Se uno non si ama come fa ad amare l’altro e ad aprirsi a Dio?

19 Dicembre 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il direttore de Il Borgo di Monopoli, Vitantonio Marasciulo, ci offre questa bella riflessione in chiusura del tempo di Avvento.Lo ringraziamo di cuore, e vi auguriamo buona lettura.

§§§

 

Se uno non si ama come fa ad amare l’altro e ad aprirsi a Dio?

 

Vivere liberi da sé stessi, per vivere meglio le verità del Natale. Chi ha autostima ha un modo di affrontare le difficoltà meno problematiche. La vita delle persone nella società contemporanea è diventata però una ferramenta. Ci vuole una forza interiore, la più radicata ed equilibrata possibile, per riuscire ad allontanare le catene dalla mente e dal cuore. Tuttavia se non ci fossero le difficoltà, la vita sarebbe una noia, un grigiore insopportabile. Avere tutte le ricchezze di questo mondo, ma non avere la ricchezza più importante “d’essere amico di sé stessi”, non giova più di tanto. Un aforisma di Seneca è esemplificativo in tal senso: “Mi chiedi qual è stato il mio più grande progresso? Ho cominciato a essere amico di me stesso”. Equivale a dire: “Amarsi per Amare”.

Ma se uno non si ama come fa ad amare l’altro e ad aprirsi a Dio?

La fede in tal senso aiuta, perché sviluppa Amore, unico potente antidoto ai veleni di cui è disseminata la vita. Proverò a spiegarmi e a testimoniare che la speranza di crescere nella fiducia in sé stessi c’è sempre in fondo al malessere, quel malessere che fa da sparring partner, che allena ad incassare meglio i pugni, a scansarli e saperli dare con autorevolezza, senza scendere necessariamente nelle dimensioni della forza.

 

Mi viene da pensare ai sacerdoti, ai testimoni di fede, i quali affermano una sacrosanta verità “che la salvezza passa dal seguire il Signore che libera dai mali del peccato”. Già il peccato. Quando la naturale autenticità e semplicità, che ereditiamo dalla nascita, viene deformata per vivere prigionieri di ansie e di paure, è perché non siamo educati a stimarci, per trarre dal male, il bene. In queste condizioni, le ansie e le paure si consolidano e si strutturano in schemi mentali e in comportamenti sin dall’infanzia, fanno da imprinting e si protraggono nel tempo.

Ecco l’interrogativo da cui si è partiti. Quando una creatura è bloccata in sé stessa e non si apprezza, come fa a vivere Cristo e a crescere nella fede? La domanda è pertinente specialmente in tempi di pandemia.

 

Chi è deputato alla cura delle anime, non può semplicisticamente affidarsi alle Parole di vita del Salvatore, che sebbene performanti, non penetrano nell’animo, in quanto bloccato da conflitti e da varie infezioni psicologiche, soprattutto di questi tempi. L’ascolto col cuore, la vicinanza, la disponibilità, fanno cogliere ciò che la creatura ha davvero bisogno, per aprire una breccia di luce, da cui illuminare il buio.

 

“Se vuoi uscire da te stesso – dice il Signore – devi seguirmi, devi vivermi dentro, perché sono Amore”.

Occorre dunque preservare l’autenticità e la semplicità, dimensioni per le quali siamo nati; sono autostrade che conducono a vivere un miglior equilibrio con sé stessi. Di contro bisogna fare i conti con la società della confusione & disorientamento, entro la quale le malattie di ansia sono per la maggiore, che come delle spie luminose si accendono addosso; fanno capire “che alla radice c’è soprattutto un problema di famiglia; un problema di educazione all’affettività e alle emozioni che influiscono sull’autostima del bambino e della bambina, che si trascinerà poi dietro lungo le altre stagioni della vita”: è quanto afferma Alberto D’Auria, nel libro “A lezione di autostima” ed. San Paolo. D’Auria, psicologo e psicoterapeuta, ospite di trasmissioni come Radio Maria e Tv private, a proposito del deficit educativo dei genitori, riverberanti la crisi della famiglia, afferma “che non si deve essere fatalisti, di inchiodare l’esistenza incolpando i genitori, perché quell’acqua che non è stata innaffiata sui figli, a nutrimento dell’autostima, quanto più è stata manchevole, tanto più quella sorgente accumulerebbe riserve d’acqua interiori, che aspettano di liberarsi, per aprire un cammino di fiducia in sé stessi, più di quanto si possa pensare”. Basta non arrendersi all’abbattimento e alle debolezze, perché la via di uscita la si trova sempre.

 

Insomma D’Auria ci dice “che nulla è perduto; che si può risalire la china e riprendere nelle proprie mani la vita”; ci dice “che dalle eccessive ansie si può uscire a patto che si conoscano i conflitti interni e dunque i propri limiti”. La via di uscita è l’accettazione di sé, la cui prova del nove è di non dare eccessivo peso ai giudizi degli altri e soprattutto ai giudizi severi di autolesionismo della vocina interiore. Più ci si accetta, più si conoscono i limiti e le ansie e più ci si aiuta.  Accettarsi, aiuta a crescere in autostima, perché ci fa fare un percorso di liberazione per meglio vivere le gioie delle verità di Cristo ed essere alla sua sequela: è questo il senso della vita! Senza il Salvatore la vita non ha senso, la morte non senso, la felicità non ha senso, il male non ha senso.

Cristo non è paura. E’ sommo bene; è sommo Amore. Le eccessive preoccupazioni, i conflitti sono insicurezze che si fanno muri, soffocando l’autenticità e la semplicità; sono ostacoli alla conoscenza del Signore nostro Dio.  Per chi è allergico alle realtà spirituali, è naturale che faccia fede all’altro “Cristo”, alle caduche realtà terrene, come all’inizio fece Sant’Agostino, poi si accorse che Cristo abitava dentro di lui.

La verità del vangelo: “Sarò con voi fino alla fine del mondo”, ci fa capire che Lui è presente, vuole farsi conoscere dalle sue creature per poter essere un tutt’uno con essi: è questo il fine della vita!

 

Dove incontrarlo? E’ naturale, che se abbiamo un Padre nel cielo, manifestatosi nel Figlio, occorre incontrarlo e conoscerlo nelle pratiche del cielo, se il cielo è infinito il suo corrispettivo sulla terra è lo spirito che abita nel cuore dell’uomo. Lo spirito ha bisogno del silenzio, del dialogo in preghiera, intesa a chiedere lumi; nella recita del rosario; nel vivere l’Eucaristia. Lo si può incontrare e conoscere nel fratello, soprattutto fra i malati nel corpo e nello spirito.  Chi ha Cristo nel cuore sa approcciarsi meglio verso coloro che hanno perso la bussola: non li giudica; ha uno sguardo benevolo, perché conoscendo la sofferenza propria, conosce la sofferenza e i limiti dell’altro/a, e se l’altro dovesse offendere, sa che non dovrebbe attaccarsi più di tanto all’offesa.

 

Fidatevi di Cristo, perché aiuta a far crescere nel valore dell’accettazione di sé, che fa sbloccare. Il Salvatore, tramite Maria, nostra madre, ci insegna ad addomesticare la vocina interiore che ti dice ‘che non sei in gamba’; ‘che non vali niente’; ‘che non ce la fai a fare quell’esame’; ‘a superare quella prova’; ‘che non riesci a sostenere quella relazione’”.

 

Volersi bene è un percorso di educazione che attraversa tutta l’esistenza. Amarsi è un’arte. La più potente risposta di guarigione è dentro di noi. Basta credere, basta obbedire, non alla vocina interiore, che si fa eco nell’inconscio, dentro cui sono depositati i ricordi spiacevoli, le prove non superate, i conflitti. Anche per chi è conquistato con sé stesso, deve fare i conti con questa vocina. Tuttavia, la vocina interiore più importante che portiamo in eredità, sin dalla nascita è il frammento di divino che ci parla, ci fa crescere in felicità, ci guida, ci sostiene, ci protegge, ci aiuta a discernere il bene dal male; ad essere affabili, empatici, amabili verso il prossimo. Questo frammento di divinità, deve essere allenato dall’umiltà, dall’autenticità, dalla semplicità, dall’obbedienza alla Verità, dalla preghiera, dall’Eucaristia, per giungere ad essere un tutt’uno con il Salvatore. In tal senso, il riferimento, vogliate o non vogliate, è Lei, la piena di grazia: Maria, la serva del Signore. Ci è data come mamma, sotto la croce. E’ un grande e inestimabile tesoro per noi averla dentro di noi.  Lei attende solo al nostro bene. La felicità più grande che le si possa donare è di fidarsi del Signore, suo Figlio, che salva dal male del peccato. Col cuore di mamma ci invita a condividere la vita con Lei, perché aiuta a sciogliere il nodo più importante: la non accettazione di sè. L’accettazione indebolisce le paure e le ansie, perché le stesse sono meglio gestite. Si crea un movimento di crescita importante: meno sé stessi, più suo Figlio, il Salvatore.  

 

Tuttavia vi sono anche altri strumenti di aiuto, come i libri, molti dei quali insegnano come educare la mente a non farsi bruciare dalle preoccupazioni e dunque come non farsi condizionare; insegnano l’accettazione di sé. Ma il libro più importante sta dentro di noi: è la voce del Natale, del bambinello, che si è fatto, per amore nostro, passione sul Calvario, che sana, con il quale si deve essere in sintonia. Per uscire da sé stessi, la verità della felicità ce l’ha solo Lui: Amarsi e Amare! Se imparassimo a fidarci di lui, saremmo in grado di accordare le corde (vedi chitarra) della nostra vita. Con la chiavetta si aggiusta la tonalità per armonizzarsi sul Salvatore. Ma ci vuole preghiera e silenzio e Eucaristia. Il Signore ci parla attraverso gli altri, attraverso i santi, attraverso la preghiera, contatto con il cielo, con lo spirito, da cui proveniamo e da cui andiamo a fine del viaggio. Lo si incontra nel rosario e soprattutto è presente alla messa Eucaristica. Ma colei che è la nostra fortezza; che si è fatta più che mai dinamica di questi tempi, è la nostra mamma, che sta in pena per noi per il rischio della pace e della libertà. (vedi messaggi Medjugorje).  Piangerebbe di gioia se i suoi figli cambiassero vita per abbracciare suo Figlio. Ci chiede coraggio e disponibilità per rompere gli indugi e iniziare il cammino con Lei per giungere a suo Figlio.

BUON NATALE, BUON CAMMINO IN CRISTO E FELICE ANNO NUOVO

AI LETTORI DI STILUM CURIAE!   

Vitantonio Marasciulo 

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9 commenti

  • luca antonio ha detto:

    “La via di uscita è l’accettazione di sé.”
    L’accettazione gioiosa e fiduciosa della volonta’ impescrutabile di Dio , vedi Magnificat , no ?.
    Di essere semplicemente creature sottoposte ad una giurisdizione superiore , no ? .
    Il ringraziamento giornaliero per il dono della vita, no ?.
    San Francesco col suo scritto fondativo della lingua italiana..laudato si’ mio Signore…., no?
    Boh…tutto l’articolo parla solo di Io, apprendere , giustificare, consolare l’Io per comprendere Dio.
    Un rovesciamento completo del Cristianesimo.
    Di psicoanalisi giustificative del nostro nulla, del dover Dio rispondere alle nostre desiderata , sinceramente
    ne ho piene le tasche.
    La sofferenza esiste, avra’ un suo perche’ , va accettata , senza troppo frignare , Lui ce lo ha insegnato….
    non se ne puo’ piu’ .
    Anzi no, devo farcela, anche io devo accettare la sofferenza di ascoltare e leggere tante cose come questa.

    • Enrico Nippo ha detto:

      Scusi, LUCA ANTONIO,

      ma ha letto davvero con attenzione QUESTO articolo di Marasciulo?

      • luca antonio ha detto:

        Caro Enrico, Lei non ha tutti i torti, l’articolo parte male ma poi chiude bene , ma e’ lo snodo logico tra prima e seconda parte che e’ problematico, ed e’ a mio avviso esplicato in questo passaggio : ” quando una creatura è bloccata in sé stessa e non si apprezza, come fa a vivere Cristo e a crescere nella fede? ” ,
        L’autore lega qui in modo univoco il blocco in se’ e il mancato apprezzamento, ma sa quante persone egoiste, bloccate in se’ stesse, conosco che si apprezzano al punto tale da sentirsi loro stessi dio ?, anime dannate e irredimibili che pensano, anzi pretendono, che Dio, per degno di essere preso in considerazione, debba stare al loro servizio e non viveversa ?.
        Mi creda, partire dal di dentro di noi stessi per poi uscire nel mondo per poi, forse, scoprire Dio e’ stata una delle piu’ belle invenzioni del diavolo, il rovesciamento del retto pensare : guardo il mondo , vedo il suo ordine e la sua bellezza, lo contemplo, accetto umile le sue leggi , mi sciolgo naturalmente in esse e trovo, adesso si’, finalmente , me stesso.
        Rilegga l’inizio della lettera ai Romani e quello che ho espresso qui in modo un po’ frettoloso, Le sara’ , spero, piu’ chiaro.
        Come ho gia’ avuto modo di esprimere in altre occasioni, il modo piu’ sicuro per avvicinarsi a Dio e’ in foro esterno, in foro interno e’ possibile ma in troppi vi si perdono, occorre infatti tenere sempre a mente che siamo segnati dal peccato originale e che ” non quello che (dall’esterno ndr) entra nell’uomo che lo rende impuro , ma quello che esce dall’uomo…”.
        Comunque ha ragione Lei , il mio primo giudizio e’ stato troppo severo ma Lei capira’ , alla luce di quanto Le ho detto ora , il perche’, quando sento che bisogna prima di tutto amare se stessi , la mano mi corra alla pistola !.
        Cordiali saluti e grazie.

        • Enrico Nippo ha detto:

          Grazie a Lei per la precisazione.

          Ma …al “foro esterno” non ci si approccia in ogni caso con il “foro interno”? C’è qualcosa di “esterno” che non penetri più o meno profondamente nell'”interno”?
          In ultima analisi, non è sempre una questione di “foro interno” in cui, per così dire, si elabora il proveniente dall'”esterno”?

          Grazie ancora e sereno Santo Natale!

          • luca antonio ha detto:

            Ha sicuramente ragione Enrico, qualsiasi monismo interpretativo è fallace
            – ricorda ? il mondo, questo nostro mondo, è irrimediabilmente duale – , ma il mio pensiero, per quello che può valere, cerca di riequilibrare ciò che dal pragmatismo inglese, con Hume su tutti, e poi l’idealismo tedesco, con le sue radici luterane, ha pericolosamente spostato verso il solo foro interno, facendo arrivare a dire, horribile visu, ad un Papa che per salvarsi basta avere la coscienza a posto (!).
            La dicotomia, foro interno foro esterno, è inoltre strettamente legata al dualismo opere/ fede.
            Il giusto equilibrio è stato per secoli rappresentato, pur con le sue imperfezioni, da Santa Madre Chiesa. Ora, lo vediamo tutti, in ogni campo, come in un malato terminale che vede i suoi valori metabolici oscillare paurosamente prima della morte, la bilancia del mondo è impazzita, ma si sa “motus in fine velocior”,
            Grazie di nuovo per l’attenzione che mi riserva e Buon Natale.

  • MARIA MICHELA PETTI ha detto:

    Spiegazione esaustiva del “più grande e il primo dei comandamenti” quello dell’amore dovuto a Dio, strettamente collegato all’amore per il prossimo, che non si può amare nel modo giusto se non si ama Dio prima di tutti e tutto, e “come” sé stesso. È questo il “secondo” comandamento “simile al primo”. «Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti». (cfr. Mt 22, 37-40).
    «Gesù – ricordava Papa Giovanni Paolo II nel Messaggio per la XIV Giornata Mondiale della Gioventù (1999) – non dice che il secondo comandamento è identico al primo, ma che gli è “simile”. I due comandamenti non sono dunque intercambiabili, come se si potesse soddisfare automaticamente al comandamento dell’amore di Dio osservando quello dell’amore del prossimo, o viceversa. Essi hanno consistenza propria, e devono essere ambedue osservati. Gesù però li affianca l’uno all’altro per render chiaro a tutti che essi sono tra loro strettamente connessi: impossibile osservare l’uno senza mettere in pratica l’altro. “La loro unità inscindibile è testimoniata da Gesù con le parole e con la vita: la sua missione culmina nella Croce che redime, segno del suo indivisibile amore al Padre e all’umanità (Veritatis splendor, 14)».
    Invece: con la negazione del valore assoluto del decalogo dettato a Mosè e la revisione ispirata al modernismo della “graduatoria” dei peccati, alla luce di opinioni personali e personalistici accordi (con immancabili contrasti) in odore di perdonismo e misericordismo, in voga oggi, si sente declinare in tutte le salse l’interpretazione pressappochista e a senso unico del solo “amore del prossimo”, oltre tutto trascurando i bisogni di natura spirituale dell’umanità e dimenticando – fino ad arrivare a calpestare – il prossimo… più prossimo…

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    Se no vuoi bene a te stesso difficilmente riesci a voler bene ad altri…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Suggerisco di confrontare l’articolo, incentrato sull’individuo, con il presente testo e trarre le debite conclusioni:
    https://www.coscienzamaschile.com/index.php/topic,24.msg34.html#msg34
    Che il Signore ci salvi da questa generazione perversa

  • Enrico Nippo ha detto:

    Articolo davvero edificante!

    A proposito delle difficoltà, lo zen afferma che esse sono i nostri maestri, ed i maestri (quelli veri) non riescono molto simpatici perché ci mettono all’angolo (del nostro ego) affinché impariamo ad uscirne.

    Mi sembra particolarmente importante laddove si legge:

    “Chi ha Cristo nel cuore sa approcciarsi meglio verso coloro che hanno perso la bussola: non li giudica; ha uno sguardo benevolo, perché conoscendo la sofferenza propria, conosce la sofferenza e i limiti dell’altro/a, e se l’altro dovesse offendere, sa che non dovrebbe attaccarsi più di tanto all’offesa”.

    Al riguardo, possono risultare interessanti alcuni versi della”Preziosa ghirlanda” di Nagarjuna.

    “Possa io essere sempre un oggetto di godimento
    Per tutti gli esseri senzienti secondo il loro desiderio
    E senza interferenze, come la terra,
    Acqua, fuoco, vento, erbe e foreste selvagge.
    Finché un qualsiasi essere senziente
    Ovunque non è stato liberato,
    Che io possa rimanere [nel mondo] per il bene di quell’essere,
    Anche se ho raggiunto l’illuminazione più alta”.