In Cinere et Cilicio. Una Chiesa di Falsi Pastori e Mercenari. Mons. Viganò.

22 Febbraio 2023 Pubblicato da 15 Commenti

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, riceviamo e volentieri pubblichiamo l’omelia di mons. Viganò in occasione delle Ceneri di quest’anno. Buona lettura, meditazione e diffusione.

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Questo è il collegamento al video

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IN CINERE ET CILICIO

Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, in capite jejunii.

 

 

Omnipotens sempiterne Deus,

qui Ninivitis, in cinere et cilicio pænitentibus,

indulgentiæ tuæ remedia præstitisti:

concede propitius; ut sic eos imitemur habitu,

quatenus veniæ prosequamur obtentu.

Or. IV in benedictione Cinerum

 

Vi è una sola cosa che muove a compassione il Signore, dinanzi alla moltitudine dei nostri peccati: la penitenza. Quella penitenza sincera che conferma nell’atteggiamento esteriore il vero pentimento per le colpe commesse, l’intenzione di non più compierle, la volontà di ripararle e soprattutto il dolore per aver con queste offeso la divina Maestà. In cinere et cilicio, con la cenere e con il cilicio, ossia con quella stoffa ispida e pungente proveniente dalla Cilicia, tessuta di pelo di capra o di crini di cavallo, che era usata come veste dai soldati romani e che rappresenta l’abito spirituale e materiale del penitente.

La divina Liturgia di questo giorno era anticamente riservata ai pubblici peccatori, ai quali era imposto un periodo di penitenza sino al Giovedì Santo, nel quale il Vescovo impartiva loro l’assoluzione. Ecce ejicimini vos hodie a liminibus sanctæ matris Ecclesiæ propter peccata, et scelera vestra, sicut Adam primus homo ejectus est de paradiso propter transgressionem suam. Vi scacciamo fuori dal recinto di santa madre Chiesa a causa dei vostri peccati e delitti, come fu scacciato fuori dal Paradiso il primo uomo Adamo a causa della sua trasgressione. (Pont. Rom., De expulsione publice Pœnitentium).

Così intimava il Vescovo nel commovente rito descritto nel Pontificale Romano, prima di rivolgere loro un’esortazione a non disperare della misericordia del Signore, impegnandosi con il digiuno, la preghiera, i pellegrinaggi, le elemosine e le altre opere buone a conseguire i frutti di una vera penitenza. Terminato questo monito paterno e severo, i penitenti inginocchiati a piedi scalzi sul sagrato si vedevano chiudere le porte della Cattedrale, dove il Vescovo celebrava i divini Misteri.

Quaranta giorni dopo, il Giovedì Santo, essi sarebbero tornati dinanzi a quelle porte con le medesime vesti dimesse, in ginocchio, tenendo una candela spenta in mano. State in silentio: audientes audite, avrebbe intimato loro l’Arcidiacono. E avrebbe proseguito, rivolto al Vescovo a nome dei pubblici penitenti, ricordando le loro opere di riparazione. Lavant aquæ, lavant lachrimæ. Poi per tre volte il Vescovo avrebbe intonato l’antifona Venite e li avrebbe accolti in chiesa, dove essi si sarebbero gettati commossi ai suoi piedi, prostrati et flentes. A questo punto l’Arcidiacono avrebbe detto: Ripristina in essi, apostolico Pontefice, ciò che le seduzioni del demonio hanno corrotto; per i meriti delle tue preghiere e per mezzo della grazia della riconciliazione, rendi questi uomini vicini a Dio, affinché coloro che prima si vergognavano dei propri peccati, ora si rallegrino di piacere al Signore nella terra dei viventi, dopo aver sconfitto l’autore della propria rovina (Pont. Rom., De reconciliatione Pœnitentium).

Ho voluto soffermarmi su questo rito antichissimo – e che vi esorto a leggere e meditare per la vostra edificazione – allo scopo di farvi comprendere come la giusta severità della Chiesa non sia mai disgiunta dalla sua materna misericordia, sull’esempio del Signore. Se essa negasse che vi siano delle colpe da espiare, verrebbe meno alla giustizia; se illudesse i peccatori di poter meritare il perdono senza sincero pentimento, offenderebbe la misericordia di Dio e mancherebbe alla carità. E invece essa non cessa di ricordarci che siamo figli dell’ira, a causa del peccato di Adamo, dei nostri peccati, di quelli dei nostri fratelli e di quelli pubblici – oggi esecrandi – delle nazioni. La Santa Chiesa ci ricorda la penitenza di Adamo ed Eva, la redenzione iniziata in quel medesimo paradiso con la maledizione del Serpente e l’annuncio del protoevangelo: Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: Ella ti schiaccerà il capo, e tu Le insidierai il calcagno (Gen 3, 15). La Santa Chiesa ci mostra le molteplici occasioni in cui sotto l’Antica Legge i nostri padri nuovamente peccarono, e nuovamente ottennero misericordia presso Dio grazie alla penitenza: l’esempio degli abitanti di Ninive è richiamato anche nelle orazioni e nei testi della benedizione delle Sacre Ceneri. Ci mostra – specialmente nella liturgia della Quaresima, della Settimana di Passione e della Settimana Santa – l’obbedienza del Figlio di Dio alla volontà del Padre, per compiere l’opera mirabile della Redenzione portata a termine sul legno della Croce. Ci propone l’esempio dei Santi penitenti, ci addita la necessità del pentimento e della conversione, ci istruisce con la mirabile pedagogia dei sacri riti a comprendere la gravità del peccato, l’enormità dell’offesa alla Maestà divina, l’infinità dei meriti del Sacrificio di Nostro Signore che essa rinnova sui nostri altari.

Quella porta che si muove lenta e pesante sui cardini per chiudersi ai penitenti lasciandoli lontani dall’altare non è sorda crudeltà, ma sofferta severità di una madre che non cessa di pregare per loro, che li attende fiduciosa di vederli pentiti e consapevoli del sommo Bene di cui le loro colpe li hanno privati. Per lo stesso motivo, dalla Settimana di Passione e fino alla Veglia pasquale, le croci e le immagini sacre nelle chiese sono velate, per ricordarci la nostra indegnità di peccatori e il silenzio di Dio, un silenzio che sperimentò anche Nostro Signore nell’orto del Getsemani e sulla Croce,  e che similmente provarono i mistici nei tormenti spirituali della Notte oscura.

Dov’è finito tutto questo? Perché proprio nel momento in cui il mondo aveva maggior bisogno di esser richiamato alla fedeltà a Cristo, la liturgia della Chiesa è stata spogliata dei suoi simboli più pedagogicamente efficaci? Perché è stato abolito il rito dell’espulsione dei pubblici penitenti, e con esso quello della loro riconciliazione? E ancora: perché i Pastori non ci parlano più del peccato originale, della via della Croce, della necessità della penitenza? Perché la giustizia divina è taciuta o negata, mentre si stravolge e vanifica la misericordia di Dio, quasi ne avessimo diritto a prescindere dalla nostra contrizione? Perché sentiamo dire che l’Assoluzione non va negata a nessuno, quando il pentimento – come insegna il Concilio di Trento –  è materia inscindibile del Sacramento, assieme alla confessione dei propri peccati e alla soddisfazione della penitenza? Perché si tace la meditazione della Morte, l’ineluttabilità del Giudizio, la realtà dell’Inferno per i dannati e del Paradiso per gli eletti?

Perché un orgoglio luciferino ha portato a costruire un idolo al posto del vero Dio.

Cosa c’è di più consolante di sapere che le nostre innumerevoli infedeltà, anche le più gravi, possono essere perdonate se solo ci riconosciamo con umiltà colpevoli e bisognosi della misericordia di Dio, che ha dato il Suo Figlio unigenito per salvarci e renderci beati per l’eternità?

È il mysterium iniquitatis, cari figli. Il mistero dell’iniquità, di come essa sia permessa da Dio per temprarci e renderci meritevoli del premio eterno; di come essa possa apparire trionfante nella sua oscena arroganza, mentre il Bene opera nel silenzio e senza strepito; di come essa riesca a sedurre gli uomini con false promesse, facendo loro dimenticare l’orrore del peccato, la mostruosità del renderci responsabili di ogni patimento subito dal Salvatore, di ogni sputo, ogni percossa, ogni colpo di flagello, ogni ferita, ogni spina, ogni goccia del Suo preziosissimo Sangue, ogni Sua lacrima, e soprattutto di ogni dolore spirituale causato all’Uomo-Dio dalla nostra ingratitudine. Responsabili di ogni sofferenza della Sua santissima Madre, il cui Cuore Immacolato è trafitto da spade acuminate, unendoLa alla Passione del Suo divin Figlio.

Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta! (Gio 3, 2), annuncia il profeta Giona. I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua; uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo» (Gio 3, 5-9).

Ancora quaranta giorni: questo monito vale anche per noi, forse più di quanto non valesse per i Niniviti. Vale per questo mondo corrotto e ribelle, che ha tolto la corona regale a Cristo per farvi regnare Satana, omicida sin dal principio. Vale per le nazioni un tempo cattoliche, in cui l’orrore dell’aborto, dell’eutanasia, della manipolazione genetica, della perversione dei costumi grida vendetta al Cielo.

Vale per la Chiesa, infestata da falsi pastori e da mercenari, resisi servi e complici del Principe di questo mondo, e che considerano nemici i fedeli loro affidati. Vale per ciascuno di noi, che dinanzi a questa sovversione universale crediamo di poterci sottrarre al combattimento cercando riparo nella confortevole prospettiva dell’intervento miracoloso di Dio, o fingendo di poter convivere con i Suoi nemici, accettando i loro ricatti a patto che ci lascino i nostri piccoli spazi in cui celebrare la Messa tridentina.

Ancora quaranta giorni: è il tempo che ci separa dal paventato documento “pontificio” con cui l’autorità di Pietro, istituita per preservare l’unità della Fede nel vincolo della Carità, verrà nuovamente usata per accusare di scisma chi non vorrà piegarsi a nuove, illecite restrizioni di ciò che per duemila anni è stato il  più prezioso tesoro della Chiesa e il più tremendo baluardo contro gli eretici: il Santo Sacrificio della Messa; e colui che lacera la veste inconsutile di Cristo diffondendo eresie e scandali cercherà di bandire dal sacro recinto chi rimane fedele al Signore.

Ancora quaranta giorni: è il tempo propizio nel quale ciascuno di noi, nel segreto della sua camera, potrà pregare, digiunare, fare penitenza, donare elemosine e compiere opere buone per espiare le proprie colpe, per riparare ai peccati pubblici delle nazioni, per implorare la Maestà divina di non abbandonare la Sua eredità, la Santa Chiesa, all’obbrobrio di essere dominata dalle nazioni (Gio 2, 12).

Con queste disposizioni, cari figli, non occorrerà ricordarvi la legge dell’astinenza e del digiuno, perché saprete accumulare quei tesori spirituali che nessun potere terreno potrà sottrarvi, e che saranno la migliore preparazione alla celebrazione della Pasqua che ci attende alla fine del percorso quaresimale.

In cinere et cilicio: la cenere sia segno della vanità del mondo, dell’illusorietà delle sue promesse, dell’inesorabilità della morte temporale; il cilicio pungente che i soldati usavano per le vesti ci sproni alla buona battaglia, come ci esorta la preghiera conclusiva della Benedizione delle Ceneri: Concede nobis, Domine, præsidia militiæ christianæ sanctis inchoare jejuniis: ut contra spiritales nequitias pugnaturi, continentiæ muniamur auxiliis. Concedi a noi, Signore, di iniziare con santi digiuni le difese della milizia cristiana, affinché siamo muniti della protezione della continenza, dovendo combattere contro nemici spirituali.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

 22 Febbraio MMXXIII

Feria IV Cinerum

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15 commenti

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Mentre proseguono le quaestiones disputatae, è di poco fa la notizia (fonte Blondet):

    Il Vaticano non riceve più offerte
    PER FORZA, DATO CHE IL SUO PONTIFICATO HA RIGETTATO I FEDELI
    https://www.coscienzamaschile.com/index.php/topic,3224.new.html#new

    Non so voi, ma io non sostengo sacerdoti ed ecclesiastici che fanno insinuazioni sul mio conto dandomi perfino dell’eretico, mi escludono, mi minacciano, mi trattano come un cristiano di serie B, mi cancellano la Messa, negano la Presenza Reale dicendo che “il pane rimane pane” , ragion per cui fanno chiasso con canzonette durante la Comunione. E in più mi dicono di star zitto perché è tutto, indiscutibilmente, per il bene della Chiesa.

    Adempio l’obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa sostenendo (finché non saranno soppresse) congregazioni che celebrano il rito antico, e incidentalmente mi trattano da essere umano

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    “…e colui che lacera la veste inconsutile di Cristo diffondendo eresie e scandali cercherà di bandire dal sacro recinto chi rimane fedele al Signore”.

    Passando oltre a pur belle memorie e ai consueti strali, riflettevo – più in generale – che forse coloro che diffondono “eresie e scandali” non sono propriamente coloro che lacerano la tunica inconsutile di Cristo.
    Sono piuttosto coloro che si svestono della Dottrina che è Cristo indissolubilmente legato alla Sua Sposa, per indossare una veste propria, con molte cuciture, fabbricata dalla propria autoreferenzialità e dal proprio egocentrismo.
    E’ l’etimo che conduce a questo pensiero; l’eretico, infatti, è colui che sceglie, divergendo.

    Mi verrebbe da dire, allora, che a lacerare la veste inconsutile di Cristo sono piuttosto coloro che si impegnano affinchè avvenga una scrematura, che si danno un gran da fare per fomentare non divisioni ma la divisione, per estremizzare il più possibile le posizioni, per relativizzare quel che resta del cattolicesimo (e non certo per assolutizzarlo – come vorrebbero – tramite imposizione dell’ “ancien regime”), per indurre a insorgere dopo aver diverso…

    Ma tornando alla tunica inconsutile di Cristo mi sovveniva lo scritto di un noto domenicano, vero maestro dello spirito, soprattutto in tempo di Quaresima, il quale la paragonava alla carità di Cristo.
    “La tunica senza cuciture di Gesù rappresenta la carità divina: non si divide, si dona tutta intera” …

    I soldati si divisero le sue vesti ma non vollero stracciare la tunica senza cuciture, piuttosto tirarono a sorte a chi toccasse.
    Come a dire, sempre ripercorrendo il pensiero di padre Chardon, che la “tunica” non la si può ottenere con mezzi umani.
    “Anima fedele, come questa tunica divina della santa carità ti è stata donata senza che tu l’avessi meritata, così non ti sarà mai tolta se non per colpa tua”.

    Stando così le cose, vien da chiedersi: come si può temere di essere “banditi dal sacro recinto” se si è fedeli a Cristo?
    E se si è davvero fedeli a Cristo e si è banditi per questo, che sarà mai? Per chi è di Dio, tutto serve! Chi ama Dio, tutto sopporta!

    La scomunica che colpisce l’innocente lo rende martire inconsapevole e ne “universalizza” il sacrificio in Cristo ma la scomunica che colpisce il reo è per salvarlo e se, anziché indurre il pentimento, amplifica un orgoglio già ben vivo e desto, non sarà che una profezia di sventura eterna…

    Allora mi chiedo: è fedeltà a Cristo rinnegare tutti i Papi da Pio XII in poi?
    E’ fedeltà a Cristo, pur con ogni buona intenzione, appropriarsi del Suo gregge in un momento in cui la situazione è critica per colpa della disobbedienza di tutti, di TUTTI?
    E’ fedeltà a Cristo rendere la Chiesa, già martoriata, già frammentata, già “contesa”, bicefala?
    E’ fedeltà a Cristo fare di un rito un idolo con cui lacerare il Cuore di Cristo e la Sua Sposa?
    Non siamo più fratelli ma, ogni giorno più divisi, siam sempre più estranei! Cristo non è in noi se in noi regna il Divisore! Cristo unisce!
    E certo non serve Cristo chi si mette a capo del “Partito del Grano” per sconfiggere il “Partito del Loglio”!
    La Chiesa ha forse bisogno di lotte intestine? Magari di guerre personali?
    Mi si perdoni la franchezza, che in alcun modo ha intento di giudizio, ma Mons. Viganò a me ricorda tanto Aronne, ovverossia colui che diede al popolo, di dura cervice e incapace di attendere, ciò che voleva.
    Ecco allora che il vecchio rito – a meno di non fare come gli struzzi – è divenuto, suo malgrado, il nuovo vitello d’oro!

    E così, ciò che abbiamo di più sacro è motivo di feroce divisione, con gran vanto del Divisore.

    Poi in Quaresima digiuniamo, già già. Ci impegniamo nelle mortificazioni, già già; quanta incongruenza!
    Dio abbia pietà di noi tutti, giacchè tutti pecchiamo e tutti abbiam bisogno di impetrare la Sua Misericordia, come il pubblicano al tempio.

    Infine: la verità, una volta detta, può forse attecchire per via di uno stile coercitivo?!

    Dio servito per primo!

    • Forum Coscienza Maschile ha detto:

      Ma benedetto Occhi, per caso qualcuno ha commissariato il suo parroco con calunnie e messo i sigilli alla sua parrocchia Novus Ordo? Non sono atti divisivi questi, che hanno spezzato il cuore a S. S. Benedetto XVI, che non sarà fatto santo ma è senz’altro di felice memoria?
      Visto che esorta ad aprire gli occhi, si è accorto che il cattolicesimo sta scomparendo ma vengono chiuse comunità cristiane fiorenti di vocazioni?
      Secondo lei e altri, dovremmo starcene in silenzio ad assistere all’autodistruzione della Chiesa (cit. S. S. Paolo VI)?
      Parla di carità, come la mettiamo con le sue gravi calunnie nei confronti di chi neppure conosce (che ne pensano i sacerdoti)? Le ha presenti o gliele devo ripetere?

      Dice:
      “Sono piuttosto coloro che si svestono della Dottrina che è Cristo indissolubilmente legato alla Sua Sposa, per indossare una veste propria, con molte cuciture, fabbricata dalla propria autoreferenzialità e dal proprio egocentrismo.”
      Come la mettiamo con il suo patto d’acciaio col Nippo, con cui mi scrisse, mentendo, che non era d’accordo?
      Non sarà che per lei qualunque opinione e mezzo è buono, contro avversari “politici”?
      Tutto questo suggerisce che le sue uscite hanno poco a che vedere con la difesa della fede e hanno un movente ideologico, come ideologico e umano è il tentativo di riduzione della Chiesa a burocrazia filantropica (di Filantropica ce n’è già una, nemica della Chiesa).
      Per lei (e non solo) un silenzio omertoso in Quaresima è somma virtù: in tal caso dia l’esempio, ma santi come Paolo e il Battista (che la Chiesa propone ad esempio per tutti) digiunavano ma non tacevano

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Grazie Monsignore per aver rievocato queste tradizioni venerande.
    Come sempre Sua Eccellenza espone fatti ben difficili, se non impossibili da confutare:

    “Vale per la Chiesa, infestata da falsi pastori e da mercenari, resisi servi e complici del Principe di questo mondo, e che considerano nemici i fedeli loro affidati.
    Vale per ciascuno di noi, che dinanzi a questa sovversione universale crediamo di poterci sottrarre al combattimento cercando riparo nella confortevole prospettiva dell’intervento miracoloso di Dio.”

    Credo che qualsiasi ottimismo sul futuro di questo Paese e dello stesso cattolicesimo in Europa, non possa prescindere dal pentimento e dalla conversione delle sue genti, mentre ogni giorno ci sembra di vivere a Sodoma e Gomorra, al punto che si odono continuamente bestemmie, perfino di donne, per le strade.
    La promessa della sopravvivenza della Chiesa fino alla consumazione dei secoli non implica né che l’Europa rimarrà cristiana, né che per secoli il cattolicesimo non sopravviva, come ha detto benedetto XVI, in poche anime sparse e in un pugno di vinti.

    “o fingendo di poter convivere con i Suoi nemici, accettando i loro ricatti a patto che ci lascino i nostri piccoli spazi in cui celebrare la Messa tridentina”

    Purtroppo è innegabile che malgrado fino ad oggi noi cattolici tradizionali siamo rimasti buoni nei nostri piccoli spazi, prosegue senza sosta la persecuzione e l’esclusione dal corpo ecclesiale.

    “colui che lacera la veste inconsutile di Cristo diffondendo eresie e scandali cercherà di bandire dal sacro recinto chi rimane fedele al Signore”

    Scacciare i cattolici e tollerare i più gravi errori ed abusi è modo rovesciato di governare che pare consono, più che alla Chiesa di Cristo, a alla sinagoga di Satana.

  • alessio ha detto:

    Nippo , ti devo rassicurare che
    il nulla non esiste in quanto
    Dio è il tutto , e un bel giorno ,
    come dice San Paolo ,sarà
    Tutto in tutti , in coloro che
    si salvano nel terribile
    Giudizio di Dio , ricordando
    le parole del Profeta Geremia:
    maledetto l’uomo che confida
    nell’uomo , che pone nella carne il suo sostegno.
    (Ger 17,5).
    Quindi il nichilismo o
    nietzscheilismo sarà presto
    eliminato una volta per tutte ,
    perché ciò che nega Dio ,
    alla fine nega la vita come
    vediamo in questi tristi tempi ,
    dove la superficialità diffusa
    vuole uccidere coloro che il
    buon Darwin chiamava parassiti , ovvero vecchi ,
    malati e bambini .

    • Enrico Nippo ha detto:

      Carissimo,

      dove hai trovato il nichilismo nel mio poemetto.
      C’è scritto esattamente il contrario.
      Se intendi il Nulla con la maiuscola e non con la minuscola.

      Puoi negare che le parole nascono dal Nulla e al Nulla ritornano?

      Oppure mi sai dire un’alternativa?

      Può essere più agevole leggere Silenzio invece di Nulla, ma il fenomeno (apparizione) è sempre lo stesso.

      • alessio ha detto:

        Nippo , di solito quando fai
        una citazione scrivi di chi è ,
        comunque la parola nichilista
        viene dal greco nihil che
        significa infatti nulla , come già saprai e non
        capisco perché te la prendi tanto , è vero siamo polvere
        in confronto a Dio , ma un
        giorno , vicino o lontano , ci
        darà un corpo di resurrezione.

        • Enrico Nippo ha detto:

          Scusami, ma qual è la citazione di cui non ho detto di chi è?

          Ma poi: chi è che “se la prende”? Ho soltanto proposto un mio componimento, che può piacere o meno, e finisce lì.

          Piuttosto, non hai risposto alle mie domande. Sia chiaro, non è un interrogatorio, ma dal momento che ci scambiamo le rispettive idee …

      • Maria Grazia ha detto:

        Sì, NIPPO, si può negare che le parole nascano dal nulla e che ad esso ritornino. La parola è ciò che esprime l’interiorità di una persona, è ciò che spinge all’azione, è ciò che reca sofferenza all’essere umano, è ciò che lo edifica, è ciò che sancisce un patto, è ciò che permette un giuramento, …..
        E’ ciò che, per i Cristiani, ha permesso la creazione del mondo, è ciò che ha consentito la diffusione del Vangelo.
        San Giovanni inizia il suo Vangelo sottolineandoci il valore della “Parola” (Gv.1,1) : “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”.
        Il silenzio, poi, non può coincidere con il nulla, come asserisce Lei: se in una classe un maestro impone ai suoi scolari il silenzio, anche i bambini di pochi anni sanno di che si tratta ed attuano quanto richiesto dall’insegnante.
        Il silenzio è reale, serve per giungere ad una riflessione, per maturare una decisione, per attuare una ricerca, per elaborare un piano.
        La luce, poi, non può essere identificata col nulla: è ciò che ci fa uscire dalla confusione, dall’incertezza, ciò che ci permette di vedere. La Genesi (1 – 5) afferma che ” Dio disse – sia la luce! – e la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte”.
        Tornando all’evangelista Giovanni, sempre nel prologo dice ” In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini e la luce brilla nella tenebre …. era la luce vera che illumina ogni uomo …..”

  • Enrico Nippo ha detto:

    Un brevissimo, strano poemetto dedicato dal Matto agli “Amici e Nemici di SC” 😊

    “Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris”

    Siamo polvere umida che parla
    “Verba volant”
    Come la polvere secca dispersa dal vento

    Donde le parole?
    Dal Nulla

    E ove giungono?
    Al Nulla

    Qui, adesso, ogni parola appare e scompare
    intrisa di polvere umida

    La nostra Essenza è il Nulla
    Coperto di polvere umida

    Al seccarsi della polvere e al suo cadere
    La nostra Essenza sarà libera
    (Ma già lo è
    seppur non lo si sa)

    Al cadere dell’umido
    la nostra Essenza di Luce
    (giacché il Nulla è la Luce)
    splenderà perenne

    • Forum Coscienza Maschile ha detto:

      Parla delle sue di parole?
      Ero rimasto a quelle di Nostro Signore, che non passeranno

    • Maria Grazia ha detto:

      @ NIPPO – Il suo poemetto mi ricorda la questione sull’ “L’Essere e il Nulla” sviluppata dall’Esistenzialista Sartre. Solo che Sartre era più coerente con il suo pensiero, il Nulla è assenza di Essere e di conseguenza non può essere definito ” luce”. Il Nulla per Sartre era anche la morte e ci rassicurava che non dovevamo temerla in quanto l’essere non può temere il nulla, in quanto sosteneva che le due barche non si potevano incontrare. Sartre però, per sua stessa dichiarazione, era ateo, quindi si può capire il suo dibattere fra Essere e Nulla, ma Le, (mi sembra di capire), creda in una certa forma di politeismo per cui, per logica, non dovrebbe sentirsi conteso fra l’essere ed il nulla.

      • Enrico Nippo ha detto:

        Se la sua interpretazione è questa, ne prendo atto.

        Però, mi permetta una precisazione: non sono affatto un politeista, anzi. Se ha seguito qualche mio articolo, dovrebbe essersi accorta che mi rifaccio (per quel che posso) all’Assoluto che poi è un altro nome del Nulla che nulla a che vedere con Sartre.

        E non posso sentirmi affatto “conteso fra l’essere e il nulla” giacché l’Essere e il Nulla, come anche l’Assoluto, indicano l’Unico.

        • Maria Grazia ha detto:

          @ NIPPO – Penso che i suoi concetti non abbiano nulla di universale nè di filosofico ma siano esclusivamente “suoi”.
          Non riesco capire da quale scuola di pensiero sia maturata in Lei la convinzione di far coincidere il Nulla con l’Assoluto, con la luce e con il silenzio. Il Nulla e il nulla, indipendentemente dall’iniziale maiuscola o minuscola, sempre “nulla” sono, cioè “assenza di essere”. Sul nulla non si può disquisire. Diverso è l’Essere dall’ essere, in quanto il secondo ha una derivazione e, quindi, una dipendenza dall’assolutezza e completezza del primo. Rispetto, comunque, la Sua posizione che, comunque, ritengo sia unica in quanto contradditoria e non dimostrabile.

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