Panorama Geopolitico, Seconda Parte. I Brics. Vincenzo Fedele.

9 Gennaio 2024 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ecco a voi il secondo capitolo delle riflessioni di Vincenzo Fedele sulla situazione internazionale. Trovate qui la prima parte.  Buona lettura e riflessione.

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PANORAMA GEOPOLITICO – SECONDA PARTE – I BRICS

Se ci facessimo guidare dalla cronaca per iniziare la carrellata che abbiamo introdotto qui (?) sarebbe logico ragionare della situazione mediorientale, oppure di quella in Ucraina.

Invece è importante capire come siano cambiati gli equilibri mondiali a livello economico e geopolitico, prima ancora che militare. Come, e per quale motivo, il mondo non è più quello che conoscevamo all’inizio del 2023. Quindi iniziamo la carrellata parlando dei BRICS.

Finora il mondo è stato “governato” dal G7. Sette Paesi si riuniscono per discutere dello stato del mondo e degli sviluppi futuri da favorire o contrastare. Non è importante chi organizza, avviene a rotazione e adesso tocca proprio all’Italia. Importante è sempre stato che gli ordini arrivano dagli USA e gli altri, con minimi aggiustamenti, ne prendono atto trasferendoli poi agli incontri allargati del G20, anche questi precostituiti, ma con la facciata della condivisione da vendere al mondo intero come consesso mondiale coeso e solidale.

Nel 2023 qualcosa è cambiato. Il G20, a presidenza indiana, era rimasto bloccato e si riteneva che non ci sarebbe stata alcuna dichiarazione finale congiunta, con una sconfitta dei diktat USA. In extremis si è trovato l’accordo, ma la dichiarazione congiunta è stata quella che il sud del mondo ha imposto agli altri Paesi, soprattutto a quelli del G7 che hanno dovuto abbozzare e fare di necessità virtù. Il coordinamento di questo blitz è stato attuato dai Paesi BRICS che per la prima volta si sono imposti stravolgendo l’agenda predeterminata dal G7.

Come già detto, non è che il mondo sia cambiato in un giorno. E’ che quel giorno si è dovuto prendere atto che il mondo è cambiato, e il cambiamento viene da lontano.

Ad inizio millennio alcuni Stati decisero informalmente di meglio collegarsi fra loro e avere una base comune in ambito commerciale e politico. Questi Stati erano Brasile, Russia, India e Cina. Non sono elencati in ordine di importanza né alfabetico ma nell’ordine che l’economista di Goldman Sachs, O’Neill, ha deciso per loro coniando nel 2001 il termine BRIC (Mattone) che da un lato voleva segnalare opportunità di investimento in quei Paesi ma, principalmente, voleva essere un termine spregiativo per indicare una accozzaglia di Stati marginali ed emarginati, con economie dissestate quindi facilmente aggredibili, senza collegamenti organici, non complementari. Alcuni, come la Russia post comunista, erano in caduta libera economicamente e come peso politico e militare. In seguito si unì il Sudafrica ed ai BRIC si aggiunse una “S” continuando lo sfregio, (Mattoni).

Nel 2009, su iniziativa della Russia,, l’organismo si diede una struttura regolamentata e quasi tutti sorrisero quando filtrarono le prime indiscrezioni sulle intenzioni a lunga scadenza di un organismo che sviluppasse enti che facessero da contraltare alla Banca Mondiale, al Fondo Monetario Internazionale ed alle altre organizzazioni multilaterali, non ultima la stessa ONU, viste come emanazione neocoloniale dell’occidente, a guida USA, con il Dollaro come valuta di riferimento ed arma economica per opprimere il resto del mondo “non occidentale”.

Dal 2014 il gruppo si riunisce annualmente in uno dei Paesi membri, con presidenza a rotazione come per i G7, per discutere di argomenti di comune interesse. Fino al 2023 il profilo che questi Paesi hanno mantenuto è stato volutamente basso. Nel 2023, però, con l’incontro in Sudafrica del 22 e 23 agosto, il peso politico dei BRICS si è mostrato in tutto il potenziale prima inespresso. Anzitutto sono diventati BRICS+ con l’inserimento dall’1 gennaio 2024 di altri 6 Stati (Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi ed Argentina che adesso, con il nuovo Presidente, sta avendo ripensamenti), ed a fine 2023 risulta che altri 47 Paesi hanno richiesto l’ingresso nella compagine in attesa di essere accolti.

Un annuncio atteso dall’incontro agostano in Sudafrica dei BRICS era la presentazione di una nuova moneta che avrebbe dovuto chiamarsi R5+ (dalle iniziali delle monete nazionali dei 5 Stati fondatori che stranamente iniziano tutte per “R”). Quest’annuncio non è arrivato ed a molti, compreso il sottoscritto, era sembrata una battuta di arresto del percorso di sviluppo. Col senno del poi, invece,  anche a me sembra una scelta di pacatezza e di ragionamento a lunga scadenza per tutta la compagine BRICS che non hanno fretta di dimostrare nulla a nessuno. Hanno impiegato quasi 20 anni per strutturarsi e sarebbe miope bruciarsi per correre adesso che si è vicini al traguardo. In realtà la loro forza è proprio la loro diversità che li obbliga ad una parità di fatto, cosa che nella struttura globalista pensata dall’occidente non è attualmente possibile. Gli USA, finora, non sembrano sostituibili con nessuno e quindi la loro caduta sarà rovinosa per tutti noi.

La compattezza dei BRICS è stata già dimostrata nei fatti che parlano per loro. Abbiamo parlato dell’incontro di settembre del G20 a Nuova Delhi, con l’India a fare gli onori di casa, con Xi e Putin entrambi assenti, la dichiarazione finale è stata possibile solo dopo che sono state recepite tutte le richieste dei Paesi del terzo mondo tanto che il Ministro degli esteri russo, Lavrov, (presente e regista dell’incontro insieme al primo Ministro indiano),ha parlato di successo storico.

Anche alla successiva Assemblea Generale delle Nazioni Unite Putin era assente, (per la nota condanna per genocidio, mentre Nethanyahu, che sta facendo mille volte peggio a Gaza e in Cisgiordania è considerato una brava persona) e non c’era neanche Xi, per solidarietà o come appoggio cinese alla Russia senza esprimerlo ufficialmente. Intanto Putin presiedeva a Mosca il Forum Economico Orientale, facendo toccare con mano lo spostamento russo verso l’estremo oriente che sta diventando il baricentro economico del mondo.

Ma, ritornando ai BRICS nel loro complesso, basta dare un’occhiata ai dati macro per capire di cosa stiamo parlando:

Il PIL totale dei BRICS, proiezione 2023, avrà una quota mondiale di quasi il 30 %.

La popolazione dei paesi BRICS+ è di 3,7 miliardi di persone, pari a quasi la metà, 46 %, della popolazione mondiale. Tutto il resto del mondo ha 4,3 miliardi di persone, il 54 %. Se teniamo conto che altri 47 i paesi hanno chiesto di aderire ai BRICS e che hanno ottimi rapporti con i Paesi che ne fanno parte, l’organizzazione coinvolge molto più del 50 % della popolazione globale.

Altri dati illuminano ancora di più lo scenario:

La quota di produzione di petrolio nel 2022 era per i Paesi BRICS del 20,4 % e crescerà al 43,1% che è quasi la metà della produzione mondiale di petrolio, tenendo conto che la sola Arabia Saudita supera il 12 % della produzione mondiale. Notevole è anche il fatto che l’Arabia Saudita ha concordato con la Cina di pagare le transazioni petrolifere in Yuan e non in dollari, ponendo così termine al monopolio USA come valuta di riferimento.

La quota di esportazione nel commercio globale, in base ai dati dell’Organizzazione Internazionale del Commercio,sale dal 20,2 dei BRICS al 25,1 dei BRICS+ . Il più grande esportatore mondiale è la Cina con il 14,4 % e, per valutare i rapporti relativi, gli Stati Uniti sono all’8,3 %. La Germania è al 6,6 %, il Giappone al 3,0 % e sono entrambi in diminuzione.

Politicamente parlando sono nazioni che vengono da storia, cultura, formazione ed interessi diversissimi, che si uniscono per cooperare ed agire liberamente in uno scenario nuovo e inedito. Vedere alleati Paesi come IRAN e Arabia Saudita, finora acerrimi nemici e sull’orlo della guerra aperta, ci fa capire quanto stiano cambiando i rapporti geopolitici mondiali.

L’Arabia Saudita è sempre stata alleata degli Stati Uniti, seguendone i dettami in politica estera, ha fatto da sponda sicura per mantenere il dominio con i petrodollari imperanti ed è sempre stata un sicuro appoggio per Israele, nonostante cercasse di apparire ostile per ingraziarsi le masse arabe.

Dal 24 agosto scorso il mondo può realmente considerarsi multipolare. Il gelo con cui l’Arabia Saudita segue gli sviluppi israeliani a Gaza, dopo le tiepide aperture dei mesi precedenti, deve far riflettere molto. Così come gli attacchi degli Houthi yemeniti, contro cui l’Arabia Saudita ha ferocemente combattuto per anni con l’appoggio occidentale. Questo è la fine del mondo unipolare e della sovranità americana globalizzata come l’abbiamo conosciuta finora.

Non è solo un cambio di conduzione del governo mondiale. Non è la Cina che sostituisce gli USA. E’ un insieme di Paesi, che liberamente e creando, nei loro rapporti, garanzie di pesi e contrappesi, hanno deciso di operare d’accordo per ribaltare le situazioni monopolistiche che erano state create e mantenute tali.

La Cina è, senza dubbio, il Paese più importante del gruppo, ma non quello dominante, anche se intanto è divenuta la manifattura del mondo. L’India l’ha già scavalcata come Paese più popoloso, come percentuali di crescita economica e come innovazione tecnologica. La Russia è quella militarmente più avanzata oltre ad essere primaria, insieme ad Arabia Saudita, nel settore energetico con tutte le sue società satelliti operanti nel mondo. Cina e Russia insieme stanno modificando la geopolitica africana, e lo vedremo a parte. Brasile ed Argentina, nonostante i cambi di governo in entrambi i Paesi, sono un traino per le economie sudamericane, finora giardino di casa degli USA, da cui avranno modo di affrancarsi.

Dicevamo della mancata ufficializzazione della nuova moneta di scambio, quella che dovrebbe chiararsi R5+, ma forse anche questa può essere considerata una buona notizia.

La nuova moneta, a quanto si dice, non sarà una vera moneta da utilizzare per fare la spesa al supermercato. Non sarà come l’Euro, che ha sostituito Lira, Franco, Marco, ecc. Sarà una moneta da utilizzare nelle transazioni internazionali, negli aiuti economici ai paesi in via di sviluppo, negli acquisti internazionali di materie prime ed energia. Sarà formata dal paniere delle monete dei singoli Stati che, nella propria sovranità, manterranno le proprie valute nazionali.

Non si sa, tuttora, se la nuova moneta sia stata fermata per lasciare spazio, in futuro, anche alle monete dei nuovi Stati accolti oppure se sia stata una scelta dettata per contrastare la speculazione scatenata alla vigilia della data fatidica.

I fattori possono essere tanti. Il rallentamento percentuale dell’incremento del PIL cinese, gli attacchi speculativi internazionali contro il rublo che ne avevano ridotto il valore di oltre il 20 % complici le sanzioni contro la Russia e le spese di guerra in Ucraina oltre alla speculazione pura che voleva proprio mettere in difficoltà la Russia ed i rapporti con i partner dei BRICS.

Forse è proprio la decisione di dilazionare l’ufficializzazione della nuova moneta di scambio che la renderà più credibile. I BRICS+ non hanno fretta. Stanno già costruendo l’alternativa al Fondo Monetario Internazionale. Stanno già costruendo l’alternativa al circuito SWIFT di controllo e scambio autorizzativo delle transazioni economiche.

Stanno già costruendo l’alternativa per evitare la ripetizione dei sequestri dei fondi russi, sia quelli bancari e sovrani che quelli dei privati cittadini russi nei depositi delle banche occidentali. Il libero commercio sottintende anche questo. Se si commercia con tutto il mondo in libertà si deve essere sicuri di non subire sequestri unilaterali secondo i desiderata di un’elite anonima che si reputa onnipotente. Come oggi sta toccando ai Russi, domani potrebbe toccare ai cinesi, ai brasiliani, agli iraniani o agli stessi Sauditi o a qualche europeo che oserà ribellarsi o non sarà provvisto di green pass.

Solo come nota a margine, per quanto attiene il circuito SWIFT, ricordiamo che è il medesimo blocco che aveva subìto il Vaticano prima delle dimissioni storiche di Benedetto XVI e subito tolto appena il Papa aveva comunicato al mondo la propria rinuncia al papato.

Guardando con attenzione risulta chiaro che tutto è iniziato con la conclusione della “guerra fredda” ampiamente vinta dall’occidente e simbolicamente rappresentata dalla caduta del muro di Berlino del 1989. Il “delirio di onnipotenza” che da allora attanaglia gli USA è il presupposto del disordine mondiale che viviamo adesso.

Non esistendo più il Patto di Varsavia, non aveva senso il perdurare della NATO. Il passo successivo, che Berlusconi vide, era che la stessa Russia, ridimensionata, poteva entrare nella NATO e contribuire ad un vero e duraturo ordine mondiale fatto di equilibrio e di concorrenza trasparente. Bush padre e Putin firmarono i promemoria a Pratica di Mare, ma i falchi americani convinsero Bush che la Russia era ormai allo sbando. Si pensava che la vodka di Eltsin fosse l’unico combustibile che alimentava le scelte del Cremlino e Putin non poteva essere mosso da ideali diversi. La Russia era una nazione in ginocchio, privata del proprio impero e da smembrare ulteriormente in tante repubblichine innocue ed insignificanti sia economicamente che militarmente. Si ritenne anche, miopia estrema, che per attuare il disegno era bene favorire la Cina nello sviluppo che stava già attuando.

Questo delirio di onnipotenza perpetua l’idea degli USA come Nazione guida, garante della prosperità mondiale, esportatore in tutto il mondo dei valori democratici decisi da Washington ed attuati secondo i voleri USA. Il Dollaro come valuta di riferimento. La globalizzazione attuata secondo i dettami decisi a Wall Street o a Davos a cui non erano opponibili restrizioni di sorta cui dovevano, invece, sottostare gli altri se e quando si ritenesse opportuno.

Miopia tattica e strategica che ben si adatta al concetto che Dio acceca chi vuol far perdere.

Nessuna tattica o strategia poteva essere opposta, nel breve termine, a questo disegno. Occorreva solo piantare il seme del riscatto, curarlo amorevolmente ed in silenzio evitando che venisse percepito come pericoloso, difenderlo da attenzioni che potevano stroncarlo fin dalla nascita, e sperare che arrivasse a maturazione prima di presentarsi al mondo.

Oggi la Cina acquista il petrolio saudita in Yuan e non più in dollari. Il gas russo deve essere pagato in rubli. La stamperia della FED si è inceppata e deve far rientrare una marea di carta straccia spacciata per valuta pregiata solo perché è colorata di verde.

Il mondo si era già accorto di queste anomalie anni fa, ma la crisi COVID è servita anche a coprire questi aspetti. Occorreva stimolare l’economia stremata dalla crisi sanitaria e riavviare rotative e stamperie inondando il mondo di altri biglietti verdi.

Ma anche il COVID è finito, cioè è stato smascherato, e la FED ha dovuto alzare a dismisura i tassi per evitare che l’inflazione superasse il limite di non ritorno del 10 % negli USA, cioè far rientrare a casa parte della carta straccia con cui gli USA avevano inondato il mondo. La BCE, prona ai comandi del padrone, ha seguito le stesse orme senza considerare che noi europei, già in ristrettezze economiche, eravamo nei guai per cause opposte, cioè la mancanza di liquidità, non il suo eccesso, e l’impoverimento dovuto all’aumento abnorme del costo energetico conseguente alla guerra in Ucraina, alle sanzioni alla Russia ed infine, all’eliminazione dei gasdotti nord stream 1 e 2.

Adesso che il gioco non è più condotto da Washington non è detto che tutto sia finito. Anzi.

Qualsiasi animale ferito cerca di reagire in modo scomposto e più pericoloso. Le provocazioni in Ucraina per umiliare la Russia, la stessa reazione sproporzionata di Israele agli attacchi del 7 ottobre, probabilmente pianificati come scusa preventiva dei genocidi da attuare, sono solo aspetti sconsiderati di una élite che non ha ancora metabolizzato la fine che si palesa in tutti i campi e che richiederebbe una strategia ben diversa di approccio. Lo vedremo.

Vincenzo Fedele

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