Gli USA Sognano ancora di Vivere nel Mondo Unipolare…Vincenzo Fedele.

14 Febbraio 2024 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione questa disamina della situazione geopolitica mondiale, e in particolare della situazione di un impero aggressivo e in declino, quello dell’anglosfera. Buona lettura e diffusione.

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PANORAMA GEOPOLITICO 7 – POLITICA E GEOPOLITICA

Parlando del declino americano abbiamo già visto che gli USA non hanno più la leadership nel settore armamenti. Forse potrebbe sopperire la rete di rapporti politici mondiali, quindi andiamo a vederli.

Purtroppo neanche i rapporti politici sono dei migliori per un impero che in passato aveva fatto virtù anche delle difficoltà e risolto le trattative concedendo qualcosa per ottenere molto di più. Adesso sembra che non abbia più spazio per concessioni e che non sappia neanche più cosa chiedere, non avendo un quadro strategico per il futuro. Si vive alla giornata tappando buchi.

Il 15 novembre scorso Xi Jinping e Biden si sono incontrati per il vertice APEC sulla cooperazione Asia-Pacifico. L’incontro di due imperatori è sempre stato un fatto epocale. Si discutevano, e magari si cambiavano, le sorti del mondo. Da quell’incontro il mondo attendeva soluzioni per l’Ucraina e per Gaza, crisi scoppiata da meno di un mese. L’agenda ha toccato, invece, solo 3 o 4 aspetti bilaterali.

  • La Cina ha rassicurato gli investitori USA che non bloccava Internet e non c’era spionaggio sulle reti degli imprenditori USA che, per questo, avevano iniziato a chiudere i loro uffici a Pechino. Xi lo ha fatto in un pranzo di gala dove il posto a sedere, introvabile, costava 40.000 Dollari;
  • Washington ha preteso che la Cina bloccasse il commercio di droga con il Sudamerica che tanti morti sta provocando negli USA. L’indagine, partita proprio dalla nostra Guardia di Finanza, sta proseguendo e Xi ha rassicurato che i malfattori saranno perseguiti. Ha anche ringraziato pubblicamente noi e la Guardia di Finanza per le brillanti operazioni di legalità che hanno individuato le poche mele marce. Che dietro questi sporchi affari ci sia la Banca Centrale cinese nessuno l’ha detto e, anche se lo sanno tutti, nessuno lo dice;
  • Xi ha rassicurato l’occidente sulla crisi economica cinese convincendoli che le voci sono esagerate, che i blocchi del COVID sono stati tolti, le aziende cinesi hanno ripreso il normale corso e tutto è a posto. Sembra ci sia riuscito, anche se non è proprio così che stanno le cose.
  • C’era anche un aspetto umanitario: alcuni americani soggiornano nelle carceri cinesi, accusati di spionaggio o di traffico di droga. Pechino ha rassicurato anche su questo. I prigionieri potranno essere liberati a fronte di uno scambio, del resto il vero motivo della detenzione è proprio questo. Tutti felici.

Xi si è “sacrificato” anche per un altro aspetto, non all’ordine del giorno, ma a cui lui teneva di più: la transizione ecologica. I media occidentali ci hanno informato di come la Cina abbia “dovuto” firmare accordi per ridurre l’uso di combustibili fossili e, ad esempio, spingere sullo sviluppo di batterie e auto elettriche per sostituire i motori termici che tanto inquinano. Xi si è dovuto piegare a tanta insistenza.

Immaginiamo il disappunto di Xi Jinping per sottostare ad un accordo che lo incorona monopolista, con la Cina leader mondiale dei componenti elettrici, del Litio, delle Terre Rare insieme ad alcuni Stati africani le cui miniere, a loro volta, sono di proprietà cinese. In poche parole Xi è stato obbligato a firmare un documento che consegna a lui, ed a lui solo, le carte per il gioco del futuro incentrato in modo suicida sull’elettrico.

Ripetiamo ancora una volta come sia proprio vero che Dio acceca chi vuole far perdere.

Non si è parlato di Ucraina e poco di Medio Oriente. Pechino ha detto che non ha influenze sull’IRAN.

Si è accennato a Taiwan, per onor di telecamere. La Cina ha ribadito che Taiwan è territorio cinese, che dai tempi di Nixon anche gli USA ne hanno preso atto e che l’opzione militare sarebbe un fatto interno. Biden ha replicato che in caso di opzione militare gli USA non potrebbero stare a guardare. Stretta di mano ed il discorso è finito li.

Perché parliamo di un incontro di quattro mesi fa che quasi nessuno più ricorda ?

Proprio perché, nonostante le attese e i reportage sull’incontro dei capi delle due super potenze, è stato solo un incontro mercantilistico di cui abbiamo riportato i punti salienti. Gli americani vedono solo il business anche se il mondo sta crollando o si sta stravolgendo, guardano solo al giorno dopo senza visione strategica e neanche si accorgono di fornire al boia la corda con cui impiccarci.

La fine dell’impero romano ha seguito vie più tortuose studiate ancora adesso per comprenderle. Qui si è in un mondo totalmente diverso da ieri e nessuno, in nessuna capitale occidentale, se ne rende conto, anche perché ci limitiamo a seguire i diktat americani che, in tutti i casi, sono contro i nostri stessi interessi.

Fosse necessaria un dimostrazione ulteriore nell’ipotesi, speriamo remota, di una crisi militare per Taiwan, invece di ipotizzare i morti e le distruzioni conseguenti, Bloomberg è uscito pochi giorni fa con una stima del costo economico di una simile eventualità, stimato in 13 trilioni di dollari, con un crollo dell’economia mondiale del 10,2 %, il PIL di Taiwan ridotto del 40 %, gli USA in calo del 6,7 % e la Cina giù del 16,7 %.

Se queste stime non fossero solo elucubrazioni di mercantilisti da strapazzo potremmo concludere, per quanto riguarda noi, che è meglio che la Cina attacchi Taiwan invece di un altra crisi sanitaria stile COVID. Non si ha idea di cosa voglia dire ragionare di una probabile guerra totale, con possibile sconfinamento nel nucleare. La crisi ucraina, al confronto, sarebbe una scaramuccia tra bulli di quartiere, ma in ogni caso non ha insegnato nulla a chi ragiona solo da mercatista.

Il retroterra americano di manovra in realtà non esiste quasi più. L’Europa è in una crisi che si avvita su se stessa spinta dalla carenza di energia e dai prezzi triplicati per quella ancora disponibile. Gli Stati satelliti che, per golosità o per paura di bastonature, seguivano Washington, sono sempre più distanti ed autonomi avendo una sponda prima inesistente: i BRICS+,di cui abbiamo già parlato, e continuano a sviluppare la loro azione aprendo orizzonti a quello che era definito terzo mondo e che, in passato, poteva contare solo sugli “aiuti” occidentali.

Gli USA hanno paura di una intervista a Putin. Anche da questo si capisce il livello di democrazia che si vuole esportare. I media main stream non ne parlano ed anzi propongono di processare il giornalista per alto tradimento, ma le immagini fanno oltre 200 milioni di visualizzazioni solo su “X”, ex Twitter, oltre quelle, sempre milionarie, dei vari blog che l’hanno rilanciata in tutto il mondo.

Nazismo e comunismo si sono retti, per decenni, sostituendo la verità con la propaganda, ma alla fine i nodi vengono al pettine. Stessa sorte tocca all’impero USA anche se occultiamo la sua impotenza.

Impotenza a Gaza dove, oltre al genocidio conclamato, i risultati sono sotto gli occhi di tutti:

L’Egitto schiera i carri armati al confine ed alza barriere di filo spinato dichiarando che “è a rischio l’accordo di pace del 1979 con Israele”. L’Arabia Saudita, prima fedele suddito USA e che stava per normalizzare i rapporti con Israele, mette in guardia da “ripercussioni estremamente pericolose” in caso di attacco di Israele a Rafah. Il Re di Giordania, pur non ricevendo Blinken, organizza un tour diplomatico per parlare direttamente con Biden, Trudeau, Macron e Scholz sui rischi di una simile escalation. Tutto il mondo arabo chiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza ONU per impedire “un nuovo bagno di sangue” causato dall’imminente offensiva israeliana a Rafah.

Eppure gli USA sono impotenti ad incidere sulle decisioni israeliane. L’Imperatore deve inchinarsi al suo vassallo e seguirne le distruttive “intemperanze”.

Si cerca di ovviare a tanto sfacelo d’impotenza diplomatica con improbabili cortine fumogene che pubblicizzano un tunnel sotto la sede dell’UNRWA accusata di favorire Hamas, amplificano gli avvertimenti degli Houthi all’Italia su reazione militare in caso di intervento delle nostre navi contro di loro, magnificano l’offerta di Israele di far evacuare i civili da Rafah verso il nulla, visto che il “posto sicuro” doveva essere proprio Rafah. Si tace anche sulla aperta condanna di Israele, da parte della Corte Internazionale di Giustizia e si opera come se non ci fosse stato alcun pronunciamento.

All’avvertimento degli USA che l’attacco sarebbe un disastro, Netanyahu risponde indicando la data entro la quale sarà “risolto il problema”: il 10 marzo. Intanto si “festeggia” la liberazione di due ostaggi senza dire che il quartiere dove erano detenuti è stato raso al suolo, che oltre 60 persone innocenti sono morte, che gli stessi ostaggi avrebbero potuto morire in uno degli edifici demoliti e, soprattutto, che forse altri ostaggi sono morti e che tutti gli ostaggi avrebbero potuto essere già liberati se Israele non puntasse alla soluzione finale, triste nome di Hitleriana memoria.

Per quanto la lobby israeliana abbia sempre inciso sull’amministrazione americana, specie negli anni elettorali, non si era mai arrivati a non prendere neanche in considerazione gli ultimatum USA.

Del resto ormai tutti sanno che non è Biden a governare, ma altri che usano un simile demente con senilità conclamata per scelte che vanno oltre la Presidenza, il Congresso e la stessa Costituzione USA.

Si spacciano per gaffe dichiarazioni dell’Imperatore che vedono Al Sisi Presidente del Messico invece che dell’Egitto, improbabili colloqui con Mitterand e Helmut Kohl, morti da anni, girovagare di un Biden allucinato che stringe mani di fantasmi che solo lui vede. Addirittura un tribunale, per poterlo assolvere, lo considera distratto e smemorato tanto da trafugare documenti top secret. Pensiamo cosa accadrebbe se anche una sola di queste stupidaggini l’avesse detta o fatta Trump o Putin.

A Washington sono anche terrorizzati dal mondo ritornato multipolare, con normali equilibri di pesi e contrappesi, e pensano di vivere nel mondo unipolare a guida USA che non esiste più.

La Cina non può influire sull’Iran, e non lo fa, ma lo affianca, perché il nemico del mio nemico è mio amico. Amici degli americani, oltre noi masochisti europei, Australia, Canada e Giappone ne sono rimasti pochi.

Anche in Medio Oriente gli USA sono isolati. Non solo l’Arabia Saudita si è allontanata dalla governance statunitense, si è anche riavvicinata all’Iran, ha accettato il pagamento del petrolio in Yuan o altre valute, è entrata nei BRICS+, ecc.

La Turchia, paese NATO, ha da sempre fatto i propri interessi e giocato su più tavoli, ma lo faceva entro limiti invalicabili con una quasi accettazione statunitense che utilizzava queste libertà come canale diplomatico per trattative con avversari altrimenti inavvicinabili. La diplomazia sotterranea funziona anche così. Adesso Erdogan può anche fare la voce grossa, giocare contro Biden e Netanyahu, consentire e incentivare manifestazioni oceaniche di piazza contro Israele, acquisire sistemi d’arma e missilistici dai russi, far rimanere fuori dalla porta il Segretario di Stato USA ecc.

Addirittura una piccola entità come Gibuti ha respinto la richiesta USA di schierare sul loro territorio dei sistemi lanciamissili per attaccare gli Houthi replicando agli Stati Uniti che per fermare gli Houthi occorre porre fine alla guerra a Gaza.

Nonostante questo sembra che l’unica strategia USA  sia quella che una volta era definita “delle cannoniere”. Minacciare, lanciare missili, inviare bombardieri, distruggere e uccidere. Non esiste più la diplomazia soft del “do ut des” con la minaccia armata come extrema ratio. Ormai l’uso della forza è la “prima ratio” e, qualora non si piega l’avversario, si scappa via (Afganistan) o si tratta da posizioni di debolezza.

E’ la più evidente dimostrazione dello sfacelo di quella che una volta era la superpotenza mondiale.

Le stesse votazioni all’ONU sono sempre un’incognita per gli Stati Uniti. Paesi prima allineati sulle proposte USA adesso di astengono o votano contro. Africa e Asia quasi interamente. Il Sudamerica in buona misura.

Anche gli stessi rapporti con Russia e Cina, prima improntati ad un reciproco rispetto di fondo, sono saltati. Non solo nei rapporti diretti, ma anche nel corollario dei satelliti. Putin era intervenuto contro l’ISIS, armata e finanziata dagli USA, per difendere Assad, ma  senza calcare troppo la mano. Armeni e azeri si sono sempre combattuti, ma la Turchia non aveva mano totalmente libera. Stessa cosa per i curdi,  i talebani e altri.

Quando Trump aveva ipotizzato il disimpegno in Afghanistan si era assicurato che la Russia bloccasse i talebani e che la Cina si mantenesse neutrale, pur confinando con il Paese. Biden ha ordinato il disimpegno senza considerare che aveva rotto con la Russia, lasciando il Paese allo sfacelo ed abbandonando anche gli armamenti pesanti che sono caduti subito in mano dei talebani.

Il mondo intero si rende conto di questo e si allontana sempre più da una ex potenza che manda al macello un popolo “amico”, oggi gli ucraini domani chissà a chi tocca, per una guerra contro la Russia che gli USA non vogliono fare direttamente e che sanno di non poter vincere. Anche i piccoli Paesi vedono queste anomalie e si differenziano da chi chiede la vita e la sovranità senza neanche dare in cambio protezione né sviluppo alcuno e, soprattutto, senza mantenere la parola data.

Gli stessi 60 miliardi di finanziamenti chiesti per l’Ucraina, e rifiutati dal Congresso USA, finirebbero nelle tasche delle aziende americane di armamenti, senza un dollaro per Kiev. Continuerà la guerra con ulteriori morti e distruzioni in Ucraina in modo che le multinazionali americane, Dupont, Monsanto e altri, con BlackRock in testa, dopo aver già acquisito il 30 % dei terreni possano depredare anche il resto.

Non si possono qui ricordare tutti gli angoli del mondo, ma dovunque si vada lo scenario è analogo e vede una disaffezione da parte di chi credeva nell’occidente, un allontanamento per chi era in bilico ed una aperta ostilità per chi era dubbioso o contrario per esperienza diretta.

Sto facendo solo una fotografia dello stato dell’arte e non certo una apologia di Russia e Cina, che non sono certo il sale della terra, ma se politicamente il futuro è molto nuvoloso, se non proprio da tempesta per il mondo a stelle e strisce, quello economico è anche peggio e lo vedremo la prossima volta.

Vincenzo Fedele

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