto ciò che non è Dio. Nel Paradiso Terrestre, l’uomo ha rifiutato di genuflettersi davanti al suo Creatore e, nel corso dei secoli, si è inchinato obbedientemente davanti a miriadi di cosiddetti dei, sporchi, ridicoli, sanguinari. Di qui l’ostilità pubblica e subdola al vero Dio, alla Chiesa sua sposa, al Papa suo rappresentante. Tutta la nostra società è tentata dal “né Dio né padrone”, scritto sullo scafo del Titanic…

   I francesi adoravano il popolo-dio, il dio-imperatore, il dio-libertà… nel 1793 adorarono perfino una prostituta, sull’altare di Notre Dame de Paris! Adoravano la dea-repubblica, il dio-stato, il dio-Europa… Come noi italiani, in Campidoglio, adoravamo la Lupa di Romolo. Il culto interiore si manifesta necessariamente attraverso il culto esteriore. Se non adoriamo il vero Dio ritorniamo al paganesimo: «Senza di me non potete far nulla.» (Gv 15,5).

   La genuflessione è l’atto esteriore di adorazione. Nell’Antico Testamento troviamo numerose illustrazioni di ciò. Il faraone ordinò a tutti di inginocchiarsi davanti a Giuseppe (Gen 41,43). Quando il re Ocosia manda un ufficiale con cinquanta uomini ad arrestare il profeta Elia, l’ufficiale si genuflette davanti a Elia (2 Re 1,13). Ma la genuflessione che si fa davanti al Papa o ai vescovi, per ricevere la loro benedizione, è un atto di adorazione, non assoluta, ma relativa a Gesù Cristo, che essi rappresentano. Anche per questo ci inginocchiamo davanti al Santissimo Sacramento, in cui è presente Dio Figlio, Gesù Cristo. Inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento è una proclamazione della nostra fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.

Fra’ Bonaventura

(a cura di Rosanna Maria Boccacci e Sergio Russo)

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3 commenti

  • stefano raimondo ha detto:

    Molto interessante. Ringrazio Tosatti e chi ha scritto le riflessioni.

  • R.S. ha detto:

    Me lo stamperò e ne farò uso per tutta la Quaresima, tempo per ritornare a Dio con tutto il cuore. Grazie!

  • Edda ha detto:

    Molti presbiteri italiani sono diventati ridicoli: pronunciano la formula della Consacrazione velocemente e non si inginocchiano tra il Pane e il Vino (alcuni proprio per niente). Conseguenza dello sfratto di San Tommaso d’Aquino dai seminari e della sua sostituzione con Karl Rahner.

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